venerdì 30 settembre 2011

SIMENON. POCHE CARTOLINE DA HOLLYWOOD

Nonostante Simenon in America evitasse di frequentare metropoli e città famose e nel suo pergrinare scegliesse come residenze, piccoli centri, quando non addirittura la campagna, ogni tanto faceva dei viaggi a New York per riutuffarsi per qualche giorno nella frenetica vita mondana, fatto di party, locali notturni, ricevimenti, riunioni d'affari e frequentazione di un certo tipo di bordelli che nella provincia americana certo non poteva trovare. Non bisogna dimenticare che, anche se Simenon faceva buoni affari con i produttori cinematografici, i quali non di rado, si disputavano l'acquisto dei diritti dei suoi romanzi per lo sfruttamento per il grande schermo, non ci furono grandi occasioni di frequentazione con la città del cinema per eccellenza. Eppure gli Studios delle major, allora erano abbastanza frequentati da scrittori che non disdegnavano, anche per motivi prettamente economici, di volgere in sceneggiature i propri romanzi o di inventare soggetti originali. Ad esempio proprio lì ebbe occasione di conoscere Dashiell Hammett.
Sempre a Los Angeles Simenon ha l'opportunità frequntare ricevimenti e party. E andando alla festa di Alexandre de Manziarly, il console francese, conobbe Charlie Chaplin e sua moglie Oona, regista che diventerà un suo fraterno amico e che poi ritorverà insieme alla sua compagna come suoi vicini, quando tornato in Euopa, deciderà di stabilirsi in Svizzera nei pressi di Losanna. Ma a questi party ebbe l'occasione di fare la conoscenza di altre stelle hollywoodiane di allora, attori del calibro di Claudette Colbert o Charles Boyer.
Sempre per rimanere nella capitale del cinema e nel mondo del grande schermo Simenon riconcontrerà a Los Angeles un suo vecchio amico francese, come il regista Jean Renoir, ormai anche lui stabilitosi negli States o come la sua vecchia fiamma Jopsephine Baker.
Insomma come in Francia, anche in America Simenon si tenne a distanza da un mondo che non aprezzava nel suo complesso e dove aveva poche amicizie (due  nomi per tutti Jean Gabin e Jean Renoir).


 

giovedì 29 settembre 2011

SIMENON. QUANDO LA CRITICA STRONCAVA MAIGRET

La nascita dei Maigret non è stata cosa facile. Innanzitutto l'editore, Fayard, notoriamente non era convinto che quello strano tipo di romanzo poliziesco potesse avere successo. E mise tutta una serie di bastoni tra le ruote di Simenon. Prima pretese che ne scrivesse sei prima di iniziare le pubblicazioni. Poi s'impuntò sul rispetto di un vecchio contratto per il quale Simenon doveva scrivere ancora dei romanzi popolari e rifiutò la possibilità di scalare il debito sugli incassi dei Maigret. Poi fece questioni sulla spesa per il lancio pubblicitario... insomma si può proprio dire che il personaggio Maigret ebbe successo "nonostante" il proprio editore, Fayard, che in quell'occasione dimostrò tutta la sua miopia imprenditoriale (vedi il post del 30 marzo 2011 Simenon-Fayard, la guerra dei Maigret).
Il nuovo personaggio di Simenon ebbe un notevole successo di pubblico ma la critica fu in un primo momento tiepida. Non mancarono invece le stroncature.
Ad esempio il famoso giornale satirico Le Canard enchainé sbeffeggiò l'autore scrivendo che"... il vero mestiere di Simenon é quello di uccidere una persona al mese e poi scoprire l'assassino...".
Più tagliente l'Intransigeant che commentò "... si tratta di uno scrittore perfetto per trascorrere un'ora in treno, ma non si deve chiedergli nulla di più...".
E anche Le Cris de Paris non ci andò leggero sentenziando che "...non è altro che un onesto commerciante, in declino, perché si era messo in testa di scrivere un romanzo a settimana e ora ne scrive solo uno al mese...".
E ci fu addirittura chi scrisse che Simenon non era altro che un nuovo pseudonimo di Georges Sim, come a dimostrare che si trattava ancora di letteratura popolare, sempre farina del sacco del re dei romanzetti.
Non si spegne nemmeno il già reiterato rimprovero di essere un "industriale della letteratura" a causa della sua velocità di scrittura e della sua ingente produzione. E certo Simenon, anche con i Maigret non fa nulla per smentire questa nomea.  Lancia il  personaggio con due titoli nel febbraio del '31, poi ne pubblica uno al mese fino a dicembre (saltando solo ottobre).
Anche Le Candide (settimanale edito dallo stesso Fayarad) non fa gioco di scuderia e pubblica un pezzo dal titolo molto poco beneaugurante: "Quanto durerà?"
E ancora il sarcasmo de L'Oeil de Paris chiamandolo "il più grande trasformatore delle cose stampate", ritenendolo capace di trarre da un romazo in sei volumi di
Alexandre Dumas un racconto di trecento righe.
Addirittura la Revue des lectures, riferendosi ai primi due Maigret, va giù molto pesante "... senza essere pornografici, sono fortemente ripugnanti... Si è già visto abbastanza - riferendosi alla storia (non vera) del romanzo scritto in una gabbia di vetro e bollando i Maigret come - ... l'impresa del mercantilismo letterario di Georges Simenon...".
Certo non tutte queste testate giornalistiche erano autorevoli o molto diffuse, ma iniseme costituivano la spia di quello che una certa critica, diremmo anzi una buona parte della critica, pensava di Simenon: un buon (e redditizio) compilatore di romanzi popolari, che aveva vuoluto alzare troppo la testa e cimentarsi, con risultati almeno modesti, in un genere dove già dominavano grandi nomi.
Ma è la stessa storia che si ripeterà quando, affermato e riconosciuto autore di romanzi polizieschi, Simenon vorrà scrivere dei romans-durs e  ci metterà non poco a scrollarsi di dosso l'etichetta di autore poliziesco.

mercoledì 28 settembre 2011

SIMENON. UNO, NESSUNO, CENTOMILA

No. Non ci riferiamo alle centinaia état de roman (uno per ogni romanzo scritto) in cui entrava e da cui usciva dopo qualche giorno e durante i quali entrò altrettante centinaia di volte nella pelle di personaggi ogni volta differenti.
Quelle di cui vogliamo occuparci oggi sono le diverse vite che Siemenon affrontava, cambiando luogo, città, tipi di abitudini, di hobby, di ritmo di vivere.
Già perchè il Simenon cittadino mondano e festaiolo degli anni '20 a Parigi, lo scrittore rampante di place des Vosges, è molto diverso da quello che ritroviamo a La Richiardiére nel '32, in questa antica dimora nobiliare nei pressi di La Rochelle. Una sorta di castelletto, fornito anche di torre, dove lo scrittore gioca al gentle farmer. Ma è un gioco serio. Cucciolate di cani, oche, fagiani, polli, conigli, tutto quello che si trova in una fattoria e tutto quello che serve per occuparsi degli animali di campagna. Addirittura un allevamento di lupi... Simenon acquista all'uopo una sorta di camionetta (una Citroen 5 cavalli).
E poi ecco il capitano del minuscola Ginette prima e del più confortevole Ostrogoth poi. Eccolo lupo di mare che attraverso i canali della Francia si avventura fino al Mar del Nord. E anche qui la mise e l'attegiamento cambia.
E così anche in America: cappellone, camicie a scacchi, stivaloni... Insomma niente di più probabile che Simenon cercasse, forse un po' come faceva anche nei sui romanzi, di far entrare a far parte della comunità in cui si installava, iniziando da un mimetismo esteriore, copiando modi, abitudini e costumi del posto, fino a entrare anche nella loro mentalità e nel profondo del loro ambiente. E non si trattava di un gioco, ma dell'esigenza di conoscere posti, gente e situazioni dal di dentro.
A questo proposito ci fu una domanda piuttosto precisa durante la più volte citata intervista di Médicine et Hygiène del '68  (vedi il post del 22 dicembre 2010 Simenon sotto esame... psichiatrico ) in cui i medici chiedevano allo scrittore se corrispondesse a verità l'impressione che avesse vissuto diverse vite e che  ammirasse gli americani per la loro facilità nel cambio di lavoro, cosa che nel vecchio continente non veniva vista di buon occhio... Ecco cosa risponde Simenon
"...sì è vero. A volte ho avuto parecchie vite in una sola. Ho preso il mio brevetto di capitano, sono stato marinaio, posso portarvi in barca dove volete, so fare la rotta, il punto. Ma ho gestito anche una fattoria, mi sono occupato di centocinquanta mucche, allevavo quasi cinquecento anitre all'anno e ho imparato a falciare... So di cosa si tratta, ho dedicato a questo un intero anno. E non molta gente, che non sia della campagna, sa falciare.  So mungere,  C'una sola cosa che non so fare bene, tracciare i solchi, i miei solchi non sono dritti: il lavoro con l'aratro non fa per me. Ma posso dirigire una fattoria, anche domani se volete. Ho allevato cavalli, avevo sempre cinque o sei esemplari nelle scuderie. Io calvalco, ovviamente, ho fatto il servizio militare in cavalleria..."
Era una cosa di cui sembrava andar fiero quella di aver padroneggiato mestieri lontanissimi dal suo, ma nello stesso modo aver praticato anche diversi sport.
Ma la risposta ai dottori di Médicine et Hygiène finisce con un autocritica:
"...Ho cercato di fare tutti i mestieri, come ho praticato tutti gli sport. Ma ho fatto tutto male, perché non si può fare tutto e bene...".
Ma le tante vite di Simenon non si fermano qui e presto parleremo anche delle sue diverse vite contemporanee di padre, marito, amante, personaggio pubblico e individuo privato.

martedì 27 settembre 2011

SIMENON ALLE PRESE CON PEDIGREE

La prima edizione del 1948  di Presses de La Cité
"...tutti quelli che provengono da un ambiente come il mio, vi si ritroveranno. E' questo che mi farà più piacere..."
Simenon scrive queste righe, a novembre del '46 in un lettera Frédric Dard, tra la fine della scrittura e la pubblicazione di Pedigree, che per la cronaca fu terminato a Saint-Mesmine-Le-Vieux nel maggio del 1943 e pubblicato da Presses de La Cité nel ottobre del 1948.
Stiamo parlando di una delle opere più discusse e analizzate di Simenon, un'opera che, secondo lo scrittore, doveva uscire dai canoni dei suoi romans-durs e seguire più la tradizione di una letteratura più classica, un'opera corale, che come diceva Siemenon stesso era "la chanson de geste des petites gens". Una grande storia collettiva con centinaia di personaggi che abbracciava più generazioni che doveva aver il sapore dell'epopea storica, ma strettamente legata a quella che era la sua origine, un ritorno alla sua infanzia per raccontare questo percorso attraverso il tempo e attraverso la gente.
In effetti Simenon sentiva questa esigenza, ma non aveva le idee chiare, lo affascinava l'idea dell'opera epica, anche se non sapeva dove l'avrebbe portato, quale tempo avrebbe abbracciato la storia, ma era sorretto da un certo entusiamo ed era convinto ad andare avanti finché ce ne fosse stato bisogno.
Qui non aveva scadenze di pubblicazione, tempi da rispettare, si sarebbe preso tutto il tempo che sarebbe stato necessario. E poi c'era l'approvazione di André Gide che auspicava che Simenon mettesse il suo talento letterario al serivizio di un grande romanzo, dal respiro ampio, dove tempo personaggi e vicende avessero una scansione più vicina alla storia che alla cronaca.
Ma dopo la prima tranche, la sicurezza e le certezze dell'inizio sebravano svanire...
In una lettera a Gide scriveva "...é possibile che scrivendo per mio piacere personale, per la gioia di liberarmi di ogni regola, di tutti i condizionamenti della pubblicazione immediata, io non finsica per scrivere soltanto per me, delle cose che hanno valore  e sapore solo per me?... Forse dovreste riportarmi alla realtà...".
Ma Gide lo incoraggia, gli fa notare il miglioramento da quando entra in scena la madre di Simenon, e gli conferma che questa è  la via giusta.
il romanziere passa dalla penna e i quaderni, alla macchina da scrivere, dalla prima persona alla terza, e scrive per un mese di fila.
Intanto Gide continua a seguire il procedere del romanzo, che Simenon man mano gli invia, e di rimando gli segnala le proprie critiche, ma anche i propri incitamenti "... diffidate dei vostri limiti,  ogni eroe non deve essere un emarginato, smettete di scegliere degli abulici come personaggi principali, e poi mettetevi "en trance", che diavolo! ...infine buon lavoro e a seguire, andate!...".
Insomma questo romanzo fiume  ha fatto soffrire Simenon, l'ha fatto sentire come un neofita in un genere sconosciuto, ma forse l'ha anche liberato.
" Ho voluto in Pedigree far uscire tutto il pus. Sono andato fine al limite estremo. Non potrei spingrmi di più nel noir. Ho acquisito un'impressione che non avevo, mi sono liberato dall'angoscia..." risponde in conclusione l'autore a Gide.
E l'uscita posticipata di qualche anno, e non con Gallimard, fu per la critica una sorta di conferma di quanto andava dicendo Gide "l'opinione che si ha di Simenon é inferiore a quella che meriterebbe".

lunedì 26 settembre 2011

SIMENON SIMENON, MA QUANTO VI PIACE?

Siamo alla vigilia di una data importante. Simenon Simenon il mese prossimo festeggerà il suo primo anno di vita. Il primo anno è importante per un sito o un blog perché è il consuntivo di un primo passo e l'adesione di utenti con le loro visite  in quei primi dodici mesi dà il polso della situazione e indica se l'impresa vale la pena di essere portata avanti. Tra qualche giorno vi daremo anche dei numeri più precisi, ma possiamo già dire che siamo soddisfatti di questa sfida e che il primo anno si conclude molto positivamente.
In reatà le sfide che avevamo lanciato erano due. Intanto limitare l'argomento ad un solo personaggio. E poi metterla in pratica con una modalità quotidiana (sabato e domenica compresi). Quindi ogni giorno un post nuovo e talvolta due, in modo da allacciare con i visitatori un dialogo quotidiano su uno scrittore che riteniamo davvero speciale, per la sua produzione letteraria, per la sua biografia e per la complessità del personaggio.
Certo non ci sono molti siti (in Italia e non) dedicati a personaggi o artisti che siano quotidiamente aggiornati, ma su Simenon siamo certi al 99% di essere unici.
Ma questo non ci esime dal metterci in gioco e di capire cosa i nostri visitatori aprezzano e cosa vorrebbero cambiato.
A questo punto abbiamo voluto proporre un sintetico questionario che darà l'opportunità di dire la vostra su Simenon Simenon, di fare le vostre critiche e di avanzare proposte su temi o iniziative.
Ecco quindi il questionario cui dovrete rispondere

1) Date un giudizio su Simenon Simenon definendolo: insufficiente - sufficiente - discreto - buono

2) Avete una preferenza specifica? Preferite i post di argomento più specificamente letterario, quelli biografici o quelli che scavano tra gli aspetti meno noti del personaggio e delle sue caratteristiche?

3) In cosa vi sembra che Simenon Simenon potrebbe essere più completo. Ci sono degli argomenti che vorreste trovare e non ci sono?

4) Quante volte durate la settimana visitate Simenon Simenon?

5) Come l'avete conosciuto?

6) Da quanto tempo l'avete conosciuto?

Potete rispondere a queste domande o in un commento al post, oppure utilizzando l'indirizzo e mail simenon.simenon@temateam.com

domenica 25 settembre 2011

SIMENON. L'UOMO CHE NON ERA MAIGRET

Ecco un frammento del film tratto dalla omonima biografia, L'uomo che non era Maigret, scritta da Patrick Marnham. E' una pellicola di 52' da 16mm, per la sceneggiatura di Steve Hawes. realizzata nel 2003, l'anno del centenario della nascita di Simenon. (tratto da Youtube, postato da manuriche il 18/02/2010)

sabato 24 settembre 2011

SIMENON. E SE MAIGRET TRADISSE LA MOGLIE?...

Un disegno di Pinter per Maigret e la ballerina del Gay Moulin
Avete mai pensato ad un Maigret che, durante una delle sue inchieste fuori Parigi, tradisca la moglie? Sì insomma che vada a letto con una testimone, un'albergatrice, una signora incontrata in viaggio... No? Perché? Chi inizia a leggere le inchieste del commissario sa come comincia la serie, ma non può prevedere cosa capiterà o quali cambiamenti subirà il personaggio in più di cento tra romanzi e racconti, nell'arco di oltre quarant'anni.
Poi, se chi inizia a leggere Maigret sa appena qualcosa sul suo creatore, state certi che avrà letto o sentito su Simenon della sua smodata attività sessuale e delle diecimila donne che affermò di aver avuto nell'intervista che fece a Fellini per L'Express.
Poste così le premesse, le aspettative per qualche una scappatella del commissario non sarebbero poi nemmeno così impensabili. Anche perché Maigret è un amante dei piaceri della vita: gli piace mangiare, bere, fumare la pipa. E' un tipo sanguigno, ogni tanto le sue sfuriate fanno tremare Quai des Orfévres. Insomma è tranquillo buono, ma non un freddo o un'asceta, è curioso, gli piace conoscere le cose, i posti, la gente... è uno personaggio vivo.
E allora perchè tutto, ma non il sesso?
Già bisognerebbe chiederlo a Simenon.
In parte risponde Robert Juanny nel suo approfondito saggio Le regarde de Maigret sur les femmes, dopo aver documentato che le situazioni "a rischio" per il commissario sono a decine e che Maigret non arriva al dunque perché adotta una serie di difese, Juanny dimostra che però le tentazioni ci sono tutte e che sono in definitiva quelle che capitavano a Simenon. I pensieri di Maigret sulle donne sono certo simili a quelli del suo creatore, mentre questo poi dava una conclusione concreta, quello invece sviava, glissava, assumeva un atteggiamento di superiorità o paternalistico che finiva per smontare il clima che si era creato. Ma il sesso, sia pur a livello cerebrale, c'è.
Qualcuno sostiene che Simenon volesse in Maigret tutto ciò che lui non c'era. Forse... Oppure voleva costruire una originale variante del paradigma poliziesco, dove il sesso non era un ingrediente, o per lo meno con un'importanza minima? Ma in ogni personaggio letterario, si sa, ci scappa inevitabilmente qualcosa dello scrittore. E nei pensieri di Maigret sulle donne che incontra nelle sue indagini il sesso c'è, come c'era nella testa di Simenon. Quando leggete un Maigret fateci caso.

venerdì 23 settembre 2011

SIMENON MEMO. ESPOSIZIONE A BRUXELLES

Oggi giornata d'inaugurazione a Bruxelles per l'esposizione Georges Simenon, parcours d'un écrivain belge, che sarà aperta fino al 24 febbraio 2012, al Museo delle lettere e de Manoscritti. 
Chi potrà visitarla, troverà numerosi reperti del suo rituale di scrittura, insieme a manoscritti e dattiloscritti originali. Poi sono esposti la corrispondenza, i calendari su cui segnava i giorni che gli servivano per terminare un romanzo, le famose buste gialle dove appuntava nomi, date, spunti... Insomma si entra nell'universo simenoniano della scrittura attraverso i suoi "ferri del mestiere", visto che lui stesso si definiva un artigiano della scrittura. Per chi fosse interessato, il quotidiano belga Le Vif- L'Express ha pubblicato l'altro ieri un lunga intervista di Alain Gailliard con Jean-Christophe Hubert, il patron di questa esposizione, intitolata L'énigme Simenon en toute lettres . Qui trovate le informazioni sull'esposizione.


SIMENON E IL CASO TERESA SBURELIN

Partiamo dal testamento di Simenon. Forse lo stesso avrebbe fatto Maigret. O meglio lo scrittore l'avrebbe fatto fare a Maigret. Gli eredi ufficiali erano quattro: Denyse, con cui, per quanto avessero rotto i rapporti già dal '64 cioé da ben 25 anni, erano comunque rimasti ufficialmente sposati, e poi i tre figli, Marc, John e Pierre-Nicolas. I termini del testamento furono blindati. C'erano i diritti delle opere letterarie, degli sfruttamenti cinematografici, televisivi e di qualsiasi altro tipo. E poi case, dipinti, patrimoni in titoli e quant'altro, ma delle divisioni non si seppe praticamente nulla, se non che a Denyse toccò un appartamento a Nyon (Canton de Vaud) e un vitalizio. Tigy, la sua prima moglie aveva avuto quella che era stata la loro casa di Nieul, nella Charentes. E la terza donna di Simenon? Teresa Sburelin già sapeva che a lei sarebbe andata la loro casa di rue des Figuiers.
Ma fermiamoci un attimo e facciamo alcune considerazioni.
Simenon conobbe Regine Renchon, la sua futura prima moglie a Liegi nel 1920, si sposarono nel '23 e si separano ufficialmente nel '50 (anche se da qualche anno la loro unione era solo formale e in seguito si era invece ufficializzato il rapporto con Denyse Ouimet). Quindi rimasero sposati quasi venticinque anni ed ebbero un figlio, Marc. Con Denyse la storia iniziò nel '45, sia pur nella clandestinità, si sposarono nel '50 e andarono avanti fino al 1964. Quindi quasi vent'anni e tre figli John, Marie-Jo e Pierre-Nicolas. Teresa Sburelin era entrata a servizio dei Simenon come femme de chambre nel '61, all'età di 35 anni. La sua relazione con lo scrittore iniziò poco dopo la dipartita di Denyse, quindi '64/'65, e andò avanti fino alla sua morte nel 1989. In tutto 24 anni e nessun figlio.
Sicuramente queste tre donne importanti nella sua vita, dedicarono al loro uomo i migliori anni della propra vita. E dedicarsi ad un personaggio come Simenon non doveva essere certo facile. E, tornando a Teresa, potremmo dire che è stata forse quella che ha dato di più a Simenon. O meglio, quella che, in quel momento non particolarmente felice della sua vita, ha saputo offrirgli quello di cui più aveva bisogno.
Ha scritto Pierre Assouline in Simenon biographie  (1992)  "... dopo aver conosciuto l'amicizia con Tigy, poi la passione con Denyse, scoprirà la tenerezza con Teresa...".
In effetti Teresa si dedicò a Simenon in modo totale, ma discreto e molto  riservato. Ad esempio anche quando erano una coppia ormai ufficiale, lei era spesso dietro le quinte. Nelle occasioni ufficiali si rendeva spesso invisibile, compariva qui e là, per far vedere al suo Georges che lei c'era e che all'occorrenza si sarebbe presa cura di lui, ma gli lasciava la scena, lei non amava apparire. E' raro trovare una sua fotografia o una di loro due insieme.
E poi va considerato che Teresa lo accudì nella fase più critica della sua vita. Lo soccorse quando ad Epalinges cadde mentre era in bagno ed é sempre lei che lo vegliò in ospedale. Nel '74 si prese cura di lui quando si ruppe un femore, e poi tre anni dopo per una più banale intervento alla prostata, ma soprattutto quando, a fine '84, Simenon venne operato di tumore al cervello. Allora erano già cessati i rituali dei Dicteès, ormai da tre anni aveva pubblicato l'ultima sua fatica Mémoires intimes. Ma dopo quell'operazione, finirono anche le ultime letture, più di argomento medico che non letterario. E fu ancora Teresa a riempire le sue giornate vuote, a portarlo sulla carrozzella, sul lungolago di Losanna a predere luce ed aria. Fino agli ultimi giorni. Fino al trapasso, avvenuto mano nella mano.
E va ricordato che, per rispettare la volontà di Simenon, fu lei a tacere della sua  morte, a far cremare il corpo, a spargere le ceneri nel giardino di rue des Figuiers, come lui aveva disperso quelle della figlia Marie-Jo. Solo allora informò  parenti, amici, media, anche se, a causa di una prezzolata soffiata di un dipendente comunale, un quotidiano di Losanna riuscì lo stesso a dare la notizia.
Rimasta sola, Teresa visse ancora qualche mese al 12 di rue des Figuiers. Poi andò via. I figli di Simenon la cercarono, ma invano. Teresa sembrava sparita. Nessuna traccia. Alcune voci raccontavano che si fosse ritirata in un paesino del suo Friuli. Ma nessuna conferma venne mai. Dopo la scomparsa di Simenon disse  ad un giornalista: "... Durante la sua vita sono stata la sua compagna. Ora non sono più nulla. Non mi ha lasciato che i miei ricordi ed essi mi appartengono...". E non volle che nessuno entrasse in casa: "No, la casa mi appartiene; è un luogo di ricordi e non voglio che nessuno ne turbi la quiete...". 


   

giovedì 22 settembre 2011

SIMENON. PARDON... I MEDICI

Per Simenon quella dei medici é sempre stata un categoria nei confronti della quale ha avuto più che ammirazione diremo attrazione. Lui stesso, se il padre non si fosse prima ammalato e non fosse poi morto, non avrebbe abbandonato la scuola e almeno nelle intenzione avrebbe voluto frequentare medicina.
Lo stesso accade per Maigret. Nella biografia del commissario, immaginata da Simenon, il padre morì anche lui abbastanza giovane e Jules dovette interompere i suo studi in medicina e, grazie ai buoni uffici di uno zio, entrò in polizia.
Poi non va dimenticato che spesso Simenon ha dichiarato il gradimento della loro compagnia. "...succede che sia con loro che mi ritrovi più a mio agio - dichiarava in un'intervista a Paris Match nel '67 - forse perché sull'uomo hanno lo stesso punto di vista di un romanziere...".
Anche nei suo libri troviamo a questo proposito personaggi i quali hanno un che di autobiografico. Per esempio il protagonista di Lettre a mon juge (1947) che racconta la sua infanzia "...nella pensione che gestiva mia madre c'erano spesso molti studenti di medicina. Non si parlava altro che di medicina. Di consegenza ero incuriosito tanto da leggere i loro libri. Ricordo bene di aver studiato l'opera di anatomia di Testut..."
E questa è una chiara trasposizione di quanto succedeva a Liegi al piccolo Simenon, proprio con quegli studenti cui la madre affittava alcune camere della loro casa e quando lui andava a leggersi i loro testi universitari, chissà capendo cosa, ma c'era dell'attrazione.
Certo ci fu anche un medico che nel '40 gli combinò un bello scherzo, a Fontenay  gli diagnosticò un cuore malato e una prospettiva di vita di due anni (leggi il post del 5 aprile  Simenon. Quando credette (o fece credere) di essere quasi morto ).
Ma ci fu anche la famosa intervista che gli fecero ben cinque medici della rivista Médicine et Hygiène, cui Simenon si sottopose di buon grado, rispondendo a tutte le loro domande e dando segno di grande fiducia nella loro classe  (vedi il post del 22 dicembre 2010 Simenon sotto esame... psichiatrico ).
E poi, tornando a Maigret, non bisogna dimenticare i coniugi Pardon. Sappiamo che i Maigret sono una coppia molto casalinga, vita mondana quasi inesistente,  qualche passeggiata la domenica pomeriggio, qualche rara volta al cinema.
Però una volta al mese c'è la cena con i loro amici Pardon. Lei casalinga come M.me Maigret e lui medico. L'unico amico, se così può essere definito, di Jules Maigret è un medico. Le coppie si scambiano gli inviti, una cena a casa dei Maigret e una a casa dei Pardon. Per le mogli diventa quasi una gara di cucina, i mariti si gustano i manicaretti, ma poi si appartano, fumano e parlano. E spesso, un po' per deformazione professionale di Pardon, un po' per l'interesse mostrato da Maigret, finiscono a parlare di medicina...pardon, de médicine.

mercoledì 21 settembre 2011

SIMENON. L'ETAT DE... BUSINESS

Eugene Merle, Frenczy, Fayard. Erano alcuni dei più importanti tra i primi editori per cui Simenon lavorò. Ovviamente con i primi, tra la necessità di lavorare e l'inesperienza nelle trattative, il giovane scrittore non riusciva a portare a casa dei contratti molto vantaggiosi. Nei primi anni compensò con la velocità e l'ingente produzione che gli permettevano di tenere un soddisfacente livello di reddito.
Ma con il passare degli anni, la sua popolarità gli conferiva anche un maggior potere contrattuale e soprattutto iniziò a comprendere il meccanismo con cui trattare e trarre il massimo da ogni contratto. Ben presto fu in grado di discutere alla pari con i propri editori e imporre le proprie condizioni.
L'ultimo da cui subì fu proprio Fayard. 1930. Quando si trattò di iniziare a pubblicare i Maigret, Simenon aveva già scritto cinque inchieste del commissario, ma c'erano ancora pendenti 30.000 franchi, residuo di un precedente contratto per una serie di romanzi popolari.
Lo scrittore cercò di convicere Fayard che avrebbe potuto scalare la cifra dai proventi dei Maigret. Ma l'editore fu irremovibile nonostante le forti pressioni di Simenon. Il motivo ufficiale del diniego consisteva nella volontà di non mischiare i conti di contratti diversi (un Maigret gli sarebbe costato di più di un romanzo popolare). La verità era che non credeva che il personaggio del commissario potesse aver successo, mentre sapeva che i romanzi popolari firmati George Sim, erano moneta sonante.
Simenon si chiuse in una baracca a Concarneau, in Bretagna, per tre mesi, scrivendo fino ad undici ore al giorno con una media di 80 pagine, dormendo poco e bevendo più del dovuto. Un tour de force che lo lasciò debilitato, molto dimagrito, ma con il debito saldato e la mente sgombra per pensare al suo Maigret. Certo fu un'esperienza che non perdonò mai a Fayard e infatti, dopo i primi diciannove titoli di Maigret previsti dal contratto, che ebbero un gran successo, l'editore si vide abbandonare inesorabilmente dalla sua gallina dalle uova d'oro.
Altra scena, altro livello. 1934. Simenon nello studio dell'editore più ambito di Francia, Gastone Gallimard. Appuntamento per definire il contratto. Gallimard propone un pranzo di lavoro, un po' per il piacere di conoscersi e un po' per i conti, ma Simenon detta le sue regole: in ufficio, telefono staccato, porta chiusa per tutti, così in circa un'ora avrebbero raggiunto un accordo (vedi il post del 20 novembre 2010 Braccio di ferro tra Georges Simenon e Gaston Gallimard). I risultati furono buoni per lo scrittore su un editore esperto, che pure era considerato sul piano degli accordi un osso molto duro. E invece Simenon chiese un contratto che prevedeva sei libri all'anno, il 10% fino a 10.000 copie, il 12% al disopra e una tiratura garantita di 50.000 copie. Tutti gli sfruttamenti non letterari dell'opera al 50%, ma se trattative e contatti venivano dallo scrittore gli andava riconosciuto il 75%. Condizioni del tutto fuori standard che Gallimard sapeva l'avrebbero messo in perdita, almeno nei primi tempi, ma che alla fine accettò e che tenne ben segrete per non incorrere nel risentimento degli altri suoi scrittori.
1946. Ritroviamo Simenon in America e da Gallimard passa a Presses de La Cité, di Sven Nielsen, un piccola casa editrice, prima distributore di libri. Qui non ci sono condizioni, lui l'ormai famoso Simenon, porta in dote addirittura quel Pedigree, che André Gide aveva sollecitato tanto, e poi romanzi come Je me souviens, Trois chambres a Manhattan, Lettre à mon juge e non utimo Maigret... Il giovane Nielsen non aveva speranza di scegliere nemmeno le date d'uscita... ma ebbe la fortuna di pubblicare un autore che molti editori avrebbero voluto nel loro catalogo. Nielsen e Simenon s'intesero sempre più costituendo un sodalizio, non solo professionale, che durerà fino alla morte del romanziere.

martedì 20 settembre 2011

SIMENON. IL "VICTOR" NON PARTE E... TUTTO SI FERMA

Siamo esattamente al 20 settembre del 1972. Simenon, nella grande villa di Epalinges, a febbraio ha terminato un'indagine del suo commissario, Maigret et M. Charles. Ormai è solo nella sua abitazione principesca. La seconda moglie Denyse da tempo ha definitivamente rotto i legami con Georges (anche se sono ancora sposati). Dei figli, Marc è ormai impegnato nel suo mestiere di regista cinematografico e televisivo e vive a Parigi. Johnny studia legge negli Stati Uniti. Marie-Jo è spesso in giro. Ad Epalinges vive con lui il piccolo Nicolas che ha tredici anni e va ancora a scuola e Teresa la sua compagna.
Lo scrittore si accinge a scrivere un nuovo romanzo. Secondo i suoi rituali, prepara tutto l'occorrente, sceglie un nome come titolo provvisorio,  Victor, che gli è familiare e che ha già dato a diversi personaggi dei suoi romanzi. E poi, come sempre, i soliti elenchi di nomi e cognomi, riferimenti cronologici e geografici sulla consueta busta gialla... qualche appunto.
Victor, avvocato... la moglie Berthe... il figlio Raymond... una famiglia di avvocati...  una moglie che uccide il marito e, scontata la pena, sparisce in Sud America...
La storia é ancora confusa e, come al solito Simenon non sa come andrà a finire.
Pian piano si rende conto che il famoso déclic non scatta, che non è in état de roman, né è entrato nella pelle di Victor.
Alla vigilia dei settant'anni il romaziere prende coscienza che non potrà scrivere né quello né altri romanzi. Cosa è successo?
Simenon come prima risposta non trova di meglio che incolpare Denyse, che ha giurato di distruggerlo come scrittore (aiutata, riuscirà a pubblicare due libri  "Un oiseau pour le chat" e "Le Phallus d'or", autobiografici entrambe, pieni di livore e accuse, alcune false, altre tutte da verificare e tutte contro Georges) tutta presa nel suo delirio di poter diventare lei la M.me Simenon scrittrice.
Ma i motivi veri sono altri, ad esempio la stanchezza e lo stress di entrare per oltre quarant'anni e per centinaia di volte nella pelle dei suoi personaggi... forse Simenon percepì un pericolo, quello di essere sull'orlo di un punto di non ritorno? Quello di perdersi definitivamente nelle sue creature?
Qualche anno prima, prendendo in esame l'ipotesi che un giorno non sarebbe stato più in grado di scrivere, affermò "...Sarà uno choc terribile per me e non vedo come il medico potrà risollevarmi...". E invece non ci fu crisi, sembrò che Simenon subisse passivamente quella situazione come ineluttabile, il segno della fine di una fase, un fatalismo consapevole che contro il destino non si può lottare, proprio come accade ai protagonisti delle sue storie. Anche lui era andato fino alle coseguenze estreme della sua sorte: non scrivere più (vedi anche il post del 23 luglio Simenon. Come finisce un romanziere).
Era un ciclo concluso, i romans-durs, i Maigret, ma anche la sua casa di Epalinges per lui così piena di significati, che lasciò dopo un paio di mesi, tutto ormai era alle sue  spalle.
Ormai era  un uomo qualunque, lui e Teresa, come un coppia qualunque, andarono infatti a vivere in un appartamento qualunque, all'ottavo piano di un grosso condominio a Losanna.
Come scrive il suo più autorevole biografo, Pierre Assouline, "...si sentiva finalmente un uomo come tutti gli altri. Ma era soltanto lui a crederci...".

lunedì 19 settembre 2011

SIMENON. PERCHE' NON SFONDO' NEGLI USA?

Quando nell'estate del 1945 Simenon abbandonò la Francia con l'idea di stabilirsi  negli Usa, aveva una priorità che occupava gran parte della sua mente. Sfuggire ad una possibile accusa magari con conseguente arresto, da parte del Fronte di Liberazione nazionale francese. Poi c'erano altri motivi più o meno collaterali, ad esempio far studiare il figlio Marc nei progrediti e moderni college americani (motivo che però la moglie Tigy sosteneva fosse un pretesto), oppure l'ambizione, nascosta ma profonda, di scrivere negli States con la voglia di confrontarsi, sul loro campo, con quei romanzieri americani che lui considerava incarnassero la più moderna forma letteraria.
Dieci anni dopo si ritrova a Lakeville, nella sua residenza di Shadow Rock Farm a fare un po' di conti su quella sua originaria aspirazione. E nella colonna dei "più" può segnare il consenso della critica, la nomina a Presidente del Mystery Writers of America, anche il riconoscimento di diversi scrittori statunitensi, tra cui Henry Miller, Thorton Wilder, William Faulkner. Inoltre in quel decennio aveva rafforzato e incrementato la sua popolarità tra i lettori americani, i settimanali a grandi tirature e le riviste letterarie si occupavano di lui (nel maggio 1953 ben tredici pagine di "ritratto Georges Simenon" sull'autorevole "The New Yoker")..
Nella colonna dei "meno" giganteggia il mancato obiettivo. Diciamola tutta, Simenon credeva di sfondare e diventare un caso letterario, come era successo in Francia. E invece ottenne solo un discreto successo. Cosa che un altro, che non fosse stato Simenon, avrebbe giudicato un ottimo risultato. Ma per lui, abituato a fissarsi degli obiettivi e poi raggiungerli, quello non fu proprio uno smacco, ma una mezza delusione certamente. Eppure le qualità c'erano, il sostegno di un certa critica pure e le vendite non erano certo un flop. Ma allora cosa mancò a Simenon per sfondare?
Diversi giornalisti, letterari come Brendan Gill, Helen Wolff o Maurice Dumoncel concordavano sul fatto che sul mercato americano i libri di Simenon erano tradotti in un inglese per gli inglesi. E questo si rivelava indiscutibilmente un handicap. Ci sarebbe voluta una versione americana per gli americani.
Un altro fattore era l'imprinting della cultura europea che Simenon, nonostante i dieci anni in America non poteva cambiare come faceva con le sue abitazioni. E anche questo per un popolo caratterizzato, soprattutto allora, da una mentalità e  da una cultura autoreferenziale, non era portato a tributare trionfi agli stranieri. Insieme ad altri motivi, anche questa piccola sconfitta contribuì a riportarlo nel vecchio continente a fare il pieno di riconoscimenti, a mietere gloria e ad assistere alle numerose manifestazioni in suo onore.

domenica 18 settembre 2011

SIMENON. ANCORA UN EVENTO IN VANDEA

La Vandea raddoppia. Dopo aver celebrato lo scrittore con il Festival Simenon (11-19  giugno) a Sable D'Olonnes, dopo circa tre mesi torna a organizzare un'altra iniziativa sia pure di tipo del tutto diverso. Si tratta di Georges Simenon, de la Vendée aux quatre coins du monde, un'esposizione che abbraccia tutti i periodi e i temi cruciali e della vita e delle opere dello scrittore e che avrà la durata di ben cinque mesi, dal 30 di settembre al 26 febbraio 2012. La manifestazione che si svolgerà a Les-Lucs-sur-Boulogne, a sud di Nantes, verrà allestita nel complesso Historial de la Vendée e proporrà ai visitatori un'approccio interdisciplinare attraverso l'esposizione di manoscritti, scritti inediti, immagini, documenti audiovisivi, film, oggetti e persino mobili, insomma oltre 200 oggetti provenienti dalla Fondazione Simenon presso l'Università di Liegi.
Ma ci sarà anche la ricostruzione di una sala cinematografica dell'epoca, dove verrà proiettato in anteprima il film di Alain Ferrari Tout ou presqe sur Maigret.
La  mostra sarà l'occasione per l'edizione di un catalogo di 280 pagine dove si troveranno le firme di studiosi e specialisti sotto la direzione di Benoît Denise. Direttore del Centro Studi George Simenon (Éditions Somogy).
Come ha detto Bruno Retailleau, presidente del Consiglio generale della Vandea
"...Simenon e la Vandea sono soprattutto le peregrinazioni di un grande viaggiatore, abituato ai reportage dai quattro angoli del mondo. In soli cinque anni Simenon setacciò il nostro dipartimento al punto di cambiare sei volte indirizzo! Ma Simenon e la Vandea é anche la storia di una svolta letteraria, con la scrittura di Pedigree ...".
In effetti quegli erano gli anni in cui André Gide, esercitava la sua inflenza affichè portasse a termine questo primo romanzo autobiografico e corale.
Le varie sezioni dell'esposizione partono dall'infanzia a Liegi, il periodo francese e quello statunitense, ma si troveranno anche spazi dedicati ai suoi viaggi, alla sua vita, al commissario Maigret, ai film tratti dai suoi libri (saranno proiettati Le Chat, Le Train, Les Fantômes du chapelier, Maigret tend un piège), insomma una panoramica a 360° sull'uomo, sul romanziere e sull personaggio, dove non mancheranno interventi qualificati tra i quali quelli del suddetto Benoît Denise, di Claude Gauter e del figlio dello scrittore stesso, John.
per tutte le informazioni visitare il sito di Historial Vendee

sabato 17 settembre 2011

SIMENON. POLICE SECOURS... DALLA CARTA ALLA REALTA'

Siamo nel 1935. Simenon é partito ormai con i Maigret (già usciti diciannove titoli), ha firmato da un anno con la prestigiosa Gallimard con cui ha iniziato a pubblicare i primi due romans-durs. Su richiesta del suo amico Pierre Lazareff, direttore di Paris Soir, si presta a fare un salto dalla finzione delle inchieste del suo commissario ai luoghi della criminalità parigina per il quotidiano fondato da Eugene Merle, editore per cui Simenon aveva lavorato ai tempi dei romanzi e dei racconti popolari. Sarà un'inchiesta a più puntate che partirà dai vari commissariati della città per seguire le indagini della polizia e conscere i casi veri che questa si trovava ad affrontare. La serie di articoli si chiamerà Police Secours (verra poi raccolta in un volume dallo stesso titolo). 
Oltre a ricostrire una mappa geografica della malavita cittadina e a illustrare i tipi di malaffare e di reati che la polizia doveva combattere, anche in questo caso vediamo Simenon impegnato a dare risalto al lato umano dei vari casi e soprattuto alla povera gente. Ci scappa il morto tra portoghesi e zingari nel XVIII arrondissement, tra operai stranieri nel XIX, ma anche tra protettori di bassa lega. Cadaveri in fondo ai canali, ma anche prostitute massacrate e fatte a pezzi... la spietata legge dei racket.
Ma quando va a fare la somma dei morti ammazzati di quell'anno a Parigi, scopre che sono solo sessantanove su oltre quattro milioni di abitanti.
E a quel punto Simenon si chiede: "...una proporzione inferiore a quella del paese un apparenza più calmo: sto parlando della la Svizzera. Perché si uccide di più  negli idilliaci cantoni elvetici che nella brulicante Parigi?...".
Siamo rimasti particolarmente colpiti come gli esempi fatti in questa inchiesta sembrino quasi delle trasposizioni dei drammi raccontati nei suoi libri, e non solo nei Maigret , ma anche nei romans-durs. Storie banali, protagonisti spesso appartenenti alle classi più povere e dove un fatto trascurabile genera delle  tragedie. "...volete che  ve ne racconti uno molto eloquente? - chiede Simenon al lettore di Paris Soir in un articolo intitolato Bettole e postriboli - In un traquilla casa di places des Vosges abita un mutilato di guerra che lavora tutto il giorno come ascensorista. La sera è nervoso, ha bisogno di molto sonno. Il suo vicino é invece un reduce intossicato dai gas asfissianti, che vende aspiratori elettrci. Ora dopo il lavoro il gassato ascolta il grammofono per ore e  sempre gli stessi dischi. Ne ha solo sei! E tutti i giorni... Il mutilato ha protestato col portinaio, poi con il proprietario. Ha scritto al commissarato di polizia. Tutto quello che si é potuto fare é stato ordinare che il grammofono fosse spento alle dieci di sera. Ma non è abbastanza! Il mutilato é ossessionato da quella musica. Un giorno i due uomini si sono picchiati sulle scale e si é dovuto dividerli.
Una sera, infine... il mutilato, fuori di sè, è andato dal vicino con un fucile che conservava come ricordo della guerra. Ha sparato. Il gassato non é morto, ma hanno dovuo mettergli uno stomaco artificiale...".

giovedì 15 settembre 2011

SIMENON. IO SONO I MIEI PERSONAGGI, MA...

Frase superflua per un romanziere che scriveva solo in una specie di trance, il famoso "état de roman", e che entrava nella pelle dei personaggi fino a sentirsene male. E non si trattava solo di partecipazione psicolgica, ormai lo sappiamo bene. Lo dimostrano non solo i settecento grammi di sudore di cui erano intrisi i suoi abiti alla fine di ogni seduta giornaliera di scrittura (con tanto di pesata della Boule, prima e dopo), ma ad esepio anche le conseguenze dell'alcolismo, quando scrisse di un uomo afflitto da questa piaga, tanto che il suo medico gli ordinò o di finire molto in fretta il romanzo o di smettere immediatamente.
Eppure... Eppure il mestiere che aveva imparato prima con i romanzi popolari, gli imponeva per ogni genere una struttura diversa, e poi aveva a che fare con le regole di un poliziesco, sia pure sui generis come i Maigret, che gli imponeva un doppio codice quello della letteratura polar e quello della narrativa seriale.
Inoltre, a parte la componente caratteriale, la grande quantità di lavoro evidentemente lo spingeva ad un ordine e ad una tecnica che gli facesse fruttare al meglio il tempo di cui disponeva (soprattutto agli inizi, quando scriveva sino ad ottanta pagine al giorno).
E probabilmente tutto il maniacale insieme di rituali, prima e durante la scrittura deriva proprio da quella esigenza. Appuntare un cinquantina di matite (e in seguito pulire ed oliare bene la macchina per scrivere). Prepararsi nomi, parentele e certe cronologie sulla famosa busta gialla. La sequela dei nomi di scorta appuntati su un foglio, ma anche gli elenchi del telefono, per dare un nome e un cognome ad un personaggio che non aveva previsto. Pipe pulite, cariche e pronte per poter essere fumate una dopo l'altra senza perdere tempo a riempirle. La bottiglia di vino a portata di mano. E ultima, ma non ultima, la targhetta "please don't disturb" sottratta ad un albergo e appesa sulla maniglia esterna della porta dello studio, accuratamente chiusa.
Quelle ore vissute in trance nella pelle di un altro avevano quindi bisogno di una tecnica e dei supporti materiali che man mano divennero dei veri e propri rituali senza i quali Simenon forse non sarebbe riuscito a scrivere, proprio come non avrebbe finito una riga senza essere in "état de roman".

mercoledì 14 settembre 2011

SIMENON. DORINGE, LA SUA IMPLACABILE... EDITOR

"... potete, sin dalla prima lettura, correggere gli errori di battuta, di ortografia, le doppie, ma a condizione di non cambiare e soprattutto non aggiungere e non togliere una virgola, perché sia nel senso grammaticale sia nell'uso corrente, sono maniaco su questo punto. Le altre correzioni fatele senza remore. Quando riceverete di ritorno le bozze, non meravigliatevi se non ho tenuto conto di tutte le vostre osservazioni. Ci tengo a che voi le facciate. Ma io non sono sempre d'accordo con voi. Capita spesso che voi abbiate ragione agli occhi della grammatica. In certi casi me disinteresso, come della ripetizioni delle parole, di certi accostamenti poco eufonici...  In questo André Gide era completamente dello stesso mio avviso. Poco importa se i puristi inorridiscono...".
E ovvio che sia Simenon a parlare, anzi a scrivere, in una lettera del 1960, a riceverla è Doringe una sua storica correttrice. Era belga anche lei, con un trascorso di professoressa d'inglese, giornalista (dalla cronaca alla critica ciematografica) e traduttrice di romanzi americani. Un passato sufficientemente vario e articolato per essere all'altezza dell'universo letterario simenoniano come editor, se nel caso di Simenon si può parlare di un editor, come dimostra il brano della lettera riportata in apertura.
Ma Doringe aveva un carattere deciso e non temeva di esprimere le proprie idee anche se doveva affrontare degli scontri con Simenon. Ma dietro una certa durezza si nascondeva non solo un'ammirazione per lo scrittore, ma forse qualcosa di più. Certo lei aveva una ventina d'anni più di lui, ma era l'unica ad indirizzargli lettere che iniziavano con "Sim de mon coeur...". E ancora la sua sincerità assoluta nelle loro discussioni lo scrittore la definiva "voluttà sadica". Persino Denyse, la seconda moglie, che, nei periodi di revisione dei romanzi la rimproverava di passare più tempo di lei con Simenon, si sentiva rispondere "Ma io non ci vado mica a letto...".
Insomma un personaggio che spesso irritava lo scrittore, ma di cui non avrebbe saputo fare a meno. Ad esempio scrivendo nel 1962 a Sven Nielsen, il suo editore, affermava: "...lei mi rimprovera di non aver ancora imparato quali parole si scrivono con due "n" o due "r", senza pensare che se lo sapessi sarei un correttore invece di ostinarmi a cercare di scrivere dei romanzi...In genere non accetto che una su dieci delle correzioni di Doringe. Altrimenti il mio stile sarebbe piatto come il suo...". E su questo lei lo prendeva in giro, chiedendosi come fosse possibile che un uomo di cinquant'anni non fosse in grado di fare la differenza, tra un accento circonflesso, uno acuto o uno grave.
Ma aldilà di tutto, da parte di Siemenon c'era una stima di fondo confermata da una propria dichiarazione in una lettera del periodo americano "... E' una donna anziana, che lavora per me da tanto tempo, che revisiona tutte le mie bozze, che mi conosce meglio di me stesso  e nella critica della quale ho la massima fiducia...".

martedì 13 settembre 2011

SIMENON. FACCIAMO ORDINE SULLE PROSSIME USCITE

A sinistra, il libro mai uscito, a destra, quello ora annunciato in anteprima 
Adelphi annuncia tra le proprie anteprime, una nuova inchiesta del commissario Maigret: Maigret e l'omicida di rue Popincourt. Che sia annunciato non significa sempre che poi esca davvero.
Vogliamo ricordarvi infatti il post scritto il 4 luglio dove annunciavamo, riportando fonti Adelphi, le consuete novità per l'estate costituite da un romanzo di Simenon, L'assassino, e un'inchiesta del commissario Maigret e l'omicida. Quando i libri apparvero sugli scaffali delle librerie, l'indagine era cambiata e l'omicida aveva fatto spazio a l'uomo solitario (chi ne avesse voglia potrebbe rileggersi quel post Simenon. Maigret e il caso dell'omicida divenuto uomo solitario ).
Ma questo ha un'importanza relativa per i lettori vergini, leggere un'inchiesta del commissario, invece di un'altra, non cambia granchè (anche perchè Adelphi nel suo criterio per le uscite non ha mai usato quello della cronologia originale), un po' meno, magari, per chi va in cerca di un titolo specifico.
Ma adesso torniano al Maigret annunciato in anteprima e cosa scopriamo? Che è lo stesso che doveva uscire ai primi di luglio, ma... Già c'è un ma, infatti se il romanzo é assolutamente lo stesso (titolo originale Maigret et le Tueur, scritto nell'aprile del 1969 ad Epalinges e pubblicato alla fine d'ottobre da Presses de La Cité) il titolo italiano si è allungato: da Maigret e l'omicida a Maigret e l'omicida di rue Popincourt. Stessa copertina e stessa foto del libro mai uscito (vedi le foto), ma titolo più... ricco, grazie alla specificazione della via dove è avvenuto l'omicidio.
La trama? La trovate nel post del 4 luglio Simenon. In arrivo un assassino e un omicida... estivi . Speriamo che questa sia la volta buona e ...buona lettura.

lunedì 12 settembre 2011

SIMENON. I PROSSIMI APPUNTAMENTI

Dalla fine di settembre a quella di ottobre sarà un mese ricco di iniziative ed aspettative per quanto riguarda Simenon sia in Belgio che in Francia. Chi si trovasse per caso da quelle parti...
• Si inizia con l'inagurazione del nuovo Museo delle lettere e dei manoscritti a Bruxelles che si aprirà il 23 settembre con una mostra dedicata ai cimeli del romanziere belga. Un'esposizione che tra scritti, lettere, autografi e carte varie proporrà ben 160 pezzi che si riferiscono ai vari periodi della vita di Simenon. L'iniziativa durerà fino al 24 febbraio 2012.
• A Parigi invece il 21-22-23 ottobre sarà la volta della seconda edizione di Paris Noir - festival europeo del romanzo e del film noir che quest'anno propone come paese ospite l'Italia e che tra le sue numerose manifestazioni vede anche Les Promenades de Maigret, in compagnia di un ex-commissario alla scoperta dell'universo del personaggio simenoniano.
• A metà di settembre circa, invece, sarà il momento in cui si deciderà sull'iniziativa di un'esposizione permanente interamente dedicata a Simenon nella sua città natale. C'è già un progetto, ma occorrerà presentare anche un business-plan e reperire i fondi necessari e proprio tra un paio di settimane se ne dovrebbe sapere qualcosa.
• Sempre in Francia lunedì prossimo nell'ambito della Médiathèque du Nord, a Proville (Nord-Pas-de- Calais) verrà organizzata una tavola rotonda alle 18.30 dal titolo L'autre Simenon e poi alle 20.30, il film Feux rouges (2003) di Cédric Khan con Jean Pierre Darroussin e Carole Bouquet, tratto dall'omonimo romanzo simenoniano del 1953.

domenica 11 settembre 2011

SIMENON. L’ALTRA FACCIA DELL’HARD BOILED

Sul  grande schermo Bogart è il Philip Marlowe di Chandler e Gabin è Maigret
Primi anni trenta. Negli Stati Uniti si fa largo nella letteratura definita “mystery”  la cosiddetta hard-boiled-school. E’ costituita da un gruppo di scrittori che pubblicano le loro storie sui pulp-magazine, giornali ecomomici, stampati su carta dozzinale e venduti a prezzi molto popolari. Uno di questi è il punto di riferimento, dove scrivono quelli che sono considerati i padri di questo nuovo genere, The Black Mask, diretto da un certo capitano Joseph Shaw. I nomi di questi romanzieri sono Dashiell Hammett e Raymond Chandler (vedi anche il post del 24 novembre dell'anno scorso Simenon: Chandler? Uno scrittore "tout court" ), ma potremmo citare anche Cornell Woolrich o Erle Stanley Gardner, padri di famosi personaggi come Sam Spade, Philip Marlowe, Perry Mason.
Cosa portava di nuovo questa scuola nel mondo del mystery? Come espose chiaramente Chandler nel suo saggio La semplice arte del delitto (1944), intendeva distaccarsi da quel romanzo poliziesco, soprattutto di matrice britannica, dove il delitto sembrava un gioco, la sua soluzione un passatempo enigmistico e i moventi degli astrusi e a volte dei capricciosi motivi.
L’hard-boiled-school riportava l’omicidio sulla strada, anche nei sobborghi più sordidi e motivato da sentimenti e bisogni veri come la passione, la brama di soldi o di potere, la vendetta per amore, la corruzione, il bisogno. E niente veleni in aromatici tè, o complicati congegni di esotica manifattura. Ad uccidere erano pistole, coltelli, fucili, bastoni. Insomma la vita reale faceva irruzione nel mystery e portava con sé personaggi ambigui, mai del tutto buoni o cattivi, mai spinti solo dalla loro volontà, ma spesso sottoposti ad un destino che la posizione sociale riservava loro. In primo piano il detective privato che, solo contro tutti, cerca di far prevalere la  giustizia dove la legge latita e sullo sfondo una profonda sfiducia nella società, corrotta, ingiusta dove anche chi deve far rispettare la legge non sfugge a questa ambiguità tra onestà e corruzione, tra male e bene.
Dall’altra parte dell’oceano, e negli stessi anni, esordiva Maigret, un altro personaggio che, sia pure in modo diverso, sovvertiva i canoni del polar e dava vita ad un funzionario di polizia, sposato, che non aveva nulla di eroico e che svolge le sue indagini tra gente comune, persone normali che diventano criminali per i fatti più banali della vita di tutti i giorni, anche qui amore, denaro, segreti  inconfessabili, gelosia.
Questa voglia di realismo, che riporta con i piedi per terra un genere poliziesco che aveva fatto sognare con i suoi inarrivabili eroi, evidentemente intercetta le aspettative di un pubblico che aveva voglia di riconoscersi anche nelle storie più oscure, che scavano nei sentimenti più torbidi (ma non per questo meno reali). E Maigret come  Marlowe, o come Sam Spade, racconta, la società del tempo, denunciando i suoi problemi sociali, ma anche scavando di più sul lato psicologico e creando quel tipo di storie chiamate poi noir, che ebbero talmente tanto successo da venire poi considerato un genere a sé.
E, in Maigret, anche Simenon ci fa scoprire tutta una serie di personaggi, dai poveri diavoli predestinati, ai ricchi corrotti, ai piccoli malviventi incalliti, alle donne tradite e quelle traditrici, tutti immersi nella loro realtà sociale, tutti veri protagonisti della vita.