lunedì 7 novembre 2011

SIMENON. QUESTO COMMISSARIO NON E' INTELLIGENTE

Sì. E' davvero il commissario Maigret. Ed è proprio il suo creatore ad affermare che il proprio personaggio più famoso non sia intelligente. Immediatamente dopo lo definisce intuitivo. Uno degli atteggiamenti in cui lo coglie più spesso è quello di fiutare. E' un gesto, l'utilizzo di uno dei cinque sensi, al tempo stesso molto materiale ma anche molto impalpabile e se vogliamo anche metaforico ed extra-sensoriale.
Maigret non sarà intelligente, ma la coniugazione tra l'intuizione e il fiuto è una di quelle che presuppone una certa sensibilità per capire le situazioni, le mentalità, il modo di ragionare delle persone che incontra nelle sue inchieste e forse addirittura gli consente di vedere più lontano di altri.
Certo l'aspetto pachidermico, lo sguardo, che lo stesso Simenon definisce bovino, non avvicina Maigret agli altri investigatori letterari in voga in quegli anni '30. Non ha il fascino noir di Sam Spade o il fatalismo seducente di Philp Marlowe, non ha le incrollabili e un po' antipatiche sicurezze di Sherlock Holmes, né la vezzosa metodologia d'investigazione di miss Marple. Niente sesso, ma molto cibo, niente azione, ma lentezza e spesso adirittura l'inazione. Inazione apparente però perchè in quell'ozio Maigret "assorbe", lo sottolinea il suo creatore, l'ambiente che lo circonda. Maigret non sembra, ma mette in funzione la sua sensibilità, rizza invisibili antenne. Tutto questo, detto così, non sembrerebbe delineare un personaggio capace di coinvolgere il lettore. Il suo avvio è lento, "bighellona" tra un bancone di un café e la cucina di un portinaia dove cuoce qualcosa, talvolta può sembrare snervante. C'è un omicida in giro e lui che fa? Fiuta nelle pentole, beve Calvados, se ne sta lì a sentire le chiacchiere dei perditempo locali.
Eppure "acchiappa". La gente legge e rimane catturata. Identificazione? Certo il commissario è quanto di più vicino ci possa essere alla gente comune. Un piccolo borghese, con un premurosa moglie casalinga,  prende il tram (meglio la piattaforma esterna, lì si può fumare) per andare in ufficio, pardon al commissariato. E' uno di noi? Sì e no. Ci somiglia molto, ma lui quando ha captato la giusta lunghezza  d'onda, vede tutto più chiaro, decifra i codici di comportamento, scopre i legami tra vicende e personaggi e imbocca la giusta via. E quando arriva a pizzicare il colpevole ha già capito i pregressi, i motivi che lo hanno spinto e il destino (sì, quello cinico e baro) che gli ha guidato la mano. E decide. Spesso decide che la legge non avrebbe potuto capire, che la legge non sarebbe stata all'altezza della giustizia e allora decide lui di mettere mano e di aggiustare i destini.
Ma con quale diritto. In nome di chi? Beh... Maigret non sarà intelligente, ma ha intuito, ha fiuto e, lo abbiamo detto, di solito ha capito prima di tutti la situazione, sa meglio di tutti, come sarebbe andata a finire la storia e spesso ha il coraggio di cambiare il futuro delle persone.
Chapeau, monsieur Maigret!

domenica 6 novembre 2011

SIMENON: PERCHE' I FILOSOFI SCRIVONO ROMANZI?

A 73 anni Simenon aveva smesso di scrivere da un anno, ma dettava al registratore alcune sue considerazioni e riflessioni che poi venivano, come si dice "sbobinate", inviate al suo editore Presses de La Cité, che dopo un lavoro di editing continuava così a pubblicare titoli di Simenon, anche se ormai lui non avrebbe scritto più per un lungo periodo, soprattutto per lui (riprese la penna solo per comporre "Lettre à ma Mére" nel 1974 e "Mémoires intimes" nel 1981). Tra il '73  e il '79 sfornò con questo metodo ben ventitre titoli.
E' chiaro che non si trattava più dei suoi fascinosi romanzi o delle accattivanti indagini del commissario Maigret. Come precisava lo stesso autore "... se ho scritto circa duecento romanzi e se una volta ritiratomi ho continuato a dettare con altrettanto accanimento è, anche secondo me, per bisogno. Forse per cacciare i miei fantasmi, come Fellini, ben più giovane di me, continua a fare...".
Insomma erano le sue considerazioni, anche frammentarie, dei ricordi del passato, alcune osservazioni dei fenomeni del presente, a volte critiche e forse anche l'occasione di togliersi qualche sassolino  dalle scarpe.
Ad esempio sappiamo bene con quanta umiltà, perseveranza e programmazione Siemenon abbia perseguito prima un periodo di apprendistato con la letteratura popolare, poi sia approdato a alla semi-letteratura, come lui stesso definiva i Maigret, e poi finalmente, dopo tale trafila, iniziò a scrivere romanzi e a definirsi romanziere. Per dedicarsi completamente ai romanzi lasciò anche la sua attività giornalistica e qualsiasi altrà occupazione connessa. Questo tanto per rendere l'idea di come prendesse con serietà questa sua vocazione.
In Au delà de ma porte-fenetre (Dictées -1973) si interroga sul fatto perché gli intellettuali, e nello specifico i professori, si dedicassero a tempo perso, a scrivere dei romanzi.
"...negli Stati Uniti non è raro vedere un professore di filosofia scrivere, per proprio divertimento e probabilmente per migliorare le proprie entrate, dei romanzi polizieschi. Sono i peggiori, come succede per i romanzi dei filosofi francesi...."
Trapela da queste parole la riprovazione per chi, invece di investire tutte le prorpie energie (come faceva lui) nel proprio mestiere, anche se solo per diletto, le indirizzava verso qualcosa che a lui era costato anni di preparazione (e circa un chilo per ogni giorno di scrittura). E quindi continua "...Hanno l'abitudine a non essere contraddetti e sono persuasi di essere gli unici detentori della verità umana, per non dire di quella cosmica... Ho degli amici del genere..."
Qui si intravede un risentimento, che rasenta il dispregio, sia nei confronti della categoria dei filosofi universitari oltre a quelli che, per di più, scrivono romanzi. "...vi assicuro che non ho mai cercato di discutere con loro perché i loro argomenti sono quelli ai quali non si può rispondere senza irritarsi..."
Insomma Simenon rivendica che siano i romanzieri a scrivere i romanzi ed è molto seccato che la moda di publicare romanzi abbia preso piede tra i professori non solo dell'università, ma anche tra quelli di liceo e che i loro titoli abbiano invaso il mercato.
Con il senno di poi, e guardando anche al nostro paese oggi, dobbiamo constatare che non solo filosofi o professori, ma anche medici, magistrati, uomini di spettacolo, sportivi abbiano scoperto una vena letteraria, molto spesso con risultati mediocri. E con il ragionevole dubbio che siano operazioni più funzionali al profitto dell'industria culturale, che non insostituibili contributi alla letteratura tout court. E Simenon lancia questi strali, quando ormai ha già smesso di scrivere. Quando la sua poderosa opera è completa e lui si è chiamato fuori dalla letteratura e si sente a maggior ragione autorizzato a rivendicare, dal suo punto di vista, la produzione dei romanzi ai "veri" romanzieri. Alzi la mano chi è d'accordo.

sabato 5 novembre 2011

SIMENON. ROMANZI SCRITTI CON LA MACCHINA... FOTOGRAFICA

L'Occhio di Simenon. La mano di Simenon. Uno per osservare e l'altra per scrivere. Ma proprio L'Oeil de Simenon è il titolo di una mostra fotografica di immagini scattate dall'autore che si tenne in occasione del centenario della sua nascita alla Galleria Jeu de Paume a Parigi 13 gennaio-7 marzo 2004 . La mostra  diventò un libro che aveva lo stesso titolo (Editore Omnibus, chi volesse acquistarlo può approfittare della vendita on line ). Curato da un esperto simenoniano, come Michel Carly, il libro propone trecento fotografie e ci mostra l'altro lato di un uomo abituato a raccontare le proprie storie con la penna o la macchina per scrivere, magari in état de roman. Qui invece imbraccia la macchina fotografica e, al contrario, deve cogliere rapidamente l'attimo, quell'attimo fuggente che appunto racconta in un immagine ferma tutto un passato o lascia intravedere un futuro che entrambe travalicano il personaggo, la scena o il paesaggio ritratto nella sua fissità.
Ad esempio osservate la foto intera qui a destra, di cui una parte scelta per la copertina del libro. E' stata scattata a Tunisi nel 1934 e ognuno può capire il mestiere della donna che nasconde il suo profilo, l'uomo che la guarda con occhio voglioso e l'espressione vogliosa. Sarà un bordello locale? Si sta per consumare un frettoloso rapporto mercenario? Una routine? Una donna che viene da un passato di povertà e miseria? L'aspetta un futuro di degrado e giorni sempre uguali? E l'uomo un piccolo mercante? Aspetta il suo turno per poi tornare alla sua numerosa famiglia?  Nei vari viaggi  dall'Africa centrale, alle isole caraibiche, dalle isole del Pacifico, all'Australia, Simenon si rivela efficace a cogliere ancora una volta più veloce della sua pur veloce scrittura. Foto che testimoniano personaggi, più che paesaggi, come se lo scrittore intravedesse appunto in ognuno di quei ritratti una storia, magari da trasformare poi in un romanzo.

venerdì 4 novembre 2011

SIMENON. UNA FONDAZIONE DA UNA DONAZIONE/2

Il Castello di Colonster sede del Fonds Simenon
... continua ...Et voila. Il 3 novembre 1976 nasce quindi il Centre d'études Georges Simenon  anche l'omonima fondazione, insediandosi all'Università di Liegi e al Castello di Colonster.  E' un ulteriore consacrazione per lo scrittore. Il centro studi è stato inizialmente curato dal professor Maurice Piron, con grande soddisfazione di Simenon che nel suo Je suis resté un enfant de choeur, uno dei suoi Dictées (1977), commenta "...l'ha realizzato così bene, con tanta pazienza ed intelligenza che i miei invii a Liegi si sono moltiplicati, non più un volume dopo l'altro, ma una cassa di volumi dopo l'altra, innumerevoli libri, numerose edizioni che non ho sentito il bisogno di conservare adesso nel mio particolare "ritiro"...".
Insomma tra l'entusiasmo del professor Piron e la piena collaborazione di Simenon è stato possibile mettere su un centro di documentazione sullo scrittore a dir poco singolare. La quantità di documeenti, manoscritti, fotografie, edizioni introvabili, e oggetti permettono a studiosi e specialisti di entrare nell'universo simenoniano per ricercare, approfondire, studiare, avendo a disposizione una quantità   di materiale di qualità, organizzato e sistematizzato. Il Centro Studi è, come già detto, insediato presso Università di Liegi a Place Cockerill, èd è presieduto dalla professoressa Danielle Bajomee e diretto da Benoit Denis, invece il Fonds Simenon, coordinato da Laurent Demoulin, si trova nel  castello di Colonster nel campus universitario di Sart Tilman (sempre nei pressi di Liegi) che mette a disposizione la sua poderosa collezione non solo ai professionisti, ma anche ai gruppi e alle scolaresche che ne facciano specifica richiesta. 
Le attività sono molteplici come ad esempio la realizzazione di studi sull'opera simenoniana, l'organizzazione di incontri internazionali per dibattere temi inerenti all'opera, alla vita e alla critica letteraria di e su Simeno.  Inoltre pubblica anche una rivista, Traces, che ogni anno fa il punto sulla pubblicistica sul mondo simenoniano con articoli, studi, commenti, dibattiti cui collaborano specialisti e studiosi simenoniani da tutto il mondo. Inoltre, ricordiamo (come riportiamo sempre nella colonna qui al lato) è on line anche un sito dove è possibile trovare numerose ed interessanti informazioni Le Centre d'études Georges Simenon et le Fonds Simenon de l'Université de Liège 
Simenon forse aveva pensato alla sua memoria postuma? O invece é stato un modo di mettersi a nudo, come aveva già fatto diverse volte nella sua vita, vedi l'intervista di Médicine et Hygiène oppure le sue opere autobiografiche o qualche "confessione" televisiva, come quella famosa in Apostrophe di Bernand Pivot nel novembre del 1981 (vedi il post del 28 luglio Simenon e le sue "Memoires" chez Bernard Pivot)? O ancora aveva timore che tutte le sue cose fossero poi finite disperse, mentre così tutte raccolte e conservate avrebbero avuto ben altro valore?
Quale che sia stato l'intento, il risultato è stato ottimale e cosituisce una gran fortuna non solo per gli studiosi di letteratura, ma anche per tutti gli appassionati di Simenon. 

giovedì 3 novembre 2011

SIMENON. UNA FONDAZIONE DA UNA DONAZIONE/1


E' il 3 novembre 1976. All'università di Liegi si respira un'aria speciale. Quella mattina s'inaugura il Fonds Georges Simenon. E' un progetto nato sotto gli auspici di Maurice Piron, professore di filosofia e di letteratura presso la suddetta univerità.
"... i miei manoscritti e tutta la documentazione che io posseggo - spiega Simenon  decidendo la donazione del materiale - ho pensato a Liegi, la mia città natale, con la quale mantengo diversi legami anche se ne vivo lontano. Così hovoluto donare all'Università di Liegi tutti i miei manoscritti, tutte le edizioni delle mie opere, comprese le traduzioni straniere e un certo numero di opere introvabili di cui io stesso non avevo che un solo esemplare..."
Insomma uno scrittore che decide di separarsi da tutto quello che ha realizzato nella sua vita, che poi per Simenon è stata una vera propria ragione di vita, parrebbe alquanto strano. Ma in quel momento per lui non è un gran sacrificio. Ormai a 74 anni si considera in pensione, da ormai cinque anni non scrive più un romanzo, nemmeno un Maigret. Vive una sorta di distacco dalla scrittura e dalla letteratura. Ma anche il suo stile di vita è cambiato. Niente più sfarzose ville o castelli, basta garage con una decina di vetture, via dalle pareti quadri dei pittori più famosi. Ormai lui con Teresa, vive in una piccola casa a Losanna con un modesto giardino e il tempo scorre scandito dalle semplici occupazioni quotidiane, i pasti, la passeggiata, il riposo pomeridiano. E' un Simenon molto lontanto da quello che era stato un tempo, minato nel fisico e stanco di tutte quelle stressanti immedesimazioni nei suoi personaggi, di quei centinaia e centinaia di defatiganti état de roman, che lo hanno logorato forse anche psichicamente. Ora è preoccupato della figlia, della sua instabilità mentale (di lì a sei mesi Marie-Jo si sarebbe infatti suicidata), è preso dal rapporto con Teresa che per lui è una compagna, una madre, una badante, una fonte di consolazione e di sicurezza. Già perché l'ultimo Simenon è un uomo incerto, che ha bisogno di un appoggio sicuro. E Teresa è un punto fermo e una persona che gli si dedica completamente.
Queste le sue condizione all'epoca, tanto che il giorno dell'inaugurazione del Fonds Georges Simenon, lo scrittore non può essere presente perchè ricoverato per un'operazione alla prostata. Ma la cerimonia ha luogo lo stesso e .... continua....

mercoledì 2 novembre 2011

SIMENON. LA SERENITA' DEL SILENZIO

Oggi vi proponiamo un video, in francese, che è pubblicato sul sito  dell' I.N.A. (Institut National de l'Audiovisuel), nella sezione cultura, che documenta l'intervista dal giornalista Claude Mosse. Qui di seguito riportiamo la traduzione del testo che accompagna il filmato prodotto da l'Office national de radiodiffusion télévision française
."Claude Mosse andato a visitare Georges Simenon, a Losanna, nel suo appartamento in una grande "torre" residenziale, in cui vive da quando ha lasciato la grande villa di Epalinges. Al momento dell'intervista Simenon è oltre un anno che ha vissuto da recluso, non ricendo più nessuno. - Nell'intervista lo scrittore spiega perché ha smesso di scrivere romanzi, di scrivere in generale e soprattutto di creare personaggi. E' ormai solo con un registratore che detta le sue riflessioni personali visto che comunque ha ancora bisogno di esprimersi.  
Afferma di aver dimenticato Maigret e di non pensare più alla letteratura e racconta invece delle sue attività quotidiane "in pensione". Si è
liberato dall'ansia che stava causando dei gravi problemi... Ha poi espresso la sua paura del declino fisico e mentale dovuto all'invecchiamento e alle malattie. Simenon si sente felice nella sua solitudine. Lo scrittore dice quello che pensa decorazioni e onorificenze e fà un breve accenno a Francois Mauriac. Conferma come non sia interessato agli adattamenti televisivi e cinematografici delle sue opere e si rifiuta anche di commentare gli interpreti di Maigret. Per quanto riguarda il denaro, ha in programma di porre fine completamente i suoi giorni con solo una semplice pensione di veccchiaia. No dimentica le sue donne sulle donne affermando di non avere mantenuto i rapporti con le donne che amava. Ricorda la sua infanzia a Liegi. Su richiesta di Claude Mosse, che gli chiede quale titolo avrebbe preferito per questa intervista  e lui risponde "Serenità Simenon" piuttosto che "Silenzio".

martedì 1 novembre 2011

SIMENON. IL PASSAGGIO DELLA... FRONTIERA

La prima edizione del romanzo di Simenon nel 1958
Si parla spesso di passaggio della linea nei romanzi di Simenon. Uno dei temi più cari allo scrittore che constatava nella vita di tutti gli uomini una sorta di confine, di demarcazione tra una condizione in cui la  vita scorre normale tranquilla, risultando magari anche agiata e rispettabile e un'altra dove invece destino, incidenti, ma anche fatti di per sé insignificanti, trascinano all'improvviso l'individuo in una spirale involutiva in cui non c'è più il rispetto sociale. Si perde la dignità e a volte la capacità di sopravvivere, finendo spesso con la perdita della propria identità e scivolando non di rado nella zona d'ombra al di fuori della legge.
Ma nella sua vita Simenon ha mai passato  questa linea? E se sì, quando e quante volte?
Il discorso non è semplice. Ad esempio se diamo a questo "passare la linea" un'accezione più ampia e fisica possiamo dire che è successo molte volte. Ad esempio quando lo scrittore valicava la frontiera tra un paese e l'altro e cambiava anche modo di vivere, instaurava nuovi tipi di rapporti umani e veniva condizionato da una cultura e da mentalità diverse.
Ci sono stati dei passaggi della linea fondamentali nella vita di Simenon, ad esempio quando ancora sedicenne passò da commesso di un libreria a redattore alla Gazette de Liége, così come quando lasciò il Belgio (primo passaggio fisico di una frontiera) per la Francia, o meglio Parigi, dove si concretò il suo sogno di diventare "romanziere". E poi la fuga verso gli Stati Uniti (altro passaggio di una frontiera) dove trascorse un decennio fondamentale per la trasformazione del suo status di romanziere.
Ma anche prima c'erano stati sul piano letterario un paio di passaggi di linea. Prima il lancio dei Maigret,  quando dalla letteratura popolare dei racconti e dei romanzi brevi su ordinazione, passò ad un personaggio e a delle storie pensate secondo la sua ispirazione, scritte con il suo stile, con la libertà di inventare personaggi, trame e conclusioni a suo piacimento. E qui era saltato a pié pari nel territorio della semi-letteratura. E poi, tanto per prendere un evento di riferimento, un altro passaggio imporantissimo della linea, quando, entrato nella prestigiosa scuderia Gallimard, iniziò a scrivere quelli che chiamava i romans-durs... cioè letteratura con la "L" maiuscola.
Ma nei suoi romanzi il passaggio della linea raramente è un costante miglioramento delle proprie condizioni. Il destino è spesso avverso e troppi sono i personaggi per i quali varcare questa demarcazione significa sprofondare nella schiera dei disperati e dei senza futuro.  Nella sua vita invece il salto era sempre in dimensioni migliori di quelle precedenti. Ma va fatta qualche precisazione. Simenon era ossessionato dalla possibilità che per un qualsiasi motivo la sua fortuna potesse terminare e il suo destino invertire la rotta. Significativo quello che in merito scrisse nel romanzo Les Fils (1957) "... Viene il momento in cui ognuno si trova davanti alla necessità di decidere il proprio destino, di fare la scelta decisiva dalla quale non potrà più tornare indietro...".
Ma in diverse interviste e scritti Simenon aveva specificato che questa scelta poteva essere anche inconsapevole, o addiritura il fattore scatenante poteva essere un  avvenimento davvero  insignificante, o un fatto cui non si attribuiva la minima importanza. Questo a confermare, come aveva fatto più volte, la sua convinzione che la forza del destino poteva essere più forte della volontà dell'individuo. E questa sorta di fissazione non lo abbandonò anche quando, ormai molto famoso e davvero ricco. Anche a quel punto temeva la possibilità di un rovesciamento della sua esistenza, anche se era ragionevolmente assai improbabile.

lunedì 31 ottobre 2011

SIMENON. PREZIOSE INFORMAZIONI DA ANDREA FRANCO

Exploit Comics - n.32 - Grande formato - 1984
Oggi vogliamo dare risalto, anche se in ritardo di un buona decina di giorni, al contributo di uno dei più competenti e informati visitatori di Simenon Simenon. Si tratta di Andrea Franco che ci segue davvero quotidianamente e che ci indirizza spesso informazioni utili tramite i commenti ai post (non mancate mai di leggere i commenti ai post... potreste pedervi delle chicche come questa).
Andrea, ci consentirà di chiamarlo così amichevolmente, in merito al nostro post del 12 ottobre Simenon. Maigret, fumo e fumetti ci fornisce maggiori informazioni sulle pubblicazioni sulle strips pubblicate su Maigret in Italia. Ecco il suo testo con diverse indicazioni... manna per i collezionisti.

Vi riporto le  informazioni che ho scritto su una pagina web da me curata
LE INCHIESTE DEL COMMISSARIO MAIGRET
Edizioni "LA FRECCIA" ROMA 1959
I Serie - Mensile £.80
n° 1 - 1/2/1959 - La ragazza morta
n° 2 - 1/3/1959 - Il cane giallo
n° 3 - 1/4/1959 - I gangsters
n° 4 - 1/5/1959 - Il revolver di Maigret

LE INCHIESTE DEL COMMISSARIO MAIGRET
Edizioni "AMERICANE - LA FRECCIA" ROMA 1963
II Serie - Quindicinale £. 100 / 120
n° 1 - 01/6/1963 - Racchiude: Il revolver di Maigret / La ragazza morta
n° 2 - 30/6/1963 - Racchiude: Il cane giallo / Maigret e i gangsters

E' evidente che non si tratta di una seconda serie ma della ristampa dei 4 albi editi nel 1959.

LES ENQUETES DU COMMISSAIRE MAIGRET
EDITION NUIT ET JOUR
Maigret et l'affaire Nahour (1969)
Le pendu de Saint Pholien (annunciato)

COLLECTION MAIGRET
Edizione originale francese: Lefranq - Le Rocher

COLLEZIONE MAIGRET A FUMETTI
Arnoldo Mondadori Editore
n° 1 - 1992 Maigret et son mort Bentornato Maigret - s.n. - 1993 - (£.16.000)
n° 2 - 1993 Maigret tend un piége La trappola di Maigret - s.n. - 1994 - (£.17.000)
n° 3 - 1994 Maigret chez les Flamands - - -
n° 4 - 1994 Maigret et la danseuse du Gai-Moulin - - -
n° 5 - 1997 Maigret et le corps sans tete Maigret e il corpo senza testa - annunciato

(A cura di Andrea Franco)

domenica 30 ottobre 2011

SIMENON. ULTIME NOVITA' EDITORIALI IN FRANCIA

Avvincente la storia dello scenario principale delle incheiste del commissario Maigret. Il famoso indirizzo 36 Quai des Orfèvres, sede della polizia giudiziaria parigina che è alla vigilia di due avvenimenti importanti: l'anniversario dei 100 anni  di attività e il suo trasferimento verso una sede più periferica dove verranno riunite tutte le varie attivita della polizia della capitale francese. Questo libro Histoire du 36 illustrée è un'occasione per celebrare l'anniversario e per conservare la memoria anche fotografica di un secolo di questo edificio, reso celebre nel mondo grazie al personaggio di Simenon, il celeberrimo commissario Maigret che proprio da lì paritva per le sue indagini. (Cluade Cancès e Charles Diaz, Editions Jacob-Duvernier). Altre interessanti iniziative editoriale sono quelle che accompagnano la mostra allestita a L'Historial de la Vendée (Les Lucs-sur-Boulogne).
La prima è Georges Simenon. Parcours d'un écrivan belge edito dall'Editions Racine "Florilège & Musée  des Lettres et Manuscrits (144 pagine - 29,90 euro). La seconda invece è propriamente il catalogo della mostra  e infatti si intitola De la Vendée aux quatre coins du monde, un poderoso volume di 280 pagine (Somogy édition d'art -  35 euro)
La rivista Plume di questo mese dedica la copertina e quattordici pagine ad uno speciale centrato sullo scrittore, sempre in occasione dell'esposizione a L'Historial de la Vendée. Viene pubblicato un articolo di Jean Christophe Huber "Aux sources du rituel" e un intervista a John, figlio dello scrittore. Per richiedere la rivista andate all'indirizzo di Plume.


sabato 29 ottobre 2011

SIMENON. C'ERA UNA VOLTA IN AMERICA

15 ottobre 1945, sbarco a New York. Una svolta epocale nella vita di Simenon, più sul piano personale che su quello letterario. Andata con un cargo della compagna svedese Cunarad Line. Ritorno il 19 marzo 1955 sbarcando in Francia sul transatlantico Liberté.
Qualcuno ha azzardato l'ipotesi che quei dieci anni in Usa (iniziati con un fuga per motivi politici dalla Francia), ma con un grande entusiasmo, si erano a poco a poco trasformati in una mezza sconfitta, perchè Simenon non sarebbe riuscito a sfondare, come avrebbe voluto proprio nella patria dei grandi romanzieri, come lui la considerava. Forse sarà così, ma la sua fama in Europa e non solo, continuò a crescere, la sua produzione non conobbe soste e la sua vita personale fu, per così dire, davvero poco noiosa. 
Qualche numero? Scrisse in quei dieci anni 27 Maigret e 23 romans-durs (ritmo: quasi sei titoli l'anno, circa due al mese). Nello stesso periodo uscirono ben 13 film tratti dai suoi romanzi. Cambiò in tutto una decina di abitazioni tra il Canada e l'America, dal nord al sud. Quegli anni lo videro sposato a due donne, Tigy la prima moglie con cui era arrivato e Denyse, la seconda con cui ripartì. Ovviamente in mezzo (Reno, giugno 1950) ci fu un divorzio e un matrimonio, ma non solo. Arrivò con un solo figlio, Marc, e ripartì con tre figli (si aggiunsero Johnny e Marie-Jo) entrambe avuti da Denyse. 
Gli spostamenti in Usa erano epici. Si poteva parlare di una "carovana Simenon": lo scrittore, la seconda moglie ma anche la prima  (che doveva seguirlo e abitare vicino a lui obbligata da alcune clausole del contratto di divorzio), la femme de chambre Boule, l'istitutrice e i suoi tre figli. Una carovana appunto di otto persone.
Sul piano editoriale, al suo arrivo era un autore della scuderia Gallimard e al ritorno nel vecchio continente era "l'autore" di Presses de la Cité, del suo editore e amico Sven Nielsen con cui pubblicherà fino alla morte.
La comunità letteraria americana gli tributò diverse onorificenze, i giornali gli dedicarono copertine, interviste e speciali, la radio si occupava frequentemente di lui, ma per quanti sforzi facesse, Simenon non si sentiva americano fin dentro le ossa. Lui che era entrato nella pelle di centinaia di personaggi dei suoi romanzi non riuscì a spogliarsi dei suoi abiti europei per diventare un vero americano.
O forse non era poi quello che voleva veramente "...non sono diventato un cittadino americano per una ragione  - rispondeva Simenon ad una domanda del giornalista Bernard Pivot nel novembre dell'81, quindi con tutta la distanza e il necessario distacco da quei dieci anni - Io non credo alle nazionalità. D'altronde è per questo che non mi sono mai naturalizzato francese quando me lo proposero, sin dal 1936...". 
Questa risposta ci convince poco. Simenon aveva un mentalità, un'educazione, una sensibilità e una maturazione come scrittore tutte europee. La metamorfosi in statunitense, a oltre quarant'anni, (sia pure con dieci anni a disposizione) non era cosa facile. E riteniamo che, benchè quelli siano stati anni importanti e per certi versi fondamentali per la sua vita e anche per la sua professione di scrittore, non riuscirono comunque ad essere così condizionanti, tali da trasformarlo in un vero yankee.