sabato 24 marzo 2012

SIMENON, CON DENYSE MEMOIRES A LUCI ROSSE

Simenon non ha peli sulla lingua. Almeno a quasi ottant'anni quando scriveva Mémoires intimes. Stiamo parlando  di sesso, soprattutto per quanto riguarda quello con Denyse.  Ecco come il romanziere descrive uno dei primissimi incontri in un albergo.
"... Nuda, era ancor più magra di quanto avessi immaginato. Aveva i seni da ragazzina e una larga cicatrice rosso vivo le attraversava i ventre.
Mi gettai su di lei e l'avevo appena penetrata che già gemeva e tremava tutta. Il gemito divenne grido e probabilmente lo sentirono anche nella camera vicina. Alla fine scossa da un spasmo stalunò gli occhi tanto che ne vidi solo il bianco e mi spaventai.
Avevo consociuto molte donne e non ne avevo mai visto una godere così. Per un attimo mi domandai se fosse tutto vero, e non avevo torto  a dubitarne percché mi ci vollero più di sei mesi prima di sentirla godere realmente..."
Quella che diventerà la seconda M.me Simenon è molto diversa dalla prima, e già dai loro primi incontri lei cerca di impressionare Simenon con quei suoi contorcimenti, ma il suo interesse per il sesso era vreale e su un livello completamente diverso rispetto a quello di Tigy.
Ma vediamo dell'altro. Ad esempio quando Simenon ci descrive il viaggio a Cuba fatto nel '47.  
"...un pomeriggio io e D. decidemmo di fare una capatina in una delle tre case di appuntamenti. Chissà, forse abbiamo bevuto qualche daiquiri... fatto sta che D., perfettamente a suo agio, guarda con ammirazione una nera statutaria dal bellissimo corpo nudo.
-Perchè non sali in camera con lei?
_ Già, perchè no?
Ma non sapevo che D. sarebbe stata presente e che non si sarebbe accontentata di fare da spettattrice..."
Denys ha capito bemissimo che lasciare la briglia da quel lato al marito, anzi assecondarlo, era il modo migliore di tenerlo stretto a sè. Basta vedere anche quando sarà sua moglie il suo atteggiamento accondiscente nei confronti della relazione sessuale quotidiana che Simenon aveva con Boule.
La carica sessuale dei coniugi Simenon ha modo di estrinsecarsi anche in crociera. Stavolta siamo nel 1952 e si tratta di una contessina "bella bionda grassottella", dalla scollatura generosa e qualche bicchiere di troppo.
I primi approcci sono con Georges, ballano insieme, si strusciano sotto il tavolo e, a fine serata lo scrittore le dice:
"- Perché non viene a ragiungerci nella nostra cabina?
- Dice sul serio?
- Ma certo!...
A fine serata Simenon rivede Denyse cui racconta il flirt e lei chiede:
"- Devi rivederla?
- No. Pare che ci sia un marito. Comunque le ho detto che se ne ha voglia può venire da noi
- Credi che verrà?
Eccome se viene e fa persino un'entrata sensazionale. A passo di danza lascia cadere il vestito sotto il quale c'è solo il suo corpo roseo e tutto curve. Non  perdo tempo, la penetro e la faccio godere una, due volte, mentre D. si spoglia. Ma quando la contessa sente che anch'io sto per godere, mi respinge dolcemente:
- No! Qusto è per lei
D. è pronta ,
Ed è tutto...."

SIMENON SIMENON, IL "BUREAU" E I SUOI "ATTACHES"

• Siete appassionati di Simenon?  • Non vi accontentate di un commento • Volete dire la vostra su Simenon-Simenon? • Avete letto di recente o in passato un romanzo di  • Simenon di cui vi piacerebbe fare sapere la vostra opinione? • Volete dare un contributo, scritto, disegnato, fotografico, filmato su un qualsiasi argomento attinente a Simenon? • Avete scoperto qualcosa sullo scrittore che volete condividere con gli altri appassionati? • Insomma se avete una di questi requisiti potete farparte di una nuova sezione di questo blog: Le Bureau de Simenon-Simenon. Avrete la firma sui vostri contributi, il vostro nome sarà inserito nella lista pubblicata sul blog come Attaché au Bureau de Simenon-Simenon (BSS)
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venerdì 23 marzo 2012

SIMENON. IL ROMANZO E' SCRITTO, MA USCIRA' IL....

Georges Simenon e Sven Nielsen di Presses de La Cité
I primi esempi che saltano agli occhi sono quelli dei primi Maigret. stiamo parlando di quel décalage che spesso si verificava tra la scrittura di un romanzo o di un 'inchiesta del commissario di Quai des Orfèvres e la loro pubblicazionie.
Torniamo ai primi Maigret.
Secondo l'informata e documentatisma bibliogrfia di Francis Lacassin Pietr-le-Letton fu finito a settembre del 1929 e publicato nel maggio 1931, sei mesi dopo. Stessa sorte per M.Gallet décédé terminato nell'estate del 1930 e pubblicato a febbraio 1931. E potremo continuare con il Charretier de la Providence, stesso intervallo. Ma per L'homme de la Tour Eiffel Simenon terminò la stesura nel settembre del 1930 e per la pubblicazione dovette aspettare esattamente un anno. Ma qui sappiamo che tra Simenon e il suo editore c'era stato un duro scontro per far partire i Maigret, di cui Fayard non era assolutamente convinto, tanto che, a mo' di deterrente (!), impose allo scrittore di consegnargli sei titoli completi, prima di lanciare la serie. Bazzecole per uno come Simenon.
Sicché, quando fu il momento del debutto, Simenon ne aveva già scritti diversi. Basti pensare che dal 20 febbraio 1931, con il lancio durante la festa alla Boule Blanche, alla fine dell'anno, uscirono dieci (si avete letto bene 10) inchieste del commissario Maigret in altrettanti mesi. La cadenza di un mensile!
Mentre per Le fou de Bergerac scritto nel marzo del 1932, ci fu una pubblicazione lampo: addirittura il mese dopo.
Altri come Vente à la bougie fu scritto nel '39, ma pubblicato ormai da Presses de La Cité nel 1950. Ma qui di mezzo c'era stato il periodo con Gallimard, poi la guerra, il trasferimento negli Usa... Insomma tranne eccezioni il tempo tra fine stesura ed uscita oscillava mediamente tra i quattro e i sei mesi  (non bisogna scordare che nel periodo 'Presses de La Cité', durato 34 anni, 1947- 1981, Simenon era anche un azionista della casa editrice).
Per i romanzi i tempi di Fayard erano decisamente veloci fino ad arrivare, per titoli come Les Fiancailles de M. Hire o Le coupe de Lune, ad un paio di mesi tra consegna all'editore e uscità in libreria.
Con Gallimard, altro standard. I primi romanzi attesero anche due anni prima di vedere la pubblicazione ('Les Demoiselles de Concarneau' finito nella primavera del '34, uscì nell'ottobre del 1936 e anche '45° à l'ombre' finito nel '34 arrivò in libreria nel '36). E pensate, Faubourg aspettò adirittura tre anni (scritto nel '34, uscito nel '37).
Come dicevamo con il passaggio a Presses de La Cité le cose cambiarono molto. Tanto per parlare di un libro d'attualità (l'ultimo pubblicato da Adelphi) Le Destin de Malou, finito a febbraio del '47 nell'atunno dello stesso anno era già negli scaffali delle librerie.

mercoledì 21 marzo 2012

SIMENON, DALLA SUA MATITA A QUELLE DEGLI ALTRI

Caricature e ritratti: in basso a sinistra uno di Maurice de Vlaminck, uno della moglie Régine Rénchon e sempre in basso, tutto a destra, uno di Jean Cocteau



















































































Una manciata di disegni tra i tanti che artisti, caricaturisti e disegnatori del tempo fecero di Georges Simenon. E' singolare che, nello schizzo di Jean Cocteau, Simenon non venga ripreso con la pipa, né in bocca, né in mano. Questa è una caratteristica rara anche e soprattto nei ritratti fotografici. Un'immagine di Simenon senza pipa è un po' una rarità per i colleziositi di foto del romanziere. Comunque cappello, pipa e occhiali anche se appaiono e spariscono restano i tratti esteriori che contraddistinguono Simenon. E se anche questo fosse un modo di caratterizzarsi, di trasmettere ai suoi lettori e non solo un'immagine uguale e ben contraddistinta? Vediamo che i disegni riprendo lo scrittore in varie età, ad esempio il ritratto eseguito dalla moglie Tigy ci visualizza un Simenon molto giovane, nella caricaura di Gibo (in alto al centro) c'é l'immagine di lui in vecchiaia.

martedì 20 marzo 2012

SIMENON. LA SCOPERTA DI "GABO" PER UN MAIGRET D'ANNATA

Appena una settantina di pagine. Un piccolo formato (11,5x18), un editore importante, Tusquets di Barcellona, edito nel 1994. Il libro è di Gabriel Garcia Marquez e presenta un racconto che introduce un altro racconto. La vicenda, narrata in prima persona, riguarda una lettura fatta molti dall'autore anni addietro, nel 1949, un racconto poliziesco di cui non ricorda nè l'autore, nè il titolo. Dopo molti anni a Parigi incontra in bar un uomo che gli ricorda qualcosa di quel racconto e allora gli torna la fantasia di rileggerlo. Ma purtroppo non ricordando titolo e autore è costretto ad una sorta di indagine a ritroso nella memoria e nel tempo, facendosi addirittura aiutare, nella finzione del racconto, da Jorge Luis Borges e da Julio Cortázar. Pian piano si fa luce e, tra le nebbie del passato, si intravedono due nomi, prima quello di Maigret e quindi naturalmente quello di Simenon. Il racconto, svela Cortázar "...si chiama 'L'homme dans la rue' e fà parte di una raccolta intitolata 'Maigret e le petit Cochons sans queue'...". E infatti in questo piccolo libro segue poi il racconto di Simenon che in realtà ha un titolo e una genesi un po' diversa da quella che "Gabo" fa rivelare a Cortázar. Infatti il racconto cui fà riferimento é parte di una raccolta di novelle poliziesche intitolata per la precisione Les Petits Cochons sans queue, un'antologia di racconti polizieschi apparsi in diversi giornali tra il '39 e il '50. Furono poi raccolte in un libro edito nel' 50 da Presses de La Cité, ma il titolo originale del racconto simenoniano (scritto a Nieul-sur- Mer nel 1939) era Le Prisonnier de la rue con protagonista Maigret, divenuto L'homme dans la rue solo nell'antologia del '50.
A questo punto possiamo svelare il titolo del libro, o meglio i titoli, che sono poi quelli dei due racconti: El mismo cuento distinto di Marquez e El hombre en la calle di Simenon. Il racconto di Gabo" è particolarmente gustoso e costituisce un'introduzione di lusso all'inchiesta del commissario Maigret. Inoltre il libro presenta (quanta roba in così poche pagine!.... il pensiero non può non correre a certi tomi attuali che per dire poche cose impiegano centinaia di pagine...) due appendici. La prima Georges Simenon Habla del comisario Maigret, tratta da una breve presentazione che Simenon aveva scritto nel '53 per un produttore cinematografico. La seconda, Maigret habla de Georges Simenon (alias Georges Sim) è invece tratta da Le memories de Maigret (1950). Insomma un piccolo gioellino, ovviamente in spagnolo, ma è abbastanza comprensibile anche a chi ha solo qualche rudimento della lingua iberica. Il libro è fuori catalogo (sul sito di Tusquets Editores infatti non lo trovate). Su Amazon ci sono degli stock da tre volumi intorno ai 90 dollari.

lunedì 19 marzo 2012

SIMENON SIMENON, IL "BUREAU" E I SUOI "ATTACHES"

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domenica 18 marzo 2012

SIMENON E "MES MAISONS", IL ROMANZO MAI SCRITTO SULLE SUE CASE

" Mi è tornato in mente leggendo in un giornale che ho avuto trentantre case durante la mia esistenza, cosa esatta, avendone io fatto un conto... Mi sono domandato perché non avessi scritto un libro sui miei diversi domicili. Mi sarebbe piaciuto molto, ma avrei rischiato di essere lungo e poi avevo già scritto buona parte delle cose che quel libro avrebbe dovuto contenere..."
Ma di che sta parlando Simenon? O meglio, cosa sta dettanto, nel luglio del '78, al suo registratore? E' una riflessione sulle sue abitazioni, di cui si è molto parlato, soprattutto del perchè cambiava domicilio così frequentemente.
"... se mai dovessi scrivere "Mes Maisons"si scoprirà che le ho lasciate tutte nello stesso modo, senza che io possa fornire una spiegazione ragionevole della mia partenza... Non credo che avrei la pazienza di raccontare le mie case. Ce ne sono state davvero troppe e sono solo quattro anni che ho conosciuto la mia ultima, la più piccola, che io sento della taglia giusta e adeguata per viverci in due..."
L'ultimo riferimento è fatto alla piccola costruzione con giardino al 12 di rue des  Figuiers a Losanna.
Ma oggi siamo qui proprio per scoprire quello che, in vari suoi scritti, Simenon  stesso ha detto delle sue case.
Per esempio per la sua prima viene tirata in ballo in un dialogo de Les Mémoirese de Maigret (1950) in cui il commissario parla con lo scrittore stesso presumibilmente nel 1932.
"- ... ho quindi seguito il consiglio di mia moglie E' esatto, per un certo numero di mesi abbiamo abitato a Place des Vosges. Ma non avevamo i nostri mobili. 
Simenon partiva per l'Africa dove avrebbe dovuto trascorrere circa un anno.
- Perché aspettando la fine dei lavori non vi sisteate nel mio appartamento di place des Vosges?
E così lì abbiamo abitato, al 21 per la precisione, senza che ci si possa rimproverare di... infedeltà nei confronti del nostro vecchio boulevard..."
Facciamo un salto indietro all'anno prima. Siamo a Marsilly, vicino a La Rochelle.
"... alla fine mi sono sistemato, verso il 1931 a La Richardère, una sorta di residenza nobile di campaga, che chiamavano così, suppongo, perchè aveva una torre. Mi sono dato da fare per ammobiliarla. Questa volta mi sono rivolto ad un falegname. Ho scelto nel suo cortile le tavole di quercia ben stagionate Il mio ufficio ne era rivestito completamente con uno spessore di cinque centimetri. Ripartenza. Tour d'Europa, di nuovo a La Richardiére e poi il giro del mondo. Poi ho voluto sistemarmi nella foresta d'Orléans in una vecchia abbazia cistercense, dove andavo molto spesso a cavallo, ma ben presto ho trovato che la foresta fosse lugubre...".
Questo lo scriveva in Des traces de pas, il secondo dei suoi Dictées, nel 1974. Ma vediamo come continua.
"...era il 1936... abitavo nel castello de la Cour-Dieu nella foresta d'Orléans, l'abbazia cistercense fiancheggiata da un chiesa in rovina. Ho afittato un terreno di cacca di diecimila chilometri quadrati. Avevo fatto arrivare i miei cavalli. Cavalcavo quasi tutti i giorni. Pioveva e io mi annoiavo parecchio..."
Poi è la volta di Porquerolles, l'isola davanti a Hyères, vicino Tolone.
"...Porquerolles ritorna pesso nei miei sogni e soprattutto nelle immagini che mi passano davanti agli occhi prima di addormentarmi. Percepisco tutta l'importanza che la scoperta di questa piccola isola del Mediterraneo ha avuto nella mia vita.. Quando ci sono arrivato per la prima volta (1934 n.d.a.) il mio entusiasmo era alle stelle. Tutto era nuovo, la vegetazione, la macchia e le insenature tra le rocce dalle acque profonde e chiare, la popolazione costituita in gran parte di pescatori napoletani e genovesi che erano emigrati qui. Quello che mi rimane è Porquerolles, dove ho avuto una casa per cinque  sei anni e dove avevo acquistato un "pointu", la barca da pesca del posto. Avevo un marinaio. Passavamo delle notti in mare. E nel pomeriggio si giocava a bocce con gli abitanti...".
Dalla semplicità della sua casa da pescatore nell'isola, alla sofisticata residenza parigina di un quartiere bene. Siamo nell'anno seguente il 1935.
"...Paris, Boulevard Richard Wallace, proprio davanti a Bagatelle e quindi al Bois de Boulogne. Un ponte, quasi davanti a noi, ci separava da Puteaux. Non era nel Bois che andavo a fare le mie passeggiate, ma nelle vie a quell'epoca popolari e misere di Puteaux. Per contro il moblio del mio appartamento molto grande era stato concepito più o meno su dei miei disegni. Questa volta il mio studio era rivestito di librerie che andavano dal pavimento al soffitto, in ebano ben lucidato. La sala da pranzo, moderna, era in palissandro, i muri della camera da letto tapezzati di seta gialla e bottoni dorati e i mobili ricoperti di autentica pergamena..."
Nell'autunno del '38 Simenon è di nuovo in cerca. E' tornato in Vandea.
"...Non cercavo più un piccolo castello. Al contrario volevo una casa semplice e rustica, come dicevo a quei tempi, una casa della nonna dove chiunque avrebbe voluto aver passato le vacanze d'estate. E 'per questo che mi sono sistemato a Nieul-sur-Mer..."
Saltiamo l'America, per questioni di lunghezza, e torniamo nel vecchio continente, quando Simenon decise infine di stabilirsi in Svizzera. Siamo nel 1957.
"...la mia prima casa è stato un vecchio castello del XVI° secolo, a Echandens, non particolarmente bello, dove dei mobili moderni sarebbero stati fuori posto. Per il mio studio ho cercato e trovato dei mobili inglesi, firmati Adam, che sono ancora nel mio appartamento della torre (l'appartamento di Losanna, in avenue de Cour n.d.a.)...".
E veniamo alla sontuosa villa che Simenon fece costruire secondo il suo gusto e le sue esigenze, molto funzionale, ma il cui lato estetico suscitò più d'una perplessità.
"... lasciai il mio castello di pietra grigia a Enchandes ed avevo ancora tre figli con me, tutti giovani, il più grande, Marc, viveva e lavorava a Parigi. Bisognava sistemarli tutti. Ogni ragazzo era abituato ad avere il suo bagno per evitare le perenni dispute tra loro. Occorreva ospitare anche la bambinaia perchè Pierre doveva avere ancora tre anni. Inoltre serviva il posto per la mia segreteria, per i miei archivi e infine anche per il personale di servizio. Da poco avevo anche un autista perchè non mi fidavo più molto di me nel vedere in tempo i segnali sulle vie e sulle strade. Quasi sempre in état de roman, pensavo a tutt'altro che a girare a destra o a sinistra. Ho scelto Epalinges perchè era vicina al Golf Club dove allora andavo quasi tutti i giorni. E, tanto che c'ero, inclusi nella casa anche una piscina coperta. E siccome non mi era mai costruito una casa, avendo sempre vissuto in abitazioni e castelli di passaggio, mi sono preso il gusto di cercare di raggiungere, fin nei minimi dettagli, la perfezione...".
La realtà sarà ben diversa, questa grande villa di Epalinges, che probabilmente nelle intenzioni dello scrittore  doveva essere la sua dimora definitiva, lasciò su Simenon un brutto ricordo e di fatto ci abitò per una decina d'anni (dal '63 al '72). Entrò con una moglie, Denyse, tre figli John, Marie-Jo e Pierre, la femme de chambre Teresa e ne uscirono solo lui e Teresa, diventata nel frattempo la sua compagna. E per qualche anno vissero in un appartamento all'ottavo piano di un palazzone di Losanna, al 155 di avenue de Cour.
Ma sentiamo come continua Simenon questo immaginario "Mes Maisons", questa volta da Vent du Nord, Vent du Sud, un altro Dictè del 1975.
"... quel grande baraccone di Epalinges che avevo concepito con tanto amore, aveva finito per pesarmi molto sulle spalle e allora comprai, in una delle torri di Losanna, quasi vicino al lungolago, un appartamento da dove, in finestra, vedevo una piccola casa rosa che infine fu messa in vendita e dove mi stabilii - scrive Simenon - Ora, nella mia piccola casa rosa, costruita nel 1750 circa, e che è classificata monumento storico, cosa ho scelto come mobili? Dei mobili scandinavi, in non so di quale materiale... dei mobili bianchi fabbricati in serie. Non ci sono materie naturali, salvo le poltrone in vero cuoio..." . E aveva descritto la sua ultima abitazione in un altro Dictè, Les Petits Hommes (1974), lì dove vivrà inieme a Teresa per quindici anni, fino alla propria morte.
"... Ebbene, dopo settantun'anni ho la mia camera, per vivere, per pensare, per leggere e per amare.
Non credo di averla descritta. E' al piano terra di una piccola casa con una grande vetrata, più due finestre, che danno su un giardino, non molto grande, ma che mi è sufficiente e dove si trova il più bell'albero di Losanna (il famoso cedro del Libano n.d.a.)...".

sabato 17 marzo 2012

SIMENON SIMENON, IL "BUREAU" E I SUOI "ATTACHES"

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SIMENON SU aNOBII HA UN MIGLIAIO DI FANS

Forse lo sapete o forse no. Su aNobii, il più famoso ed interessante social-network dedicato ai libri, alle rencensioni dei libri e a tutto il mondo dei bibliofili, esiste un numeroso gruppo dedicato A Georges Simenon. E' stato ideato da "", nickname di una giovane donna italiana di 46 anni (di più non ci è dato sapere) agli inizi del 2008 ed ha ormai raggiunto un migliaio di aderenti (ad oggi per la precisione 953). Si scambiano consigli, sui libri da leggere, i neofiti chiedono consiglio agli appassionati di più vecchia data, vengono elencati i libri letti, quelli in lettura, i giudizi... Insomma una vera cuccagna per i simenoniani più incalliti.
Da queste pagine di Simeon-Simenon vorremmo lanciare un appello a "" (ma implicitamente anche ad aNobii) affinchè, sempre sia possibile, si crei una collaborazione e uno scambio di informazioni, di dati, di discussioni e di confronti che potrebbero arricchire entrambi. Perchè no?

venerdì 16 marzo 2012

SIMENON IN MEZZO AI CLASSICI

E' uno studio commissionato dal quotidiano francese Le Figaro alla GFK, un istituto di ricerca e sondaggi, per conoscere quella che viene chiamata "La Classifica dei classici". Cioè quanto abbiano venduto in Francia, negli ultimi otto anni, 2004-2012 (chissà poi perchè non dieci o dodici...), i classifici francesi e stranieri senza divisione di genere tra romanzi, teatro, poesia e saggi..
Un paio di giorni fa sono stati pubblicati i risultati: una vera Top Ten dei 50 autori classici più venduti con tanto di numero di copie.
In mezzo troviamo anche Georges Simenon, ormai evidentemnte considerato un classico, e diciamo in mezzo nel senso che su cinquanta autori il nostro s'insedia a metà classifica, piazzandosi al 26° posto con  poco meno di un milione di copie vedute (990.000).
Classifica dei classici, perchè dentro c'è veramente la crème del al crème della letteratura europea.
Il primo classificato è a esempio Guy de Maupassant  (3.790.000 copie), cui seguono Molière (3.400.000 copie) ed Émile Zola (2.900.000 copie). Qualche curiosità ci rimane su come la GFK abbia potuto rilevare le copie vendute in valore assoluto. Editori francesi più aperti all'informazione di quelli italiani? Infatti le classifiche che pubblicano i nostri quotidiani e i relativi inserti cuturali (realizzate da per lo più da Bookscan/Nielsen, Eurisko...), sono sempre in percentuali. Si fissa 100 per il primo e poi per gli altri si va a percentuali rapportate. I numeri totali non vengono mai fuori, da nessuna parte, e non sappiamo se l'autore X,  arrivato magari in vetta per un sola settimana e poi scivolato in fretta oltre i primi dieci, abbia venduto di più o di meno dello scrittore Y che magari è stato oscillante tra il quarto e l'ottavo posto, ma è rimasto nelle classifiche tre, quattro o addiritura cinque settimane. Ma questa è l'ennesima prova della poca trasparenza che regna in questo ambito dell'editoria italiana, Già perchè se il famoso Camilleri o l'insigne Umbreto Eco, vendono poche migliaia di copie, stracciati da uno di questi autori commerciali, volti dello spettacolo (soprattutto televisivo), beh lo "smacco" viene ammorbidito da questo modo far trapelare i dati.
Ma torniamo alla "Classifica dei classici" di Le Figaro. Ecco altri nomi:  il primo degli stranieri è Agatha Christie al 6°posto (2.650.000 copie); Shakespeare occupa soltanto l'undicesima posizione (1.510.000 copie); ultimo è Stendhal (610.000 copie). E' una classifica molto casalinga, un trentina degli autori classificati sono appunto francesi e  non figura nemmeno un italiano. Se volete saperne di più consultate "La Classifica dei classici" de Le Figaro.

giovedì 15 marzo 2012

SIMENON SIMENON, IL "BUREAU" E I SUOI ATTACCHE'

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mercoledì 14 marzo 2012

SIMENON. "L'UOMO CHE VOLEVA ESSERE MAIGRET" E GLI SPACCIATORI DI...

Oggi una breve notazione su un fatto che riguarda, me, un libro scritto anni fa' e la più famosa creatura di Simenon, il commissario di Quai des Orfévres.
Il fatto è che, più di una decina d'anni fa', pubblicai un romanzo che si intitolava L'uomo che voleva essere Maigret (Robin Edizioni - 2000). Si trattava di un giallo che fu definito umoristico. E' la storia di tale Giulio Medrès, controllore dei biglietti dell'Atac (l'azienda dei trasporti pubblici di Roma), che fin da adolescente era un più che accanito lettore delle inchieste del commissario Maigret. Anzi diremmo meglio che era un lettore ossessivo-compulsivo dei Maigret, perchè quando aveva finito di leggerli tutti, ricominciava da capo. E questa pratica era andata avanti negli anni senza mai una sosta.
E per di più c'era una fortissma identificazione con il personaggio. Viveva infatti il proprio lavoro di controllore dei biglietti come fosse un incarico ispettivo e ancor più una sorta indagine psicologica nel capire chi dentro quel certo autobus fosse colpevole di non aver pagato il biglietto. E poi lui, che viveva a Roma, vedeva il Tevere e gli sembrava la Senna, l'isola Tiberina era per lui l'Ile de la Cité, l'Arco di Costantino era senz'altro l'Arc de Triomphe e così via.
Non riusciva a fumarla, ma aveva sempre con sè una pipa, o in tasca o fra i denti, ovviamente sempre spenta. Poi all'ultimo piano del suo palazzo viveva una vedova che a lui ricordava moltissimo M.me Maigret. E lui, nonostante fosse timido, goffo e impacciato, faceva quel che poteva per farsela amica... il suo sogno sarebbe stato quello di sposarla, anche se lui per primo, nonotante tutte le sue fantasie, si rendeva conto che era un fatto destinato a rimanere appunto un sogno.
Nel suo sentirsi investigatore "alla Maigret", inoltre coltivava da sempre più che un sospetto, una certezza: a Roma esisteva una centrale di falsari che metteva in circolazione dei biglietti dell'autobus contraffatti. Più volte aveva fatto periziare dei biglietti che, a suo dire non erano autentici, ma sempre con esito negativo. I suoi superiori non sapevano più come minacciarlo per togliergli questa fissa dalla mente che lo portava a seguire piste e a fare indagini che si risolvevano sempre in pasticci e talvolta in guai per l'azienda... Il romanzo ha poi un suo svolgimento che non sto qui a illustrare.
Invece a fronte di quanto vi ho raccontato vi riporto una notizia che l'Ansa ha battuto ieri pomeriggio.
ANSA - Roma 13 marzo - ore 16.56 - Un giro di falsi biglietti di bus messo su grazie a tre dipendenti Atac e alcuni esercizi commerciali compiacenti. A scoprirlo il nucleo tributario della Guardia di Finanza di Roma. Per ora sono indagate 14 persone. Individuati anche 13 esercizi commerciali compiacenti tra edicole, bar e internet point. La truffa riguarda alcune centinaia di migliaia di tickets per un valore di circa 500.000 euro. Le indagini sono partite da una denuncia fatta dai vertici dell'Atac.
Ma allora il povero Medrès, preso in giro da tutti, aveva invece ragione? Oppure io autore devo ritenrmi un po' responsabile. E se tra gli ideatori della truffa ci fosse un mio lettore? O qualcuno che ha fatto venire l'dea a chi poi l'ha messa in pratica?
Insomma per voi forse suonerà come un fatto di cronaca nera come tanti altri. A me. che dodici anni fa' scrivevo queste cose in un romanzo scherzandoci sopra, un po' mi fà pensare. E un po' mi fa anche ridere...
Certo falsari che non spacciano banconote da 100 euro, ma biglietti del tram da 1 euro davvero ci dà la misura dei tempi che viviamo e fà un po' pensare al Totò de La Banda degli onesti... Fossimo davvero tornati alla metà degli anni '50?

domenica 11 marzo 2012

SIMENON SCRIVE, MA E' MARIE-JO, QUESTA VOLTA

Marie-Jo, l'unica figlia di Georges. Delicata, fragile, sensibile. Troppo. Muore il 20 maggio 1978. Suicida. Dal Livre de Marie-Jo incluso da Simenon in Mémoires intimes.
  
Che solitudine stasera
Nel riprendere la strada
Nella notte nera e profonda
Della casa che ben conosco.
Nessuno che mi aspetti
E nessuno da aspettare
Solo musica da ascoltare
Musica per farmi cullare
Eun dio da ritrovare
Il solo a cui parlare.
Dovrei sapermi abituare
A questa pelle che mi porto dietro
Adattarmici almeno
Dimenticare che dentro ci sto male
Che solitudine stasera
E se cambiassi strada
Se sfuggissi a questa notte nera
Se trovassi un "altrove" da far mio?
Con qualcuno che mi aspetti
O qualcuno da aspettare
qualcuno da ascoltare
Qualcuno per farmi cullare
Un amore da ritrovare
Con il quale potermi mescolare.
Ma come buttarla via
Questa pelle che mi porto dietro?
E se non posso cambiarla
Me la porterò in valigia!
Che solitudine stasera
Che solitudine anche domani
Volevo conservare la speranza
L'ho persa, va bene anche così.          
 (Montparnasse- 1 marzo 1974)

sabato 10 marzo 2012

SIMENON. RENOIR, E LA STORIA DELL'INCROCIO TRA UN ROMANZO E UN FILM

"... Arrivò di corsa su una Bugatti rossa. Frenò rumorosamente, l'uomo pressapoco mio coetaneo saltò a terra... aveva un viso angelico... e mi baciò su entrambe le guance.... - con queste parole Simenon descrive l'arrivo di un signore che non conosceva -  Mi domandò immediatamente: Simenon... finalmente!... I diritti de 'La nuit du carrefour' sono liberi?...". Il signore, si scoprì, era addirittura il regista Jean Renoir e si riferiva ad uno dei primi Maigret. "... nessuno mi aveva ancora mai proposto di trasporre un mio romanzo per il cinema... Il cuore mi batteva forte e io gli risposì subito di sì (cioè che i diritti erano liberi. n.d.a)...".
Simenon tra l'altro era un grande ammiratore del cineasta, già allora molto famoso. Si può comprendere quindi l'emozione dello scrittore che a fine etate se ne stava a Ouistreham, nel Calvados, sul suo Ostrogoth, tutto intento alla stesura di un capitolo di un successivo Maigret.
Questo incontro lo ricorda  in uno de suoi Dictées del '77, quando ormai l'industria cinematorgafica aveva  già prodotto più di quaranta film tratti dai suoi romanzi e non solo in Francia.
Ma torniamo a quel giorno del '31 in cui si sentì offrire cinquantamila franchi per i diritti. Però quello che più piaceva allo scrittore era l'idea di Renoir di non voler produrre il film per una major, ma di essere lui stesso il produttore, finanziato da personaggi che non avevano nulla a che fare con il mondo del cinema.
Renoir e Simenon passano parecchi giorni a lavorare nella villa ad Antibes a lavorare a un ritmo forsennato per trasporre quel romanzo di cui il regista è particolarmente innamorato.
"... la mia ambizione era quella di rendere con le immagini il mistero di questa storia... E intendevo far prevalere l'atmosfera all'intrigo. Lo stile di Simenon evoca magnificamente il grigiore di questo incrocio  a cinquanta chilometri da Parigi. Non credo che esista sulla terra un luogo più deprimente - spiegherà il regista nel suo libro Ma vie et mes films nel '74 - Qualche casa, sperduta in un oceano di nebbia, pioggia e fango.... avrebbero potute essere state dipinte da Vlaminnck. Il mio entusiasmo per quell'atmosfera  era riuscita ancora una volta  a farmi dimenticare le mie convinzioni sul pericolo di trarre un film da un'opera letteraria...".
Maigret sarà interpretato dal fratello del regista, Pierre, il direttore della produzione sarà un'altro nome che avrà un futuro, Jacques Becker. Intanto la complicità tra Georges e Jean diventa un'amicizia che durerà una vita.
In realtà la lavorazione del fim avrà dei problemi, anche gravi, alcuni inspiegabili, come quelli che vennero fuori durante la proiezione dell'anteprima. Era infatti tutto così misterioso, troppo misterioso, addirittura incomprensibile, almeno agli occhi dei finanziatori che protestarono per la mancanza di chiarezza... In effetti nel montaggio sembra che due bobine fossero state smarrite... Ma Simenon in seguito dette un'altra versione. Jean Renoir stava passando un brutto periodo per la separazione dalla moglie Catherine Hessling, era spesso ubriaco e spesso non lucido... Insomma c'era un pezzo del copione che non era stato nemmeno girato! Secondo un'altra versione le scene mancanti non sarebbero state girate per mancanza di budget...
I finanziatori chiesero a Simenon di girare un'altra scena in cui lui  stesso sarebbe dovuto apparire sullo schermo per spiegare quello che mancava. Ma lui si rifiutò categoricamente anche se gli erano stati offerti altri 50.000 frnachi per quella performance.
Alla prima ci furono delle critiche feroci, l'atmosfera passò in secondo piano e l'accusa a Renoir fu quella di aver fallito la trasposizione di un opera difficile da rendere sullo schermo e di essere rimasto vittima della sua infatuazione. Il film fu un fiasco.
"... La Nuit de carrfour rimane un'esperienza del tutto folle - ricorderà nostante tutto Simenon - ma alla quale non posso pensare senza nostalgia... ai nostri giorni in cui tutto era così ben organizzato... non si potrà lavorare come allora...".

venerdì 9 marzo 2012

SIMENON E IL DOPPIO TRIANGOLO

In alto: Tigy, Georges, Boule. In mezzo: Georges e Denyse
Georges, Tigy, Boule. Georges, Denyse, Tigy. Due triangoli si intrecciano nella vita dello scrittore. Siamo in America dove i coniugi Simenon (Tigy e Georges) si sono trasferiti con il figlio Marc sin dal 1945.
Tra loro una relazione un po' stanca, che chiaramente non funziona più come vent'anni prima, anche per la gelosia di lei, ma che precipita il giorno in cui lei  scopre l'attività sessuale quotidiana del marito con Boule, la loro storica femme de chambre, a lui legata, oltre che da una continua relazione sessuale, da un grande affetto (e forse da parte di Boule anche d'amore?). In quel momento Georges prende la palla al balzo per rivelare alla gelosa consorte che la sua attività sessuale extra-coniugale non si limita alla loro femme de chambre, ma si estende quasi quotidianamente a molte altre donne. Tigy non accetta la situazione e vorrebbe la cacciata di Boule o altrimenti finirla lì. Ma poi, per il bene del figlio Marc, decidono insieme di continuare la convivenza. Il patto però è che ognuno farà un vita a sé, indipendente dal punto di vista sentimentale (e sessuale), entrambe liberi e svincolati.
In questa situazione i due si trovavano sin dal '45 e a quel tempo erano una ventina d'anni che Boule viveva con loro ed era ormai da tempo considerata a tutti gli effetti una della famiglia. Era ben strano che Tigy non si fosse mai accorta di nulla. La versione di Boule è diversa. A suo avviso invece sapeva tutto da diverso tempo ma, per ragioni imperscrutabili, faceva finta di niente. Sta di fatto che tra moglie e femme de chambre da allora si alzò un muro. E quando il precipitoso trasferimento in America della famiglia, impedì a Boule, per questioni di visto, di partire con loro, questa fu una liberazione per lei, ma una sofferenza per lui.
Riuscirà però a raggiungerli solo dopo qualche anno. Nel frattempo nella vita (e nella casa) di Simenon era però entrata Denyse, ufficialmente come segretaria-interprete personale di Georges. Viveva lì con loro. Non era la prima volta che succedeva e quindi questo non sembrava impensierire Tigy. Poi il romanziere cominciò ad avere un rapporto più che confidenziale anche a casa, lui e Denyse iniziarono a dividere lo stesso letto, quando facevano degli inviti, Georges inviava dei biglietti a nome suo, della moglie e di Denyse. In questo momento arrivò finalmente Boule, Tigy la vide come una potenziale alleata nei confronti di quella che ormai evidentemente non era più solamente un segretaria.
Ma Denyse era molto diversa da Tigy. Sapeva benissimo delle attività sessuali del suo futuro marito le assecondava e qualche volta addirittura le condivideva. E per esempio non aveva nulla da ridire quando Georges riprense i suoi rapporti quotidiani con Boule.
A questo punto Tigy si accorse che la partita era persa. Anche quel matrimonio di facciata si stava sgretolando e Georges le stava definitivamente scivolanndo via dalle mani. Era infatti il periodo di esaltazione del romanziere che era davvero innamorato di questa giovane canadese a volte ingenua come un'adolescente ma a volte navigata come una donna dalle mille esperienze.
Il primo triangolo fece spazio al secondo. E i due caposaldi furono ancora Georges e Boule.

giovedì 8 marzo 2012

SIMENON. I GUADAGNI DI UN GIOVANE SCRITTORE

Si dice che Ernest Hemingway all'epoca d'oro venisse pagato dai giornali un dollaro a parola. Realtà o leggenda? Anche questo faceva parte del suo personaggio, considerando che lo scrittore americano era molto attento alla sua immagine pubblica? E Simenon quanto guadganava? Delle sue cifre di romanziere ormai famoso, tradotto in una trentina di lingue, fonte per le scenaggiature di decine di film, ovviamente era calata un'ombra, anche se il suo trend di vita a volte parlava più chiaramente di una dichiarazione dei redditi
Quello che sappiamo invece sono le entrate del giovane Simenon, quello che sfornava racconti e romanzi popolari, quello degli anni '20 capace di scrivere fino ad 80 pagine al giorno o portare a termine cinque o sei racconti di genere, lunghezza e tipo diverso.
E d'altronde la Francia di quegli anni era un mercato ricchissimo per quelle edizioni vendute spesso a cinquanta centesimi, scritte e pubblicate per un pubblico certo non colto, ma che in quel modo veniva iniziato alla lettura e comunque formava una base solida per una industria editoriale in espansione.
Ad esempio, il solo Ferenczi, uno degli editori per cui in quegli anni Simenon lavorò di più, aveva sei collane dai nomi eloquenti: Le Petit Livre, Mon livre favori, Le livre épatant, Le petit Roman, Les Romans d'aventures. Con queste pubblicazione l'editore raggiungeva le 700.000 copie al mese. Copertine ammicanti o seducenti che dovevano parlare ai sensi o alla fantasia del lettore come faceva anche il titolo.
Ma a seconda delle tirature, del pubblico cui si rivolgeva, le lunghezze cambiavano. Ad esempio Le petit Roman arrivava a circa mille righe, Le Livre èpatant ne contava invece cinquemila.
Simenon impara ben presto che i romanzi d'avventura, a parità di tempo dedicato, sono meno convenienti di quelli sentimentali: con uno di questi, lungo circa 2000 righe e che scriveva in una mattinata riusciva a gadagnare 500 franchi. Invece per un romanzo d'avventura, di circa 10.000 righe che gli comportava tre giorni di lavoro, ricavava "solo" 1000 franchi. Beninteso anche questa era una quotazione ottima per quel tipo di mercato e il lavoro di Simenon era pagato davvero bene. Ma, visto il suo successo, Simenon iniziò capire che poteva trattare con gli editori e giocare al rialzo. E infatti iniziò a dettare le proprie condizioni tanto che pian piano riuscì a portare i prezzi ben più su: per un romanzo di 10.000 righe arrivò prima a 2000 franchi per poi attestarsi ad un prezzo medio di 2500.
Simenon stava imparando a scrivere di storie di ogni tipo, genere e lunghezza, ma nel frattempo apprendeva il meccanismo delle trattative con gli editori, cosa che allora si poteva permettere con editori tipo Margot, ma che poi avrebbe messo in pratica anche con mostri sacri come Gaston Gallimard (vedi il post del 20 novembre 2010 Braccio di ferro tra Georges Simenon e Gaston Gallimard).

mercoledì 7 marzo 2012

SIMENON, COSA FACEVA QUANDO NON SCRIVEVA?

Una domanda che forse sarà sorta spontanea a chi conosce meglio lo scrittore. Vista la velocità con cui Simenon scriveva i suoi romanzi, come passava il resto del tempo? Se, come sosteneva, scriveva un capitolo al giorno, anzi nello spazio di una mattina, poi il pomeriggio e la sera cosa faceva? E se per finire un romanzo gli occorrevano tra gli otto e gli undici giorni, per quanti ne scrivesse, come impiegava il tempo che gli restava? La sua media era di cinque/sei l'anno tra Maigret e romanzi, quindi uno ogni due mesi, due mesi e mezzo. Calcolando anche undici giorni per la stesura e tre quattro per la revisione arriviamo ad un paio di settimane, tra un opera e l'altra passavano quindi un mese e mezzo o due. Cosa faceva Simenon quando non scriveva? Beh, verrebbe da rispondere... à chercher la femme... si insomma le donne che, per quanto, diciamo così, essenziali e veloci fossero i suoi incontri, anche qui il numero e la cadenza giornaliera complessivamente occupavano un bel po' di tempo. Poi la famiglia soprattutto quando iniziò ad avere due o tre figli, una moglie e un ex-moglie da gestire. E poi gli affari, i contratti con gli editori, i diritti per le traduzioni all'estero e quelli per i film tratti dai suoi romanzi. Inoltre non dimenichiamo la sua attività  giornalistica, le inchieste e i reportage che i giornali parigini gli chiedevano. E a proposito delle richieste, con la popolarità arrivarono anche le interviste di quotidiani, settimanali, radio e poi anche della televisione.
Vista così la vita di Simenon sembra già diversa, anche fin troppo affollata di impegni. Ma lui come la viveva.
"... la mia vita è suddivisa in periodi di quindici giorni e in ogni periodo finisco completamente un romanzo  - spiega il Simenon dei primi anni, in un'intrevista del giugno del '31, quando siamo già nel dopo lancio dei Maigret - Scrivo un capitolo ogni mattina, non di più. Questo non mi richiede più di un' ora, un'ora e mezza; ma dopo sono svuotato per il resto della giornata...".
Ancora non parla in quel periodo di état de roman. Ha appena lasciato la letteratura su ordinazione, quella popolare per dedicarsi alla sua nuova  creatura letteraria, Maigret.
Simenon dovette rispondere molte volte all'aspetto che incuriosiva di più i giornalisti, il pubblico: così veloce e così bravo? O meglio come credere alla sua bravura se era così rapido nello scrivere?
E lui così rispondeva : "...batto a macchina io stesso, senza passare prima per un manoscritto... pochi ritocchi e modifiche. I miei libri sono scritti di getto. Lascio i miei protagonisti agire e la vicenda evolversi seguendo la logica delle cose...".
Fretta, no. Forse quel processo creativo in trance non è ancora consapevole?
Quasi un ventina d'anni dopo Simenon, in una lettera dall'America, lamenta: "...sapete ben che anche qui come dovunque i giorni non hanno che ventiquattr'ore, e che purtroppo il mio organismo reclama dieci ore di sonno e in più il movimento, quache ora d' attività esclusivamente fisica...  poi i contratti d'edizione in circa una ventina di nazioni.... ed ho una famiglia, soprattutto un figlio.... ricevo ogni settimana manoscritti di giovani autori... le mie frequentazioni sociali, per quanto ormai ridotte mi occupano ancora un po' di tempo... la corrispondenza... E infine di tanto in tanto mi concedo il lusso raro di quache ora di vuoto... di essere perfettamente vuoto e calmo..."

martedì 6 marzo 2012

SIMENON, MA QUANTO E' ANCORA LETTO? CLASSIFICHE

Siamo alla consueta rassegna delle classifiche di vendite dei libri di cui, dopo ogni weekend, facciamo il punto. Anche questa volta iniziamo da quella degli ebook che viene elaborata da I.B.S. Qui abbiamo una numerosa presenza degli "e-Maigret" (permetteteci in neologismo) che man mano Adelphi sta mettendo sul mercato.
Dobbiamo registrare ben cinque debutti, cioè titoli che nella settimana scorsanon erano in questa Top 50. Si tratta de Il cane giallo al 10° posto, Una testa in gioco al 13°, La balera da due soldi al 14°, Un delitto in Olanda al 15° e Il pazzo di Bergerac al 22° posto. Invece già in classifica erano il Simenon La pazza di Itteville 28° (dal 15°) e il Maigret La Ballerina del Gai Moulin 42° (dal 26°).
Permetteteci una notazione. Sette titoli di Simenon in versione ebook tra i primi 50. E si tratta di titoli che dal 1932 ad oggi sono stati editati e rieditati più volte in tutte le edizioni da più editori, a tutti i prezzi. Titoli di uno scrittore scomparso da ventitre anni e che ha scritto l'ultima di quelle inchieste nel 1972, quarant'anni fa'. Quale autore può vantare altrettanto?
Per quanto riguarda i libri (quelli cartacei) nella classifica di TuttoLibri de La Stampa troviamo  Il destino dei Malou al 6° posto nella sezione "Narrativa Straniera". Mentre invece lo stesso titolo nella medesima sezione della classifica di La Repubblica Cult occupa l'8a posizione. E ancora, per i titoli non italiani, La Lettura del Corriere della Sera pone Il destino dei Malou al 7° posto. Questo inserto ogni settimana presenta una rubrica, Il podio del critico in cui un critico famoso indica i tre libri che preferisce. Questa settimana Roberto Cotroneo ha indicato come primo appunto Il Destino dei Malou.

domenica 4 marzo 2012

SIMENON. PRESENTARE, RACCONTARE, SPIEGARE FINO A....

Mezza pagina. Questo lo spazio dedicato da TuttoLibri de La Stampa  di ieri alla presentazione-critica dell'ultimo romanzo di Simenon, Il destino dei Malou. L'articolo ci dà lo spunto per fare una riflessione su come, di solito, viene presentato un romanzo dalle pagine dei quotidiani. Ovviamente di solito si tratta di un romanzo appena uscito o uscito da poco (non è questo il caso, perchè il libro é uscito da circa un mese) e quindi la maggioranza dei lettori non l'ha ancora letto. Di solito questa presentazione oscilla tra la descrizione della trama e il giudizio sul romanzo. Quando va bene poi c'è anche un inquadramento della figura dello scrittore. Ma, fateci caso, spesso (non sempre, ma spesso) la parte del leone la fà il riassunto della trama (in questo caso 68 righe su un pezzo da 116) che a nostro giudizio scopre troppo il libro, i suoi personaggi, i meccanismi narrativi e talvolta addirittura qualche particolare non secondario.
Lo ammettimo, noi siamo tra quelli che difendono strenuamente il diritto del lettore a scoprire finanche il nome e il cognome del protagonista, e non solo quello che combina nella sua storia, nelle sue relazioni.... tutto quello che gli succede! E infatti siamo nemici giurati dei risvolti o delle quarte di copertina che, per attirare acquirenti (?), spiattellano spesso il cuore del romanzo, togliendo al lettore il gusto di scoprirselo da solo.
Direte voi, se per uno scrittore come Simenon si può comprare il libro ad occhi chiusi, come si fà a comprare il romanzo di un autore poco o affatto noto senza sapere di cosa tratta? Già, e qui è il difficile.
Parlando o scrivendo, l'arte di presentare un libro, riuscendo solo a sfiorare l'argomento, essendo capaci soltanto di accennare allo spirito che lo anima, facendo solo intravedere che tipo di romanzo sia... non è cosa facile. Ad esempio, quando capita a noi di doverlo fare, cerchiamo di rimanere nel vago, di esaurire il tutto in poche righe, di dire e non dire... magari rischiando di peccare in senso opposto.
Ma la nostra convinzione è salda. Molto meglio la reticenza che una puntigliosa descrizione.
Ad esempio in un pezzo di circa 3000 battute, come quello che abbiamo citato (in gergo giornalistico: meno di due cartelle), per un quotidiano non è breve. C'é di che scrivere e l'articolista cerca spesso di dare più informazioni possibili, mentre invece sarebbe, al limite, meglio scrivere meno, dando magari spazio ad un brano del libro (ma non all'incipit che è il primo impatto del lettore con il libro, né mai, per carità, al finale!). Insomma su questo siamo abbastanza convinti, poi ci possono (ed è bene che ci siano) divergenze di opinioni. Ad esempio all'inizio dell'articolo "Nel destino dei Malou si nasconde il giovane Simenon", si scrive "...il rapporto (di Simenon) complesso con la figura paterna...". Certo le relazioni tra padre e figlio non sono mai esenti da screzi, incomprensioni generazionali, visioni diverse della vita... ma il vero rapporto complesso e problematico il giovane Georges lo aveva con la madre Henriette (e lo ebbe per tutta la vita... basta leggersi "Lettera a mia madre").
Alla conclusione dell'articolo troviamo "...Scritto da Simenon nel '47 durante l'esilio americano...". Beh, ci sembra esagerato definire "esilio" un soggiorno di dieci anni negli Stati Uniti, dove Simenon divorziò, trovò la seconda moglie, ebbe due dei suoi quattro figli, girò in lungo e in largo (per altro facendo in quei dieci anni anche diversi viaggi in Europa). L'idea di esilio non si addice proprio al suo soggiorno in America che ammirava per molti versi e primo tra tutti per quello letterario (sosteneva infatti che i romanzieri americani di allora erano i veri interpreti della narrativa moderna). Tanto più che in Francia e in Europa c'era chi avrebbe fatto carte false perché Simenon rientrasse nel vecchio continente.

*Nella rassegna stampa che trovate nella colonna di destra questo articolo è citato, ma come avrete visto, é scritto in grigio perché non ancora pubblicato sul web e quindi non è ancora disponibile il relativo link.

venerdì 2 marzo 2012

SIMENON E BERNAD PIVOT, FACCIA A FACCIA. LA CELEBRE INTERVISTA SU "APOSTROPHE"

Il 27 novembre del 1981, per tutti gli appassionati lettori di Simenon fu una data storica. Il giornalista  francese più quotato nel settore letterario, Bernard Pivot, autore e conduttore di un'altrettrettanto celeberrima della trasmissione Apostrophe, dedica una puntata speciale a Simenon che va in onda sul canale Antenne 2. Lo incontra nella sua casa de rue de Figuierés a Losannaper un'intervista che dura un'ora e un quarto in cui si parla tra l'altro di Marie-Jo, la figlia suicida di Simenon, e del suo libro Mémoires intimes.
Simenon-Simenon, grazie all'archivio dell'I.N.A. (Institute National Audiovisuel Francais) vi presenta un assaggio di quasi otto minuti di questa famosa trasmissione. Buona visione.





giovedì 1 marzo 2012

SIMENON. UN URAGANO CHIAMATO JOSEPHINE BAKER

"...un corpo dorato dai seni turgidi come quelli di una polena, che si contorce in preda a spasimi di desiderio... Le lunghe gambe, il sedere che si agita freneticamente, le lunghe dita sottili protese verso il pubblico o che accarezzano il suo stesso corpo o il viso straordinariamente espressivo e mobile... Ella combina in sé quel pizzico di odio, un 'ombra di venedetta e il giustificato orgoglio della pura animalità. E' piena di ironia, di istinto e di furia sensuale..."
Ecco le parole impegate ne 1926 da un cronista per descrivere la diciannovenne Josephine Baker nello spettacolo alle Folies Bergére dove si esibiva con il famosissimo gonnellino di banane.
Ma i giornali parlavano anche della folla osannante che aveva decretato il gran successo di questa mulatta di Saint-Louis che si esibiva in un grande spettacolo con tanto di orchestra che, come lei, arrivava dagli Stati Uniti  (orchestra in cui si esibiva anche un giovane clarinettista di nome Sidney Bechet). Simenon non faceva eccezione. Era anche lui era lì alle Folies Bergér e come tutti i parigini stravedeva per quella star. Che non era solo un corpo, era un sogno esotico, la trasgressione fatta realtà, una ventata di follia che spazzava Parigi. Ma anche una ragazza che aveva un certo fiuto per gli affari. Per esempio di lì a poco ebbe un locale tutto suo a Montmartre.
Simenon si fece avanti, sgomitando tra uomini d'affari, personaggi dello spettacolo, principi e politici che affollavano l'entourage di Josephine. Lui che in quegli anni aveva appena iniziato la sua attività di scrittore su ordinazione di racconti e romanzi brevi popolari ed era quasi uno sconosciuto.
Mai due si somigliavano, molto. Stessa forza di volontà, stessa attrazione per le performance e le sfide, la sfrenata voglia di godere della vita in tutte le sue forme.
Scriveva la Baker nelle sue memorie: "... Sim è un giovane giornalista, molto gentile e adorabile. Per tutt quello che fa per me la gente pensa che sia i mio segretario..."
Ma, ci tiene a precisare Simenon, di non essere mai stato il suo segretario e che i loro rapporti furono molto, ma molto più intimi.
Infatti la loro fu una passione che bruciò in nemmeno due anni. Entrambe amavano fare l'amore in tutte le situazioni, si intendevano alla perfezione, erano due giovani (Simenon aveva ventitre anni) che si affacciavano alla vita, con un successo clamoroso e precoce lei, con un gran futuro lui (anche se a quell'epoca ancora non se ne poteva render conto).
Insomma quella fiammata di sensualità che aveva coivolto Simenon (che era arrivato a concepire anche un magazine tutto dedicato alla sua Josephine), non l'aveva però bruciato. Si accorse infatti che la sua avventura poteva scombinare i suoi piani. La sua voglia di diventare famoso con la letteratura sarebbe naufragato accanto ad una celebrità come allora era la Baker, non solo a Parigi, ma in tutta la Francia. Fu davvero la prospettiva di rimanere per tutti il segretario della star che lo spaventò.
Simenon atterrò dopo quel pericoloso volo e, tornato con le gambe ben piantate a terra, si rese conto che per troncare quella storia ci sarebbe voluta una voglia e una forza di volontà che forse non aveva.
La soluzione fu quella di prendere la moglie una mattina di giugno del 1927 e partire quasi all'improvviso per l'Ile de Aix vicino a La Rochelle. Cinquecento chilometri di mezzo. Ecco la soluzione Simenon.
E la relazione con Josephine passerà alla storia come un'altro pregiato puzzle della speciale vita di Georges Simenon

mercoledì 29 febbraio 2012

SIMENON. RICCO SNOB O "UN COMME LES AUTRES" ?

"...sono stato forse un po' snob, in qualche periodo della mia vita? Mi sono compiaciuto di gettare fumo negli occhi, di assumere certi atteggiamenti, di frequentare certi ambienti? Me la sono posta questa domanda, credo di poter rispondere in tutta sincerità: no..."
E' una frase tratta dalle prime pagine di Mémoires intimes. Già perché, da un certo momento in poi, Simenon visse indiscutibilmente nel lusso e, con lui, quelli che gli erano intorno, mogli, figli, femmes de chambre... Insomma se le frequentazioni erano spesso (ma non sempre) quelle della crema della società, ricchi magnati, artisti famosi, uomini di potere, individui di successo o famosi proprio come lui, resta un mistero del perché nei suoi romanzi trattasse di uomini e donne della condizione sociale più bassa, dei diseredati, di quelli caduti in disgrazia, dei senza speranza.
Questa era una delle domande ricorrenti che gli ponevano nelle innumerevoli interviste che gli furono fatte durante la sua vita
Simenon non aveva difficoltà ad ammettere il suo status e le sue frequentazioni, ma... Ma leggiamo quello che scriveva lui stesso "...Guidavo la mia Chrysler, fatta venire appositamente dagli Stati Uniti, che a quel tempo era oggetto di attenzioni e di stupore, o anche la Delage decappottabile con il suo cofano lungo e aerodinamico. Avevo un tavolo riservato sia da Maxim che da Fouquet e facevo parte di non so quante associazioni di gastronomi.... nonostante questo, senza sapere né perché né per come, riuscivo a scrivere un romanzo dopo l'altro.... ma quando volevo farmi venire idee per un nuovo romanzo, mi facevo un giretto attraversando il ponte lì nei pressi e mi infilavo nelle vie piene di folla e di vita come Puteaux o Billiancourt... andavo a bere al banco, nelle autentiche osterie,  insieme agli operai che lavoravano nelle fabbriche della Renault o in altri stabilimenti e mi trovavo meglio con loro che con i miei amici..." .
Insomma un vero uomo double-face in grado di pranzare con banchieri, grandi editori, produttori cinematografici, ma di giocare a carte e scolarsi una birra con operai e barboni. Tutto vero o solo per sembrare un homme comme les autres? Negli anni del suo decollo della sua carriera di scrittore, decollavano anche le sue finanze e una certa rivalsa rispetto alla vita grama che aveva dovuto fare nei primi anni, sconosciuto e povero, è anche comprensibile. Poi però questo trend di vita continuò anche in America, dove magari diradò le frequentazioni mondane, ma anche abitando in piccole cittadine di provincia, il suo standard di vita rimase alto. E, se possibile, ancora più alto fu quando tornò in Europa, e decise di stabilirsi in Svizzera, paese tranquilo quanto si vuole, con un sistema fiscale e bancario molto congeniale a chi possedeva ingenti patrimoni, ma non si può dire che fosse una della nazioni più economiche d'Europa. Poi come prima residenza scelse una sorta di castello a Echandens, in seguito si fece costruire la famosa villa di Epalinges. Poi il gran rifiuto. Quando si trovò solo, con i figli ognuno per la sua strada, le mogli ormai lontane, solo Teresa a prendersi cura di lui, allora lasciò tutto. La grande villa, i libri, le auto, i quadri, tutti i simboli della ricchezza e della popolarità. Si rinchiuse con poche cose essenziali, prima in un appartamentino all'ottavo piano di un palazzone di Losanna e poi in una casetta ad un piano con un piccolo giardino. Basta viaggi o incontri mondani, ridotti all'osso quelli professionali....allora e solo allora iniziò a vivere una vita come gli altri.
Ma a quel punto aveva settant'anni. Tutta la sua vita era trascorsa in ben altro modo, anche se Simenon aveva più e più volte affermato di sentirsi vicino alla piccola gente, proprio quella da cui proveniva lui, una famiglia anche se non povera, ma certamente molto modesta.
E in un Dictée del '76 rivendica di aver ben presto disprezzato la ricca borghesia .  "... fin dall'adolescenza ho odiato la borghesia che non è altro che la perpetrazione delle abitudini, dei modi di vedere, di pensare di tempi che considero ormai passati...  E' curioso invece che, quando ho avuto dei figli a mia volta, abbia voluto educarli non necessariamente come anti-borghesi, cosa che non mi riguardava, ma come degli uomini, semplicemente indifferenti alle classi sociali. Ora i miei quattro figli, malgrado le brevi rivolte ispirate dalle mode, sono tutti e quattro dei bravi borghesi. Non gliene voglio. Non è colpa loro. La colpa è dovuta al successo inaspettato dei miei primi romanzi che mi hanno, per così dire, obbligato a condurre per un certo numero di anni un tipo di vita che non corrispondeva all'educazione che avrei voluto impartire loro..."

martedì 28 febbraio 2012

SIMENON. BELA TARR, L'UOMO DI...PECS

All'inizio di febbraio, la Film Society del Lincoln Center di New York ha tenuto una retrospettiva del regista Béla Tarr (nato a Pecs, nel sud dell'Ungheria), che si è conclusa con il debutto negli Stati Uniti di The Turin Horse, il film che lo stesso Tarr ha dichiarato che sarà il suo ultimo lavoro cinematografico. 
Parliamo di lui perché il regista portò sullo schermo nel 2007 uno dei primi romans-durs di Simenon L'homme de Londres, l'ultimo pubblicato nel '33 da Fayard, prima di passare nel gotha di Gallimard.
Il romanzo racconta di un omicidio con furto, della caccia di un uomo ad un altro che però gradualmente si trasforma in un sorta di complicità tra i due. Ma gli avvenimenti precipitano e un'altro omicidio porterà ad una tragica conclusione della storia. La vicenda però descrive anche del cambiamento che il denaro può indurre in un individuo abituato a vivere modestamente e che ritrovandosi, per una serie di coincidenze a disporre di una cospicua cifra di denaro, inizia a trasfomarsi, a sentirsi sicuro di sé, in grado di soddisfare i suoi desideri, cosa che gli dà un'ebbrezza sconosciuta.
E' un romanzo di quelli neri dove la trama poliziesca è solo un pretesto per scavare nell'animo degli uomini con i loro chiaroscuri e le loro contraddizioni. E la bravura di Simenon sta nel rendere tutto questo in romanzo tutto sommato breve, con un atmosfera particolare, una vicenda serrata e un finale niente affatto scontato.
Il grande regista ungherese nel 2007 decide di girare un film un po' diverso da quelli che lo avevano reso celebre e lo fà portando sul grande schermo uno dei primi romanzi di Simenon, L'homme de Londres appunto, sempre con il suo inconfodibile stile, contraddistinto da lunghi piani sequenza, dal bianco-nero e da una colonna sonora essenziale. I film, che è a quanto ci risulta l'ultimo tratto dalle opere di Simenon, è alquanto suggestivo e rispecchia le intenzioni di Tarr che dichiarò di non voler realizzare una semplice trasposizione cinematografica del'opera letteraria, ma bensì una "traduzione visiva" di un romanzo che amava molto. La lavorazione del film fu piuttosto lunga, a causa di alcuni problemi di budget, ma alla fine fu presentato nel 2007 al Festival di Cannes, nella sezione Concorso, pur senza ottenere riconoscimenti.
In conclusione vogliamo riportare un commento al film di John, figlio di Georges, che tra l'altro ha dichiarato su questo film:"... le vicende di certi personaggi delle opere di mio padre non sono affatto semplici da rendere al cinema o in televisione. Ed é anche il caso de L'Homme de Londres dove la cinepresa cerca di ricreare quella suspense che ritroviamo nell'animo dei personaggi. Un obiettivo a prima vista molto difficile, ma Béla Tarr con il suo particolarissimo stile è riuscito a emozionarmi profondamente..."

lunedì 27 febbraio 2012

SIMENON. TUTTI I POSTI DEI MALOU

Oggi la tradizionale rassegna delle varie posizioni dei libri di Simenon nell'ambito dei libri più venduti, soprattutto per quello che riguarda l'ultima uscita, Il destino dei Malou.
Stavolta iniziano dagli ebook analizzati da IBS nell'ultima settimana. L'uscita più recente di Simenon occupa la 27a posizione (43a la scorsa settimana). Poi, sempre in formato elettronico, troviamo ancora anche La Pazza d'Itteville al 15° posto (dal 19°), quindi Maigret e la ballerina dei Gai-Moulin al 26° (dal 20°) e L'impiccato di Saint Pholien 41° (dal 47°).
Passiamo ora alle classifiche pubblicate nel weekend dagli inserti dei quotidiani.
Sabato TuttoLibri de La Stampa pubblicava la consueta indagine di Nielsen Bookscan che vede Il destino dei Malou al secondo posto della sezione "Narrativa Straniera". Invece i dati Eurisko pubblicati ieri nella sezione Cult de La Repubblica, lo piazzano, sempre nella "Narrativa Straniera", al 5°posto. E concludiamo con il dorso La Lettura, abbinata la domenica al Corriere della Sera, che riporta sempre dati Nielsen Bookscan secondo i quali Il destino dei Malou è 10° nella "Top Ten"  e occupa il 3° posto nella "Narrative Straniera".

domenica 26 febbraio 2012

SIMENON OGGI SALUTA L'HISTORIAL

Ieri sera l'incontro tenuto da John Simenon, figlio di Georges,  dal titolo Travail, souffrance et libre arbitre dans l'œuvre de Simenon, ha costituito la vigilia della chiusura della mostra Georges Simenon, de la Vendée aux quatre coins du monde", inaugurata il 30 settembre e che ha tenuto banco all'Historial di Les Lucs-sur-Boulogne (a sud di Nantes) per quasi cinque mesi. Oggi la giornata conclusiva con dei concerti di quel jazz che piaceva Simenon, soprattutto al giovane Simenon.
Avevamo presentato a suo tempo (vedi il post del 18 settembre Simenon. Ancora un evento in Vandea) la manifestazione che quest'anno va considerata la più importante dedicata alla scrittore, non solo per la durata, ma anche per i circa duecento tra oggetti, documenti, fotografie, libri (molti provenienti dalla Fondazione Georges Simenon) che hanno fatto di questa esposizione una vera attrazione per gli apassonati lettori del romanziere e non solo.
Certo è ancora presto per tirare le somme, non ci sono ancora i numeri dei visitatori, ma commenti e reazioni all'iniziativa sono stati positivi. La mostra ha preso il titolo dalla permamenza di Simenon in questa regione per oltre cinque anni, durante i quali fece diversi viaggi nelle zone più lontane ed esotiche del mondo, ma dove ebbe anche modo di continuare la sua incessante attività letteraria, partorendo ad esempio il famosissimo Pedigree.

sabato 25 febbraio 2012

SIMENON, ELLROY E LO SPETTRO MATERNO / 2

Quello che abbiamo iniziato ieri, non è tanto un confronto, ma piuttosto la ricerca di uno stesso filo per quanto sottile, ma distinguibile, tra Lettre à ma mére e My Dark Places. In effetti i due libri sono d'impostazione completamente diversa. Quello di Ellroy è la ricostruzione molto particolareggiata delle indagini sull'omicidio della madre (sia di quelle ufficiali che di quelle poi messe in atto dallo stesso scrittore), mentre il testo di Simenon è un'insieme di rifessioni che partono dagli ultimi momenti passati quattro anni prima al capezzale della madre che lo portano a comprendere quella rudezza nei suoi confronti (ma anche nei riguardi di sé stessa) e quella forza, che a volte finiva anche per sopraffare soprattutto Georges e suo padre Desiré, con la convinzione di portare avanti la famiglia. Insomma anche se da parte della madre persisteva una diffidenza, anche nei confronti della popolarità e della ricchezza di Georges, come se non fossero meritate (e che invece secondo lei sarebbero dovute toccare al figlio prediletto Christian). Da qui parte una serie di riflessioni, di ricordi, di riconsiderazioni che cambiano l'atteggiamento di un Simenon, ricordiamolo, ormai quasi settantenne.
Invece Ellroy, quando scrive My Dark Places, ha solo 48 anni e ci racconta di un avvenimento di quasi quarant'anni prima. Una precisa a volte pedante ricostruzione dell'inchiesta, con tanto di verbali di polizia, di trascrizioni degli interrogatori, di testimonianze virgolettate. Ma nel libro ci sono anche capitoli interi dedicati ai ricordi che un bambino di dieci anni può avere della madre cui, dopo il divorzio quando aveva appena sette anni, era legato da un rapporto di amore e odio, di attrazione e di rifiuto. Questo anche perché il padre lo istigava a spiare la madre e a raccontargli degli uomini che frequentava, cercando di convicerlo che era una poco di buono, una sorta di sgualdrina. E tutto questo, a quell'età, ebbe un effetto devastante. Alla fine di un capitolo Ellroy scrive queste parole ".. la odiavo e la concupivo. Poi smise di vivere". Morta la madre, James visse con il padre che però non si occupò molto di lui e che morì quando Ellroy aveva dicissette anni, lasciandolo allo sbando più totale. Ed lì iniziò il suo periodo nero.
Nel libro ogni tanto sono inseriti dei brani, tra un capitolo e l'altro, cinque in tutto. Messi tutti insieme costituiscono una vera lettera alla madre. Ecco qualche estratto:
"...la via di scampo che avevi imboccato, ti offrì solo un breve rinvio Mi avevi portato con te come portafortuna. Fallii come talismano - dunque oggi testimonio per te. La tua morte caratterizza la mia vita. Voglio trovare l'amore di cui fummo privi ed esercitarlo in tuo nome..."
" ...tu perseguivi una rettitudine severa. Il sabato sera la infrangevi. Le tue brevi rassegnazioni ti gettarono nel caos. Non voglio ritrarti in quel modo Non voglio dar via così bassamente i tuoi segreti... Voglio apprendre dov'é che hai sepolto il tuo amore..."
"... non riesco a udire la tua voce. Sento il tuo odore e il sapore del tuo alito. Ti sento. Stai stringendoti  a me. Sei andata, e io voglio di più".
Sono grida disperate di dolore che non troviamo certo in Simenon. Il famoso pudore dei Simenon non concedeva paltealità. E infatti sul letto di morte la madre guarda in silenzio il figlio e lui fà altrettanto.
Un'altra prova di una incomprensione durata una vita, ma che va sciogliendosi, almeno da parte di Georges.
"...Madre, io non ho niente da rimproverarti, non ti rimprovero niente, lo vedi bene. Hai seguito il corso della tua vita, con una fedeltà rara, rarissma anzi, al tuo scopo - scrive Simenon nelle ultime pagine  del libro - Lo hai raggiunto. Forse per questo nel letto d'ospedale il tuo sguardo è così sereno, per questo a tratti vi brilla persino un tratto d'ironia. Per dirtela chiara: Li hai messi tutti  nel sacco!".
"Li hai fatti fessi tutti. Ti concedevi a piccole dosi - scrive invece Ellroy - e ti reinventavi a tuo piacimento...". 
Due sensibilità diverse, due storie differenti, uno scrittore americano ed uno europeo, un modo di concepire la scrittura divergente, ma leggendo tra le righe questi due libri, entrambe autobiografici, potrebbero costituire un punto di contatto tra i due.