sabato 31 gennaio 2015

SIMENON SIMENON. M.ME MAIGRET E IL CASO DEL... VINELLO IN PERICOLO.


Questa volta il racconto di Paolo Secondini ci mostra un Maigret ormai in pensione, nella sua casa di campagna intento in attività cui una volta, quando era nel vortice delle inchieste a Quai des Orfévres, probabilmente non avrebbe avuto nemmeno il tempo di immaginare. E poi questo Maigret è un po' cambiato. Forse gli anni che passano? Forse il fatto di fare una vita "come gli altri"? Sta di fatto che parla e parla anche con sua moglie... Addirittura non la chiama più M.me Maigret, ma con il suo nome, Louise... Una volta bastavano due sguardi e il commissario e M.me Maigret si capivano al volo. Qui invece parlano, anche di cose futili. Forse è come se l'ex-poliziotto volesse recuperare un lungo periodo dove ai due (o forse solo a lui?) bastava un gesto, un'occhiata un'espressione per comunicare... Scopritelo.
 
Meung-sur-Loire.
“…fu quella la prima volta che vidi in azione, con grande coraggio e senso del dovere, il giovane Lapointe. Capii che sarebbe diventato, per la sua determinazione, un bravo poliziotto, come d’altronde ce n’erano tanti nella mia squadra al Quai des…»
«Maigret!... Maigret!... Ti dispiace venire ad aiutarmi?... Da sola non ci riesco.»
La voce di Louise, sua moglie, lo raggiunse mentre aggiungeva un altro capitolo al libro di memorie che, chissà!, forse un giorno avrebbe finito e dato alle stampe.
Chiuse il grosso quaderno dalla copertina nera (per lui scrivere a macchina era un tormento), lo ripose nel cassetto della scrivania e si alzò dalla sedia. Fece qualche passo verso la porta del piccolo studio ma si fermò, tornò indietro, la fronte aggrottata.
«Che sbadato! Mi scordavo di te, esclamò scuotendo la testa. “Come potrei lasciarti sola?»
Prese la pipa dalla scrivania e, prima di metterla in bocca, fece sentire la sua voce:
 «Ma dove sei, signora Maigret? Si può sapere?»
«Sono qui,» rispose sua moglie. «Mi serve il tuo aiuto… Fa’ presto.»
«Ho capito, ho capito!... Se non mi dici con esattezza dove ti trovi, sarà molto difficile aiutarti.»
«Hai ragione, che stupida!... Sono quaggiù, Maigret… in cantina.»
«In cantina? Ma cosa ci fai?»
«Che ci faccio?!… Quello che dovrebbero fare i mariti, invece di perdere il tempo a scrivere le loro memorie.»
L’ex commissario della polizia giudiziaria si tolse la pipa di bocca.
«Diventi polemica ora, signora Maigret?»
«Ma no, no… Scusami! Non mi sono mai lamentata di nulla, lo sai, neanche quando ce n’era motivo…  Però, in questo momento, se non ti sbrighi…»
Lasciò la frase in sospeso e Maigret capì che era meglio affrettarsi.
Scese le scale che conducevano in cantina, e quando fu nell’ampio locale, rischiarato appena da una lampadina, scorse, vicino a un vecchio tavolo scuro, sua moglie, che stringeva un’enorme boccia di vino contro il petto.
«Presto, Maigret, non riesco più a sostenerla! Ho paura che possa sfuggirmi dalle mani. Sarebbe un bel guaio se mi cadesse per terra.»
«Sarebbe un bel guaio sì!» convenne l’ex commissario. «È il mio vinello preferito: l’ho fatto con tanta passione… con amore… Ma non potevi poggiarla sul tavolo?»
«Maigret, dovevi arrivare quaggiù per darmi un consiglio più che ovvio?»
Il marito la guardò stupito.
«E allora perché non lo hai fatto?»
«Si è rotto, per via dell’umidità, il cestello di vimini che la conteneva. Se la metto giù si rovescerà di sicuro.»
Maigret accorse, le tolse la boccia dalle mani.
«E già! Si rovescerebbe senz’altro e allora… addio vinello! Sarebbe un peccato, dopo tanto lavoro.»
«Ti preoccupi solo del vino, mentre di me, che ho le braccia indolenzite per sorreggere la boccia…»
«Scusami Louise! È vero! Di te non mi sono preoccupato… Devo dire che questo vinello mi ha frastornato, mi ha reso… Sai cosa?»
«Cosa?» chiese la signora Maigret massaggiandosi un braccio.
«Per farmi perdonare,» riprese il marito, «nel libro che sto scrivendo… sì, nel mio libro di memorie...  parlerò di te, di come mi sei stata di grande aiuto nella risoluzione di alcuni casi. È giusto che anche tu, mia cara Louise, abbia riconoscimenti per i tuoi meriti…»
«…che tu, mio caro Maigret, hai sempre deliberatamente taciuto… Scommetto che nel tuo libro, sinora, mi hai semplicemente ricordata per i piatti prelibati che ti ho sempre cucinato, e che tuttora cucino… Non è forse così? Confessa.»
«Be’, in fondo, è un merito anche questo,» sorrise Maigret, «e un ottimo spunto.»
«Uno spunto?... E quale?»
«Quello per scrivere un libro di memorie: Io, moglie fedele e ottima cuoca del commissario Maigret… Verrà fuori un capolavoro. Ne sono certo,» concluse divertito l’ex commissario.
«Sì,sì… prendimi in giro, adesso,» disse Louise, leggermente contrariata.
 Maigret non rispose, si chinò a baciare sua moglie con dolcezza.

Paolo Secondini

venerdì 30 gennaio 2015

SIMENON SIMENON. IL PENSIONANTE E LE SUE TRE VERSIONI CINEMATOGRAFICHE


Il giorno fatidico dovrebbe essere stato proprio ieri. Sì, Il Pensionante dovrebbe aver fatto il suo ingresso nelle librerie. Pubblicato da Gallimard nel '34, uscì in Francia con il titolo Le Locataire. Lo abbiamo presentato un paio di settimane fà sul post L'inquilino che viene da Istambul... e l'inquilino ieri è entrato appunto in libreria.
Ma questo inquilino diciamo "forzato" (infatti, come assassino, si deve nascondere in un pensionato di studenti per sfuggire alla polizia) è entrato anche nel cinema.
Prima della più famosa e conosciuta versione dovuta al regista Pierre Granier-Deferre, L'Étoile du Nord del 1982, con l'interpretazione di Simenon Signoret e Philippe Noiret, va ricordata un'altra versione, molto meno fortunata e la cui storia vale la pena essere raccontata.
Il titolo del film è Dernier Refuge del '47 la cui regia è dovuta a Marc Maurette con una produzione che vedeva come protagonisti Raymond Rouleau e Gisèle Pascal che però riprendeva un'altra precedente e sfortunata produzione, diretta da Jacques Costant, le cui riprese erano iniziate nel 1939 e che ben presto dovettero essere sospese per lo scoppio della seconda guerra mondiale. Ma poi la lavorazione riprese, sia pure in mezzo a mille difficoltà, e fu terminata nel '40. Ma invece non erano terminate le sventure. Infatti il film, che vedeva tra i protagonisti gli attori Mireille Balin e Georges Rigaud, ebbe i negativi distrutti durante un bombardamento.
La critica è unanime. La prima versione non è effettivamente giudicabile, la seconda non è degna di nota (citiamo solo per curiosità la partecipazione di Louis de Funès nel ruolo di un cameriere dei wagons-lit), la terza è invece quella giusta.
Tra l'altro siamo in presenza di un regista simenoniano che aveva già avuto a che fare con adattamenti dai romanzi dello scrittore come Le Chat nel '71, con la memorabile interpretazione di Jean Gabin e Simon Signoret, ma anche La veuve Couderec, sempre con l'impareggiabile Simon Signoret e un giovane Alain Delon e nel '73 Le Train con Jean Louis Tritignant e Romy Schneider, versione di Pierre Granier-Deferre che s'intitola L'Étoile du Nord perché prende il nome dal treno con cui nel film i due protagonisti (Noiret e ancora la Signoret) arrivano a Parigi.
Ancora una volta l'uscita di un romanzo di Simenon ci riporta al legame stretto che il cinema ha da sempre allacciato con le trame, le atmosfere e i personaggi 
creati dallo scrittore.

mercoledì 28 gennaio 2015

SIMENON SIMENON. E SE MAIGRET INTERROGASSE PROPRIO VOI?

L'identificazione funziona con l'eroe. Chiunque abbia letto anche solo qualche Maigret, è stato sicuramente coinvolto dal personaggio o perchè fuma la pipa, o per la sua perspicacia psicologica o per la sua predilezione per il cibo, più probabilmente per la sua filosofia del "comprendere e non giudicare", per il suo istinto a mettersi nella pelle del criminale di turno.... e potremo andare avanti per molto. E qui scatta l'identificazione. Per un motivo o per l'altro, o per tutti insieme, chi di noi non si è mai identificato con il commissario, leggendo le pagine scritte da Simenon.
E invece c'è nessuno che si sia indentificato con l'inquisito?
Già perché siamo convinti che in genere i lettori non si mettano nei panni del sospettatto. Pensateci un po'....

Sono ore che sto in questo maledetto stanzone vetrato... come l'ha chiamato l'ispettore?... Ah, sì l'acquario, bah... Adesso saranno quasi tre ore....
Provo a bussare alla porta, ma nessuno si fa vivo. Inizio ad avere sete... e poi possibile che qui dentro ci sia soltanto io?.... Mi hanno detto di aspettare un po' e invece... E poi è possibile che non ci sia nessun altro che deve aspettare...
Già direte voi, ma come sei finito a Quai des Orfévres?
E' colpa di quel cretino di Jean-Pierre, mio cugino... maledetto il giorno che siamo diventati soci! Lui prima si era messo in testa di allargare la tipografia... comprare nuovi macchininari per stampare cartoline...."E' l'affare del secolo" diceva. E aveva pure trovato i soldi per comprarle. E devo dire che aveva ragione. Ormai più di metà del nostro fatturato veniva dalla stampa delle cartoline... Ma non gli bastava... adesso  voleva buttarsi nel campo delle stampe artistiche, quelle a colori.... lì servivano tanti soldi... Ma lì trovò. Non so da chi li avesse avuti... Io mi sono sempre occupato della direzione tecnica... le novità e il lavoro mi appassionavano... Poi entravano più soldi... E quel pomeriggio era uscito per un appuntamento con quelli che lui chiamava, i suoi finanziatori. Non era più tornato.  L'avevano poi trovato morto, due colpi secchi che gli avevano spaccato il cranio.
Lo so... lo so... non avrei dovuto, ma io avevo una storia con Marlene, sua moglie... e quel maledetto pomeriggio ci eravamo visti lì... al solito hotel... Ma questo non era un alibi affidabile... e poi lei cosa avrebbe detto? E io, morto mio cugino, diventavo proprietario di una tipografia che stava decollando... e in più sicuramente gli inquirenti erano convinti che mi sarei voluto sposare Marlene, ma io...
La porta dell'acquario si aprì all'improvviso. Entrò uno degli ispettori che mi avevano portato in macchina alla Polizia Giudiziaria.
- Venga... il commissario vuole vederla.
Stavo per abbozzare una protesta, ma capìì che non era il caso.
Mi fecero entrare in ufficio, surriscaldato da un stufa a carbone. Per di più la stanza era piena di fumo. Un omone grosso e massiccio stava fumando una pipa, osservando il tramonto fuori della finestra.
- Ah... eccola finalmente... leì è Henry?... Henry Demonge, no?... Mi scusi, per l'attesa. Sa, prima il giudice Comelieu, poi i verbali da firmare... poi qualla rogna del tentato omicidio in casa dell'ambasciatore... Mi scusi. Ma lei avrà sete... magari anche fame...
Diceva tutto come se non parlasse a me. Sembrava stesse seguendo una sorta di procedura...
- Lapointe! Fai venire su un bel vassoio, panini e birra, mi raccomando non i soliti quattro panini... e la birra... fresca!
E ricomnciò a fumare.
Mi sembrò che quell'ordinazione preludesse ad una sorta di colazione collettiva... invece avrei capito dopo che mi sbagliavo. Significava che il "colloquio" con me non sarebbe durato poco... quindi, ero il sospettato numero uno.
Ma lì per lì non me ne rendevo conto. Il commissario Maigret poi aveva modi gentili.
- Prego si sieda. Mi dispiace davvero che lei abbia perso tanto tempo ad attendere... ma adesso ci rifocilliamo per bene... poi due chiacchiere - riaccese la pipa - Lei magari oggi aveva il suo da fare con la tipografia e non vorrei doverla trattenere a lungo...
Sentivo il suo sguardo su di me, un sguardo neutro... direi quasi spento... come se non stesse pensando a niente.
- Se vuole può fumare, signor Demonge...prego,  faccia liberamente.
Tirai fuori i miei sigaretti e ne accesi uno. Pensai... io così minuto, bassino con quei piccoli sigari e lui cosi massiccio e imponente con una pipa grossa che sbuffava come una ciminiera.
Bussarono alla porta. Era il garçon della brasserie che portava due vassoi, uno colmo di panini e uno con una decine di birre.
Il commissario afferrò un boccale e lo vuotò in tre lunghe sorsate. Poi addentò un panino...
- Prego signor Demonge, beva... prenda un panino... dopo tutta quell'attesa...
Spensi il sigaretto e mi riferescai la gola con un po' di birra. Poi presi un sandwich e iniziai a sbocconcellarlo...
- Eh, è un'altra cosa... proprio ci volevano... eh...
Parlava con la bocca piena e con un tono amichevole.
- Mi parli un po' della tipografia... mi dicono che è molto moderna - e intanto prendeva un altro boccale di birra - c'è molto lavoro?
- Beh sì, l'affare delle cartoline ci ha fatto duplicare gl ordini, abbiamo dovuto assumere altri operai e adesso ci preparavamo per delle stampe artistiche... ma...
- Ma qualcuno ha fatto fuori suo cugino...
- Già...
- E mi dica lei è più contento perchè così la tipografia diventa tutta sua o è più spaventato dal fatto che dovrà gestire tutta la parte amministrativa e finanziaria che invece da sempre svolgeva suo cugino?
-  Beh... sono un po' sottosopra per questo omicidio... non ho avuto modo di pensare...
- Invece ha pensato a Marlene... no? La vostra era una relazione... da quanto tempo....
- No commissario, non era una vero e proprio rapporto... ci vedevamo ogni tanto... così per divertirci... Marlene non si sognava nemmeno di lasciare Jean-Pierre...
- Sì, l'ho vista ieri la singora Marlene... è una bella donna... capisco che lei...
- Commissario, deve anche calcolare che il marito era uno di quei tipi gelosi...
 anche se con le altre donne andava bene tutto, ma con la sua...
- E invece lei... Mi dica Demonge, lei era inamorato di Marlene?
- Ma che dice commissario...
- Su... lei non è sposato, vive da solo... e poi la capisco, sa, è davvero una bella donna...
Mi sarei dovuto sentire lusingato, ma quelle parole s'infilavano una nell'altra come a voler formare una corda che poi mi avrebbe strangolato.
- Mangi Henry... guardi ci sono ancora panini...
Ne presì un altro, ma mi restò in mano. Lui invece bevve un altro boccale di birra.
- Allora chi ha ucciso suo cugino? Lei avrà almeno un'idea di chi possa essere stato? Iniziamo da capo, lei e suo cugino vi mettete in società al 50%. Partite con l'attività... suo cugino ha delle buone idee trova i soldi, ma è lei che manda avanti la baraccca, che lavora lì dodici, anche quindici ore al giorno, quando c'è bisogno... E suo cugino andava in giro... si parla anche di altre donne con cui se la faceva... Lei sa nulla?
- No, veramente nulla di preciso... non mi diceva niente...
- Beh, aveva altre donne, faceva cene e pranzi con questi misteriosi finanziatori, maneggiava i soldi della tipografia, a quanto mi risulta, aveva anche una bella macchina americana, oltre ad una bella moglie.... e lei lì a lavorare... Non è che lei fosse un po' invidioso...
- Io? No.
- E allora ha iniziato a pensare: intanto mi prendo la sua donna... poi chissà cosa è successo tra di voi....
- Ma che cosa dice! Andavamo d'accordo...
- Signor Demonge, quello che vi siete detti non si saprà mai, perché lui è morto e lei non ce lo dirà mai...
L'aria che il commissario Maigret aveva assunto era meno accomodante. E iniziò con le domande di routine. Dove era a quell'ora, cosa faceva in quel giorno, chi l' aveva visto in quel dato momento... eccetera. E poi quando aveva finito, ricominciava. E fumava, fumava senza sosta.
Ad un certo punto si alzò, battendo i pugni su tavolo.
- Lucas!
Dopo poco da una porta laterale fece capolino uno che doveva essere un'altro ispettore, pure lui con la pipa.
- Continua tu. Io ho da fare....
Dette un'occhiata alle ombre della sera, fuori della finestra e, senza nemmeno guardarmi, uscì. Quel Lucas si sedette al posto del commissario e tornò a farmi le stesse domande. 
C'era da impazzire, era come se non avessi già detto dieci volta quella storia. Eppure quell'ispettore continua imperterrito. Lento, senza alterarsi. La domanda nuova era "che interesse aveva lei ad uccidere il signor Jean-Pierre?". E la mia risposta sempre la stessa: "Nessuno".
Dopo un'altra ora di questa solfa ero distrutto.
Si aprì la porta ed rientrò quel Maigret, che sembrava più massiccio che mai. Lui e l'ispettore su scambiarono delle occhiate, senza dire una parola.
Maigret riprese il suo posto. Sembrava fresco e riposato... sicuramente aveva bevuto della birra e fatto una bella passeggiata, magari sul Lungosenna. E ora caricava la pipa.
Tornò a fare le stesse domande... L'ispettore aveva portato via i vassoi e non c'era nemmeno più da bere. La mia gola era secca.
- Commissario, ma perchè non mi crede. Io avevo una storia con Marlene, ma non avevo nessun motivo per uccidere mio cugino... lo chieda a Marlene se quel pomeriggio stavamo insieme...
- Già fatto. Lei dice che era andata dalla sua amica Louise... la quale ha confermato.
- Ma era la solita scusa che inventavamo per suo marito... Ormai è morto, che motivo ha di mentire ancora?
- Appunto. Secondo me è lei che mente... Ma devo dire che non ho ancora capito perchè... sì, forse l'invidia... ma non è solo quello. Lei nasconde qualcosa... ma non ho ancora capito cosa...
Ma io non nascondo niente - ormai il mio tono era una supplica. Sentivo un  caldo innaturale. Mi ero già levato la giacca ed ora anche la cravatta, in più mi ero arrotolato le maniche della camicia. Sudavo e respiravo a fatica.
Il commissario fumava come una ciminiera e la stanza era una sorta di camera a gas. E continuava a fissarmi con quello sguardo indifferente.
- Ma lei cosa pensa, davvero commissario, che io abbia ucciso davvero mio cugino?
- Io non penso niente.
- E allora perchè si accanisce su di me!
Ormai il mio autocontrollo era andato e mi sentivo percorso da vampate di rabbia e brividi di paura.
- Forse... forse... - bofonchiò il commissario - già... potrebbe anche essere. Janvier!
Dalla solita porta apparve un'altro ispettore, si avvicinò a Maigret e confabularono per qualche secondo. Poi l'ispettore lasciò rapidamente la stanza.
Il commissario ripiantò il suo sguardo su di me. E riprese le stesse domande. Ormai era notte fonda... erano ore che mi chiedevano sempre le stesse cose. Adesso avevo anche un forte mal di testa.
- Allora, Demonge.... quanto vogliamo andare avanti?
Silenzio. avevo deciso di non rispondere più.
Anche il commissario era fermo immobile. L'unica cosa viva era il fumo che a volute nervose usciva dalla pipa di Maigret.
Squillò il telefono.
- Sì, Maigret... ah è lei dottor Paul. Sì, mi dica .... certo, quella che le ha portato Janvier... Ah!... Sì, sì ho capito benissimo. La ringrazio... Sì, poi domani ci vediamo. Buonanotte e grazie ancora dottor Paul.
Dopo alcuni istanti di silenzio, il commissario si scharì la voce.
- Demonge, il nostro ispettore Janvier è stato alla sua tipografia e ha potuto notare che una grossa maniglia di ghisa, che era stata rivenuta in un cestino vicino alla sua abitazione, altro non era che un pezzo mancante di una delle vostre macchine da stampa. E dall'autopsia fatta dal dottor Paul risulta perfettamente compatibile con i colpi subiti in testa da suo cugino.
- Ma questo non vuol dire che sia stato io a...
- No. Ma su quella maniglia ci sono le sue impronte. Ma anche questo non sarebbe sufficiente a fare di lei un assassino. Peccato che c'è la confessione di Marlene... Ieri non mi ha solo detto che non vi siete visti, perché lei era davvero dalla sua amica, ma mi ha raccontato che suo cugino vi aveva sorpresi, un paio di giorni prima, all'uscita del vostro albergo... avete litigato. Lui ha minacciato lei e Marlene... forse sragionava per la gelosia, per la rabbia... ma deve aver detto cose terribili... e forse anche che avrebbe trovato il modo di estrometterla dalla società... vero?
Ormai ci era arrivato da solo. Tutta la mia resistenza non era valsa a nulla.
Ero così frastornato, stanco, non ne potevo più di quella stanza, di quelle domande ripetute all'infinito....
- Si sono stato io. Quel pomeriggio l'ho aspettato nel garage dove lui si attardava fare lavoretti su quella sua automobile americana. Ero appostato in un angolo. Quando lui è entrato e ha iniziato a lavorare, io gli sono andato dietro e ho sferrato due colpi netti sul suo cranio. Lui poi è caduto a....
Il commissario si alzò di scatto.
- Janvier, Lucas!
I due ispettori entrarono.
- La "canzonetta" è finita. Fategli firmare la confessione e mettetelo in cella.
La testa mi girava fuoriosamente. Mi accorsi appena che il commissario lasciava la stanza a passi pesanti e sentii confuse le voci degli ispettori che dicevano "Sbrighiamoci... su, è tardi... e tu dormi stanotte che domani dovrai comparire davanti al giudice...".
La porta della cella s'era spalancata. E quella dell'inferno pure.

martedì 27 gennaio 2015

SIMENON SIMENON. ...MA CI VUOLE MAIGRET PER SCONFIGGERE GLI ATTENTATORI?


"... Faut-il être le commissaire Maigret pour le comprendre, et réagir à temps?...".
Sono le parole di Xavier Raufer, laureato in geopolitica et criminologia e docente all'università Panthéon-Assas (Paris II), alla George Mason (Washington DC) et all'Università di Scienze politiche e del Diritto (Pechino).
Il professor Raufer intervistato da Nicolas Gauthier per Boulevard Voltaire, un magazine francese on-line, ad un certo punto dice "Bisogna essere il commissario Maigret per comprendere e reagire in tempo?". Questa affermazione viene dopo un'analisi di quello che viene ora fatto per tenere sotto controllo i commando terroristici "...Se li sorvegliate prima che colpiscano, voi li vedrete rubare un'automobile... accumulare cappucci e armi da guerra... vagare intorno agli uffici di Charlie - principale obiettivo islamista, cosa nota a tutti - sorvegliate i loro telefoni... Ma cosa prepareranno?...".
Non ci sorprende più di tanto che un professore così esperto in questioni di criminalità-politica chiami in causa Maigret.
In un passo precedente dell'articolo il professore accusava i servizi segreti francesi di voler imitare l'FBI, lavorando davanti agli schermi dei computer, invece di essere sulle strade delle citta a rischio e lì pedinare i sospetti pericolosi, reclutaando magari degli informatori, infiltrati...
Insomma la sua critica ai servizi francesi è di non aver affiancato ai vecchi metodi, i computer e le nuove tecnologie scientifiche d'indagine, ma di averli del tutto sostituiti con queste.
Quindi quello che mancherebbe, a suo dire, è il lavoro sul campo ed ecco il riferimento a Maigret... sia pure poliziotto letterario, ma con una spiccata propensione a confondersi con l'ambiente in cui deve indagare... spesso anche di persona, pur essendo lui un commissario-capo. Questo metodo, immergersi in un ambiente ed entrare nella testa della gente è quello che gli fa capire la mentalità, i meccanismi, le relazioni interpersonali, come ragisce quella gente, i valori, che vigono in quel dato mondo, ... e questo è quello che serve a capire cosa gli attentatori hanno in mente di fare e prevenirlo. masse di dati e informazioni, senza un'empatia, senza una conoscenza diretta, senza un'intuizione "alla Maigret" (che poi scaturisce dal suo metodo d'indagine) non servono ad evitare gli attentati, dice inbuona sostanza Raufer.

lunedì 26 gennaio 2015

SIMENON SIMENON. RICORDARE LA SHOA ANCHE ATTRAVERSO "LE TRAIN"


Domani, 27 gennaio nel mondo si celebra il Giorno della Memoria, in ricordo dell'Olocausto e delle vittime dei regime nazista. Sarà in realtà una settimana di iniziative e di riflessioni su una delle peggiori atrocità e degli efferati massacri che la storia ricordi. In quest'ambito sono previste anche una serie di trasmissioni televisive di approfondimento e la riproposizione di film che fanno rivivere i vari aspetti di quella tragedia. 
Tra i tanti vi segnaliamo quello di giovedì 29 gennaio, che andrà in seconda serata su Iris (digitale terrestre, canale 22), si tratta di Noi due senza domani, tratto dal romanzo di Georges Simenon Le Train, realizzato da Pierre Granier-Deferre e interpretato da Jean-Louis Trintignant e da Romy Schneider.
Simenon prese lo spunto dalla sua attività di Alto Commissario dei rifugiati belgi in Charente, che svolse nel 1940 con gli esuli che provenivano dalla sua patria natìa. Ma il parto di questo  romanzo non fu certo facile, tanto che fu pubblicato da Presses de La Cité ben 20 anni dopo, nel 1961 (vedi il post del 13/12/2011 su Le Train). Nella vicenda Marcel Fèron, con moglie incinta e una piccola figlia, è costretto alla fuga per l'invasione nazista. Il treno, su cui la famiglia sale, sarà il luogo di vari avvenimenti. Intanto alla moglie, sia per lo stato interessante che per la figlia piccola, viene assegnato un posto in prima classe. Il marito invece viene confinato in fondo, nei vagoni-merce, insieme ad altri sfollati di tutti i paesi e di tutti i generi. Durante una delle tappe del viaggio, Anna, una giovane e bella ebrea, che viene da carcere di Namur, sale sul vagone di Marcel. Tra i due scatta un'attrazione che diventa passione e che quando il treno giunge a La Rochelle,  trova i due ormai amanti. Ma intanto è stato firmato l'arnistizio di Petain. Nel campo profughi dove sono ammassati dopo l'arrivo, Marcel apprende che la moglie è ricoverata in un ospedale perché sta partorendo, Lui corre a cercarla, accompagnato da Anna, che si ferma sulla soglia d'ingresso, dove lo saluta dicendogli semplicemente "Sono stata felice con te". Anna sparisce e l'uomo riprende la sua vita di marito e di padre. Dopo un anno però la donna riappare nElla vita di Marcel. Questa volta è per chiedergli ospitalità per un suo amico aviatore inglese, ricercato per la Gestapo. Marcel risponde di no.
L'epilogo è amaro, ma quello del film è diverso da quello del romanzo. 
Simenon a distanza di vent'anni guarda ancora con occhio crudo le miserie di quei tempi, di cui è stato diretto protagonista, anche le meschinerie dell'animo umano, che però sono in fondo quelle di sempre: la mancanza di coraggio, l'egocentrismo, e una certa viltà, qui più che altro maschile.

domenica 25 gennaio 2015