Non si ricorda spesso, ma la Francia, quando debuttò Maigret, era entrata in quella crisi economica che arrivava dagli Usa (1929).
SIMENON SIMENON, LE SUCCES A CONTRE-COURANT DE SIMENON
On ne s'en souvient pas souvent, mais la France, quand Maigret débuta, était entrée dans une crise économique qui arrivait des USA (1929(
SIMENON SIMENON. SIMENON'S COUNTERFLOW SUCCESS
It's not often reminded, but France, when Maigret started, had entered an economic crisis that was coming from the USA (1929)
Era la fine del 1930 quando in Francia scoppiò la crisi economica con tutta la sua evidenza, colpendo un po' tutti I settori produttivi e commerciali della nazione. Nei primi mesi dell'anno seguente, iniziarono i primi scioperi massicci, a partire dagli operai delle miniere, poi seguirono a ruota quelli dei tessili e poi dei lavoratori agricoli. Ma la situazione era veramente grave. I settori meccanico e delle macchine utensili ebbero cali tra il 70% e l'80% rispetto all'anno precedente. L'agricoltura ridusse quasi ad un terzo il suo fatturato. I posti di lavoro diminuivano a vista d'occhio e per chi rimaneva i salari scesero a volte oltre il 10%.
E' in questa cornice che Simenon si lanciò nella sua avventura maigrettiana. Nei suoi romanzi però non c'è traccia di questa catastrofe nazionale che pure doveva avere anche le sue amare conseguenze per tutti gli ambiti, settore dell'editoria compresa. Invece la narrazione di quel periodo riguarda quasi esclusivamente, il passaggio da letteratura- alimentare a semi-letteratura, oppure i litigi tra Fayard e Simenon, perché il primo non credeva affatto a quel personaggio poliziesco così fuori dagli schemi, mentre lo scrittore argomentava che proprio l'originalità e la portata innovativa sarebbero stati i motivi del successo.
Poi il lancio. Quella grande e balzana iniziativa del Bal Anthropometrique che, sembra, coinvolse tutta la Parigi che contava e che l'autore voleva avesse una lunga eco sulla stampa non "letteraria". Fu quindi un lancio prevalentemente mondano (proprio come lo immaginava Simenon), e sui giornali infatti se ne parlò per una settimana.
Adesso mettiamo da parte il grande fiuto dello scrittore per la promozione dei suoi libri, certo in quei momenti (visto quello che abbiamo raccontato all'inizio), immaginiamo che la stampa avesse ben altro cui rivolgere la propria attenzione. In più, se ci è permesso, Fayard, pur essendo un editore di successo e di una certa importanza nel suo campo, non era certo Gallimard... E lo stesso Simenon, che per quasi dieci anni aveva prodotto centinaia di titoli, lo aveva però fatto sempre con pseudonimi. Quindi come Georges Simenon era un illustre sconosciuto
In più va considerato che allora la comunicazione dei media si limitava a qualche quotidiano e al cosiddetto journal parlé trasmesso da un pugno di radio parigine. Ciò significa che lo spazio per l'informazione non era certo quello di cui oggi usufruiamo noi e con i ritmi cui siamo abituati a consumarlo.
Ma forse questo Simenon l'aveva intuito... o meglio aveva intuito che in quella situazione di catastrofica crisi economica, lo spazio letterario nelle pagine di un quotidiano, per un editore commerciale, un autore debuttante e un romanzo tutto sommato di genere, avrebbe potuto ambire al più ad un colonnino. Quanti l'avrebbero letto? E il giorno dopo, come si diceva, il quotidiano é buono solo per incartare il pesce al mercato. Ecco quindi che l'organizzazione di quella rumorosa gazzarra notturna, con il decoro che simulava gli elementi di una prigione e addirittura due finti poliziotti alla porta che prendevano agli invitati (che erano stati raggiunti da una sorta di "avviso di garanzia") le misure antropometriche come succede ad ogni arrestato che venga tradotto in galera. Musica jamaicana a tutto volume, alcool, balli sfrenati, a notte fonda addirittura uno spogliarello (con l'immancabile intervento della buoncostume) e la festa e i suoi schiamazzi andarono avanti fino all'alba, facendo molto rumore, e non solo in senso sonoro, mentre Simenon firmava i Maigret senza sosta...
E' chiaro che i primi a buttarsi sull'evento, furono i settimanali scandalistici, e poi i quelli femminili e così l'attenzione generale dei media sull'evento durò circa una settimana.
Ci fu ovviamente spazio di parlare di Maigret e financo di Georges Simenon che così iniziò a farsi conoscere dal grande pubblico.
Certo quello non era il momento ideale, la crisi mangiava i redditi dei francesi e acquistare un libro non era così semplice essendo un consumo al momento decisamente voluttuario. Ma d'altra parte, proprio la situazione di crisi, l'incertezza del futuro, la paura di chissà cosa potesse succedere è stata sempre una grossa molla all'evasione. Il libro, il cinema, la musica anche allora potevano costituire una parentesi in cui i pensieri non pesavano, una sorta di dimensione "altra" in cui rifugiarsi e scordarsi, sia pure per un tempo limitato, le ambasce del quotidiano.
Insomma più semplicemente sognare.
I primi romanzi di Simenon non erano fantasy e nemmeno fantascienza. Anzi avevano i piedi ben piantati nella realtà, nei problemi e nelle speranze della vita quotidiana della gente. Ma, c'é un ma. Simenon anche dai suoi primi Maigret non fa trapelare la preoccupazione per quella crisi, e soprattutto per le sue drammatiche conseguenze. La vita, nella vicende dei Maigret, magari è una vita dura, come quella dei battellieri delle chiatte, o dei camerieri che prendono servizio la mattina alle sei e non vanno mai via prima di mezzanotte, o dei pescatori che spesso escono a mare una settimana intera senza prendere un pesce. Ma era la loro una condizione normale. Nelle vicende ambientate a Parigi, o nelle cittadine di provincia, s'incontrano anche impiegati, bancari, avvocati, notai, medici, finanzieri... tutta gente che nel proprio ambito conduce una vita normale, non certo turbata da una crisi come quella del 1930.
E Simenon fa in modo che Maigret non ne parli mai, né con il suo intimo amico dottor Pardon, ne con i suoi quattro ispettori con cui condivide la vita tutti i giorni. E non viene fuori nemmeno nei discorsi coniugali tra Jeles e Louise.
Come mai?
Possiamo solo fare delle ipotesi. Come abbiamo detto lo scrittore non voleva "impregnare" i suoi romanzi di quel misto di tristezza e di paura, che i suoi lettori vivevano quotidianamente. Romanzi che certo non volevano portare il lettore in paradiso, ma gli ricordavano, in modo rassicurante, cquanto solida e tranquilla potesse essere la vita.
Accanto a questa, un'altra motivazione più personale. Simenon negli anni 30, dopo quasi dieci anni di letteratura popolare, non aveva magari ancora maturato le soddisfazioni letterarie che si era prefisso, ma da un punto di vista economico era benestante. E probabilmente in quegli anni benestante era sinonimo di ricco. Per lui che aveva espresso più volte la velleità di essere "uno come gli altri", questo essere così controcorrente, avere finalmente notorietà e successo, in un momento in cui gli altri versavano in una grave crisi, forse lo portò a glissare su questi problemi, rafforzando la sua volontà di costruire nei suoi romanzi un mondo in cui le catastrofi economiche della realtà rimanevano del tutto fuori (m.t.)
Ma forse questo Simenon l'aveva intuito... o meglio aveva intuito che in quella situazione di catastrofica crisi economica, lo spazio letterario nelle pagine di un quotidiano, per un editore commerciale, un autore debuttante e un romanzo tutto sommato di genere, avrebbe potuto ambire al più ad un colonnino. Quanti l'avrebbero letto? E il giorno dopo, come si diceva, il quotidiano é buono solo per incartare il pesce al mercato. Ecco quindi che l'organizzazione di quella rumorosa gazzarra notturna, con il decoro che simulava gli elementi di una prigione e addirittura due finti poliziotti alla porta che prendevano agli invitati (che erano stati raggiunti da una sorta di "avviso di garanzia") le misure antropometriche come succede ad ogni arrestato che venga tradotto in galera. Musica jamaicana a tutto volume, alcool, balli sfrenati, a notte fonda addirittura uno spogliarello (con l'immancabile intervento della buoncostume) e la festa e i suoi schiamazzi andarono avanti fino all'alba, facendo molto rumore, e non solo in senso sonoro, mentre Simenon firmava i Maigret senza sosta...
E' chiaro che i primi a buttarsi sull'evento, furono i settimanali scandalistici, e poi i quelli femminili e così l'attenzione generale dei media sull'evento durò circa una settimana.
Ci fu ovviamente spazio di parlare di Maigret e financo di Georges Simenon che così iniziò a farsi conoscere dal grande pubblico.
Certo quello non era il momento ideale, la crisi mangiava i redditi dei francesi e acquistare un libro non era così semplice essendo un consumo al momento decisamente voluttuario. Ma d'altra parte, proprio la situazione di crisi, l'incertezza del futuro, la paura di chissà cosa potesse succedere è stata sempre una grossa molla all'evasione. Il libro, il cinema, la musica anche allora potevano costituire una parentesi in cui i pensieri non pesavano, una sorta di dimensione "altra" in cui rifugiarsi e scordarsi, sia pure per un tempo limitato, le ambasce del quotidiano.
Insomma più semplicemente sognare.
I primi romanzi di Simenon non erano fantasy e nemmeno fantascienza. Anzi avevano i piedi ben piantati nella realtà, nei problemi e nelle speranze della vita quotidiana della gente. Ma, c'é un ma. Simenon anche dai suoi primi Maigret non fa trapelare la preoccupazione per quella crisi, e soprattutto per le sue drammatiche conseguenze. La vita, nella vicende dei Maigret, magari è una vita dura, come quella dei battellieri delle chiatte, o dei camerieri che prendono servizio la mattina alle sei e non vanno mai via prima di mezzanotte, o dei pescatori che spesso escono a mare una settimana intera senza prendere un pesce. Ma era la loro una condizione normale. Nelle vicende ambientate a Parigi, o nelle cittadine di provincia, s'incontrano anche impiegati, bancari, avvocati, notai, medici, finanzieri... tutta gente che nel proprio ambito conduce una vita normale, non certo turbata da una crisi come quella del 1930.
E Simenon fa in modo che Maigret non ne parli mai, né con il suo intimo amico dottor Pardon, ne con i suoi quattro ispettori con cui condivide la vita tutti i giorni. E non viene fuori nemmeno nei discorsi coniugali tra Jeles e Louise.
Come mai?
Possiamo solo fare delle ipotesi. Come abbiamo detto lo scrittore non voleva "impregnare" i suoi romanzi di quel misto di tristezza e di paura, che i suoi lettori vivevano quotidianamente. Romanzi che certo non volevano portare il lettore in paradiso, ma gli ricordavano, in modo rassicurante, cquanto solida e tranquilla potesse essere la vita.
Accanto a questa, un'altra motivazione più personale. Simenon negli anni 30, dopo quasi dieci anni di letteratura popolare, non aveva magari ancora maturato le soddisfazioni letterarie che si era prefisso, ma da un punto di vista economico era benestante. E probabilmente in quegli anni benestante era sinonimo di ricco. Per lui che aveva espresso più volte la velleità di essere "uno come gli altri", questo essere così controcorrente, avere finalmente notorietà e successo, in un momento in cui gli altri versavano in una grave crisi, forse lo portò a glissare su questi problemi, rafforzando la sua volontà di costruire nei suoi romanzi un mondo in cui le catastrofi economiche della realtà rimanevano del tutto fuori (m.t.)
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