domenica 3 agosto 2014

SIMENON SIMENON. AGOSTO INIZIA ANCORA DA AVRENOS

Siamo nel pieno delle vacanze. Forse non della villeggiatura, intesa come qualche anno fa': una ventina di giorni o un mese lontano da casa all'estero o in Italia. Ma comunque la gente, per lo meno quella che ancora lavora, ha preso o sta per prendere le ferie (da qualche anno le aziende sono molto prodighe in fatto di ferie). Ma diciamo che i villeggianti in viaggio o quelli a spasso per i parchi cittadini, si sono attrazzati per le letture estive. E quelli appassionati di Simenon quest'estate hanno dovuto forzatamente rivolgersi al romanzo I Clienti di Avrenos, non essendo uscito un nuovo Maigret per l'estate.
Nelle classifiche infatti il titolo simenoniano ha tenuto e in qualche caso ha avuto qualche cedimento. Iniziamo da quella curata da Nielsen Bookscan per l'inserto TuttiLibri de La Stampa di ieri, in cui il romanzo occupa la 7a posizione nella "Narrativa straniera". Oggi invece la rilevazione della Gfk sul supplemento La Lettura del Corriere della Sera, scivola nella 14a posizione del settore narrativa straniera (per RCult di Repubblica pausa estiva per la pubblicazione delle classifiche).
Per i libri venduti via internet, troviamo che su Internet Book Shop, I clienti di Avrenos occupa l'11° posto nella sua Top 100, su Feltrinelli.it invece si è sistemato al 10° posto sui 100 titoli più venduti, sulla Rizzoli.it  occupa la 7a piazza della Top Ten e tiene la 25a posizione della Top 30 di Hoepli.it.
Tra gli ebook troviamo in classifica ancora Le luci nella notte alla 10a piazza e I Clienti d'Avrenos alla 96a di Internet Book Shop. Nella classifica digitale della Feltrinelli invece I Clienti di Avrenos occupa il 64° posto. Su inMondadori ancora l'ebook Luci nella notte arriva a piazzarsi al 3° posto.

sabato 2 agosto 2014

SIMENON SIMENON. 60 ANNI SENZA COLETTE, MAESTRA DI... GEORGES SIM

Se quest'anno ricorrono i 25 anni dalla scomparsa di Simenon, non possiamo tacere che domani saranno invece 60 che non c'è più Colette. L'omaggio è doveroso per quello che ha rappresentato nella letteratura, nella cultura in genere e per l'emancipazione femminile, in Francia e non solo.
Sappiamo bene che, morta a poco più di 80 anni, visse a cavallo tra l'800 e il '900, con la propria esuberanza, la propria tendenza a trasgredire, declinando la propria vena artistica in molteplici settori. Fu scrittrice, giornalista, sceneggiatrice, ma anche attrice, star del music-hall. Attraversò quegli anni lasciandosi dietro una scia di scandali, recitò nuda, ebbe storie di sesso e d'amore con uomini e donne, rilasciò dichiarazioni sul lesbismo per allora molto forti. Ma l'eredità letteraria di Colette è ricca e di spessore, si tratta di un'ottantina di opere che hanno goduto di grande considerazione e che la portarono alla Presidenzia dell'Académie Goncourt, a diventare membro del National Institute of Art and Letters di New York e ad essere insignita della Legion d'Onore.
Abbiamo più volte raccontato l'incontro tra Simenon e Colette. Era il 1922, lei responsabile della pagina culturale del quotidiano Le Matin e del racconto che veniva pubblicato ogni giorno. Simenon non ha ancora vent'anni ed è appena arrivato a Parigi con il sogno di diventare scrittore e in pubblicare un racconto sul giornale con quella donna che per lui era un mito. Per tutti lui è ancora Georges Sim. Lei poteva essere sua madre e materni possiamo definire i consigli che dava al giovane Georges (mon petit Sim) dopo aver rifiutato il suo racconto. "Meno letteratura, meno letteratura..." raccomandava lei e lui si sforzava di assecondarla e si dava da fare ad asciugare, a semplificare, a ridurre all'essenziale la sua scrittura, una caratteristica che gli sarebbe rimasta nel sangue. Una prosa scarna senza essere povera, un'uso delle parole semplici e concrete (quelle che poi il romanziere avrebbe definito come "mots-matiére), una parsimonia di aggettivi che non gli impediva di creare ambienti e atmosfere diventati celebri. Tutto merito di Colette e dei suoi consigli? In buona parte sì, infatti i suoi pareri li ritroviamo alla base della scrittura simenoniana. Crediamo che anche di questo dobbiamo essere grati a Colette e ci piace ricordarlo alla vigilia del 60° anniversario della sua scomparsa.   

Per chi voglia leggere i post di Simenon-Simenon dedicati a Colette
Colette a Simenon. Poca o tanta letteratura
Simenon: l'incontro con Colette
Se Maigret incontra Colette
Simenon. "La petite idole", l'inizio con Colette
Simenon, scuola di scrittura da Colette ai romanzi popolari

venerdì 1 agosto 2014

SIMENON SIMENON. UN COLPO DA TRE MILIONI DI EURO AL 36 QUAI DES ORFEVRES... E MAIGRET?

Nemmeno Maigret nella finzione letteraria era arrivato ad indagare su un colpo colossale come quello efettuato nei giorni scorsi alla quasi ex-sede della Polizia Giudiziaria parigina, il celebrerrimo 36 Quai des Orfévres.
Si tratta di droga. Per la precisione 51 chiogrammi di cocaina che si sono volatilizzati nei caveau blindati della storica sede della polizia, non ancora del tutto trasferita nella nuova sede di Batignolles (il trasloco definitivo sarà completato nel 2017),.
Insomma un giallo non da poco. Complicità all'interno? Speranza che nel caos del trasloco l'ammanco fosse scoperto il più tardi possibile? Certamente non si tratta di ladri improvvisati, ma forse nemmeno di professionisti. Bastava qualcuno che conoscesse bene abitudini, organizzazione e sistemi di sicurezza del Quai. E infatti, non a caso, sono arrivati i cosiddetti "affari interni", cioè, per quei pochi che non lo sapessero, i poliziotti più odiati, cioé quelli che indagano sui propri colleghi. In Francia li chiamano boeuf-carottes, che "cucinano" a lungo i poliziotti sospetti. Sono arrivati in forze e con i cani anti-droga.  La cocaina proveniva da un sequestro effettuato i primi di luglio ad un'organizzazione senegalese che opera a nord di Parigi.
Maigret non ha mai indagato un collega, però è stato lui stesso accusato in Maigret sotto inchiesta (Maigret se défend - 1964 - Epalinges), addirittura per molestie sessuali, quindi sottoposto a sorveglianza, in più si sente richiedere persino le dimissioni.
Ma cosa avrebbe fatto Maigret alle prese con un furto del genere? Se l'idea del colossale colpo fosse nata all'interno di Quai des Orfèvres con qualche complice esterno? O se al contrario fossero dei civili che si fossero serviti di una talpa interna? Il nostro commissario per la prima volta non avrebbe avuto nessun bisogno di tempo per conoscere l'ambiente, per impregnarsi di quell'atmosfera. Era un posto e della gente che conosceva benissimo, da anni e anni, come le sue tasche. Anche lì però avrebbe dovuto affidarsi al suo fiuto. Il colpevole poteva essere chiunque... cinque milioni di euro possono cambiare la vita... e le intenzioni di ognuno... non si può mai sapere, anche i più fidati... Oppure... magari alla fine avrebbe scoperto che era solo un regolamento di conti tra due commissari che non si erano mai sopportati, o... tra due fazioni che cercavano di arraffare qualcosa sottrendola una all'altra. L'analisi psicologica l'avrebbe aiutato molto, in un posto di bocche davvero cucite, di complicità segretissime e di doppi giochi. Non sarebbe stata l'inchiesta preferita del commissario... non sarebbe potuto uscire, non avrebbe potuto fermarsi ai vari bistrot e brasserie... tutt'al più sarebbe potuto scendere da Dauphine... ma poi non poteva non rinchiudersi nel Quai, passeggiare nei corridoi, scrutare negli occhi chiunque incontrava dagli agenti agli ispettori, dagli informatori agli specialisti della scientifica. Aprire porte e fingere di aver sbagliato stanza. Chiacchierare con l'aria di non voler sapere nulla con qualcuno che gli aveva destato qualche sospetto. Pipa in bocca, sbuffando, entrando e uscendo dal suo ufficio, dando un'occhiata a chi aspettava nell'acquario (la grande stanza d'attesa tutta vetrata del commissariato) e sedendosi di tanto in tanto alla sua scrivania, dando un'occhiata alla Senna lì sotto, con le chiatte che magari nascondevano quei cinquanta chilogrammi di roba, e una alla stufa a carbone che bruciava... già fosse stata una faida, un tentativo di far cadere la colpa su qualcuno, la cocaina poteva anche essere stata bruciata... tre milioni di euro in fumo...Ma poi avrebbe guardato le volute del fumo della sua pipa, sempre carica e sempre sotto pressione, e si sarebbe rialzato per ricomnciare il suo giro finché non fosse venuto a capo di qualcosa. Perché Maigret non era intelligente, ma testardo sì, non mollava mai, nemmeno quando tutto gli andava contro. Era questa la sua forza e di sicuro l'avrebbe usata anche nel caso di questo colpo milionario.

giovedì 31 luglio 2014

SIMENON SIMENON. LA STRANA STORIA DEL SESSO... POPOLARE

Quando Simenon iniziò a scrivere sui giornali racconti e romanzi brevi a puntate, arrivavano dagli editori le richieste più diverse. Storie di avventura, vicende poliziesche, racconti di viaggio, romanzi d'amore, ma anche dei veri e propri racconti piccanti. Non proprio roba pornografica, ma storie che stavano a cavallo tra la pruderie e l'erotico. Come al solito allora Simenon non si faceva problemi su quello che gli chiedevano di scrivere. Si buttava su ogni genere con l'irruenza giovanile che gli era tipica, affrontava ogni argomento, inventava e si inerpicava anche nella narrativa più scabrosa senza battere ciglio. E non faceva distinzione su chi fosse il committente. In quei primi anni a Parigi, doveva , scrivere, scrivere, scrivere... intanto perchè lo pagavano un tanto a riga e lui aveva bisogno di soldi, dovendo mantenere sé e la moglie Tigy. Poi non dobbiamo scordare che a quell'epoca usava degli pseudonimi. Addirittura da un'ultima stima, sembra che fossero quasi una trentina. Se vogliamo quindi, il pubblico non conosceva Georges Simenon, ma Jean du Perry, Cristhian Brulls, Jean D'Orsage... E soprattutto per questi scritti che apparivano su testate come Mon Flirt, Paris, Plasir, Frou Frou... utilizzava pseudomini ancora più fantasiosi e particolari come La Déshabilleuse, Miquette, Poume et Zette, Bobette... nomi decisamente vezzosi con cui firmava i racconti più scollacciati e sensuali. Insomma della vera letteratura semi-erotica ad uso e consumo dei lettori di bocca buona. Ma per Simenon era tutta esperienza e non andava tanto per il sottile. Scrisse diversi racconti anche per un settimanale, Le Merle Rose, che era dedicato alle lesbiche. Già perché alla fine degli anni '20 si facevano anche di questi esperimenti, a testimonianza dell'atmosfera aperta e tollerante che si respirava a Parigi in quegli anni. Qualche titolo di questi scritti ne rivela chiaramente il tono tutt'altro che castigato: La femme au divan, Tom Gut aux Folies-Amoureuses, Dames à passions, Voluptueuses étreintes, Les dames à prix fixe...
Simenon d'altronde scriveva ne Le romancier (1945) "...non mi vantavo certo delle opere che scrivevo con tutti quegli pseudonimi differenti. Ne avevo bisogno... anche per mantenere la testa alta, ripetendomi che Balzac e altri avevano debuttato proprio così...".

mercoledì 30 luglio 2014

SIMENON SIMENON. IL SEGRETO DELLA DELLA STANZA CHIUSA

E' un classico dei gialli il mistero della stanza ermeticamente chiusa dall'interno, porte e finestre sbarrate da dentro. Eppure alll'interno c'è un morto. Un morto indiscutibilmente ammazzato da qualcuno. E l'investigatore di turno si arrovella il cervello...
Ma la stanza chiusa di cui vogliamo parlare oggi è quella del Simenon che la mattina si alzava presto e si chiudeva in una camera in cui non aveva accesso nessuno, per lo meno nelle ore che dedicava alla seduta di scrittura. In famiglia lo sapevano tutti che quella porta era inviolabile, ma ad ogni buon conto Simenon non di rado metteva fuori, appeso alla maniglia, uno di quei cartelli che si vedono negli alberghi "do not disturb".
Questo isolamento favoriva evidentemente il suo ètat de roman che non era estraneo ad una concentrazione molto intensa. Ed essere disturbato avrebbe significato tirarlo fuori da quel personaggio nella cui pelle era entrato.
Simenon era un intuitivo, come d'altronde diceva del suo commissario Maigret. Sentiva dei suoni, percepiva delle atmosfere o intravedeva dei colori e qualcosa scattava in lui. E' il mistero della creazione, che per ogni scrittore è un processo diverso.
In quella stanza chiusa succedeva qualcosa di poco comune. Capitolo dopo capitolo veniva fuori un romanzo che aveva il pregio di raccontare storie della gente comune, ma di porre problemi esistenziali e psicologici universali. E, lo sappiamo bene, tutto questo non era frutto di meditazioni e riflessioni. Simenon scriveva così velocemente che non avrebbe avuto il tempo di pensare. Un capitolo al giorno per otto, nove anche dieci giorni nei tempi migliori. Un ritmo che non poteva che lasciar spazio che alla scrittura. E il romanziere non si chiudeva in quella stanza già con un'idea precisa della vicenda da narrare.
Diremmo che inventava scrivendo. O forse meglio, potremmo dire che per lui scrivere era un modo di pensare... di pensare alla storia che doveva raccontare, ai personaggi che la popolavano, ai luoghi in cui si svolgeva... Scrivere era pensare... Simenon, l'uomo che pensava scrivendo. Su questo argomento é stato interpellato più volte e sempre ripeteva la stessa storia. Sappiamo quanto Simenon fosse bravo a curare la propria immagine, ma questo, che potremmo chiamare il nocciolo duro della sua personalità, non era finzione... non era immagine. Era semmai frutto della sua impellenza di scrivere, forse proprio perché questo favoriva la possibilità di riflettere. Da piccolo divorava libri su libri presi inprestito dalla biblioteca di Liegi, dove aveva a disposizione una tessera a suo nome, una a nome del padre e una del fratello. Così poteva prendere libri a sufficienza. E Joseph Vrindts, il bibliotecario, non credeva che leggesse tutti quei libri in così poco tempo, Ma quando il piccolo Georges si mise a raccontargli le vicende lette, dovette ricredersi. E anche quando scriveva letteratura popolare su ordinazione Simenon arrivava a scrivere fino a 80 pagine in un giorno. Una pratica che durò una decina di anni e che sicuramente contribuì all'abitudine di scrivere con un rimo molto serrato. A quel tempo però non si poneva il problema della qualità dei suoi scritti. Ma gradatamente, quando poi passò ai Maigret e quindi ai romans-durs la qualità aumentava il suo peso. Ma in quella stanza chiusa il ticchettìo della macchina da scrivere era sempre veloce, anche quando lettera dopo lettera, parola dopo parola, pagina dopo pagina, capitolo dopo capitolo in una settimana o poco più uscivano dei capolavori. Ma cosa succedeva in quella stanza chiusa?   

martedì 29 luglio 2014

SIMENON SIMENON. DA AVRENOS TROVIAMO CLIENTI PER TUTTO IL MESE DI LUGLIO

Siamo alla penultima settimana di luglio, praticamente un mese di classifica per il romanzo di Simenon. Regge quindi Il clienti d'Avrenos, il vero Simenon di questa estate 2014, visto che dei Maigret non è stato pubblicato nulla. E così nel sondaggio di Nielsen Bookscan realizzato sabato scorso per TuttoLibri de La Stampa il titolo è uscito dalla Top Ten, ma tiene il 7° posto nella sezione "Narrativa Straniera". Invece su RCult de La Repubblica di domenica, la Eurisko attribuisce al romanzo la 8a posizione in salita rispetto alla settimana precedente nella letteratura straniera. Il supplemento La Lettura del Corriere della Sera, riporta anche la consueta "La Pagella", Antonio d'Orrico che assegna al romanzo di Simenon un 10 tondo tondo. "Il goffo dragomanno innamorato a Istanbul" così titola il suo pezzo che conclude scrivendo "...Mettete la magaria di Istanbul, mettete la malia di Nouchi, mettete la magia di Simenon e avrete questo capolavoro di corrosiva grandezza." e nella narrativa straniera Il clienti d'Avrenos, secondo Eurisko, tiene la 10a posizione.
Per quanto riguarda i libri venduti on-line, il romanzo simenoniano tiene la 13a posizione nella Top 100 di Internet Book Shop, mentre sulla piattaforma web di Feltrinelli.it si posiziona al 10 posto dei 100 più venduti nella settimana. Nella classifica di Rizzoli.it dei dieci libri più venduti in questa settimana Il clienti d'Avrenos lo troviamo al 7° posto.
Nelle classifiche dei libri digitali il romanzo di Simenon occupa, nella Top Ebook 100 della Feltrinelli.it, il 64° posto.
Registriamo quindi una tenuta nella vendita in libreria ed un aumento della vendita su internet. 

lunedì 28 luglio 2014

"SIMENON - SOUVENIR" - ... MA SCRIVEVA DEI ROMANZI... JAZZ?

Simenon non amava il jazz. Questo almeno si dice, e sembra anzi che avesse un atteggiamento critico nei suoi confronti. Però, se andiamo ad analizzare a fondo la sua opera, vediamo che questa musica di origine nero-americana, poi contaminata da innumerevoli generi, ibridata da culture diverse, diversificata dall'evoluzione degli strumenti ed evolutasi nel corso di varie epoche, si basa su presupposti che, a nostro avviso, sono analoghi a quelli dell'opera simenoniana.
Va detto, prima di iniziare questa analisi, che è anche vero che, all'epoca del tumultuoso amore con Josephine Baker, quando bazzicava le caves parigine dove il jazz era di casa, lo scrittore affermava "...quello che c'è di formidabile nella musica jazz è che esclude categoricamente la nozione di centralità tipica di ogni altro genere a cominciare dal rock e dalla musica di varietà...".
Forse è proprio questo il punto. Una musica che ha come tre elementi fondanti, la parità tra gli strumenti che suonano insieme, lo svincolarsi da forme tonali dominanti e l'utilizzo non ortodosso degli strumenti musicali, secondo noi, ha molto a che fare con il metodo e la pratica della scrittura simenoniana.
Improvvisazione. Nel jazz significa che ad un certo momento uno strumento, un qualsiasi strumento, diventa solista e inizia una performance che partendo da un tema o un giro armonico comincia a creare una melodia che ha dei punti di contatto con la sua origine, ma che si sviluppa libera, appunto improvvisata, e lo stesso musicista non sa cosa suonerà di lì a qualche secondo o qualche minuto. Certo sarà qualcosa che ha in qualche angolo della mente, ma combina vari elementi in modo originale e costruisce l'assolo in quel preciso momento.
Il parallelo è con il modo in cui Simenon componeva i suoi romanzi. Parte da qualche nome, dei dati scarni, delle ispirazioni di riferimento, ma poi inizia a scrivere guidato dal suo état de roman e nemmeno lui sa quali strade la storia prenderà e come si concluderà la vicenda. Possiamo dire che anche Simenon improvvisava durante la stesura dei suoi romanzi? In un certo senso, sì. Anche lui ricorreva a ricordi, personaggi e luoghi di cui aveva avuto esperienza, poi però venivano coniugati in un modo che neppure lui avrebbe saputo prevedere.
Parlavamo prima della parità degli strumenti. Nella musica classica ad esempio gli strumenti percussivi sono quasi generalmente degli accompagnatori saltuari. La batteria nel jazz è uno strumento alla pari del pianoforte, del contrabbasso o del sassofono. Anche nei romanzi di Simenon, non troviamo personaggi positivi o negativi, buoni o cattivi. Ognuno ha le sue zone di ombra e quelle di luce. Questo mette agli occhi di Simenon (e spesso a quelli di Maigret) tutti sullo stesso piano, senza giudizi di valore e senza distinzioni, se non quelle contingenti che la storia affida al protagonista o alle figure di secondo piano. Ma dietro ad ognuna di esse si avverte una pari dignità, ricca o povera, nobile o msrabile che sia.
Infine si parlava dell'utilizzo poco rispettoso dei canoni classici nel modo di suonare gli strumenti. Una rivoluzione che anche Simenon mette in atto con le sue mot matiére, parole concrete, niente di superfluo, usa termini che indicano cose tangibili e facilmente identificabili. Aggiungendo ciò al suo periodare breve e a volte addirittura sincopato, ritroviamo uno strumento linguistico abbastanza diverso dai precedenti da poter essere identificato come innovativo se non addirittura rivoluzionario. Una trattazione alta, e spesso psicologicamente profonda, ma espressa semplicemente e sinteticamente (sarà per questo che piace a tutti, letterati e lettori qualunque?). Certo su queste analogie si potrebbe aprire un dibattito (e perché no?), ma certo non in questo post.
Ci piace finire con un accenno all'atmosfera di certi suoi romanzi, quelli che virano al noir e che creano un'atmosfera che potrebbe includere tranquillamente un commento sonoro jazz. Basti pensare a un paio di titoli come esempio, vedi Luci nella notte  o Tre camere a Manhattan (da cui per altro è stato tratto un film, la cui colonna sonora è stata affidata ad un famoso musicista jazz, Mal Waldron).
"... D'altronde - come ha scritto Michel Carly ne La vie d'abord, 2003  - Simenon è nato all'epoca dei primi collegamenti telefonici, accanto alle automobili di tutti i colori, di fianco ad un hotel dove vanno le coppie illeggittime, che fanno l'amore ascoltando il jazz...".

domenica 27 luglio 2014

"SIMENON SOUVENIR - NON PIU' ROMANZIERE... L'ALTRA VERSIONE DE "LA FIN"...


Siamo alle solite. L'universo simenoniano è talmente vasto e variegato che non si finisce mai di scoprire nuovi fatti e nuove versioni. Qui parliamo di un momento fondamentale, nel 1972, quando Simenon decise di smettere di scrivere. C'è la storia che tutti, lui compreso, raccontano. Quella del romanzo nemmeno iniziato, quel Victor, di cui ci sarebbero solo alcuni appunti su una delle solite buste gialle. Ma quello che sarebbe mancato, secondo la versione accreditata anche da Simenon, era l'état de roman... quella trance creativa che, a detta dello scrittore, era l'indispensabile stato per scrivere le sue opere. Quel 20 settembre non c'era verso che quel état arrivasse e dopo qualche ora, c'erano solo quegli scarabocchi e quel probabile titolo. Era il sgnale della fine.
Le cose sono andate davvero così? O perlomeno questa causa-effetto (mancanza di "ètat de roman" e fine della carriera di romanziere) é spiegabile così semplicemente?
C'è una intervista concessa nel '73 ad un giornalista svizzero, Henry-Charles Tauxe, che scriveva per 24 heures - Feuille d'avis de Losanne in cui le cose sono raccontate in modo diverso.
"....da novembre del '71 soffrivo molto frequentemente di vertigini. Era molto spiacevole e volevo sapere se fossero curabili e si potesse guarirne. Perciò mi ricoverai in una clinica. Sono riusciti a diminuire questo mio fastidio, lo hanno ridotto a cinque minuti, mentre prima durava circa un'ora. Solo che, per scrivere i miei romanzi, occorreva che io fossi al cento per cento in piena forma. Soprattutto con il passare del tempo, i romanzi diventavano sempre più difficili da redigere. Fu allora che presi la decisione di smettere...".
Quindi le sue non buone condizioni fisiche furono il motivo vero dell'abboandono della scrittura? Va ricordato che in altri contesti Simenon aveva lamentato che scrivere in quell'ètat de roman era sempre più faticoso, e che lo stress di mettersi completamente nella mente di un suo protagonista diventava sempre meno sopportabile. Quell'entrare nella testa di un'altro e di uscirne era un'operazione sempre più gravosa. E per dimostrarlo citava la lunghezza dei suoi romanzi: all'inizio erano composti da dodici capitoli, ma alla fine non arrivavano che a sette (ricordiamo che lui di media scriveva un capitolo al giorno).
Mancanza di ètat de roman e problemi fisici forse erano complementari. Magari costituivano due facce di una situazione che lo vedeva impegnato da oltre quarantina d'anni. E, arrivato alla soglia dei settant'anni, Simenon era probabilmente logorato e non solo dal suo sforzo creativo, ma anche da una vita in cui non si era mai risparmiato su nessun fronte.
"... io vivo nella pelle dei miei personaggi. Almeno ogni due mesi, c'erano dei personaggi che volevano nascere... Ora, all'improvviso, voglio vivere la mia vita per me, mi sento liberato, mi sento felice, una serenità completa - continuava a spiegare Simenon a Tauxe - Ero divenuto schiavo dei miei personaggi. Era molto faticoso. Ora non gli permetto d'impormi la loro presenza. Li tengo a distanza... sono rintrato nella mia pelle, nella mia personale vita e non ho più la forza di creare dei personaggi...".
Quello che emerge sempre più chiaramente è la presenza di varie concause, il logoramento, l'età, la salute... Ma, quello che non smette di stupire, é come sia possibile che un personaggio il quale dello scrivere aveva fatto per oltre cinquant'anni la sua ragione di vita, potesse smettere così all'improvviso, ma soprattutto senza evidenti rimpianti.
E sono ancora le sue parole in quell'intervista che non lasciano spazio ad altre interpretazioni.
"...E' un lato del mio carattere: quando io tronco con qualcuno o con qualcosa, non torno mai indietro, non ci penso più. E' chiuso...Quando ripenso ai romanzi questo non mi dice più nulla: è come se tutto questo fosse stato scritto da qualcun'altro. Ho consacrato tutta la mia mia vita ai romanzi, ne ho scritti 214, adesso provo il bisogno di tirare un respiro - e tanto per essere più chiaro - ... Se avessi continuato, mi sarei ucciso nel giro di due o tre anni...".

sabato 26 luglio 2014

"SIMENON SOUVENIR" - MA COS'E' CHE "REGGE SU" IL COMMISSARIO MAIGRET PER TANTO TEMPO?

L'illustrazione di un Maigret del celebre Ferenc Pinter
Non è la prima volta che ci poniamo la domanda. Questa volta a farcela tornare in mente è stato il commento ad un post nella pagina di Simenon-Simenon che si trova su Facebook: Simenon, Pietr e Charles il primo e l'ultimo cliente di Maigret. E Giulio Masera, commentava "Quarant'anni di Maigret! Quale altro personaggio letterario poliziesco è durato così a lungo? E quale scrittore ha tenuto per tanto tempo in vita un suo investigatore? Mi piacerebbe se qualcuno mi dicesse se esistono e eventualmente chi sono".
Già... ci sono? Beh in fatto di autori importanti il pensiero corre subito ad Agatha Christie che può vantare all'attivo una novantina di gialli, ma quanto a personaggi ha inventato Poirot, Miss Marple, la coppia Tommy e Tuppence, l'investigatore Parker Pyne... Insomma il titolo di regina del giallo non é certo usurpato, nè si possono dare giudizi sulla quantità, che anche qui certo non manca visto che i suddetti racconti sono sta scritti tra il 1920 e il 1976 (anno della morte della scrittrice)... ben 56 anni!
Certo fuori dal cerchio giallo, tranne un'autobiografia, alcuni saggi e qualche altro titolo, la britannica Agatha non si è mai avventurata. Anche lei saccheggiata dal cinema (tra serie tv, versioni per il cinema e riduzioni teatrali siamo oltre al centinaio) La scrittrice nata nel 1890 e deceduta nel 1976 è quindi pressochè contemporanea di Simenon, ma la tipica ambientazione inglese dei primi del secolo, una certa aria dei bei tempi andati, fà dei suoi gialli un tipo di leteratura che risente molto dell'atmosfera del suo tempo. Come popolarità potremo citare anche Sherlock Holmes, ma sappiamo che i romanzi  del cosiddetto canone comprende 4 romanzi, 59 racconti e 3 commedie. Qui il cinema si é sbizzarrito, oltre 50 le edizioni per il grande schermo tratte dal canone, ma con moltissimi remake, oltre a svariate serie televisive prodotte non solo in Inghilterra. Per restare tra i padri fondatori, prolifici, del giallo possiamo citare anche l'americano Rex Stout vanta una settantina di titoli. Lo ripetiamo non vogliamo fare una classifica di chi ha scritto di più, lasceremmo fuori scrittori fondamentali nella storia del giallo come Dashiell Hammet e Raymond Chandler, tanto per fare due nomi, che hanno scritto ognuno 8/9 romanzi e poco più di 30 racconti. Eppure sono i padri riconsociuti dell'hard-boiled, il tipo di giallo moderno, che ancora oggi fà sentire la sua influenza.
Quindi se abbiamo parlato di quantità e di durata, lo dobbiamo alla domanda posta dal signor Masera. Quello che potremmo aggiungere, come diciamo spesso, è che tra gli scrittori che abbiamo citato, ce n'è uno solo che ancora oggi viene rieditato in vari paesi del mondo e in alcuni, come il nostro, ad ogni uscita entra regolarmente nella classifica dei più venduti e se la batte con i best-sellers degli autori d'oggi,  magari con romanzi scritti sessanta o settanta anni fa'... E si chiama Georges Simenon.
Quello che regge ancora su Maigret è quindi la sua attualità, i temi trattati, la scrittura, la struttura dei romanzi che, non a caso, costituiscono un unicum nel panorama della letteratura cosiddetta gialla. Quindi quello che "tiene su" Maigret è la sua scrittura semplice e diretta, che tratta temi che toccano l'uomo qualunque, vicende profonde o di poco conto, ma che possono capitare a qualsiasi di noi. E questo trattando argomenti di vita quotidiana e raccontando  storie in cui l'investigatore non é un superuomo, ma un semplice funzionario dello Stato, che si proccupa più di capire  che di giudicare i colpevoli con cui si imbatte in ogni sua indagine.

venerdì 25 luglio 2014

"SIMENON SOUVENIR" - MAIGRET E LE SUE TRASGRESSIONI

Ferenc Pintèr - Illustrazione per "La ballerina del Gai Moulin"
Certo ad un lettura superficiale potrebbe sembrare che Simenon, quando creò la figura del commissario, abbia voluto costruire un uomo normale, pacioso, un bravo marito (non un bravo padre, in assenza di prole). Uno che sa stare al posto suo, che ha delle indubbie qualità, ma non uno in carriera. Come ha più volte tenuto a precisare Simenon "Maigret non è intelligente, è intuitivo". Sì, non sarà intelligente, ma nemmeno stupido come dimostra ad esempio nei rapporti con il suo coriaceo superiore, il giudice Comelieu, con cui di volta in volta è bravo a dargliela vinta, a mentirgli, a imporgli la propria teoria. Certo non è un politico, anzi i politici non li sopporta (questo sentimento deve avere radici lontane e dev'essere duro a morire...), tant'è vero, che quando gli viene offerto il posto di Direttore della Polizia Giudiziaria, lui lo rifiuta categoricamente, anche perchè quello è un incarico politco che lo porterebbe a trattare con i politici.
Insomma un uomo integerrimo... sembrerebbe. Va bene, lo sappiamo tutti, beve un po' troppo, ma una volta il freddo, una volta il caldo, ci vuole o un calvados o una birra bella fresca... e poi lo stress del suo lavoro... ogni tanto c'è bisogno di un pausa, necessità di allentare la tensione. E poi Maigret regge benissimo l'acol, non lo vediamo mai ubriaco.
Certo fuma parecchio, dalla sera alla mattina e, durante i suoi famosi interrogatori che vanno avanti tutta la notte, anche dal tramonto all'alba. Oggi sarebbe stigmatizzato dai salutisti e dai vari comitati antifumatori... addirittura fumare in camera da letto... la mattina appena svegliato!...
E poi ci sono le donne. Ma qui si richede una lettura un po' più analitica. In nessuna delle sue oltre cento inchieste Maigret tradisce la moglie andando a letto con un'altra donna. Ma questo non vuol dire che a volte il suo cuore non si intenerisca in modo particolare per qualche sospettata e non può far a meno di trattarla meglio di come dovrebbe. Altre volte si trova in situazioni che risvegliano i suoi appetiti sessuali, con donne conturbanti e disponibili. E in quei casi si cammina sul filo del rasoio per un po' o per parecchio. Ma poi qualcosa succede sempre e le distanze si ristabiliscono. Chissà perchè Simenon non l'ha mai fatto cacciare in una storia con una donna? Forse perchè all'inizio voleva delineare un investigatore del tutto diverso da quelli che furoreggiavano allora, soprattutto in Francia, che, oltre ad essere bravi e spericolati, erano quasi sempre dei tombeur des femmes. Con il proseguire della serie, però, non fà mancare le occasioni al commissario. E con un gusto quasi divertito porta il lettore, e il suo Maigret, fino all'orlo dell'abisso e poi arriva l'inevitabile dietrofront.
Qualcuno direbbe che è poco realistico (elemento che stava molto a cuore a Simenon) che con il proprio lavoro, la frequentazione di ambienti molto diversi tra loro, tutte le donne che aveva occasione di conoscere... beh...che non ci sia stata una volta che abbia ceduto alla tentazione! Ma forse quelle situazioni ambigue e border-line per il commissario erano già delle trasgressioni?
E poi trasgressioni sul lavoro. Non solo perchè alcune volte faceva come voleva, infischandosene delle direttive del giudice Comelieu, ma anche perché, lì dove era possibile e quando lo riteneva giusto, Maigret ci metteva una mano, e talvolta non solo quella, affinché la legge non avesse la meglio sulla giustizia. E quindi, venendo meno al suo dovere, che era quello di indagare e non di decidere che fine dovessero fare i colpevoli, un colpettino qua, uno là e il destino di quell'individuo subiva una svolta. Ecco il suo soprannome di aggiustatore dei destini... umanamente comprensibile, ma dall'ottica di un alto funzionario della polizia giudiziaria, non era certo il massimo.
Certo niente a che vedere con i duri e puri dell'hard-boiled americano, da Sam Spade a Philip Marlowe, o dai noir popolati da dark-lady e da intrighi sessuali.
Qui al confronto siamo nel regno della castità.... forse a compensare le trasgressioni (almeno quelle sessuali) dell'autore.

giovedì 24 luglio 2014

"SIMENON SOUVENIR" - IL MAIGRET DI CERVI E LE RECENSIONI DEL CORRIERE DELLA SERA


1964. Quell'anno in Italia il quotidiano più autorevole e quello più diffuso coincidono. Si tratta del Corriere della Sera che allora vanta, sotto la direzione di Alfio Russo, una vendita media giornaliera che si avvicina alle 430.000 copie.
Un giornale così importante non può sottovalutare il fenomeno televisivo che in dopo una decina d'anni è uscito dalla fase di rodaggio ed é una realtà tecnologica consolidata, che ha cambiato molte cose nei campi dell'informazione, della comunicazione, dello spettacolo, della cultura, della musica, dello sport e dell'intrattenimento. Insomma una vera e propria rivoluzione che coinvolgeva tutti gli italiani.
Tra le novità che proponeva la Rai di allora c'erano gli addattamenti, cioè degli sceneggiati tratti da romanzi di famosi scrittori e, appunto, adattati per la televisione. Tra i più riusciti e di maggior successo ci fu il Maigret di Simenon,
adattato da Diego Fabbri e Romildo Craveri, diretto da Mario Landi e interpretato da Gino Cervi nella parte di Maigret.
Un successo di pubblico sicuramente inaspettato visto che alcune puntate delle quattro serie, che durarono fino al '72, totalizzarono oltre 18 milioni di spettatori, in un periodo in cui l'apparecchio televisivo non era ancora in tutte le case.
Il primo episodio della prima serie, Un ombra su Maigret, andò in onda domenica 27 dicembre del 1964.
 Il lunedì successivo, il Corriere della Sera usciva con un commento in cui tra l'altro diceva "...a giudicare dalla prima parte dell'episodio, "Un ombra su Maigret", ci sembra che Gino Cervi abbia identificato soddisfacentemente, sia sul piano fisico che su quello psicologico, il personaggio del commissario Maigret...".
Insomma si conferma l'ottima partenza. Venerdì poi la seconda parte e domenica la terza ed ultima puntata.
Nel commento del lunedì siamo quasi all'apoteosi "... pensiamo che il miglior elogio all'attore lo possano far i lettori di Simenon, riconoscendo che il suo Maigret combacia quasi perfettamente con l'immagine uscita dalle pagine dei libri: la stessa ruvidezza e ostinazione, la stessa intelligenza protetta contro ogni astrazione e aperta invece a tutto quanto viene dalla vita...". Insomma il Corriere è decisamente dalla parte di Cervi. E, nel febbraio del '65, alla fine della prima serie di sceneggiati (Un ombra su Maigret - L'affare Picpus - Un natale di
Maigret - Una vita in gioco) il giudizio finale è più che buono. "... le inchieste hanno raggiunto un livello di esecuzione senza dubbio più alto di ogni altra trasmissione gialla italiana o straniera messa in onda fin'ora.... una trasmissione  riuscita, dunque, che ha ottenuto il meritato successo e che speriamo di veder continuare presto...".
Insomma già dalla prima serie, la scelta di Cervi si rivela perfetta e molto gradita agli italiani che ne faranno un'icona, per altro immortalata dalla magica mano dell'illustratore Ferenc Pintèr, che per le copertine delle inchieste di Maigret edite da Mondadori, usò le fattezze di Cervi, che fu così raffigurato in innumerevoli copertine che Simenon-Simenon vi propone molto spesso, a corredo dei propri post.

mercoledì 23 luglio 2014

"SIMENON SOUVENIR" - SCRIVETELO VOI UN... ROMANZO POPOLARE!

Abbiamo spesso scritto della prima parte della vita letteraria di Simenon, dal suo arrivo, nel dicembre del '22, a Parigi, fino al lancio della serie dei Maigret.
Se ne discute sempre come il periodo di letteratura "alimentare", almeno così la definì più volte lo stesso Simenon. Si è detto che era letteratura su commissione: arrivava l'ordine per un racconto o un romanzo breve, di un genere preciso con una lunghezza prestabilita (misurata in linee) e in più con la specifica del titolo e della collana in cui sarebbe uscito. Questo voleva dire escludere dei temi, trattarne altri, utilizzare un certo linguaggio, costruire il protagonista secondo un certo cliché, utilizzare necessariamente un tipo di personaggio. Tutto in funzione del pubblico cui il titolo era indirizzato.
E questo, per quanto Simenon fosse in un periodo di apprendistato, comportava comunque un certo mestiere. E lo scrittore, un po' con l'esperienza fatta a Liegi come giornalista (già allora aveva scritto dei racconti e dei romanzi), un po' con il suo innato talento e anche con la sua "feroce" voglia di riuscire soprattutto in quegli anni giovanili, arrivava a compilare quell'ordine secondo le specifiche ricevute.
Ma sentiamo cosa dice lo stesso Simenon a tale proposito in un conversazione del '69 con Francis Lacassin "...per quanto stupido possa essere un romanzo popolare deve essere costruito ancor più accuratamente di un romanzo letterario. Sapete benissimo che la difficoltà in teatro è anche quella di fare entrare e uscire un personaggio. E' il grande problema degli sceneggiatori e dei drammaturghi soprattutto. Ebbene lo stesso capita per un romanzo. Un romanzo deve avere un certa coesione. E io allora mi dicevo: io sono incapace di scrivere adesso un vero romanzo, occorre prima che impari il mestiere. Non si diventa musicista, compositore, senza aver studiato la musica, la composizione. Ecco non si diventa romanziere senza aver studiato la costruzione di un romanzo. Io l'ho fatto per tre anni e mezzo...".
Più meno lo stesso dichiarò a Bernard de Fallois e Gilbert Sigaux l'anno successivo: "...per quanto brutti possonano i romanzi popolari e per quanto cinicamente li si possa scrivere - e io ero perfettamente cinico, davo esattamente agli editori quello che mi domandavano, ai lettori, o meglio alle lettrici, quello che chiedevano - malgrado tutto ciò la parte tecnica contava e questo mi è servito...".
E torniamo all'apprendistato. Anche se con il passare degli anni, con il crescere della sua esperienza, aumentavano i racconti, i romanzi brevi e i romanzi che riusciva a consegnare, spesso portando avanti due o tre titoli insieme, dettandoli a dattilografe diverse... e firmandoli con pseudonimi sempre diversi "... una vera e propria industria, con un numero considerevole di prodotti ben delineati, standardizzati... - spiega Simenon  nel saggio Le Romancier del '45 -  E io ho imparato a fabbricare questa gamma di prodotti...".
Insomma questa era la letteratura popolare con le sue regole, i suoi tempi e le sue rigide caratteristiche cui bisognava sapersi adeguare.
Simenon si adeguò e imparò... ma non solo questo!

martedì 22 luglio 2014

"SIMENON SOUVENIR" - IL MAIGRET FRANCESE VINCE SU QUELLO SVIZZERO, TERZO IL MAIGRET AMERICANO

La vita letteraria di Maigret, ha avuto grosso modo tre aree geografiche di riferimento, nel senso che Simenon ha scritto romanzi e racconti del commissario in tre zone distinte: in Francia (prima e dopo i dieci anni statunitensi), in America (per la precisione in Canada e in Usa) e in Svizzera (fino all'interruzione della sua attività di romanziere).
Se questo abbia avuto un'influenza sul modo di scrivere di Simenon e di presentare il suo protagonista, andrebbe valutato con un'approfondita analisi. Più superficialmente, e dal giudizio di chi ha letto l'intero corpus maigrettiano, sembra che queste diverse aree geografiche non abbiano avuto un'infuenza maggiore ad esempio di quella dovuta alla maturazione dello scrittore (che iniziò la serie a 28 anni e la concluse quasi a 70), delle sue vicende personali e delle mutate condizioni ambientali, sociali e di mentalità, come avviene nel corso di quarant'anni.
Ad ogni buon conto ci siamo presi la briga di andare a contare quanti Maigret Simenon avesse scritto prima in Francia, poi in America e quindi in Svizzera.
Abbiamo consultato più di una fonte e nella fatispecie la bibliografia compilata da uno storico studioso simenoniano, Francis Lacassin, quella realizzata dal più accreditatato simenonologo odierno, Pierre Assouline, e poi per curiosità siamo andati anche a vedere quello che riporta Wikipedia in merito.
Come vedrete i numeri non coincidono, questo è dovuto soprattutto al fatto che in alcuni casi si conteggiano le raccolte di racconti come un solo titolo, mentre altre volte ogni racconto viene considerato un titolo a sé. Quello che emerge è però la tendenza che invece è omogenea in tutti e tre i casi esaminati.
Come anticipiamo nel titolo, la maggior parte dei Maigret fu scritta in Francia tra il '31 e il '45 e poi nel '55-'57 al rientro dagli Usa. Poi, facendo una media, seguono i romanzi redatti in Svizzera. Al terzo posto si collocano quelli compilati in America (tra Canada prima e Usa poi). Scarti bassi e a volte minimi, come se la produzione dei Maigret fosse abbastanza equamente ripartita.
Prima di dare un po' di numeri, vorremmo però ricordare che Simenon scriveva sempre, quando era nel comfort del proprio studio, in vaggio, nelle località più lontane ed esotiche, sul suo Ostrgoth navigando per canali e da giovane stava per accettare la sfida di scrivere addirittura un romanzo sotto gli occhi di tutti in una gabbia di vetro (una trovata pubblicitaria, poi fallita, di uno dei suoi editori di allora, Eugene Merle). E in queste situazioni scriveva indifferentemente dei Maigret, come dei romans-durs. Questo tanto per sottolineare che evidentemente la sua spinta creatrice era più forte di altri elementi che potevano in qualche modo influire, ma non essere determinanti.
E adesso veniamo ai dati.
• Dalla bibliografia di Lacassin ci risulta che i Maigret furono così distribuiti: 51 in Francia (3 al ritorno dagli Usa), 26 in America (Usa + Canada) e 25 in Svizzera.
• Dalla bibliografia di Assouline invece si apprende che 43 sono made in France (4 al ritorno dagli Usa), 26 del periodo americano (candesi compresi) e 25 svizzeri.
• Wikipedia riporta invece che complessivamente in Francia ne uscirono 27, invece 20 furono quelli redatti in America e 25 quelli prodotti in Svizzera.
Ultimi tre dati. Simenon visse 25 anni in Francia, 10 in America e 22 in Svizzera.
Va ricordato che i 25 anni francesi sono tutti di piena attività, come d'altronde i 10 americani. Mentre in Svizzera gli anni di scrittura furono 15 (nel '72 Simenon smise di scrivere romanzi e Maigret).
Ammesso che vi vogliate divertire, potreste incrociate il numero degli anni passati in ogni paese con il numero di titoli lì scritti, avreste così una sorta di indice di produttività.... ma così è solo un gioco...

lunedì 21 luglio 2014

"SIMENON SOUVENIR" - LE INCOGNITE DEL NUOVO MONDO E LA SORPRESA DENYSE

Non si tratta solo della sua decisone di abbandonare la Francia e trasferirsi negli Stati Uniti, con l'intenzione di rimanervi. No, insieme a quella, nel '45, c'erano diversi elementi, a causa dei quali possiamo dire che il romanziere fu nella condizione di lasciarsi alle spalle tutto ciò che fino ad allora aveva costruito e iniziare daccapo, in un posto che non conosceva, e dove lui era quasi uno conosciuto, o certo molto meno famoso di quanto non fosse in Francia.
Possiamo paragonare questa fuga a quella di ventitre anni prima?


Allora lasciava Liegi, la sua città natale. Lasciava la famiglia, anche se i rapporti con la madre erano assai problematici, il padre era morto da un anno e il legame con il fratello non era così profondo. Lasciava, a diciannove anni, un lavoro gratificante e ben retribuito, quello di redattore de La Gazette de Liège dove per altro aveva buone prospettive di carriera. Lasciava la sua fidanzata, anche se c'era già un accordo per convolare a nozze. Comunque per il momento troncava tutto per tentare l'avventura letteraria a Parigi: un salto nel buio.
Adesso, che aveva nel mirino l'America, non si trovava in una situazione stabile. Pur continuando a convivere con Tigy (che insieme al figlio Marc l'avrebbe seguito in quell'avventura), il loro rapporto era definitivamente esaurito e la convivenza serviva solo per non turbare troppo Marc. Da un punto di vista editoriale aveva fatto un passo assai azzardato. Aveva lasciato la prestigiosa e ambita Gallimard per una piccola e allora sconosciuta casa editrice, Presses de La Citè. Non c'erano garanzie che la cosa potesse funzionare e lo stupore di molti che lo conoscevano certo non lo confortava in quella sua rischiosa scelta. A Parigi inoltre aveva dovuto lasciare Boule, sua femme de chambre da una ventina d'anni circa, alla quale lo legava non solo un quotidiano rapporto sessuale, ma anche una sincera tenerezza.
In più sbarcava in paese di cui non conosceva la lingua, o non sufficientemente, dove tutto gli era sconosciuto, dove non aveva amici, nè tanto meno quella rete di conoscenze che s'era lasciato alle spalle in Francia. Anche il suo ritmo di scrittura di quell'anno e di quello prima non è certo paragonabile alla sua media abituale
Simenon ha da poco passato i quarant'anni. Ha trascorso mesi terribili in Francia, sotto la spada di Damocle dell'accusa di collaborazionismo con i nazisti. E anche la partenza per gli Usa non è stata certo facile. Circa sei mesi di snervante attesa a Londra prima di trovare un passaggio qualsiasi per New York. Alla fine andrà bene anche un cargo.
Anche questa fuga in America è in un certo senso un salto nel buio, anche se ora Simenon possiede una serie di salvagenti costituiti da una certa traquillità economica, dall'affetto per un figlio, dalla sua reputazione di romanziere che, almeno in Europa, va crescendo e soprattutto dalle forze di un uomo maturo per affrontare queste difficoltà.
Probabilmente potremmo dire che comunque in quel momento era in uno stato di vulnerabilità, in una fase di incertezze e di incognite. Ed è in questo stato che incontra Denyse.
La segretaria-interprete lo travolge sentimentalmente e sessualmente e, come disse letteralmente Simenon, gli fece conoscere l'amore, quello travolgente, quello che suscita gelosia, quello che fa saltare tutti gli schemi.
Ci siamo chiesti più volte: ma come sarebbe andata se Simenon avesse incontrato Denyse in un altro contesto e in una situazione psicologica diversa?

domenica 20 luglio 2014

"SIMENON SOUVENIR" - NESSUNA CONCESSIONE ALL'HAPPY END

- Nei suoi romanzi non commerciali, non prova nessun bisogno di fare concessioni?
- Non faccio mai questo, mai, mai, mai. Altrimenti non scriverei...
Chi domanda è Carvel Colllins, giornalista americano, chi risponde è Georges Simenon. Argomento, la linea di demarcazione tra letteratura commerciale e non. Anno 1956.
Sappiamo bene che Simenon, soprattutto grazie alla decina di anni passati a scrivere su commissione, ha le idee ben chiare su cosa considerava commerciale. Per lui era ogni opera che fosse scritta ad uso e consumo di uno specifico pubblico e che di conseguenza dovesse seguire certe regole e rispettare determinati schemi. Ma, lui che conosceva bene la materia, non condanna tutto. "...naturalmente ci possono essere vari gradi nella letteratura commerciale. Vi si possono trovare cose di pessima qualità e altre buonissime. I-libri-del-mese, ad esempio, sono letteratura commerciale, ma alcuni di essi sono quasi perfetti, quasi opere d'arte. Non del tutto, ma quasi...".
Sembra quindi che in qualche modo cerchi di sfumare quelle teoriche divisioni, troppo nette e troppo astratte per rispecchiare fedelmente la realtà.
Ma comunque il Simenon ultracinquantenne sa bene quello che vuole come romanziere e quali sono i suoi punti inderogabili.
Tornando all'intervista di Collins, questi insiste per sapere, secondo Simenon, come, non l'autore, ma il lettore possa capire se si tratti di un'opera commerciale o no.
"...La grande differenze sta nelle concessioni. Scrivendo a scopo commerciale si devono sempre fare delle concessioni - spiega Simenon, ribandendo poi come abbiamo citato all'inizio che - Non faccio mai questo, mai, mai, mai...".
D'altronde il romanziere non solo ha avuto esperienza diretta della letteratura commerciale. Nei dieci anni negli Stati Uniti ha avuto modo di conoscere bene il mondo cinematografico dove il coté commerciale finisce per prevalere anche su prodotti di qualità, in ossequio all'happy end, con delle conclusioni che non cozzino con la morale e i valori di riferimento della cultura americana.
"... si ha l'imperessione di vedere qualcosa di interamente nuovo e potente, poi alla fine arriva la concessione. Non sempre un finale felice, ma qualcosa per sistemare tutto secondo la morale o la filosofia. Tutti i personaggi che erano meravigliosamente delineati, cambiano completamente negli ultimi dieci minuti...".

sabato 19 luglio 2014

"SIMENON SOUVENIR" - MA IL MOMENTO DELLA CONSACRAZIONE...?

E' difficile dire con precisione quando Simenon ebbe una decisiva ed indiscutibile consacrazione letteraria. Intanto la sua avventura di romanziere fà registrare una serie di tappe che hanno avuto un'importanza fondamentale sia che le si consideri come un salto di livello avvertito dallo scrittore stesso, oppure come una svolta decisiva percepita dai critici o da altri letterati.
Ci sono le famose tappe indicate da Simenon. Il passaggio dalla letteratura popolare ai Maigret e poi quello dalle inchieste del commissario ai romans-durs.
Oppure l'appoggio di un nume tutelare della letteratura fancese come André Gide e l'ingresso nel sancta-sanctorum degli scrittori, la casa editrice Gallimard. O anche il ritorno in Europa, dopo dieci anni negli Stati Uniti, quando lo scrittore stesso toccò con mano il tipo di accoglienza e la risonanza che il rientro ebbe nel mondo dei media e in quello letterario. Anche in questo caso Simenon si rese conto di come fosse cresciuta la sua statura letteraria rispetto a quando aveva abbandonato la Francia nel 1945.
Ma diversi studiosi, biografi e specialisti individuano tra il 1963 e il 1964 il momento in cui, a livello internazionale, Simenon veniva percepito come uno dei romanzieri più significativi del secolo. Ad iniziare dal plauso di François Mauriac in un famoso articolo su Le Figaro Littéraire (maggio 1963) oppure da altri articoli dedicati al romanziere in quegli anni sul francese Le Monde, sul tedesco Tagspiel, sul britannico Times Literary Supplement, sugli americani New York Times, Washington Post e Atlantic Monthly...
Insomma gli anni in cui Simenon pubblicava, tra gli altri, Les Anneaux de Bicêtre La chambre bleu e Le Petit Saint, ma che erano la summa di una carriera che a quel punto contava un centinaio di romanzi e una novantina di Maigret.  E con una continuità impressionante che durava dai primi degli anni '30.
A nostro avviso potremmo dire che a quel punto, tra il '63 e il '64, il suo essere "un fenomeno" (la velocità di scrittura, il ritmo di pubblicazione, la grande versatilità....) che sempre l'aveva contraddistinto nella considerazione generale, era finalmente offuscato dalla qualità di quello che scriveva (e che aveva scritto). A quel punto non si parlava più delle sue ottanta pagine in un solo giorno, dei Maigret che all'inizio erano usciti una volta al mese, nemmeno si trattasse di un periodico... era definitivamente dimenticata quella vecchia storia, per altro falsa, del romanzo scritto in una gabbia di vetro. lnsomma il recordman della scrittura cedeva il passo al romanziere di primissima statura.
Tutto questo accadeva in un momento critico della vita privata di Simenon, la crisi con la moglie era al culmine (tanto che Denyse nell'aprile del '64 abbandonava definitivamente la famiglia Simenon e la villa di Epalinges).
Simenon aveva 60 anni, aveva sempre scritto, aveva dedicato la sua vita alla scrittura, aveva lottato contro tutto e tutti quelli che l'avrebbero voluto diverso. Questo era momento della sua vittoria definitiva. Era ormai unanimemente considerato un romanziere senza se e senza ma, proprio come aveva sognato sul quel treno che il 10 dicembre 1922 lo aveva portato da Liegi a Parigi per iniziare la grande avventura.

venerdì 18 luglio 2014

"SIMENON SOUVENIR" - IL GIORNALISTA E LA STORIA: FACCIA A FACCIA CON LEV TROTSKY

Ottant'anni fa'. Giugno. Simenon si trova in Turchia e più precisamente a Istanbul. E' arrivato fin lì a intervistare, per conto del quotidiano Paris-Soir, Lev Trotsky in fuga dall'Unione Sovietica, perseguitato da Stalin, e in quel momento nascosto tra le isolette del mar di Marmara. Il resoconto di quel viaggio e l'intervista furono pubblicate sul quotidiano parigino in due puntate il 16 e il 17 giugno 1933.
Oggi vi proponiamo alcuni stralci del reportage.
"...ho incontrato dieci volte Hitler al Kaiserhof Hotel, quando teso e febbrile, già cancelliere, conduceva la sua campagna elettorale. Ho visto Mussolini osservare senza stancarso la sfilata di migliaia di giovani. E a Montparnasse, una sera, ho riconosciuto Gandhi, in una silhouette bianca che rasentava le case, seguito da giovani donne fanatiche.
Per intervistare Trotsky, eccomi sul ponte più brulicante di Pont-Neuf, che collega la vecchia e antica Costantinopoli, Stamboul e Galata.... Qui una riva si chiama Europa e l'altra Asia, al posto dei rimorchiartori e delle peniche della Senna vi sono altrettanti cargo e imbarcazioni a vapore che battono bandiere di tutti i paesi del mondo, che si dirigono verso il mar Nero o s'infilano nello stretto dei Dardanelli... Trotsky? Gli ho scritto l'altro ieri per chiedergli un'intervista. L'indomani mattina venivo già svegliato dal trillo del telefono.
- Monsieur Simenon? Sono il segretario de M. Trotsky. M. Trotsky la riceverà domani alle 4. Occorre innanzitutto che la avverta che M. Trotsky, le cui dichiarazioni sono state troppo spesso travisate, desidera ricevere in anticipo le vostre domande per iscritto. Lui anche risponderà scrivendo... 
Ho fatto tre domande...
Ecco Prinkipo, l'isola dove sorge da qualche parte l'abitazione di Trotsky. Hanno parlato, credo, di una nascondiglio sontuoso, di villeggiatura di lusso, di proprietà paradisiache... Una vettura mi porta lungo una strada costeggiata da ville. Molte sono in vendita o in attesa di essere affittate, perchè la crisi è dura anche in Turchia... La vettura si ferma. Il mio accompagnatore, mi tende il braccio... Non mi resta che scendere per un corridoio stretto entro due mura. Tutto è così calmo, così immobile, l'aria, l'acqua, le foglie, il cielo, che si ha l'impressione di rompere, passando, i raggi del sole. Intanto ecco un uomo al di là di un cancello. La sua divisa da poliziotto turco è aperta su una camicia bianca e, come un pacifico pensionato nel suo giardino, calza delle pantofole. Esce un altro poliziotto, questo in abiti civili, o meglio in maniche di camicia, ha apenna finito di lavarsi e pulisce le sue orecchie con il bordo di una salvietta.
- Monsieur Simenon?
Sono in un giardino che non misura più di cento metri per cinquanta. Un piccolo cane si rotola nella polvere, un giovanotto allungato su un'amaca legge un fascicolo in inglese e non mi degna di uno sguardo. C'è un altro uomo sotto la veranda. Anche lui in maniche di camicia e pantofole. E altri due bevono del caffè nella prima stanza che è arredata solo da un tavolo con delle sedie. Tutto è rallentato. Credo la causa sia l'aria. Io stesso sono rallentato, direi senza curiosità.
- Monsieur Simenon?
Uno di quei giovani uomini si fa avanti, cordialmente, tendendomi la mano e ben presto siamo seduti tutti e due sulla terrazza, mentre all'altro capo del giardino il poliziotto termina la sua toilette. 
Si potrebbe stare lì per ore, senza far niente, senza dire nulla, forse senza nemmeno pensare.
- Se volete, possiamo parlare prima noi due. Poi potrete vedere M. Trotsky. 
Il segretario non è russo. E' un ragazzo del nord, pieno di salute, dal colorito roseo e dagli occhi chiari. Parla francese come fosse di Parigi. 
- Sono stupito che M.Trotsky abbia accettato di incontrarvi. Di solito evita i giornalisti.
- Sapete perchè mi ha riservato questo favore?
- Lo ignoro.
Io pure. E continuerò ad ignorarlo. Forse le mie domande coincidevano con quello che Trotsky aveva voglia di dire o con qualche dichiarazione che voleva rilasciare in quel momento...
Trotsky si alza per tendermi la mano, poi si siede alla sua scrivania, posando dolcemente il suo sguardo sulla mia persona.
E' stato descritto migliaia di volte, e io non vorrei farlo di nuovo a mia volta. Quello che vorrei fare é rendere la stessa sensazione di calma e di serenità che ho percepito, stessa calma e stessa serenità nel giardino, nella casa, nell'arredo...
Trotsky semplice e cordiale, mi porge i fogli dattiloscritti che riportano le risposte alle mie domande.
- Le ho dettate in russo e il mio segretario le ha tradotte stamattina. Vi domando solo di firmarmi una copia che poi conserverò.
Sul tavolo ci sono sparsi dei giornali di tutto il mondo e Paris-Soir é sopra a tutti... Dalla finestra aperta si scorge, alla fine del giardino, un minuscolo porticciolo dove sono ormeggiate due imbarcazioni, un piccolo caicco del posto e un canotto con il motore fuoribordo.
- Vedete? - mi fa Trotsky sorridendo - Alle sei del mattino vado a pesca...
Non mi dice che è obbligato a portarsi dietro uno dei suoi poliziotti, ma io lo so.
Con un gesto, indica le morbide colline dell'Asia Minore, che sono appena a cinque chilometri,
- D'inverno c'è la caccia... laggiù... Ora possiamo parlare... 
Ma mi sono impegnato a non pubblicare nulla di quello che dirà...
Commenta le dichiarazioni che mi ha consegnato. La sua voce e i suoi gesti sono tutt'uno con la pace di quell'ambiente.
Parliamo a lungo di Hitler. Il personaggio lo preoccupa e lo inquieta. Gli riferisco le opinioni contraddittorie che ho sentito un po' dappertutto in Europa, non tanto sull'attività del Führer, ma sulla sua personalità e sul suo valore personale.
E non credo di venir meno al mio impegno riportando qualche parola che mi ha particolarmente colpito, laggiù nella casa di Prinkipo, così lontano da Berlino...
- Hitler si è fatto da solo, man mano che andava avanti. Ha imparato passo passo, tappa dopo tappa, durante la lotta... ".
Questo, in sintesi è l'incontro di due uomini, un giovane giornalista scrittore di successo, occidentale, di 30 anni e un uomo politico di 54 anni dell'epopea comunista, fondatore del Politburo sovietico, ma ormai in fuga. Molto diversi tra loro, ma curiosi uno dell'altro, vivaci intellettualmente, inquieti per natura. Se invece siete interessati all'intervista vera e propria potrete leggerla integralmente in francese su Lèon Trotsky: interview par Georges Simenon

giovedì 17 luglio 2014

SIMENON SIMENON - DA DOMANI DIECI POST "SOUVENIR"


Da domani 18 luglio, per una decina di giorni Simenon-Simenon si prende un pausa estiva. Ma voi potrete ugualmente seguire ogni giorno i post del nostro blog. Quotidianamente infatti proporremo un "SIMENON SOUVENIR" (illustrazione di F.Pinter), cioè un scelto tra una selezione dei post pubblicati in passato e che, in base alle visite, sono risultati tra i vostri preferiti. Chi li avesse persi o chi avesse cominciato a seguire il nostro blog da poco, troverà delle chicche pubblicate negli anni scorsi (a novembre 2014 Simenon-Simenon compirà 4 anni...).
Dunque continuate a seguirci e, dopo queste dieci puntate, il 29 luglio, torneremo a pubblicare dei post inediti.
Buona lettura.

SIMENON SIMENON. I NEMICI DEL COMMISSARIO MAIGRET

Il primo nemico di Maigret fu Arthème Fayard. L'editore di Simenon che cercò in tutti i modi, tra la fine degli anni '20 e i primi dei '30, di non far esordire quel commissario nella sua prduzione editoriale. Diciamo che potrebbe essere addirittura accusato di tentato infanticidio, visto che fece di tutto di far soccombere il "neonato" protagonista del romanziere. Ma Simenon si batté come un leone ed ebbe la meglio su Fayard, riuscì a far vivere Jules Maigret, a farlo crescere e a costruirgli una più che invidiabile posizione.
Un'altro nemico importante in ordine di tempo fu, paradossalmente, lo stesso autore che considerava quella dei Maigret una parentesi, una sorta di ponte che lo doveva condurre dalla letteratura popolare su commissione, che aveva costituito la sua prolifica produzione fino a tutti gli anni '20, alla letteratura dei romans-romans. Per cui, terminati i primi diciannove titoli previsti dal contratto con Fayard, pensava di archiviare il personaggio, il genere, e la letteratura seriale per dedicarsi a quella con la "L" maiuscola. Da giugno del 1933 a luglio del 1938, Simenon quindi non scrisse un Maigret per cinque anni, nonostante le preghiere degli editori, prima di Fayard e poi di Gallimard. Simenon può quindi essere accusato di sequestro di persona aggravato dalla lunga detenzione per di più in luogo sconosciuto.
Il terzo nemico di Maigret non ha un volto preciso, o meglio non ha un solo volto. Si tratta di tutti coloro che a partire dai critici ai giornalisti, da alcuni letterati a certi maitre à penser, relegarono le inchieste del commissario Maigret in una sorta di letteratura di evasione e quindi in qualche modo di serie B. Come se scriverlo si fosse trattato di un semplice passatempo non solo per l'autore, ma anche per chi lo leggeva. Questo vuol dire confinare il personaggio in una dimensione che non é la sua, che gli stava (e gli starebbe tutt'ora) davvero stretta e soprattutto significa fare confusione tra alcuni elementi non certo secondari.
E' fin troppo ovvio che, essendo una letteratura di genere e per di più seriale, quella dei Maigret é una letteratura vincolata da paletti molto ben precisi. Ma ad un'analisi un po' più approfondita tra il linguaggio, i temi trattati, il ritmo narrativo, le valenze psicologiche dei personaggi, le atmosfere dei Maigret e quelli dei romans non c'é tutta questa differenza qualitativa. E soprattutto con il passare degli anni le differenze si affievoliscono sempre più. Qui l'accusa é certamente quella di diffamazione reiterata e spesso a mezzo stampa.
Il quarto e utimo nemico che citiamo in questo succinto elenco è Victor. Come si sa, Victor non è mai esistito. Sarebbe dovuto essere il protagonista del romanzo che Simenon si apprestava a scrivere il 20 settembre del 1972 dopo aver terminato a febbraio dello stesso anno Maigret et M. Charles. Una seduta andata a vuoto, poi una seconda, quindi una terza e quindi la decisione di non scrivere più. Simenon ha 69 anni, avrebbe ancora tempo e risorse per scrivere, magari lasciando passare un po' di tempo... magari dedicandosi a Maigret e ritrovando poi pian piano quell'état de romans perduto... chissà? Ma in pochi giorni la decisione è presa. Victor non riesce e lui smette di essere un romanziere, uno scrittore e un autore. Di questa decisione ne fà le spese il povero Maigret le cui inchieste forse avrebbero potuto continuare ad essere scritte ancora per anni. Invece per colpa di Victor, che nemmeno esisteva, e quindi per colpa di un fantasma... di un ectoplasma Maigret muore. Qui non ci sono dubbi l'accusa è di omicidio. Stabilirà la corte se volontario o preterintenzionale...

mercoledì 16 luglio 2014

SIMENON SIMENON. MAIGRET TRA I SEGRETI DELLE CHIUSE E DEI CANALI

L'edizione Oscar Mondadori del 74. Copertina di Pinter
14-28 Luglio 1968. La Rai trasmette La chiusa. E' la riduzione telelevisiva in tre puntate del romanzo di Georges Simenon L'ecluse n°1 (pubblicato nell'aprile del '33).
L'estate del famoso anno della contestazione giovanile, mentre i giovani invadevano le piazze e occupavano scuole e università, gli adulti (e i ragazzini) erano incollati a seguire il quarto episodio della terza serie de Le inchieste del commissario Maigret... in totale circa 14 milioni di spettatori a seguire le indagini di Gino Cervi nei panni del famoso commissario simenoniano.
In Italia il romanzo era stato tradotto per la prima volta nel '34.
Qui di seguito il video delle tre puntate. La prima puntata (quella del 4 luglio) e invitiamo gli appassionati a godersi una serata d'estate come quelle di quarantasei anni fa'.
Buona visione.