
Se ne parla in un saggio di Paul Cosquer ripreso qualche giorno fa' da Agora Vox, un media on-line francese, in cui si mette a fuoco l'immagine del grande regista italiano, ma dove emerge ancora una volta lo speciale legame che legava il cineasta al romanziere.
Ad esempio l'affermazione che Fellini non abbia mai smesso di raccontare sè stesso nelle sue opere cinematografiche, non può far pensare a tutte le caratteristiche autobiografiche che saltano all'occhio nei romanzi più diversi di Simenon, da Trois chambres à Manhattan a Pedigree.
E questo loro idem-sentire, ma anche questa grande ammirazione di uno per l'altro non si esauriscono nel famoso carteggio ("Carissimo Simenon, Mon cher Fellini" 1977 - Diogenes Verlag -Zurich), ma lo ritroviamo nella vita stessa. Quando nel 1960, a Cannes. Simenon presidente della giuria del Festival Internazionale del Cinema, fece vincere la Palma d'Ora a La dolce vita. E ancora, quando ancora lo stesso Simenon spinse e incoraggiò il regista nella realizzazione del tormentato Casanova... e Fellini, d'altra parte, rassicurava Simenon sull'importanza di quel subconscio che per tutti è due era una realtà con cui convivere quotidianamente, un calderone da cui trarre ispirazione, un qualcosa che si intrecciava concretamente con le loro vite come ad altri non succedeva e in un modo che ad altri era difficile comprendere.
Nessun commento:
Posta un commento
LASCIATE QUI I VOSTRI COMMENTI, LE VOSTRE IMPRESSIONI LE PRECISAZIONI ANCHE LE CRITICHE E I VOSTRI CONTRIBUTI.