mercoledì 25 giugno 2014

SIMENON SIMENON. IL CASO IRRISOLTO DEL PREMIO NOBEL

Simenon non si è mai trovato a suo agio nella comunità letteraria. Tutte le accademie, le cerimonie, le congreghe che avessero a fare con altri scrittori e in genere con la letteratura gli erano particolarmente indigeste. Non per niente aveva più volte affermato che "... non ho mai partecipato alla vita letteraria. Non faccio nemmeno parte de La Société des Gens de Lettres...". Una dichiarazione che non lascia spazio ad alcun dubbio sulle sue inclinazioni. Rifiutava l'etichetta di uomo di lettere perchè diceva che lui era un romanziere infatti, faceva presente, "... non faccio conferenze, non firmo i miei romanzi nelle librerie, non scrivo articoli, non partecipo ai cocktail né alle cene letterarie...". Insomma il suo mestiere era scrivere e scrivere romanzi e quindi perdersi in quelle attività connesse era per lui un perdita di tempo. Inoltre non amava nemmeno aver a che fare con altri che facessero il suo stesso lavoro e per esempio una sua insoddisfazione, quando era uno degli autori di Gallimard,  era proprio questo essere gomito a gomito, anche non fisicamente, con il fior fiore degli scrittori francesi e non solo. Lui stesso in un'intervista concessa a ParisMatch del '67 considerava che "... a ben vedere, gli scrittori che ho incontrato personalmente non saranno stati più di otto o nove...".
Questo aveva dei risvolti anche nei confronti dei premi lettrari. Simenon proprio non concepiva che un gruppo di persone, aventi titolo o meno, si riunisse per assegnare un premio "... l'idea che nove o dieci scrittori si riuniscano intorno ad un tavolo ed eleggano il romanzo dell'anno... oppure che un certo numero di anziane signore facciano lo stesso in un ristorante... o ancora che anche dei giornalisti si mettano a giudicare... il tutto mi sembra spaventoso...".
Quello che non lo spaventava, invece, era il premio Nobel. Non ancora trentacinquenne aveva già pianificato che a 40 anni avrebbe scritto il suo primo vero romanzo e che a 45 avrebbe vinto il premio Nobel. Sappiamo che Simenon era un programmatore, ma anche che era un tipo con i piedi per terra e non uso a fare voli pindarici. Ma certo il Nobel, soprattutto a quei tempi, era un riconoscimento che faceva davvero la differenza e non lasciava indifferente nemmeno Simenon.
Scriveva infatti in una lettera del '51 al suo editore Sven Nielsen, "... confesso che sarei davvero lusingato di essere un premio Nobel. E' l'unico riconoscimento  al quale ho sempre attribuito un certo valore...".
Il suo nome era circolato un paio di volte, nella rosa dei possibili candidati, ma poi non si concretò mai nulla. Le sue dichiarazioni in proposito cambiano con il passare del tempo e vedendo che le probabilità erano sempre meno realistiche.
Nel '61 scriveva infatti in uno dei suoi Dictée "... Il Nobel mi avrebbe fatto piacere qualche anno fa'. Ora non sono più sicuro che l'accetterei..."
Nel '73 la sua posizione si inasprisce "... ormai ho tagliato corto - dichiara al 24 heures  de Losanne - non l'avrei comunque accettato...".
E infine nell'81 "... è stato scritto un po' dappertutto che se mi avessero assegnato il Nobel, l'avrei rifiutato - ribadisce nella famosa intervista televisiva a Bernard Pivot - Non voglio medaglie. Non sono una bestia da fiera. Sono le vacche e i tori gli animali cui si dà una medaglia...".
E la pagina de Le Figaro qui riprodotta, apparsa all'indomani della sua scomparsa, fà sfoggio di un titolo centrale molto forte "Quei cretini del Nobel che non mi hanno incoronato", come ricorda nel testo Roger Stephane, celebre simenonologo, che concude con le aspre parole che lui ricorda di Simenon "...contro quei cretini del Nobel che non mi hanno mai concesso il loro premio...". Il suo orgoglio, commenta Stephane, era immenso. Ma lo scrittore, anche lui era immenso.

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