sabato 4 febbraio 2012

SIMENON, PARLACI DI TUA MADRE

Il rapporto tra lo scrittore e sua madre è sempre stato assai problematico come abbiamo descritto in particolare nel nostro recente post del 14 gennaio Simenon. Una madre lontana... una lettera tardiva. Quest'oggi vogliamo proporvi in proposito una interessante intervista realizzata nel 1975 dalla giornalista Catherine Charbon nel programma televisivo la Voix au chapitre, per l'emittente svizzera e che ora è messo on-line dal sito dell'archiovio della stessa RTS. E' una chiacchierata in cui Simenon  commenta anche il suo romanzo Lettre a ma mére (1974). Si tratta di oltre 13 minuti di conversazione, ovviamamente tutti in francese. Cliccate qui per vedere Simenon e sua madre

venerdì 3 febbraio 2012

SIMENON. QUANTO PUO' ESSERE NOIR LA NEVE?

Sarà per la suggestione della neve, che in questi giorni sta coprendo l'Italia, capitale compresa, che ci torna alla mente il titolo di uno dei più duri e neri romanzi di Simenon, La Neige était sale, appunto. Scritto a Tucson (Arizona) nel '48  a ridosso della morte del fratello. E i paralleli con la scomparsa di Christian sono più d'uno. Intanto lo scenario è quello della seconda guerra mondiale, analogo a quello in cui il fratello stava combattendo in Indocina con la Legione Straniera. Ma il protagonista non è un soldato, è un figlio viziato di una tenutaria di un bordello. Eroe negativo per eccellenza che, giovanissimo senza legami, crede che uccidere per sfida farà di lui un uomo. Poi si troverà ad uccidere per necessità. E' uno dei romanzi più neri, e duri che Simenon abbia mai scritto. Ma anche qui c'è l'esperienza personale. Dicevamo prima del fratello morto combattendo "per le necessità in una guerra". Ma si trovava lì perchè il fratello scrittore lo aveva fatto fuggire dal Belgio, dove rischiava la forca perchè anche lui aveva ucciso gratuitamente, con le squadracce filo-naziste in cui militava, intere famiglie inermi di ebrei e di comunisti. Così Frank il protagonista di questo romanzo si muove in una sorta di delirio di onnipotenza dove le nefandezze e i crimini che compie fanno parte non solo della sua abiezione, ma anche dell'indefinito luogo in cui la vicenda ha luogo. E qui il romanziere crea uno  sfondo di violenza, di doppiezza, in un clima di cupezza. Ecco perchè si parla di noir e non è un caso che riferendosi a questo romanzo Dashiell Hammett, padre dell'hard-boiled, dichiarò al Los Angeles Times che Simenon era il miglior esponente del genere noir "... perchè è intelligente e per certi versi mi fa pensare a Edgard Poe...". Ed era anche piaciuto ad uno dei padri letterari di Simenon, Andrè Gide, perché lo confermava, a suo avviso, uno dei migliori romanzieri della letteratura francese.
E come poteva un romanzo così accativante non risvegliare gli appetiti dei produttori cinematografici?
Lo fece infatti nel '54 e si concretizzò in un film diretto da Luis Saslavsky. Ma ci fu anche una riduzione teatrale per  le Théatre de L'Oeuvre, esperienza per la verità non del tutto gratificante per Simenon. Comunque qualcuno prende questo romanzo anche come un salto di maturità nell'opera letteraria di Simenon.  Non si avverte più il "mestiere" dello scrittore, sfumano anche le tracce dei meccanismi che organizzano il romanzo, non si avverte più la volontà di dimostrare delle tesi. Tutto si amalgama e il risultato è un opera letteraria dove, nonostante la tragicità del tema e la durezza della vicenda, tutto è naturale, semplice e allo stesso tempo non banale, profondo nella sua capacità di raccontare, quasi in modo disarmante, il lato più oscuro dell'uomo.

giovedì 2 febbraio 2012

SIMENON. LA CALDA STAGIONE DI DENYSE E GEORGES


Del loro incontro abbiamo già raccontato. Amore e sesso a prima vista. Soprattutto per Simenon che rimane folgorato da questa canadesina ventincinquenne, al primo impatto fredda e calcolatrice, ma poi rivelatasi passionale e sensuale. Un melange in una sola donna che per la prima volta colpisce lo scrittore, ne rimane stregato.
Ma la passione tra i due non finisce lì, con il primo incontro anche se finisce ben presto tra le righe di uno dei più famosi romanzi di Simenon, Trois chambres a Manhattan (1947). Denyse non è tipo da farsi usare per poi essere messa da parte, né d'altronde Georges si è mai sentito così attratto da una donna.  Andiamo a vedere come prosegue la loro storia con un Simenon ancora ufficialmente sposato, anche se di fatto lui e Tigy fanno ognuno ormai una vita a sè, tranne per ciò che riguarda il figlio Marc. Denyse entrerà in casa come segretaria di Simenon (ufficialmente anche a causa della sua ancora scarsa padronanza dell'inglese) per occuparsi di tutte le pratiche per i diritti, le traduzioni, i contratti. Anche lei  inizierà a vivere a casa Simenon un po' al suo servizio, poi le cose cambieranno. Come per versi differenti era già successo a Boule e come accadrà poi a Teresa.
Ma torniamo alla passione tra i due. Negli incontri successivi, Simenon si convince di essere davvero coinvolto da quella donna, tanto da scoprirsi geloso. Per lui è una novità assoluta cui però non riesce a sottrarsi. Anche lei lo ha capito ed è proprio per questo che gli racconta le sue eseprienze sentimentali e sessuali, con ufficiali della marina,  con un certo lord inglese, la sua frequentazione di party e Simenon commenta "... li conosco bene quei party: si beve forte, si mangiano tartine e tramezzzini e, nella calca, è tutto un gran pomiciare, quando addirittura non ci si chiude in bagno per una sveltina..." Ed è lei stessa a raccontargli di come una sera, appunto durante un party, avesse all'improvviso sentito voglia di fare una nuotata e si fosse gettata nuda nella piscina che era lontana alla festa e al buio. Ma qualcuno, volendole fare uno scherzo, all'improvviso accese tutte le luci. E lei si era ritrovata lì, come mamma l'aveva fatta, dando spettacolo a tutti gli invitati. Vero? Falso? Quante delle cose che lei gli raccontava all'inizio erano vere o solo delle storie per farlo ingelosire? O anche per darsi un tono, lei giovane, che veniva da Ottawa, cercava in qualche modo di mettersi al livello di quell'uomo, che arrivava a Parigi, era uno scrittore famoso,  aveva girato il mondo e, a poco più di quarant'anni, aveva un'esperienza di ben altro livello rispetto alla sua. E così aveva trovato nella gelosia la leva su cui fare forza.
E in proposito vediamo cosa ricorda Simenon stesso in Mémoires intimes (1981). "...L'ascensore, la porta della suite il salottino, la camera dove lei cominciò a togliersi i vestiti, con gesti da spogliarellista,, osservandomi con la coda dell'occhio.... Entrai in lei come se volessi trafiggerla, e i suoi occhi si intorbidivano, si appannavano poco a poco... questa volta non si accontentò di sospiri ed ansimi: gridava, gridava davvero e tra un grido e l'altro diceva: 'Amore mio..." arrotando la 'r' come i borgognoni... A un certo punto sembrò perdere il controllo e al secondo amplesso, tutta ansante, gridò più forte che mai... ' Ti amo Georges'..."
Immagini, sensazioni, passione, un tumultuoso susseguirsi di stati d'animo investiva Simenon che intanto si chiedeva se l'amasse o la detestasse. Era ancora in una fase di totale stordimento. Alle sue provocazioni il nostro Georges rispondeva: "...Ad un tratto non era più l'aggraziata signorina in tailleur del Brussels' ( il loro primo incontro) e non fosse stato per tutto quel trucco che aveva sulla faccia, avrei potuto prenderla per una ragazzina che non ha il coraggio di affrontare la vita. Aveva bisogno di essere rassicurata , bisogno soprattutto di quella tenerezza che non aveva mai osato chiedere, per non fare la figura della collegiale, e che gli uomini non le avevano dato...".
Insomma se non sono queste le parole di un uomo davvero innamorato. Ma nel loro rapporto tenerezza e violenza, amore e passione si intrecciavano: "...Al contrario dell'amore  (e adopero questa parola non trovandone altre), la passione si alimenta anche di violenza. Ormai ero sicuro che lei mi esasperava deliberatamente, per farsi brutalizzare. E in quel periodo in cui avevamo bisogno di bere per alimentare il nostro fuoco interiore, io l'ho effettivamente brutalizzata. Spesso quando non raggiungeva il suo scopo, era lei a schiaffeggiarmi. Io non reagivo e lei aggressiva mi diceva: ' Lo vedi come sei sconcertato quando qualcuno ti tiene testa? So tutto degli uomini, io, e tu non sei diverso dagli altri...".
Ma non era vero.
Simenon era ormai convinto di amarla e si era prefisso di toglierla da quella spirale di sensi di colpa, di paure e di arroganza. Queste erano le buone intenzioni del principio. Ma questa vena di tensioni e di violenza caratterizzerà come un fiume carsico attraversando la loro storia, le nozze, i tre figli e per riemergere prepotentemente portando alla fine del rapporto tra Denyse e Georges.

mercoledì 1 febbraio 2012

SIMENON. UN ROMANZIERE SENZA EREDI?

"... mi piacerebbe creare i mei personaggi con un maggior peso, più tridimensionali... Tento di rendere ciascuno di loro pesanti come una statua e fratelli di tutti gli uomini della terra...". Lo diceva Simenon nel '58 in una conferenza a Bruxelles.  E' una parte importante degli obiettivi dello scrittore che la considerava come una sorta di vocazione. E lo aveva affermato esplicitamente più volte. Se non fosse riuscito nell'intento di raccontare la realtà e l'uomo così come sono, nudi e crudi, tutta la sua opera non sarebbe servita a niente.
In realtà ci è riuscito benissimo e non siamo soli in questa valutazione. A tale proposito la professoressa universitaria Marie-Paul Boutry nel suo Les 300 vies de Simenon (C.M. du Garde éditeur - 1990) scrive "... si legge Simenon un po' come lui scrive, ciascuno vi ritrova ombre, luci e riflessi della propria vita. Questo immenso universo simenoniano, dove volteggiano dei geni inquieti, senza riferimenti e senza illusioni su sè stessi, costituisce una delle più magistrali raffigurazioni del nostro secolo..."
A distanza di oltre vent'anni quest'affermazione non è sempre condivisa. O perlomeno c'è ancora chi trova degli alti e dei bassi nella produzione simenoniana e, per esempio, non riesce a non considerare tutto il cotè Maigret come una zavorra che abassa il livello dell'intera produzione. Indubbiamente ci sono dei romanzi meglio riusciti ed altri meno. Ma questa è un'ovvia considerazione, resa ancor più banale da una produzione tanto imponente. Quello che ci interessa qui è però analizzare quanto della sua opera abbia una presenza viva e quanto influenzi ancora oggi la letteratura. Il tema è di quelli che fanno tremare i polsi e oltrettutto questa sede non è la più idonea ad approfondire in modo esausitivo l'argomento. Ma ci sembra doveroso accennare alcune considerazioni...
• Primo. E' un fatto che la presenza dei suoi titoli tra i best-seller più venduti ancora oggi sia una testimonianza della sua modernità. La sua prosa asciutta e stringata fa ancora larga breccia in un publico trasversale ed eterogeneo. Il suo tratteggiare personaggi, vicende e atmosfere con poche parole è sulla lunghezza d'onda del linguaggio odierno sempre più conciso e sintetico.

• Secondo. E' vero. Simenon nelle sue storie è sempre alla ricerca dell'uomo nudo, come spiegava lui stesso, l'uomo al netto di sovrastrutture, convenzioni e condizionamenti sociali. Ma per fare questo passa inevitabilmente attraverso un'analisi delle caratteristiche sociali, della mentalità dominante, dei meccanismi che producono disuguaglianza ed emarginazione.. Con questo questo non vogliamo etichettare l'opera di Simenon come sociologica, ma evidenziare, come, a nostro avviso, questo aspetto non viene sufficientemente sottolineato e come, oltre l'uomo, anche la società e le sue dinamiche entrano nel mirino dello scrittore. E pure questo lo avvicina ad una sensibilità odierna dove è sempre più difficile per un autore estraniarsi dalla realtà
.

• Terzo. Simenon non è ancora considerato un classico, accademicamente parlando, ma una sorta battitore libero, di livello certo, ma che non ha conseguito una consacrazione definitiva. E' forse ancora considerato troppo isolato e nemmeno capostipite di una scuola o di un romanzo simenoniani. Molto spesso, analizzando un romanzo di un nuovo autore, in questi anni si è scritto  "...  e poi, come Simenon, dimostra un capacità di....". Ma, a quanto  ci risulta nessuno è considerato un suo erede.  Non si contano le affermazioni che al tempo definirono Simenon "il Balzac del '900".
Nessuno scrittore è stato etichettato come "il Simenon del 2000".
Qualche suo tratto stilistico, un certo suo approccio alle storie, alcuni suoi temi, li ritroviamo singolarmente qua e là in diversi autori. Ma sono tutti "pezzetti" di Simenon che vanno a... concimare  le opere di alcuni scrittori. Ma la sua globale espressione letteraria non ha generato eredi.

• Quarto. In questo essere solo, conta probabilmente anche la sua naturalezza, diremmo quasi disinvoltura, a passare dalla letteratura alta a quella più popolare (divisione tipica della critica italiana). Anche quel ritrovarsi a suo agio su vari registri, altra capacità rara da trovare ed evidentementte anche da replicare, per qualcuno è lungi da essere un talento e considerato una versatilità non positiva.

Ci sarà chi ci rimproverà di aver sbrigativamente archiviato la domanda posta all'inizio, ma speriamo comunque di aver fornito spunti per riflessioni, per critiche e per precisazioni, magari utili anche per un eventuale dibattito.

martedì 31 gennaio 2012

SIMENON. CAMBIA TUTTO, MA MAIGRET FA SEMPRE CENTRO

In fondo dalla data del suo lancio, nel 1931, fino a qualche settimana fa' per le inchieste di Maigret poco era cambiato. Nel senso che i libri pubblicati da Adelphi poco differiscono da quelli di Fayard che i francesi iniziarono a leggere ottant'anni fa'. Una copertina,  fogli di carta stampata, una rilegatura, si acquistavano in librerie o in qualche chiosco.
Certo oggi nel 2012, le procedure di stampa sono migliorate, i caratteri sono più definiti, la composizione della carta è molto cambiata, la diffusione e la vendita dei libri si è capillarizzata. Ma sostanzialmente il prodotto è sempre quello.
Adesso invece il salto. Come vi avevamo accennato in un nostro precedente post (vedi il 17 gennaio Simenon. Dieci volte digitale), l'editore milanese dopo qualche titolo di Simenon, ha iniziato a mettere sul mercato la serie completa delle inchieste del commissario in ebook, partendo dai primi cinque titoli.
Questa è, come abbiamo più volte detto, un vera rivoluzione. Niente carta, nessun inchiostro... niente libro. In sua vece un immateriale "file" di testo che può essere visualizzato da tutta una serie di strumenti (ereader, computer, pc, notebook, tablet, smartphone, etc) e letto con maggiore o minore facilità  sul loro schermo.
E ai primi rilevamenti, sembra che anche in versione digitale, il nostro commissario abbia fatto centro. Secondo BooksBlog (16-22 gennaio) tre titoli su cique appena affacciatisi in classifica hanno conquistato il quinto posto. Su Amazon, ad oggi  li ritroviamo al 2°, 3°, 5°, e 7° posto. Invece  su Bookrepublic, altro portale di diffussione degli ebook, i quattro titoli di Maigret hanno fatto piazza pulita, occupando i primi quattro posti dei più venduti. E ancora, sulla graduatoria di Feltrinelli per l'editoria digitale, i quatto Maigret sono al 4°, 5°, 7° e 8° posto.
Insomma un successone, che però non ci stupisce. E vero che il pubblico degli ebooks è diverso (anche se in parte sovrapponibile) a quello dei libri tradizionali, e con una notevole componente di una fascia giovane, più in confidenza con l'ultima tecnologia elettronica. Ma in ottant'anni quante volte sarà cambiato il pubblico di Maigret? Quante diverse generazioni di lettori, per motivi diversi, hanno scoperto le inchieste del commissario e sono poi diventati appassionati fedeli? Da oggi la scoperta di Maigret passerà anche per gli ebook... E se il buongiorno si vede dal mattino...

• Doverosa  annotazione. - Su Simenon-Simenon, avrete sicuramente trovato refusi, qualche accento sbagliato, dei plurali sballati, doppie mancanti o in sovrabbondanza. Errori. Che siano dovuti alla fretta, all'ignoranza, alla disattenzione sono comunque errori. Ce ne scusiamo con i nostri lettori e cercheremo di farne sempre meno. Questo cappello è per spiegare un grossolano errore che avete letto nella nostra rassegna stampa. Nell'incipit dell'articolo di ieri de Il Sole 24 Ore, Simenon. Ce l'ho. Mi manca, proprio sul successo dei Maigret in ebook, si trova scritto "...gli ebook di Simenon (quelli a pagamento) hanno fatto l’amplein...". Ecco "amplein" non è farina nostra, ma di chi ha firmato l'articolo in questione. Non ci pare sia francese e nemmeno inglese, l'unica ipotesi che ci viene in mente è che sia la trasposizione scritta della pronuncia di "en plein"  (in francese: in pieno, appieno, etc...), a meno che non si tratti di un neologismo, a noi ancora ignoto, forse tratto dal suono dell'allocuzione francese... Mah... Chi ne sa più di noi, per favore, ci dia lumi.

lunedì 30 gennaio 2012

SIMENON E IL '68. DALLA PARTE DEL... MOVIMENTO

Siamo andati a ripescare una corposa intervista fatta allo scrittore, da un simenonologo doc, Francis Lacassin, fatta per Le Magazine Letteraire nel 1975. In quell'occasione, Lacassin chiede tra l'altro qual era il giudizio di Simenon sul maggio '68, sul movimento studentesco e sull'aria di rivolta, se non di rivoluzione, che si respirava allora a Parigi e in tutta Europa.
Sono delle risposte abbastanza sorprendenti, in considerazione che ormai Simenon non era più un giovanotto... aveva settantadue anni, un'età in cui spesso le opinioni conservatrici prevalgono.
Arrivati a parlare d'attualità lo scrittore afferma che "...seguo l'attualità da vicino, ma non mi tocca. E' una curiosità, come la televisione che accendo, quando sono troppo stanco per leggere: la guardo sì, ma se mezz'ora dopo mi chiedete quello che ho visto, faccio fatica a rispondere. L'attualità... è un po' stesso la solità roba: gli stessi vincitori, gli stessi sconfitti. Spero che gli sconfitti un giorno abbiano la meglio sugli altri, ma spero di non dover passare prima un epoca ancora più reazionaria di oggi...".
Il Simenon anziano che vive nella sua casetta rosa al 12 di rue des Figuiers  a Losanna, in compagnia di Teresa, è in effetti un'uomo ormai distaccato dal mondo, anche da quello letterario, non scrive più da qualche anno, passa il tempo con il registratore ad incidere quelli che saranno i Dictées. Ma è lucido e ha le idee ben chiare su quello che sa succedendo nel mondo. E a questo proposito Lacassin gli chiede se al riguardo sia pessimista e come valuta le conseguenze del movimento del '68.
"... Enormemente, Tutti i goveri di destra hanno avuto paura. E quello che ora dà più soddisfazione.... Quando Giscard si è accorto che Mitterand aveva una forza politica equivalente cosa ha fatto? Ha copiato il programma di Mitterand e ora si sforza di realizzarne un certa parte: la legge sull'aborto, la pillola, il divorzio, il voto a diciott'anni. Ma, vedrete,  non riuscirà a rimanere in carica.
Sperano in questo  modo di canalizzare la rivoluzione. Ma qualsiasi cosa essi facciano, questa ormai è partita. Ci sarà prima un nuovo fascismo, come quello che rischiano di avere in Italia dove le destre sono molto ben armate e hanno molti uomini importanti al loro servizio o meglio "nelle loro tasche", perchè questi gli devono molti soldi. In Francia vedete come si parla sempre più di milizie private e dell'aumento dei guardiani della pace, dell'aumento dei poteri della polizia... etc. E' un brutto segno. Ma in fondo è un buon segno: il Francese reagirà quando questi continueranno così...".
Ecco un Simeon davvero indito molto schierato contro la conservazione e le politiche delle destre.
E se non fosse chiaro, rincara la dose quando Lacassin gli chiede cosa avrebbe fatto se nel '68 avesse avuto diciotto anni.
"... sarei di sinistra. Ma più a sinistra dei comunisti. Nei paesi occidentali come la Francia, l'Italia, i comunisti sono borghesi, starei per dire capitalisti. Von Darwel, che ho consociuto bene, che era presidente della Seconda Internazionale Socialista, diceva 'Se non vogliamo una rivoluzione sanguinosa, occorre dare ad ogni famiglia e che noi abbiamo le nostre coperative e le nostre banche'. A Liegi ho visto nascere le grandi coperative e le banche socialiste. Sul piano pratico in Belgio i socialisti si relazionano assai bene con la borghesia. Si può dire che siano degli uomini di sinistra? Io non credo. O almeno è una sinistra molto...rosa...".
A questo punto non c'è molto da dire, il pensiero del Simenon settant'enne è chiaro e netto. E l'intervista racconta come Simenon abbia passato gli anni del '68.
"...ero elettrizzato. Passavo le giornate davanti alla radio e alla televisione. Mio figlio Johnny, che ora studia ad Harvard, era allora sulle barricate di boulevard Saint-Michel. Ha rimediato un bel po' di botte dai poliziotti. Me lo raccontava al telefono e i domandava 'Non sei arrabbiato, vero?'. E io gli rispondevo 'Al contrario, continua'..."

domenica 29 gennaio 2012

SIMENON. SANCETTE L'ANTI MAIGRET O L'ANTE MAIGRET?

Sappiamo senza ombra di dubbio, che apparizioni di Maigret si ritrovano in altri titoli di Simenon, ben prima che il personaggio del commissario assumesse la configurazione definitiva con cui fu lanciato nel '31 e che lo rese famoso in tutto il mondo.
Tracce di Maigret, se così possiamo dire, si trovano in tre titoli antecedenti al lancio ufficiale fin dal settembre 1929 in Train de Nuit, ne La Jeune Fille aux perles dell'estate del '29  e ne La femme rousse del 1930.  Ma c'erano stati altri tentativi di creare un seriale di genere poliziesco. Vi abbiamo parlato di Ives Jarry comparso in quattro romanzi fin dal 1927 e di altri personaggi (vedi il post del 29/03/2011 Nasce Maigret. Come è andata davvero). Ma nessuno di loro attecchì. Evidentemente non convinsero per primo l'autore.  Però la strada imboccata era quella giusta. Infatti un altro tentativo Simenon lo fece con l'ispettore Sancette, detto anche l'ispettore 107, che fà al sua comparsa nel '29 proprio contemporaneamente all'uscità del citato Train de nuit. Il titolo è Captain S.O.S,  la sua prima inchiesta. La serie poi continuerà sulla rivista Ric et Rac con ben quattordici racconti, pubblicati come la serie Les Exploit de Sancette tra il maggio '29 e il febbraio 1930. Poi assistiamo ad un'evoluzione, Sancette diventa l'ispettore G.7 per una raccolta di racconti dal titolo Les Treize Enigmes uscita sul magazine Détective (e poi per Fayard in un omonimo volume nel '32). Ma la fine di Sancette è vicina. Nell'ottobre del '31 esce un'altra sua avventura La folle d'Itteville, ma nel frattempo è arrivato l'uragano Maigret che tra febbraio e settembre di quell'anno ha già lanciato sul mercato ben nove titoli! Il successo era nell'aria, ma il gradimento da parte del pubblico del commissario di Quai des Orfévres a quel punto era ormai una solida realtà. Al contrario, La Folle d'Itteville si era rivelato un mezzo flop. Non c'era storia e quella fu l'ultima apparizione di Sancette.
Ma cerchiamo di capire differenze e analogie tra il povero Sancette e il fortunato Maigret.
Primo e non secondario aspetto. L'autore di Sancette era ancora tale Christian Brulls. Con Maigret nacque lo scrittore Georges Simenon.
Qualcosa in comune l'ispettore e il  commissario ce l'hanno. Il primo infatti dichiara in Captain S.O.S. "...un vero poliziotto è un confessore al quale nessuno dirà nulla e che dovra scoprire tutto!... - oppure - Cos'è un crimine? Un atto commesso da un uomo! Quello che mi interessa è la mentalità dei criminali... E' stato commesso un crimine... io mi metto al posto di colui che l'ha compiuto... Cerco di avere gli stessi pensieri che lui ha avuto..."
Sembra in effetti per certi versi il "metodo Maigret". Anche Sancette mangia in un bistrot di place Dauphine. Abbiamo prima detto della sua sigla 107... in effetti in francese la pronuncia del numero centsept é quasi indentica a quella del suo nome. Ma anche questo è un nome ombra, quello vero è Joseph Boulines, sembra che usasse questo espediente per nascondere il fatto che era figlio di un alto funzionario.
Giovane, allegro, gioviale, Sancette, scapolo dagli occhi azzurri, è un bravo ragazzo, niente a che fare con il burbero, massiccio e a volte brusco commissario, ma tutti e due fumano la pipa (anche se allora in Francia era  un'abitudine molto più diffusa di oggi). E poi non ha certo il fisique du role di un funzionario di polizia, dove era entrato a soli diciotto anni e dove, grazie al suo fiuto straordinario per la soluzione dei casi, fà un'incredibile carriera. E' il beniamino della polizia giudiziaria, chiamato spesso gamin, cioè ragazzo. Il "ragazzo" ha una convinzione: se nei primi tre giorni dell'inchiesta troverà un indizio, per piccolo che sia, poi il resto sarà un gioco da ragazzi.
Come maialla fine Maigret vinse su Sancette? Forse un certo spessore che si ritrova nel primo manca nel secondo? Probabilmente la caratterizzazione del commissario risultava più originale e marcata. Quella di Sancette, per quanto si distaccasse dai cliché del poliziesco allora in voga, non era poi così diverso... Era pur sempre un giovane, brillante, scapolo, in carriera... insomma molti suoi tratti erano in comune con tanti e tanti altri protagonisti della letteratura di genere.
Maigret invece fu una vera rottura, un decisa inversione di rotta che inoltre permise all'autore anche allargarsi più di un volta alla letteraura tout court, aldilà delle regole che allora vigevano per il polar.
Forse il commissario vinse perchè era un personaggio più vicino alla gente comune, con le sue umili origini, i suoi anni di gavetta in polizia, il suo gusto per le cose semplici?
Magari vinse perché nelle sue inchieste si presagiva la trasformazione di Simenon da scrittore a romanziere... Le vicende del commissario non costituivano forse l'anticamera di quel tipo di letteratura cui fin da giovanissimo l'autore aveva aspirato?

sabato 28 gennaio 2012

SIMENON. MAIGRET "RACCONTATO" DA PINTER E NON SOLO...

Grande. Anzi grandissimo. Lo abbiamo citato più volte qui su Simenon-Simenon sia nei post, sia riproponendole sue opere (qualche volta addirittura, indegnamente, giocandoci) . Stiamo parlando di Ferenc Pintér, indiscutibilente l'autore delle più belle copertine del Maigret targato Mondadori. Certo con sempre davanti la faccia del nostro commissario televisivo, Gino Cervi, ma la sua arte, la sua sensibiltà, la sua capacità di rendere con pochi tratti e qualche macchia di colore il personaggio, sono a nostro modesto avviso, insuperabili e hanno creato degli orginali capolavori.
E anche la cabala ci ha messo del suo. Infatti Pintèr è nato insieme a Maigret, nel 1931, nello stesso anno in cui veniva lanciata la serie dei Maigret con il famoso Bal Anthropométrique.
Il piacere di parlare ancora una volta di questo artista ce lo fornisce l'uscita di Tutti gli Oscar di Pintér per i tipi della Little Nemo, un volume curato da Santo Alliago che comprende ben 800 copertine create dal grande illustratore per la famosa collana mondadoriana (prezzo 35 euro)
Vale ricordare che Pintér italiano, di Alassio, ma che, a nemmnon dieci anni, si trasferì in Ungheria per dei problemi di salute del padre che infatti morì di lì a qualche anno. Nel '56, durante la rivolta ungherese contro l'invasione russa, riuscì a fuggire da Budapest e a tornare in Italia dove dal 1960 iniziò a lavorare per Mondadori.
La sua inconfondibile mano non si cimentò solo su Maigret, ma i suoi quadri (scusate, ma noi quelle copertine le consideriamo dei veri e propri quadri), per gli appassionati del commissario simenoniano, costituiscono un'icona nel loro immaginario collettivo, e questo libro dà l'occasione a chi, per ragioni anagrafiche ha conosciuto solo quelli di Adelphi, di scoprire l'universo creativo di Pintér che oltretutto si attaglia perfettamente allo stile di Simenon. Anche lui riesce a creare con pochi essenziali tratti un 'atmosfera coinvolgente. La stessa capacità dello scrittore di individuare quei particolari che ci raccontano una storia. Anche lui, come l'autore, esprimendosi senza ridondanze è capace di realizzare un opera completa che non manca di nulla, ma dove non c'è una pennellata di troppo.
Tutti gli Oscar di Pintér, completa tra l'altro la triologia della Little Nemo sul grande illustratore, scomparso nemmeno quattro anni fa', aggiungendosi a Tutti i Maigret di Pintér e a Tutti gli Omnibus Gialli di Pintér formando, con i contributi di Ferenc Pintér, Antonio Pintér, Stefano Salis, Vittore Armanni e Massimo Romano, il confanetto Ferenc Pintér (al prezzo speciale fino al 3 marzo di 99 euro invece di 130).
Chiunque volesse, potrà acquistarli on line. Cliccare qui

giovedì 26 gennaio 2012

SIMENON. MAIGRET CATALOGATO COME MOZART?

L'eclettico Steve Trussel
La catalogazione è un importante strumento per tutti gli studiosi di un certo ambito. Tanto per fare un esempio, potremmo citare quello delle opere di Mozart. Sì, Wolfgang Amadeus Mozart le cui creazioni  furono catalogate dal musicologo austriaco Ludwig Ritter Von Köchel. Da qui la cifra alfa-numerica che precede il nome delle compsizioni mozartiane: come il Rondò in si bemolle maggiore siglato K 269, dove K sta per Köchel e 269 indica la collocazione cronologica.
Pochi lo sapranno, ma esiste anche una catalogazione per le inchieste del commissario Maigret, romanzi e racconti. Questa è dovuta all'eclettico ed enciclopedico Steve Trussel che ha ideato un sistema in inglese che si basa però sui titoli orginali in francese. La classificazione in questo caso non ha nessun ordine cronologico. Dal titolo originale vengono estratte tre lettere, che nel titolo sono consecutive e ritenute significative e non si tratta quindi nemmeno di acronimi. Queste sigle vengono poi ordinate alfabeticamente dal 1° AMI per Mon ami Maigret del '49, fino al 103° VOY per Maigret voyage del '57.
Va sottolineato che le sigle sono in maiuscolo per i romanzi, ma variano e sono invece tutte in minuscolo per i racconti. Ad esempio la sigla del 91° Stan le tueur, racconto del '37 è sta, tutto minuscolo. Qualche altro esempio. Al numero 52 troviamo LOG, Maigret, Lognon et les gangsters, sempre romanzo del '51, al 13° posto c'è ceu che corrisponde al racconto Ceux du Grand Café del '38.
Non è proprio quella che si definisce una catalogazione intuitiva. Sembra piuttosto un codice a chiave. Il primo Maigret (almeno convenzionalmente) Pietr-le-Letton pubblicato nel '31, lo troviamo al 50° posto come LET e l'ultimo Maigret et Monsieur Charles del 1972 è 14° e siglato CHA.
Ma come in tutte le discpline, nulla è immobile e immutabile. Nulla vieta che qualcuno, chssà un italiano, elabori una nuova e diversa (speriamo meno criptica) classificazione che magari potrebbe includere tutte le opere di Simenon, compresi i romanzi e la letteratura popolare. Chi se la sente, faccia un passo avanti.
Per chi volesse l'elenco completo (con evidenziate in rosso le lettere che formano la sigla) può cliccare qui su Catalogazione Trussel.

mercoledì 25 gennaio 2012

SIMENON NON DIVENTA AMERICANO PER IL MACCARTISMO

Il senatore americano Joseph McCarthy
Si parla sempre di un Simenon tutto sommato conservatore. Meglio potremo dire che è stato spesso identificato come un conservatore silenzioso. Quasi mai ha espresso giudizi politici specifici (a parte la sua insofferenza nei confronti del generale De Gaulle). I suoi trascorsi come giornalista alla Gazzette de Liége un giornale di destra, le sue condizioni di ricco e agiato borghese dalle frequentazioni di livello, il suo dossier del Fronte Nazionale di Liberazione francese per i suoi contatti (e gli affari) durante l'occupazione con la Continental, società di produzione cinematografica di fatto in mano al ministero della propaganda nazista. Insomma tutti fatti indiscutibili che sembrerebbero deporre a favore della sua collocazione in un'area conservatrice.
In realtà se andiamo a scavare un po' più di più, ci accorgiamo ad esempio che durante la guerra fece prima il Commissario per i rifugiati  del Belgio che sbarcavano in Vandea e che poi fu messo sotto inchiesta dai collaborazionisti francesi perché il suo cognome Simenon, derivava da Simon, un nome evidentemente ebreo. E faticò non poco a salvarsi, dovendo attacarsi alle ascendenze prussiane da parte della madre, Henriette Brulls. Non va poi dimenticata la sua dura posizione contro il colonialismo, su cui scrisse diversi reportage. E poi nei suoi romanzi i protagonisti sono molto spesso gli ultimi nella scala sociale, quelli per cui parteggia lo scrittore, in contrapposizione con certa borghesia parassitaria, ipocrita, attenta solo al proprio profitto, alla propria rispettabilità. E poi Maigret. Il suo soprannome "riparatore dei destini" è nei fatti una dura contestazione del sistema, in questo caso quello giudiziario. Un funzionario dalla lunga esperienza come Maigret, sa che non sempre la legge coincide con la giustizia. E allora certe volte non dà peso ad una prova, ignora una testimonianza e, quando decide lui, il colpevole materiale finisce per farla franca. Perchè il commissario reputa (ma questo è ovviamente quello che pensa Simenon) che certi colpevoli non lo sono affatto, sono anzi vittime della società, di condizioni cui non possono ribellarsi, spesso messi al muro da un destino che non dà loro altra scelta. E allora, siccome il commissario sa che spesso la legge e l'iter processuale sono ottusi, e non tengono conto di quelle che non siano prove tangibili e i fatti incontrovertibili, ci pensa lui ad "accomodare i destini".
E inoltre va anche segnalata l'esperienza del periodo del maccartismo negli Usa a cavallo degli anni '40 e '50. Simenon aveva fatto domanda di naturalizzazione da poco, proprio quando si alzava  l'onda della caccia alle streghe da parte del senatore Joseph McCarthy e della sua commissione nei confronti dei comunisti americani o presunti tali.
Accuse portate senza prove o peggio con prove false. Questo colpì molto Simenon che si era fatto dell'America l'idea di un paese libero dove professioni di pensiero, religiose e politiche avessero piena cittadinanza. E invece vide amici come Hammett, finire in prigione e ridotto al lastrico dalla confisca i tutti i suoi beni. Charlie Chaplin dovette partire per l'Europa. La caccia si concentrava soprattutto sul mondo dello spettacolo e della cultura dove le simpatie per le idee della sinistra erano piuttosto diffuse. Simenon vide alcuni colleghi, amici e conoscenti, confessare reati inesistenti, accusare altri colleghi. Altri invece tennero duro a costo di non riuscire più a lavorare, nel migliore dei casi, o di finire spesso in manette.

Simenon e la moglie Denyse nella loro casa, Shadow Rock Farm
Ecco come Simenon stesso ricorda quel periodo nelle pagine di Mémoires intimes.
"... Nella primavera del '51, in pieno disgelo, mentre i nostri ruscelli si trasformavano in torrenti, un certo senatore McCarthy otteneva dal Senato la presidenza di una comissione incaricata di giudicare numerose personalità accusate di sovversione, vale a dire di attività non conformi all'interesse del Paese. Le sedute di questa commissione, eretta a tribunale, venivano integralmente trasmesse per radio e alla televisione, e ho passato giornate intere a seguirle davanti al mio apparecchio. Quel periodo è rimasto tristemente famoso sotto il nome di caccia alle streghe..."
Simenon fu colpito particolarmente dall'audizione di Oppenheimer, docente di fisica all'Università di Princeton, braccio destro di Einstein, che aveva collaborato di persona alla messa a punto della bomba atomica di Hirohsima.
"... decine di intellettuali e di artisti rinomati si succedettero davanti al collerico senatore dalla voce tonante. Quella vicenda mi appassionava e io e D, quando ci allontavamo da casa, seguivamo i processi in macchina alla radio... Avevamo già parecchi amici a Lakeville, ma di questa cosa non si parlava mai, come se ciascuno di noi avesse paura di compromettersi.... Quello che davvero mi sbalordiva era che la sua caccia alle streghe potesse aver luogo nella libera America, di cui conoscevo quasi a memoria la Costituzione e il famoso discorso di Lincoln... ce l'avevo con McCarthy e con i suoi simili perché sporcavano la "mia" America... ho rinunciato alla domanda di naturalizzazzione, che forse mi era stata ispirata dall'atmosfera particolare di Shadow Rock Farm e dei suoi dintorni...".
Erano già anni tra il '52 e il '53. A marzo del 1955 Simenon abbandona gli Stati Uniti e ritorna definitivamente in Europa.
Non si può dire che la decisione fosse maturata in seguito alla tragedia del maccartismo, ma certo anche questo ebbe la sua influenza.

lunedì 23 gennaio 2012

SIMENON SIMENON IL 500° POST

Una breve nota sul post precedente che è il cinquecentesimo da quando abbiamo iniziato qesto blog a fine novembre del 2010.  Insomma un primo traguardo, simbolico certamente, ma che testimonia la ricchezza di argomenti che troviamo attorno a Simenon, ai suoi romanzi, alla sua vita e al suo inossidabile Maigret. E poi l'attualità che riguarda le uscite dei suoi libri, le manifestazioni a lui dedicate, anniversari e quant'altro, non fanno che aumentare la mole di argomenti da trattare.
Simenon Simenon si è dato anche l'obbiettivo di far conoscere meglio il romanziere, l'uomo, per riuscire a stabilire un nesso sempre più stretto tra l'autore e le sue opere. Questo soprattutto per capire meglio i suoi romanzi, conoscere i retroscena e le motivazioni delle sue scelte letterarie nonché la genesi di un personaggio come Maigret.
Grazie anche a tutti quelli che ci hanno seguito, sempre più numerosi nelle loro visite, e che ci hanno dato il sostegno per continuare ed arrivare a questo cinquecentesimo post.

SIMENON. IL ROMANZO, IL NOIR, LA STORIA....

Un corposo articolo a firma di Giuseppe Genna è comparso ieri sulle pagine dell'inserto La Lettura del Corriere della Sera, titolato Il romanzo oltre la storia, ovvero Svolte. Una nuova rappresentazione del reale (crisi compresa) per superare i canoni del noir.
In qualche modo si torna a dibattere dunque sul tema della letteratura noir. Ce ne occupiamo perché più volte Simenon è stato tirato per i capelli, ma non sempre a torto, nel recinto del noir e poi perché quella del noir-non noir è una discussione su cui sono rimasto a lungo coinvolto. 
Genna parte da un'analisi sia sul ruolo della Storia nel romanzo, anche quello noir, citando quello che definisce "maestro del genere nero", James Ellroy. Riporta l'incipit infatti dell'ultimo volume della triologia della storia sotterranea americana, come la definisce lo stesso Ellroy, Il sangue é randagio. Poi passa in rassegna i nomi italiani del giallo (noir, crime fiction o thriller che sia) partendo da De Cataldo, Carofiglio, fino a Lucarelli, che, a suo avviso, avrebbero dei "debiti stilistici nei confronti di Ellroy.
Qui la nostra prima osservazione. La capacità di intrecciare la storia, con personaggi realmente esistiti, con la fiction romanzesca (magari realistica) e con le proprie ossessioni è un cifra stilistica dello scrittore americano così originale che non ci pare che, anche fatti i dovuti distinguo, si possa in qualche modo riprorre per i succitati scrittori italiani. E' la base, direi culturale, di un paese come l'America che genera scrittori come Ellroy. Sappiamo quanto la nostra narrativa si porti sulle spalle un fardello (o si giovi di invidiabile substrato) di esperienze culturali e letterarie stratificate che partono dalla letteratura latina e transitano per Dante, Manzoni, Leopardi, tanto per buttare lì qualche nome in modo casuale. E questo, a mio avviso, è al tempo stesso un background che arricchisce, ma che condiziona chiunque si metta a scrivere.
Gli americani non hanno questa fortuna. Ma d'altra parte godono di una sorta di "memoria corta" che somiglia molto ad una tabula rasa che non comporta condizionamenti e lascia più libero il narratore da riverenze anche inconsce. Questo, a nostro avviso, fà la differenza. C'è una leggerezza e una naturalezza con cui si pongono davanti alla storia, con una capacità di critica a volte violenta (ed Ellroy ne é un esempio lampante) con cui taluni scrittori affrontaano le istituzioni, la società, la mentalità dominante. Questo non è certo applicabile a tutta la letteratura made in Usa e tanto meno è garanzia di buona letteratura, ma si tratta di un fatto che va considerato.
"Il trhiller seriale non incanta più" scrive Genna. su questo siamo d'accordo. Alcuni (troppi?) scrittori sono entrati in quella macchina industriale editoriale che li trasforma in ingranaggi. Vogliamo fare un esempio concreto? John Grisham e Scott Turow, quasi coetanei, entrambi avvocati "prestati" al mystery, come dicono negli Usa, iniziano a scrivere entrambe nel 1987, i  romanzi di tutti e due sono diventati anche film di successo, ma...  Ma Grisham dal '87 al 2010 ha scritto venticinque romanzi. Turow nello stesso periodo una decina. Questo vuol dire che il primo ha scritto almeno un romanzo all'anno, il secondo ha pubblicato un romanzo ogni due anni mezzo circa. Questione di ispirazione? Ricchezza creativa e  velocità di scrittura? Certo, ognuno ha i suoi tempi. Ma uno scrittore che ogni anno presenta regolarmente la sua nuova opera, ci fa pensare più alle esigenze di una programmazione editoriale che non ad una genuina impellenza di creare.
Non possono mica essere tutti dei Simenon, che tra Maigret e romanzi arrivava a scrivere mediamente quattro titoli all'anno! Ci si scusi l'osservazione partigiana. Ma il dubbio rimane. Certo anche Simenon è stato a lungo tacciato di essere uno scrittore dai ritmi industriali (era soprannominato addirittura il Citroen della letteratura), e anche dai romanzi di Simenon sono stati tratti dei film (una sessantina).
Quello che intendevo dire è che molti scrittori di oggi sembrano ormai troppo funzionali alla grande industria dell'entertainment dove lo show business miscela letteratura, cinematografia, televisione, videogame, web applications. E gli scrittori vengano spremuti in nome del successo, delle vendite, del profitto. Questo negli Usa è ormai consuetudine e se il mystery o il noir non tirano più vanno contaminati con quel tanto di fantasy, horror o di sci-fi a seconda delle tendenze e delle mode del momento. E alla fine certa produzione letteraria finisce per seguire gli stessi criteri dei film o dei serial televisivi...  Ecco che allora quando Genna si chiede "..il thriller seriale non incanta più, le classifiche languono per autori come Grisha e Cornwell..." non fa che confermare l'avvicendamento veloce che lo show business di cui parlavamo prima impone, che accomuna tanto i serial televisivi quanto gli scrittori che non tirano più.
Quello che ci risulta più difficile è cogliere quella linea di continuità che Genna vede tra il fantasy-horror di certo Stephen King e il crime novel di Ellroy, facendo un parallelo tra il nostrano Camilleri nella sua versione di scrittore "storico" e in quella di autore del famoso Montalbano. Insomma tra quello che Genna definisce genere storico e quello identificato come nero ci sarebbe un'indossolubilità per confermare la quale chiama in causa il Theodor W. Adorno della famosa scuola di Francoforte.... continua qui >>>


domenica 22 gennaio 2012

SIMENON. DA DOMANI MAIGRET INDAGA ANCHE DAGLI EBOOK

Come già vi avevamo preannunciato nel nostro post del 17 gennaio, sono in arrivo nell'edicola elettronica, dopo i romanzi, anche i Maigret. Per la precisione da domani le inchieste del commissario si svolgerano anche nell'intagibile mondo del digitale. L'Adelphi ha infatti programmato l'intera serie con uscite che raggruppano cinque romanzi. In questa versione ebook i titoli seguiranno un ordine cronologico e quindi domani potrete iniziaare a scaricarli su vostro pc, o sul tablet o sull'ereader (compratene uno per leggere gli ebook, è l'unico strumento davvero ad hoc per la lettura). Domani quindi Pietro il Léttone, convenzionalmente considerato il primo Maigret, sarà gratis per il lancio insieme agli altri quattro L'impiccato di Saint-Pholien, La ballerina del Gai-Moulin, Il defunto signor Gallet, Il porto delle nebbie, che invece costeranno ognuno 1,99 euro (anche sul trading-on-line non si rinuncia ai prezzi-richiamo da bancarella. Così 1,99 anche qui funziona meglio di 2,00. Questo centesimo in meno fà davvero miracoli, commercialmente parlando?). Poi la cadenza sarà quella mensile ad un prezzo di 4,99 euro a titolo. Siamo al limite con i prezzi della Bibiloteca Minima Adelphi (ad esempio La pazza di Itteville a 5,50 euro). Comunque lo sbarco sul digitale dell'opera completa è una bella notizia per gli appassionati, ma anche un'occasione per certi target, quello giovanile e quello tecnologicamente evoluto, che magari non conoscono Simenon.
L'appuntamento è per il quarto lunedì del mese, una scelta un po' inconsueta dettata da motivi che alla casa editrice non hanno esplicitato. Certo il primo del mese sarebbe stato più facile da ricordare, ma ad appassionati e collezionisti questo piccolo sforzo non costerà granchè.

venerdì 20 gennaio 2012

SIMENON. 1932 L'ANNO DELLA CONSACRAZIONE

Nonostante le duecento e più publicazioni tra romanzi, racconti, romanzi brevi nell'ambito della letteratura popolare che il giovane Simenon aveva già collezionato nel 1931, a nemmeno trent'anni, la sua fama era ancora circoscritta alla Francia, e forse potremmo dire a Parigi, proprio perché erano tutti titoli siglati utilizzando una ventina di pseudonimi. E così erano gli addetti ai lavori che lo conoscevano e lo giudicavano, per la verità ancora con un criterio più quantitativo che qualitativo. Per il pubblico il nome più popolare era Georges Sim, che lo scrittore riservava ai suoi titoli migliori.
Il vero salto di qualità lo fece con la serie dei Maigret. Contrariamente alle previsioni catastrofiche del suo editore Fayard, nonostante la completa estraneità alle regole dei polar di successo, il commissario di Quai des Orfévres si impose prima con un inaspettato successo di pubblico, mentre la critica rimaneva ancora sospettosa. Da una parta la sua imponente produzione ad un 'età così giovane ne faceva uno scrittore fuori del comune, dall'altra però si trattava di letteratura popolare che aveva scarso peso nella cosiderazione dei critici.
Ma Simenon tanto ci credeva che ci aveva messo la faccia. Era infatti la prima volta che uscivano dei libri con il suo vero nome. E infatti il salto con i Maigret, iniziò ad aprire una breccia e a far sì che Simenon fosse guardato con occhi diversi da quelli che avevano giudicato Georges Sim.
E in fenomeno Simenon-Maigret, iniziò a interessare anche la critica di paesi che non fossero la Francia e spesso avvicinandolo ad un altro prolifico e già famoso scrittore di gialli, Edgard Wallace.
Una delle prime ad interessarsene è la giornalista americana Janet Flanner del New Yorker che nel  ottobre del '31 si sbilancia su Simenon e, facendolo consocere agli americani,  conclude il suo articolo con un preveggente "... Simenon fà già scuola per conto suo...". Sempre sull'altra sponda dell'Atlantico il New Yorl Herald Tribune, nel '32, parla di un giovane Simenon che "... furoreggia a Parigi... a ventotto anni e con già duecentottanta romanzi alle spalle...". In Gran Bretagna il prestigioso Times Literary Supplement giudica "...le storie ingegnosamente costruite e ben raccontate..." e l'Evening Chronicle fa giustamente osservare che "... non è corretto paragonarlo a Edgard Wallace quando i due scrittori hanno in comune solamente la grande produzione...".
Già dai primissimi anni d'altronde i Maigret sono tradotti in inglese, olandese, italiano, norvegese e in seguito in un'altra trentina di lingue.
Anche la critica negli anni seguenti si dimostrerà più favorevole, riconoscendo le sue qualità di abile scrittore, di originale giallista e il pregio di essere comprensibile a tutti. Su queste basi Simenon si sentirà sicuro per il suo ulteriore salto verso la letteratra tout-court, lanciandosi in quelli che lui stesso chiamava i romans-durs.

giovedì 19 gennaio 2012

SIMENON. IL GIOCO DEI SOPRANNOMI

L'argomento si presta alle più varie trattazioni. Ma è evidentemente un tratto significativo. A tre delle donne più importanti della sua vita, quando inziarono a frequentare il suo ambito,  Simenon cambiò il nome.
Successe infatti con la prima moglie Régine Renchon, per la quale coniò il diminuitivo di Tigy che le rimasenon solo per tutta le loro via matrimoniale, maanche dopo, anche per i figli, per la famiglia. Lo stesso accadde con Henriette Liberge, la femme de chambre che lui e Tigy avevano scelto giovanissima durante un soggiorno vacanziero in Normandia. Anche lei soprannominata. Divenne infatti la Boule, perché era piccola rotondetta e piaceva molto a Simenon per cui fu un'amante fissa, aldilà delle mogli e delle inummerevoli donne che lo scrittore possedette. Una relazione per la vita, con tanto di scambi epistolari che la donna volle fossero distrutti alla sua morte.
Anche la seconda moglie non sfuggì alla regola. Infatti da Denise divenne Denyse. Quando la conobbe, al suo arrivo in America, per lei ebbe un vero e proprio colpo di fulmine, come mai gli era successo nella sua vità. E oltre l'amore, la complicità e l'immediata intesa, c'era quel sesso passionale che con  Tigy non aveva mai nemmeno sfiorato lontanamente. Anzi. E in quella situazione Simenon si scopri geloso e soprattutto di un altro Georges, precedente amante di Denise. Lei lo chiamava Jo, cosi chiamava anche Simenon. Le impose immediatamente di non chiamarlo più con quel diminutivo e iniziò a chiamarla Denyse, con la "y", come se fosse una donna nuova, cui lui stesso aveva scelto il nome. Poi quando alla fine del loro matrimonio, la loro relazione era peggiorata, Simenon le si rivolgeva e scriveva di lei con una sola lettera: D.
Sembrerebbe facile affermare che Simenon era un egocentrico e tutto quello che girava intorno a lui doveva essere, come lui voleva, nomi inclusi. Ma questo sarebbe semplicistico e poco realistico.
Certo era un preciso e un organizzatore, inoltre era abituato a dare nomi a tutti i protagonisti e ai personaggi dei suoi romanzi, dei suoi racconti e dei suoi Maigret. E, primo di tutti, lui stesso si era dato dei soprannomi: tutti quegli pseudonimi con cui aveva firmato tutti i suoi libri popolari, una ventina circa di cui il più usato era Sim. Georges Sim.

martedì 17 gennaio 2012

SIMENON E I SUOI ACQUIRENTI PER... PROCURA

Vorremmo segnalarvi un post apparso su Vanity Blog, nella versione on-line del settimanale Vanity Fair. Si tratta di un breve e gustoso racconto (vero o verosimile?) di cui però non vi anticipo nulla, tranne il fatto che viene coinvolto Simenon. Il post è intitolato Il signor Simenon ed é stato pubblicato oggi tra i post di Viola . Consigliata la lettura? Assolutamente sì. Gli estimatori del romanziere si trovano dappertutto, anche nei blog... basta  cercarli. Buon divertimento.

SIMENON. DIECI VOLTE DIGITALE

Prima o poi doveva succedere. Anche Simenon, raffinato e allo stesso tempo popolare scrittore,  è approdato alle impalpabili sponde del digitale e ben dieci dei suoi romanzi vengono ora proposti come ebook in italiano. L'editore di casa nostra, Adelphi, fa trapelare che saranno ben presto disponibili anche le inchieste del commissario Maigret.
In Italia il mercato dei libri cosiddetti elettronici è stato stimato a fine 2011 in circa 20.000 titoli in commercio. Nessun (o quasi nessun) editore ne è rimasto fuori e, se fino ad un paio d'anni fa' ci si doveva contentare per la lingua italiana di classici e rari titoli originali, oggi le cose sono cambiate e sono destinate a cambiare ancora.
E quindi Adelphi esce con ben dieci romanzi di quello che probabilmente è il suo autore più venduto. Certo si tratta di titoli già rieditati in economica o super-economica, tutti con diverse edizoni sulle spalle, ma titoli che quando vengono ripubblicati entrano quasi matematicamente in classifica.
Vediamo intanto quali sono questi titoli:
- Il gatto
- Luci nella notte
- Il ranch della giumenta perduta
- La camera azzurra
- La fuga del signor Monde
- La pazza di Itteville
- L'orologiaio di Everton
- Corte d'assise
- Cargo
- L'assassino
Il problema é che in Italia non è ancora decollata la vendita degi "ereader." Cioè quegli strumenti con schermo più o meno grande che servono a leggere. Certo poi ci sono i tablet, i computer di tutti i tipi dai desktop agli utilimissimi ultrabook e qualcuno ci mette dentro addirittura gli smartphone. Ognuno di questi è uno  strumento con cui scaricare e leggere gli ebook. A giugno 2011 erano qusi 400.000 gli ereader venduti in Italia, l'unico strumento davvero adatto alla lettura di un romanzo, perché non è retrolluminato, perchè è opaco (quindi non stanca gli occhi anche se si leggono cinquanta pagine) e perchè costa decisamente meno di tutti gli altri strumenti citati.
Il nostro consiglio è di lanciarsi nel mondo della letteratura digitale. Non temere la scomparsa del libro cartaceo, ma sperimentare che, se si comincia, si apprezzano le qualità degli ereader per gli ebook.

lunedì 16 gennaio 2012

SIMENON SIMENON SALUTA CARLO FRUTTERO

Simenon Simenon partecipa all'ultimo saluto a Carlo Fruttero, uno dei più raffinati scrittori e giallisti italiani che per quasi per mezzo secolo ha formato una coppia straordinaria con Franco Lucentini. Lasciamo ad altri il ricordo della notevole produzione letteraria dei due, romanzi, saggi, articoli e dei film che furono tratti dai loro titoli.
Qui vogliamo solo ricordare come fossero anche loro estimatori di Simenon e di quello che Fruttero disse nel 2003, in occasione della scomparsa dello scrittore papà di Maigret, in un'intervista al quotidiano La Repubblica, di cui vi riproponiamo un brano.
 "... Ciò che stupisce in Simenon - dice Fruttero - è la concretezza della scrittura. Leggevo giorni fa un suo breve romanzo, La pioggia nera. In poche pagine, lui riesce a mettere insieme una vecchia zia, una città, un intero ambiente di provincia. Possiede un senso rigoroso della sintesi: è il suo dono. Il suo è stato l'ultimo occhio 'balzacchiano'. Solo chi crede nella realtà può riuscire a disegnarla con mezzi così strepitosamente succinti...".
Certo potremmo analizzare le analogie letterarie, l'interesse per la provincia, l'attenzione per i caratteri umani, per certe atmosfere, ma non ci pare questa la sede e il momento.

SIMENON E LA CARTA DEI VINI (E DEI LIQUORI) DI MAIGRET

Sulla propensione di Maigret a mangiare e bere se ne è parlato molto. E' una delle caratteristiche esteriori forti del personaggio che, ad esempio assieme alla pipa, contribuisce a costituirne alcuni dei tratti fortemente riconoscibili. Abbiamo quindi detto bere, mangiare e fumare... insomma un personaggio che sembra godersi la vita nonostante la sua professione gli procuri problemi e preoccupazioni non da poco.
Ma Simenon quando ha costruito il personaggio, ha voluto crearne uno quanto più vicino alla gente comune e così anche questa sua passione per il mangiare e il bere non é sofisticata (anche se il commissario mostra in più di un caso una certa cultura in fatto di gastronomia), ma indirizzata verso gusti semplici, piatti e bevande popolari.  Certo nel centinaio di casi scritti da Simenon (tra romanzi e racconti) Maigret ha bevuto e mangiato di tutto. Occasioni di vario tipo lo hanno portato a bere un bicchiere di whisky, anche se non gli piace. Come pure lo chamapagne, che lo lascia piuttosto indifferente. Invece gradisce volentieri il Martini dry,  o meglio ancora, il cognac di cui tiene una piccola scorta anche in ufficio, per le lunghe nottate di interrogatori o per aver qualcosa da offrire quando l'occasione lo richiede. Anche l'armagnac anche fa parte delle sue preferenze ma soprattutto il calvados.
Vorremmo soffermarci su questo liquore che prende il nome dall'omonima regione del nord della Francia e che è un distillato di mele. Negli anni '30 era un liquore molto popolare, economico e senza grandi pretese. Maigret ne beve spesso e volentieri, soprattutto durante gli appostamenti notturni o gli inseguimenti che lo costringono all'aperto durante le fredde notti d'inverno parigine. Poi anche il calvados si è sofisticato, lo hanno iniziato ad invecchiare, in botti di rovere, poi in botti dove era stato invecchiato il cognac... insomma oggi è diventato un distillato di pregio e costoso.
E poi c'è la birra che è un'altro "must" del commissario, tipica di quei vassoi che da Quai des Orfévres ordinano alla famosa brasserie Dauphine, quando gli interrogatori di uno o più sospettati si prolungano nella notte e fanno saltare la cena al commissario e ai suoi ispettori. Birra insieme ai panini che consumano lì in commissariato. Però la birra è anche quella fresca e ristoratrice che durante i mesi esistivi, gli rinfresca la gola secca per la calura e spesso lo rimette in sesto nel bel mezzo di un'indagine difficile. Ma Maigret non si ubriaca mai? Generalemente no. Non è nel personaggio. Stazza imponente, abituato a bere (alcune volte Simenon gli fa trangugiare un doppio kummel da 65°) e che in definitiva regge molto bene l'acol. Anche perché le occasioni per bere sono, come abbiamo visto, tante come ad esempio gli aperitivi e qui le sue preferenze vanno al francesissimo pernod.
Birra e pernod ci fanno da trait d'union per passare ai vini. Quando il commissario è a tavola la sua preferenza va a beaujolais, chateneuf de pape, rosé di Provenza, al sancerre, ma anche a vini italiani come il chianti. Ma anche qui, proprio per fare del commissario uno come gli altri, Simenon gli fa bere molto spesso del vino bianco, quello al bicchiere che Maigret butta giù tutto d'un fiato, magari sul bancone zincato di un vecchio bar.
Il suo amico dotttor Pardon (quello con cui si scambiano gli inviti a cena una volta al mese)  si accorge di questa proponsione al bere dell'amico e gli consiglia ogni tanto di moderarsi.
Ma d'altronde per Maigret le tentazioni sono un po' ovunque. Anche a casa dove non manca mai la prunella fatta dalla sorella di M.me Maigret. Non è il massimo per il commissario, ma dopo quelle cenette a base di fricandeau all'acetosella o di faraona in crosta oppure razza di bue al burro nero preparate dalla moglie, per digerire, insieme ad una pipata, va bene anche un bicchierino o due di prunella.

sabato 14 gennaio 2012

SIMENON. UNA MADRE LONTANA...UNA LETTERA TARDIVA

Che tra Georges e sua madre non corresse buon sangue è ormai cosa nota a cui abbiamo accennato più d'una volta. Più esatto sarebbe affermare che da sempre le preferenze della madre erano andate al figlio più piccolo, Christian. Georges aveva come riferimento il padre. Desiré, anche se recessivo come carattere rispetto a quello forte e dominante della moglie, il genitore era nella considerazione del futuro scrittore un uomo saggio, quieto, che sapeva godere di quello che aveva.
E il suo pudore, quella sua tendenza a non esternare le proprie emozioni, faceva parte anche del carattere del piccolo Simenon che di solito, in cantuccio della casa, con un libro davanti agli occhi sembrava il ritratto in sedicesimo del padre che, tornato dal lavoro, si sedeva a leggere il giornale. S'intendevano con un colpo d'occhio i due, senza bisogno di parole. Invece non s'intendeva con Henriette, la quale ad esempio lo rimproverava di starsene sempre lì seduto a leggere. Questa relazione complicata e difficile andò avanti negli anni. Basta ricordare che quando, alla fine della seconda guerra mondiale, Christian si era messo nei guai seri (era ricercato dal Fronte Nazionale di Liberazione belga per aver preso parte a dei raid con i nazisti, dove erano state uccise intere famiglie colpevoli di essere comuniste o ebree). Crimini di guerra. E Chistian Simenon rischiava la forca. Allora la madre si rivolse a Georges, nonostante non avesse mancato di esprimere il suo disappunto per il successo e la ricchezza che aveva conseguito. Lo scrittore si dette da fare, mettendo in moto le conoscenze che la sua posizione gli permetteva (posizione che Henriette aveva spesso criticato). Alla fine riuscì a farlo arruolare nella Legione straniera e farlo sparire. Quando nell'ottobre del '47 Christian morì nel golfo del Tonkino, durante un'operazione militare, la madre addossò la colpa a Georges, perché era stato lui a farlo entrare nella Legione Straniera.
Il tema del rapporto tra madre e figlio ricorre spesso nei romanzi dello scrittore, in questo ambito va ricordato quell'imperdibile Lettre mà ma mére (1974), scritto quattro anni dopo la scomparsa di Henriette, dove pur scoprendo il vero aspetto dell'animo della genitrice, continua a chiamarla mère invece di un più affettuoso maman. Lei a 91 anni sul letto di morte, lui il figlio lontano quasi settantenne, in quel momento tragico è come se continuassero una lotta sotterranea, frutto dell'incomprensione di una vita. E in questo libro Simenon le confida:
"...non ci siamo mai amati, lo sai bene. Tutti e due abbiamo sempre fatto finta... - Perché sei venuto Georges? (lo scrittore era corso al capezzale della mdre morente) - Questo piccolo inizio della tua frase può essere la spiegazione di tutta la tua vita...". Parole amare, che danno idea del tono di questa "lettera" in cui viene fuori la figura di una donna, sì, segnata dal destino, ma ferrea nella sua volontà di sembrare agli altri più bisognosa del reale, ma solo per dimostrare alla gente che lei non aveva mai avuto bisogno di nessuno e non aveva mai chiesto nulla a nessuno.
"...Tra noi due non c'è stato che un legame  - si rammarica Simenon nella "lettera" - Questo legame era la tua volontà feroce di essere buona, per gli altri, ma forse soprattutto per te stessa...".