venerdì 17 dicembre 2010

SIMENON E DUE O TRE "BUGS" DI ALCUNI COLLEGHI ITALIANI

Che siano scrittori o giornalisti, possiamo considerarli colleghi di Simenon. Molti di loro hanno scritto sull'uomo sullo scrittore sulla sua vita e sule sue opere. Ma non sempre hanno centrato il bersaglio, anzi qualche volta delle traiettore dei loro strali si sono perse le tracce. Insomma non sempre quello che hanno scritto risponde a verità, anche se si tratta di firme, come abbiamo detto, autorevoli. Qui di seguito qualche chicca.

• Enzo Biagi • (Panorama - rubrica "Diciamoci Tutto" - agosto 1993) - "...Quando andò negli Stati Uniti Simenon ebbe la forza di affrontare un faticosissimo "ménage a quattro": la prima moglie Denise, poi la pittrice Tigy, poi una canadese  e infine una giovane contadina francese che lo aveva seguito Oltreoceano".Spiace davvero contraddire un maestro come Biagi. Ma per onor del vero va detto che la carovana femminile esisteva, ma
1) Denise (meglio Denyse) non era la sua prima moglie, ma la seconda.
2) La pittrice Tigy era invece la prima moglie di Simenon, fino al 1950.
3) La canadese non era una qualasiasi, era Densye cioè la sua seconda moglie.
4) La giovane contadina francese era in realta Henriette Libergie, detta Boule, la femme de chambre dei Simenon (Tigy e Georges) fin dal 1924, che per problemi di passaporto non arrivò con i Simenon nel '45, ma solo due anni più tardi.

• Corrado Augias •  (rubrica "Babele" sul supplemento settimanale de La Repubblica, Il Venerdì (1993), la nota firma "culturale italiana", scriveva in un articolo intitolato "Quando Simenon dimentica Maigret"."Leggete una qualunque inchiesta del comissario Maigret e paragonatela a questo romanzo (La vedova Couderec). La differenza che avrete sotto gli occhi è quella che segna la "medietà" inevitabile della letteratura poliziesca. Tutto quello che guadagna in suspense e in ritmo  nella ricostruzione di un 'indagine, il romanzo giallo lo perde in approfondimento e in spessore...Infatti quelli che hanno voluto raccontare un crimine dal di dentro, (da Dostoevskij a Maupassant) si sono tenuti lontani dal giallo. Vale anche per Simenon: Maigret è Maigret, ma i romanzi sono senza di lui sono altra cosa.

1) Che la letteratura gialla sia segnata da un 'invitabile "medietà" è teoria e giudizio ormai superato e non dimostrabile.  Già lo storico e critico della letteratura Giuseppe Petronio sosteneva non solo la rivalutazione della letteratura gialla, ma addirittura riteneva che fosse lo strumento letterario più adeguato per analizzare e comprendere meglio l'attuale società. Gilbert Keith Chesterton già nel suo The Defendant (1908)  affermava : "Mentre la fralezza umana rivela la costante inclinazione a ribellarsi contro qualcosa di universale e automatico come la civiltà, a predicare l'infrazione e la rivolta, il romanzo dell'azione poliziesca sottrae all'oblio, in un certo senso, il fatto che la civiltà stessa è la più sensazionale delle trasgressioni e la più romantica delle sommosse. Trattando delle vigili sentinelle che difendono gli avamposti della società, esso tende a rammentarci che viviamo in un accampamento militare, in conflitto con un mondo caotico, e che i malfattori, figli del caos, non sono altro che i traditori entro le mura della città…Il romanzo delle forze di polizia presenta quindi l’intero romanzo del genere umano. Si basa sul fatto che la moralità è il più oscuro e ardito dei complotti. Ci rammenta che tutta la silente e invisibile organizzazione poliziesca che ci governa e ci protegge è soltanto una sorta di cavalleria errante che miete successi". E poi non va dimenticata l'opinione di un certo Borges, di tutt'altro tono ma che trova a suo modo e nel suo contesto più che una rivalutazione del genere giallo o poliziesco: “Che cosa si può dire come apologia del genere poliziesco? C'è una constatazione evidente da fare: la nostra letteratura tende al caotico. Si tende al verso libero perché è più facile del verso regolare; la verità è che quest'ultimo è molto difficile. In questa nostra epoca, così caotica, c'è una cosa che, umilmente, ha conservato le virtù classiche: il racconto poliziesco. Non è possibile concepire un racconto poliziesco senza principio, parte centrale e fine [...]. Io direi, in difesa del romanzo poliziesco, che non ha bisogno di difese; letto con un certo disdegno, ora sta salvando l'ordine in un'epoca di disordine. E questa è una prova meritoria, di cui dobbiamo essergli riconoscenti”. Insomma potremmo continuare.

2) Personalmente non siamo affatto d'accordo che esistano delle differenze qualitative tra i Maigret e i non-Maigret (e questo l'abbiamo detto già mote volte) e per vari motivi. La rapidità di scrittura di Simenon era la stessa per i romanzi e per i Maigret. Un modo di comporre di getto, d'istinto, che non poteva preordinare di scrivere i Maigret in un modo e i romanzi in un altro. La vera differenza (ma anche qui ci ripetiamo) è che i Maigret erano letteratura seriale, quindi con tutte le strutture e gli stilemi tipici di questo genere (stessi personaggi, la lunghezza predefinita, tema analogo, ecc.) ma le atmosfere, i personaggi e le storie viste attraverso il velo dei paradigmi della letteratura seriale, ci rivelano stesse strutture narrative, medesimo tono, uguale attenzione ai destini dell'uomo, la solità domanda "perché?" e così via. Ma anche la lingua, soprattutto nella versione originale francese, non rivela un linguaggio "alto" nei romanzi ed uno "basso" nei Maigret. La scrittura di Simenon é sempre scarna, semplice, piana sia che scriva un Maigret di 160 pagine che un romanzo di 350. Certo nei romanzi la sua narrativa rivela un respiro più ampio e a volte più profondo, ma solo grazie alla maggiore libertà. Detto questo esistono dei romanzi molto buoni ed altri meno come succede anche per i Maigret, ma questa é tutta un'altra storia.

3) Nessuno nega che Maupassant o Dostoevskij siano stati in grado di raccontare il crimine dal di dentro, e che non avevano nessuna intenzione di scrivere "gialli", ma nelle loro trame e nelle loro scavare nell'animo umano hanno trovato il lato nero e oscuro dell'individuo che è la molla del giallo e/o anche del noir... (ma non vogliamo aprire qui un dibattito che dura da anni). D'altronde André Gide ha definito Simenon il Balzac del '900, quel Balzac che raffigurava la commedia/tragedia umana del secolo precedente, e se questo è vero ne ritroviamo lo spirito nei romanzi di Simenon, ma ce n'è traccia anche nei Maigret.

4) Insomma i Maigret saranno altra cosa, ma non come fa intendere Augias, un "altro" minore, sono solo diversi. Ma l'impronta di Simenon è così forte che ci sembra almeno spericolata e sicuramente azzardata la valutazione che viene fatta trapelare dal famoso giornlista-scrittore.


• Daria Bignardi • (Vanity Fair - agosto 2010 - rubrica "Piaceri e Dispiaceri", intitolata "L'immorale Simenon dalla parte del colpevole"). La giornlista-intervstatrice tv ci spiega che, scritto del 1937, uscì solo nel '41, perchè "...Il patron di Paris-Soir, dove il romanzo doveva essere pubblicato, lo accusava di assoluta immoralità... La storia di questo delitto-non delitto è raccontata da punto di vista di Petit Louis, un piccolo gangster...che si caccia nei guai anche se è incolpevole..."
1) La Bignardi tralascia di informarci che libro uscì poi con le prestigiose Edizioni Gallimard, mentre il proprietario di Paris Soir (fondato da Eugene Merle nel '23) dove doveva essere pubblicato a puntate, era di un'industriale della lana, Jean Prouvost, lo stesso che nel '27 volendo pubblicare Paris Matin, per lanciare questo nuovo quotidiano, voleva far scrivere un romanzo a Simenon nella famosa "gabbia di vetro" (vedi il post dell'11 novembre).

2) Il protagonista del romanzo è un gangster che verrà sì condannato per un reato non commesso, ma è uno che l'ha fatta franca moltissime volte e con la sentenza che arriva non è che, come conclude la Bignardi "... si finisce per tifare per il manigoldo", ma si percepisce piuttosto una sorta di riparazione di una giustizia, che non coincide sempre con la legge, nei confronti di un uomo del quale Simenon non prova simpatia, ma tutt'al più compassione.

3) Fatto importantissimo invece è che proprio in occasione di quella vicenda Simenon affermò "Non collaborerò più con i giornali, Mi sono ritirato nel mio angolo. E lavoro per l'eternità!". Era il momento il cui i romanzi a puntate sui giornali divennero sempre più un 'attività marginale per Simenon che dedicò la sua maggiore attenzione e i suoi sforzi ai libri. Dopo i Maigret stavano maturando i "romans-durs"

MAIGRET SU MORANDINI

Nella ultima edizione del Morandini, Dizionario dei Film 2011, tra le nuove schede c'è n'è una dedicata al personaggio creato da Simenon, il commissario Maigret, protagonista di diversi film.

martedì 14 dicembre 2010

SIMENON, VENDITE NO STOP

Secondo i dati di vendita messi a disposizione da Segnalibro che riguardano il periodo  gennaio-ottobre 2010 di oltre 900 librerie utenti di Arianna  relativi al settore dei "classici" pubblicata oggi da Ibuk.La classifica dei primi 100 libri più venduti in Italia vede ripetutamente presente Georges Simenon con diversi titoli delle inchieste del commissario Maigret e un romanzo. Ecco di seguito le posizioni occupate dai diversi titoli nei primi cento posti.
14°     Maigret e il caso Nahour (M)
15°     Corte d'Assise (M)  
33°     Maigret è prudente (M) 
35°     Il ranch della giumenta perduta  (R) 
69°     Maigret a Vichy  (M)
100°   Il ladro di Maigret  (M)
(M) Maigret - (R) Romanzi)
Insomma ancora una volta Simenon si rivela un long-seller, ovviamente i Maigret sono più popolari e quindi più letti, ma c'è anche un elemento editoriale. L'Adelphi pubblica molti più Maigret che romanzi e quindi questo condiziona anche le vendite. Comunque aver piazzato ben sei titoli nei primi cento è per il 2010 un gran bel risultato, soprattutto per i Maigret, considerando che si tratta di una serie iniziata 80 anni fa'.

lunedì 13 dicembre 2010

SIMENON, SESSO, SESSO, SESSO

Le pulsioni sessuali di Simenon sono ben note e ne abbiamo già parlato. Ma il sesso, nella vita nei libri, nella sua testa  cos'era davvero? Spesso affermava che in Francia il sesso è come il cibo: se ne può parlare liberamente. Come il cibo che, da necessità per sopravvivere, è diventata un'arte e un argomento di discussione anche nei salotti bene. Anche per il sesso succede la stessa cosa, sostiene il romanziere, che  sulla Femme en France (1958) afferma: "Se la parola amore non può sostituire sempre quella "terribile" di sesso, si dispone di una scelta incredibile di locuzioni, ad iniziare da "passione", che permettono di esprimere tutte le gradazioni di quello che difficilmente possiamo considerare come un peccato - e qui ci inoltriamo nello spinoso sentiero della traduzione di termini che per sfumature o per l'uso, e anche per il passare del tempo, possono non avere la stessa valenza nell'italiano del 2010 come nel francese della fine anni '50. E poi valgono anche i doppi sensi e  quelli traslati...Ma noi ci proviamo lo stesso. E allora ecco come Simenon continuava - La conversazione galante e raffinata (marivaudage) è appena velata di rosa, ma ecco apparire folleggiare (folâtrer), folleggiare ma con un che di maggior disinvoltura (batifoler), svolazzare e sfarfalleggiare (papilloner) e lo squisito sollazzarsi (folichonner) che sfiorano appena il peccato veniale. Civetteria (coquetterie) è molto vicino a intrigo amoroso (galanterie) e ci porta a incapricciarsi (s'embéguiner), infatuarsi (se toquer), invaghirsi (s'enticher), innamorarsi (s'enamourer), per finire con innamorarsi perdutamente (s'amouracher). A partire da quale di queste parole la nozione di sesso comincia ad essere compresa? A dire il vero essa è in tutte queste espressioni, ma sotto una forma così leggera e fluida che è difficile stabilire delle frontiere".
Ma Simenon il sesso, quello vero, non quello parlato, lo praticava tutti i giorni come un maratoneta che corre per allenarsi quotidianemente. Ed ha le idee ben chiare in proposito  " ... quello che sorprende quacuno è che io non mischio mai sesso, sentimento e amore. Solo con una donna D. (Denys, la seconda moglie?) sesso e amore si sono confusi. Con le altre no.  E non si tratta né di cinismo, né di vizio. Io considero la sessualità e tutte le sue modalità come naturali e belli - spiega lo stesso romaziere in Quand j'etais vieux - Non ho bisogno per eccitarmi di aggiungere sentimenti veri o falsi...  le professioniste mi danno spesso più piacere che una donna qualsiasi.... Nei miei primi tempi a Parigi, mi capitava di svegliarmi alle undici di mattina tra le braccia di una donna, di girarmi su un'altra qualche minuto più tardi e di sentire l'esigenza di abbordare una prostituta o di entrare in una casa d'appuntamenti, per ricomniciare poi per un paio di volte nel pomeriggio... Non è naturale?.... Io faccio l'amore semplicemente, in maniera sana, tanto quanto è necessario. Ma in tutto questo non rispondo a nessun assillo o condizionamento.  Non sono spinto da nessun complesso, è solamente un bisogno....".  Questo il sesso secondo Simenon che a vent'anni serrava rabbiosamente i pugni all'idea che nel mondo c'erano una quantità di donne che lui non avrebbe mai potuto possedere.

domenica 12 dicembre 2010

SIMENON, IL DRAMMA DEL SUICIDIO DELLA FIGLIA MARIE-JO

Uno dei momenti più bui della vita di Simenon capita nel '78. Ormai da cinque anni ha rinunciato a scrivere, la sua seconda moglie, Denyse, l'ha definitivamente persa ormai da quindici anni. Non vive più nella sfarzosa e esagerata villa di Epalinges. Ora abita a Losanna, in una piccola casa rosa con giardino e un grande cedro del libano, non lontana dal lago (al 12 di avenue de Figueres), insieme alla sua ultima compagna, Teresa. Ormai settantantacinquenne, si avvia al tramonto della sua esistenza e della ragione di tutta una vita: scrivere. Dal '73 sul suo passaporto fà cambiare la dicitura relativa al suo stato lavorativo: da "romanziere" a "senza professione". Ed è un particolare molto, ma molto significativo. Ricoverato due volte, prima per una frattura al femore, e poi per un'operazione alla prostata, Simenon è ormai vecchio, indebolito nel fisico e nell'animo.In questa situazione, il 20 maggio 1978 arriva da Parigi una notizia terribile. La sua unica figlia femmina, Marie-Jo, venticinquenne, si è suicidata.
Il colpo è davvero molto forte, ma tuttavia non inaspettato. La ragazza aveva da tempo manifestato dei problemi psichici che forse derivavano anche dalla disastrosa e burrascosa relazione tra padre e madre, dalle inevitabili difficoltà di avere un genitore ingombrante come Siemenon, molto impegnato, molto famoso e molto ricco. E poi essere figlia di una mamma, via via più squilibrata, alcolizzata, anche lei con problemi psicologici, colpevole, sembra, addirittura di un episodio d'incesto lesbico, fatto che pur grave, ma forse emblematico di una situazione ancor più grave: quanto fosse distorto il rapporto tra le due. Lei era molto legata al padre, sin da piccola. Quando da bambina si trattò di farsi regalare un anellino per il suo compleanno, Marie-Jo pretese una fede, di quelle nunziali, e volle che fosse il padre a metterglielo al dito. E anche questo la dice lunga sulla natura del legame padre-figlia. Insomma Marie-Jo aveva dato avvisaglie di quel mal di vivere con cui si scontrava ogni giorno e la portava a momenti d'esaltazione, e a periodi depressivi con un comportamento auto-distruttivo. Era in cura da psichiatri, aveva passato vari periodi in cliniche di recupero, ma si sentiva sola, irrealizzata, in un vicolo cieco, pur vivendo nel centro di Parigi, pur agiatamente e con un cognome così famoso...
Marie-Jo si sparò un colpo di pistola calibro 22 dritto al cuore. Simenon si disperò anche perchè credeva che la guerra con Denyse, l'avesse spinta ulteriormente sul ciglio del baratro. Un oiseau pour le chat, libro uscito a firma Denyse Ouimet che calunniava pesantemente Simenon, e anche questo aveva colpito non poco Marie-Jo, che telefonava di continuo al padre per sapere la verità. Ma c'era un'altro cruccio che aumentava l'instabilità della ragazza. Da quando Teresa aveva cessato di essere una "femme de chambre" ed era divenuta la compagna di Georges, lei si sentì ancora più sola e ancora più abbandonata dal padre.In una telefonata la figlia chiede al padre di dirle che l'ama, e lui risponde che certo, lui ama molto sua figlia. Ma lei lo riprende, vuole che le dica solamente che la ama. E Simenon risponde "Sì, Marie-Jo io ti amo". Ma non basta, lei insiste affinchè lui dica solo le parole "Je t'aime". Il padre alfine soddisfa la figlia, la quale immediatamente interrompe la comunicazione.
Il giorno dopo arriva un'altra telefonata da Parigi. Questa volta è il figlio Marc che dà la tremenda notizia al padre.
Marie-Jo per suo volere, fu cremata e le sue ceneri sparse nel giardino della casa del padre, all'ombra del grande cedro.
Per Simenon il suicidio della figlia fu insostenibile, il figlio Marc sostenne che, se non fosse stato per il sostegno di Teresa, anche lui si sarebbe suicidato.
E Georges ripeteva di continuo: "Toujoirs en plein cauchemar" (sempre in pieno incubo).

sabato 11 dicembre 2010

SIMENON E LA POLITICA: UN CONSERVATORE ATTENTO AI PIU' DEBOLI

Che Simenon fosse un conservatore è cosa nota. Ma a nostro modo di vedere si tratta di una tesi non del tutto vera. Meglio, vera solo in parte, vera per quello che appare esteriormente. Ma basta grattare lo strato esteriore e si scopre che la realtà è più complessa e addirittura contraddittoria. Infatti la dominante del carattere di Simenon era un certo egoismo, ma il termine non è forse esatto o meglio esaustivo. Lo scrittore cercava di guadagnare bene per sé per la sua famiglia, per i suoi amati figli, anche perchè era come ossessionato da quel "passare la linea". Lui l'aveva già fatto quando, lasciata Liegi, si era tuffato in quell'oscura avventura parigina per diventare un grande scrittore. E il salto era per fortuna (ma anche per bravura e  determinazione) riuscito. Ma questo per lui non significava essere al sicuro. Bastava un passo falso, un rovescio del destino, che avrebbe potuto ritrovarsi al di là della linea, nella miseria, nel dolore e nella disperazione. Questo lo portava ad essere molto attento a sè stesso, ma questo non gli impediva di pensare e di descrivere quei disgraziati che stavano dalla parte sbagliata della linea. In termini politici non era schierato. In Quand j'etais vieux affermava senza mezzi termini di odiare la politica. "... ma nonostante tutto, mi ritrovo a sentirmi scosso, mio malgrado, perchè spero sempre, anche se non so come, che i politici finiscano per mangiare la polvere e che il popolo veda finalmente chiaro e li spazzi via. Ma per rimpiazzarli con chi? Con altri politici, ovviamente. Non c'è l'ha già dimostrato la storia? Allora? Per quale motivo dovrei esaltarmi e poi deprimermi? - e Simenon conclude dandosi un consiglio diremmo adatto alla sua indole - Contentati di fare il tuo mestiere, di raccontare delle storie e di occuparti dell'uomo e non degli uomini".Ma a proposito dei più deboli, dei più miserabili va notato che proprio a loro va la simpatia, o meglio la comprensione diretta di Siemenon e dello stesso attraverso Maigret. Intanto il commissario era di origini non certo povere, ma certamente modeste. Da qui quel suo gusto per le cose semplici e il disagio che provava ogni qualvolta le sue indagini lo portavano in luoghi e ambienti lussuosi e mondani, verso i quali non di rado manifestava apertamente il suo fastidio. L'abbiamo visto a disagio e quasi irritato al famoso hotel Georges V a Parigi, come pure nelle case di nobili o ricchi industriali. Lo vediamo invece a suo agio, quando può parlare con una portinaia, girando per il suo piccolo appartamento e curiosando nella cucina, per vedere cosa sta cuocendo sul fuoco, per sapere da cosa viene quel buon odore.
Simenon parlando della madre e delle sue paure in Je me souviens (1945) scriveva di questi poveri diseredati con toni duri: "Quegli uomini s'incontrano di sera nelle strade, il viso e le mani nere; di bianco ci sono solo i loro occhi, quelli che li rendono spaventosi. Mia madre li teme. E anche Valeria. Loro non si domandano come i laveranno nei loro alloggi troppo piccoli. Lavorano tredici o quindici ore al giorno. Dall'età di dodici anni  i loro figli li accompagnano in miniera e i loro vecchi trascinano un sacco sulla schiena curva, cercando qua e là dei piccoli pezzi di carbone da poter usare..." . Il conservatore Simenon pur cercando di essere lontano dagli uomini e vicino all'uomo, acuto osservatore non poteva non accorgersi di questa parte di'umanità che infatti ritroviamo spesso nei suoi romanzi.

venerdì 10 dicembre 2010

10 DICEMBRE 1922: DATA FATIDICA PER SIMENON

Ottantotto anni fa', precisamente. Era infatti la sera di domenica 10 dicembre 1922. Un treno proveniente da Liegi sbarca alla Gare du Nord di Parigi un giovane diciannovenne. E' belga, ha lasciato la sua città, il giornale in cui lavorava  La Gazette de Liège, una promessa sposa Régine Rénchon, la casa materna, la madre Henriette Brull e un fratello Christian. E' senza lavoro, senza introduzioni, non ha un qualsivoglia alloggio dove passare la notte.Possiede un po' di soldi, abbastanza per sopravvivere, in tasca ha una lettera di presentazione del suo direttore, Joseph Demarteau, e c'è un amico, suo concittadino, che lo aspetta alla Gare du Nord. Si tratta del ventireenne Luc Lafnet, aspirante pittore, arrivato nella capitale qualche mese prima che fno ad allora non ha trovato di meglio che dipingere dei cartelloni pubblicitari.
La decisione di Simenon sa molto di eroe letterario, colui che lascia la sicurezza, le certezze economiche, gli affetti, tutte le conoscenze per affrontare, in una metropoli ben diversa dalla piccola Liegi, la strada non certo facile per diventare scrittore. Alla piccola comunità ligiese che frequentava nei primissimi tempi faceva suoi proclami "Io farò romanzi come diceva Henry Ford delle auto: costruirò delle Ford per una parte della mia vita e guadagnerò moltissimi soldi, dopo farò delle Rolls Royce per mio piacere". Replicando gli altri lo mettevano in guardia ammonendo: "Guarda che morirai di fame".  Così fu almeno nei primi tempi, ma poi la sua determinazione si dimostrò più grande delle difficoltà e delle sue condizioni al momento. E ebbe ragione.

PESCARA: SIMENON E IL SUO DOPPIO, CALCANO LE TAVOLE DEL PALCOSCENICO

Il primo appuntamento della stagione 2010/2011 del "Teatro Immediato" di Pescara (Via Gobetti) sarà domani sabato  e domenica 12 , 17:30, con Le memorie di Maigret. Spiega l'autore e il protagonista Roberto Melchiorre “...attraverso il doppio registro della biografia e di un testo significativo come Le memorie di Maigret racconteremo il difficile rapporto tra l’autore e la sua opera. Abbiamo quindi messo in scena la vicenda umana e letteraria dello scrittore di Liegi, ma anche la storia di Maigret, il personaggio più celebre del suo universo narrativo, in un gioco di specchi e di rimandi tra l’autore e il suo mondo letterario”. La performance si terrà nell’ambito della rassegna I classici all’ora del the, realizzata dal "Teatro Immediato".

ANCORA UN MAIGRET IN CLASSIFICA, GLI APPASSIONATI DELLA QUARTA GENERAZIONE

Uscito da poco più di una settimana (ne abbiamo parlato nel post del 3/11) la nuova inchiesta  Maigret e il produttore di vino, a quanto riporta Tuttolibri (inserto La Stampa 04/12/2010), é entrato già in classifica dei Tascabili, conquistando il quarto posto. Ancora una volta, se ce ne fosse stato bisogno, abbiamo la conferma che non solo i romanzi, ma anche i Maigret sono dei long-seller. Cioè dei libri che si vendono sempre. Dal 1931 ad oggi sono ormai passati quasi 80 anni. Se prendiamo per buona la teoria che una generazione è pari a 25 anni (qualcuno ci aiuti e ci corregga, perché in matematica siamo un vero disastro!), possiamo molto approssimativamente affermare che siamo all'alba della quarta generazione e gli appassionati dei Maigret non spariscono. Si danno il cambio  di padre in figlio? La passione degli amici più grandi fà proseliti tra quelli più giovani?  La macchia d'olio di Simenon si allarga a vista d'occhio per i Maigret e i non-Maigret, pur esimendosi l'editore da fare una riga di pubblicità? E' come dire che Simenon si vende da solo. Va contro le regole del mercato... Di solito se di un libro non si parla sui giornali, non si promoziona (tv, radio, giornali, internet...), non si vende. Invece Simenon sì. Forse è il passaparola di appassionati sempre nuovi?Di certo il dottor Calasso (il proprietario dell'Adelphi) ha fatto un gran bell'affare ad accaparrarsi i diritti di pubblicazione  di Georges Simenon. E' una specie di vitalizio. Perchè? Perchè tutti i suoi titoli sono dei long-seller. Cioé libri che non si vendono sulla spinta della novità, della promozione pubblicitara o di una campagana di comunicazione.
No, al dottor Calasso basta stamparli e farli poggiare da qualcuno in libreria e... puff... spariscono.  poi via con una nuova edizione. La quale... puff... sparisce di nuovo e quindi va stampata una terza edizione e così via. La prova? Sapete quanto sono le edizioni che ogni titolo (quelle della sola edizione Adelphi, ignorando le precedenti di Mondadori) riescono a totalizzare i Maigret? Ecco qualche esempio, tra i più eclatanti*

- All'insegna dei Terranova  (1977) • 10 edizioni
- I sotterranei del Majestic (1988) • 11 edizioni
- Il cane giallo (1995) • 14 edizioni
- Il crocevia delle tre vedove (1996) • 13 edizioni
- Il pazzo di Bergerac (1995) • 10 edizioni
- Il morto di Maigret (2000) • 8 edizioni
- Il porto delle nebbie (1994) • 16 edizioni
- L'amica della signora Maigret (2002) • 6 edizioni
- La rivoltella di Maigret (2003) • 5 edizioni
- Maigret  (1988) • 12 edizioni
- Maigret e i vecchi signori (2008) • 4 edizioni
- Maigret e il caso Nahour (2010) • 3 edizioni
- Maigret e il cliente del sabato  (2007) • 5 edizioni
- Maigret è prudente (2010) • 2 edizioni


* La fonte dei dati è il catalogo Adelphi - Quello tra parentesi è l'anno della prima edizione - Evidentemente i titoli usciti nei primi anni, hanno avuto ovviamente un maggior numero di edizioni -  I dati sono aggiornati al dicembre 2010

martedì 7 dicembre 2010

I VIZI MAIGRET: UN BICCHIERE DI CALVADOS E UNA PIPATA DI GRIS

Il Calvados è un distillato di mela tipico dell'omonimo dipartimento francese della Bassa Normandia. E' una delle bevande acoliche che più viene consumata dal commissario Maigret. Il liquore diventato popolare, a suo tempo bevuto dagli operai (anche con il caffé, il "café-calva") e dai soldati francesi nella seconda guerra mondiale. Insomma un cognac dei poveri, fatto dai contadini e che rientra nei gusti semplici e forti del commissario Maigret. "Oui, un calva!" era la frase che pronunciava entrando in un bistrot durante le notti in cui doveva portare a termine degli appostamenti, oppure doveva di persona effettuare degli inseguimenti. Notti fredde umide, con luna e stelle velate, circondate da un alone, con il selciato bagnato e l'umido che passa attraverso il cappottone e si infilia tra le ossa.Ma per scaldarsi, e non solo il corpo, c'è la fida pipa tra i denti. Maigret preferisce quelle dritte, grosse, buone per fumare il Gris, non sono di gran prezzo, sono pipe robuste e massicce, pronte a sopportare i maltrattamenti di Maigret che certo non è un collezionista. Il tabacco gris, è un tipico trinciato francese, secco, di taglio fine e di aroma forte nella sua tipica confezione in cubetti da 20 grammi. Maigret ne riempe sempre la sua borsa da tabacco. Come il calvados, anche il gris (lo Scaferlati Caporal, un tabacco della società nazionale Seita) è povero, di poco prezzo e Maigret lo fuma assiduamente, senza curarsi che il suo odore sia molto forte, soprattutto quando si trova davanti a qualcuno che lo avversa, come per assumere un atteggiamento provocatorio.

lunedì 6 dicembre 2010

SIMENON: LE PAROLE PER DIRLO... ANZI PER SCRIVERLO

Poche. Lo sappiamo. Fin dai primi tempi, quando riuscì a farsi accettare la pubblicazione dei suoi racconti su Le Matin, quando Colette, che ne dirigeva la pagina letteraria, accettò i suoi scritti al momento in cui furono finalmente liberi dalla "letteratura", come diceva lei stessa. Questa assenza di letteratura va individuata, nella scrittura di Simenon, intanto nel contenuto numero di vocaboli che utilizzava. "Nello scrivere un romanzo uso circa duemila termini, non di più" questo asseriva ad esempio lo scrittore. Non abbiamo ovviamente mai fatto un riscontro aritmetico, ma  dai primi romanzi, agli ultimi, dai Magret ai non-Maigret, c'è, soprattutto nella versione originale, questa sensazione di continuità per l'asciuttezza e l'essenzialità. E questo non va a detrimento della creazione dei personaggi che sono a volte solo tratteggiati, ma nei punti essenziali, tali così da risultare, veri, completi e dotati di un notevole spessore anche piscologico. Lo stesso si può dire per le famose atmosfere simenoniane. Anche qui un ambiente, una certa aria, una mentalità o anche un contesto familiare, paesano o di quartiere, non richiedono mai lunghe descrizioni e troppe parole. Simenon evita sin dagli inizi, e poi diverrà un vero e proprio punto d'onore, le frasi stereotipate, le parole decorative, i modi di dire, tutto ciò che è consueto e consumato dal linguaggio scritto o parlato viene accuratamente scartato. Ed è proprio Simenon che lo racconta ancor meglio in un brano di Quand j'étais vieux. "Io odio talmente, o meglio, non mi danno alcuna fiducia, le parole d'autore, la frase che colpisce, l'idea lungamente maturata per la quale sono state cercate le parole più adeguate. Per una volta, in uno dei miei romanzi, mi sono lasciato andare e ho fatto passare una parola (e qui si ha proprio la sensazione dello sbarramento alle parole "proibite" durante la scrittura), una parola di questo tipo, niente affatto originale, ma non ho avuto il coraggio di eliminarla durante la revisione. Ho esitato.  Ci ho pensato anche a letto. Sono sceso per tagliare la famosa frase, ma ormai i testi erano partiti per l'editore  e io mi continuavo a tormentare ancora. Ma a quel punto che fare? Ben poco... Mi sono ripromesso di tagliarla quando riceverò le ultime bozze...". E poi c'è da considerare la velocità della scrittura. Se in sette-otto giorni riusciva a terminare un romanzo, il ritmo serrato con cui procedeva non gli permetteva certo lunghe pause per trovare parole ricercate e digressioni nella narrazione o perdite di tempo per imbellettare il testo. Quella che possiamo chiamare terminologia simenoniana era ormai così connaturata e automatica, che il romanziere non doveva pensare a come e cosa scrivere, lo sapeva già, l'aveva introiettato in milioni di righe scritte prima nei racconti, poi nei romanzi popolari, quindi nei Maigret ed infine nei romans-romans, o romans-dur.

domenica 5 dicembre 2010

SIMENON E L'UOMO NUDO

L'avrà detto centinaia di volte. "Cerco l'uomo nudo". Nel corso della sua carriera di scrittore e nelle centinaia  di suoi romanzi, Simenon è attratto dall'essenza dell'uomo, da quello che è dentro di lui, al di là dei condizionamenti sociali, della razza, dell'educazione, della maschera che ognuno si costruisce giorno dopo  giorno nella società, in famiglia o sul lavoro. La ricerca di quest'essenza universale era quello che lo guidava nella costruzione dei personaggi dei suoi romanzi. "Mi avvicino all'uomo, all'uomo nudo, l'uomo faccia a faccia con il suo destino, - spiega Simenon ne Le Romancier (1945) - che secondo me è la motivazione suprema del romanzo".In effetti, numerosi elementi che ritroviamo nella letteratura simenoniana riportano sì alle scelte individuali, ma anche alla lotta, a volte inutile, contro il destino (il famoso "passer la ligne"). Altre volte alla base dei romanzi ci sono delle confessioni, sotto forma di lettera, di memoriale, di diario, tutti mezzi tramite cui il protagonista si mette a nudo. Si spoglia di tutti i suoi orpelli e si offre così com'è realmente, almeno nelle intenzioni dello scrittore.
Simenon ribadì questo concetto in un'intervista al settimanale L'Express, alla fine degli anni '50, in cui spiegava "In letteratura troviamo il romanzo dell'uomo vestito e il romanzo dell'uomo nudo. I romanzi dell'uomo vestito sono quelli dei costumi, quelli dell'epoca in cui vive. Insomma è l'uomo nella sua società che somiglia quello che vorrebbe essere. E' soltanto da poco che ci si occupa dell'uomo del tutto nudo, vale a dire quasi del tutto al di fuori della vita sociale. Kafka, ad esempio, si occupa dell'uomo nudo..."

sabato 4 dicembre 2010

IL PENTAGONO SENTIMENTALE DI SIMENON

Georges e l'amore. O meglio Georges e le donne. Non saranno state diecimila le donne con cui aveva avuto rapporti, come raccontò a Federico Fellini, ma sicuramente lo scrittore aveva un non comune appetito sessuale. Come spiegava lui stesso, era un bisogno fisiolgico, fisico che nulla aveva a che fare con perversioni, stranezze o performance inconfessabili. Il suo era un sesso sano, fisico, senza coinvolgimenti mentali o amorosi... un bisogno fisiologico, appunto, ma semplice e naturale. Ci sono delle donne che invece hanno contato molto, per motivi diversi, in differenti periodi della sua vita. Ecco chi sono.1) Régine Rechon, detta Tigy, la sua prima moglie, madre di Marc. (1923-1950)
2) La Boule, la sua femme de chambre per quasi tutta la vita. (1924 - 1968)
3) Josephine Baker un sogno e forse un rimpianto per moltissimi anni. (1925-1927)
4) Denyse Ouimet la seconda moglie, madre di Jean, Marie-Jo e Pierre Nicolas. (1950-1965)
5) Teresa Sburelin, altra femme de chambre nel dopo-Denyse, sua compagna fino alla  morte (1965-1989)

• Tigy é belga come lui e ha tre anni di più. Con lui condivide i momenti difficili dei primi tempi a Parigi. Dipinge quadri e sopporta l'infatuazione di Georges per la Baker. Quel flirt durò così a lungo, era ufficioso anche se non ufficiale, una star famosa e pedinata dai mezzi d'informazione come Josephine non poteva certo nascondere del tutto quel rapporto. E Tigy non seppe? Finse di non sapere? Alla fine però vinse lei. Lui, ancora poco conosciuto, ebbe paura di diventare il signor Baker, il segretario della stella di grande successo e alla fine mollò. Lasciò La soubrette, lasciò Parigi e si mise in viaggio con Tigy.
Tigy era una sicurezza per lui. Lei abbandona quasi del tutto la pittura per dedicarsi a lui. Quando scoprirà (ma anche in questo caso sembra che già sapesse tutto) i tradimenti sessuali, i rapporti con la Boule e quello con Denyse chiederà il divorzio (1950). Ma in un modo o in un altro gli fu sempre vicina, anche, e soprattutto dopo la fine del secondo matrimonio, fece da zia, da nonna a nipoti e pronipoti di Georges, mantenendo in qualche modo unita la famiglia e recuperando con l'ex marito un rapporto solidale e protettivo, come si fosse trattato di un vecchio amico finalmente ritrovato.

• Josephine Baker, fu un sogno che bruciò un paio d'anni e che lasciò a Simenon segni indelebili per tutta la vita, come delle ustioni. La diva cui tutta Parigi guardava, aveva scelto lui, un giovane scrittore molto poco conosciuto, tra una folla di spasimanti composta da famosi protagonisti del cinema, ricchi imprenditori, nobili più o meno blasonati, potenti politici...Ma il prescelto da Josephine fu invece lui. Tra loro c'era un'intesa sessuale perfetta, travolgente, ma anche progetti concreti (ad esempio il "Josephine Baker's Magazine" di cui Simenon sarebbe stato il direttore). Ma il loro fu sempre un rapporto nascosto o seminanscosto, Simenon era sposato, anche se la moglie Tigy (lo testimoniano pure diverse fotografie) spesso era insieme a loro due, nella compagnia che tirava tardi nelle "boites" parigine, dopo gli spettacoli della Baker. Insomma sembravano fatti uno per l'altra. Simenon però alla fine la lasciò, più che per amore di Tigy, per amore verso sé stesso. La Baker gli faceva ombra, lo relegava in un angolo oscuro. Lui era uno scrittore alle prime armi, ma molto ambizioso e il suo obiettivo era quello di divenire un celebre romanziere. Un matrimonio con una stella così famosa e popolare, l'avrebbe tenuto sempre in secondo piano e sempre in una penombra che non si confaceva alle sue aspirazioni, che avrebbe rischiato di confinarlo nel ruolo di monsieur Baker e magari percepito dagli altri come una specie di segretario di Josephine. Gli costò, gli costò molto, ma alla fine prevalse la volontà di raggiungere i suoi obiettivi e il traguardo che si era prefisso: diventare uno scrittore celebre e celebrato.

• La Boule, questa ragazzotta di campagna che voleva fuggire dal suo piccolo villaggio, trovò nei coniugi Simenon la propria salvezza. Una volta a Parigi, diventò ben presto la responsabile della casa e poi venne considerata come una della famiglia. In più rientrò nell'harem di Simenon. Già. Facevano sesso e lo facevano tutti i giorni. Dopo pranzo, quando Georges andava a godersi la siesta pomeridiana, lei entrava silenziosamente in camera sua. Si infilava sotto le lenzuola e i due consumavano quell'amplesso senza parlare, senza fretta, ma senza smancerie. E questo andò avanti per anni ed anni. Come amava spiegare Simenon, era un sesso fisiologico. Un atto fisico, animalesco nell'accezione non spregiativa del termine: senza coinvolgimenti, conseguenze sentimentali o mentali, senza sensi di colpa. La Boule fu un elemento importantissimo per la vita di George, e anche in quella di Tigy. Lui, almeno almeno agli inizi le faceva addirittura leggere, come alla moglie, le sue novelle o gli incipit dei suoi romanzi. Se a lei non piacevano, li cambiava o addirittura buttava tutto. Durante i loro lunghi  viaggi, dall'Africa alla Scandinavia, i coniugi lasciavano a lei la responsabilità della casa. Li seguì nei dieci anni di soggiorno e spostamentii americani.
Restò anche quando ci fu il divorzio con Tigy. Lei rimase sempre nell'entourage della famiglia. Già, perchè negli accordi di divorzio tra Tigy e Georges, c'erano una serie di clausole. Simenon in cambio di alcune concessioni, pretese ed ottenne che la moglie con il figlio Marc lo seguissero in tutti i suoi spostamenti e s'impegnava ad assicurare loro un'abitazione vicina a quella sua e della seconda moglie Denyse. La Boule seguì Tigy e Marc.
Così, quando nel suo errare tra i vari luoghi degli Usa, Simenon si muoveva, oltre alla nuova moglie (e poi man mano agli altri figli che nacquero dalla seconda unione), si muovevano con lui la prima consorte, il figlio Marc e la Boule. Una carovana di sei-sette persone che costituivano la compagnia Simenon di cui la Boule era una sorta di angelo del focolare. Una volta tornato in Europa, e dopo vari spostamenti, Simenon si fece costruire un enorme villa ad Epalinges, nei pressi di Losanna. Lì arrivò una nuova femme de chambre, Teresa Sburelin. La sua presenza era incompatibile con quella della Boule, che decise di andare a vivere con la famiglia di Marc Simenon, il figlio di Tigy.

• Denyse Ouimet, canadese, all'apparenza algida, fredda, invece aveva una perfetta intesa sessuale con Georges, cosa che a lui era mancata quasi del tutto con Tigy. E d'altronde fu sesso e amore travolgente fin dal primo momento che si conobbero, quando Simenon, arrivato negli Usa (1945), stava selezionando una segretaria bilingue. Nonostante la sua educazione religiosa, la sua famiglia rigidamente cattolica e molto tradizionalista, Denyse si rivelò sul piano sessuale quello che Simenon aveva sempre desiderato. Questo non gli impedì tuttavia di continuare la sua ricerca quotidiana di rapporti extra-coniugali, dei quali sembra Denyse fosse a conoscenza e che in qualche modo sembrava aver accettato come una delle  inevitabili conseguenze di essere divenuta la signora Simenon, un nome ormai famoso e conosciuto in tutto il mondo.
Il travolgente inizio di questo matrimonio non ebbe un buon epilogo. Denyse negli anni successivi finì per cadere vittima dell'alcolismo, iniziò a soffrire di attacchi depressione o di sovraeccitazione e di crisi nervose. Simenon in un primo momento cercò di esserle vicino, la fece curare spesso, sempre in cliniche e istituti di recupero di prim'ordine. Ma la situazione si aggravava e la coesistenza diventava difficile, per di più caratterizzata da litigi ed alterchi a volta anche violenti. Denyse fu poi protagonista di un fatto poco chiaro, ma molto discusso. Sembra che, in uno dei suoi periodi particolarmente difficile, avesse avuto dei rapporti incestuosi con la loro figlia Marie-Jo.  Insomma le cose tra lei e Georges peggiorarono sempre più, anche per la sua inopportuna invadenza nelle questioni di lavoro di Simenon, che crearono diversi problemi allo scrittore. Ormai tra i due era odio aperto, finchè un'equipe di specialisti che la seguiva, decise che non avrebbe potuto continuare a vivere in famiglia e decise di sistemarla in una casa di cura. Era il 1965 quando lei lasciò per l'ultima volta la villa di Epalinges. Simenon da un parte si sentì sollevato da un incubo, dall'altra parte si sentiva schiacciato dal fallimento di non aver saputo costruire una famiglia normale.

• Teresa Sburelin, ventitreenne, era entrata in casa Simenon nel '61, quando ancora Denyse e Georges stavano insieme. Era stato Arnoldo Mondadori, storico editore italiano dello scrittore, a proporla alla stessa Denyse. Teresa era italiana, veniva dal Veneto e Mondadori la consigliava caldamente. Il suo arrivo provocò, come abbiamo detto, la partenza della Boule. E la storia con Simenon iniziò proprio come quella della Boule: un giorno mentre Teresa stava sbrigando le faccende casalinghe, Georges la prese e la possedette, fu l'inizio di un lungo rapporto che stavolta non fu solo sessuale, ma come affermò Simenon "... La nostra é una storia completa e totale... tenerezza, passione, sesso... Siamo una vera coppia...". Non va dimenticato che all'indomani della divisione da Denyse, Simenon depresso e infelice cercò di suicidarsi, e fu Tersa a salvarlo. Come pure lo salvò quando Georges ebbe un'incidente nel bagno della villa d'Epalinges e fu lei a sentire le sue richieste d'aiuto e a soccorerlo. Lei gli fu vicino nei momenti peggiori, quando fu operato di tumore al cervello, e nel suo declino fino alla morte

venerdì 3 dicembre 2010

SIMENON: GLI EROI POLIZIESCHI PRIMA DI MAIGRET

Ben prima anche solo di pensare a Maigret, Simenon aveva iniziato nel 1926, durante la fase della letteratura alimentare (definizione data da lui stesso), cioé quella dei romanzi popolari che gli davano da mangiare, a pubblicare storie di ambientazione poliziesca. Protogonisti erano dei personaggi che raramente facevano presagire i tratti del commissario Maigret. Appunto nel '26 apparve, per i tipi di Frenczi, Nox l'insaisissable, (scritto come Christian Brulls) più un racconto lungo che un romanzo (32 pagine), dove ci si propone Anselme Torres, un ex-poliziotto diventato un simpatico bandito-gentiluomo, che ha come evidente ispirazione l'Arsène Lupin di Maurice LeBlanc. Verrano poi Mademoiselle X (1928), un personaggio femminile e misterioso: "détective, bandit, ou ange gardien?", dove fa capolino un personaggio che ritroveremo nella serie dei Maigret, il giudice Comelieu, che qui conduce le indagini. Poi l'ispettore Georges Aubier in Une femme a tué (1929) che vuole risolvere l'enigma con formule matematiche. Sempre nel 1929 troviamo un agente de la Sureté, Gerard Moniquette, che procede con delle indagini psicologiche ne La femme en deuil. E l'esotismo, presente molto spesso nella letteratura popolare del tempo, fa creare a Simenon nel 1930 sia il russo Serge Polovzef, un ubricone con stile, in Les Chinois de San Francisco, che l'ispettore di New York, Jackson in Destinéès.Siamo come anno di pubblicazione vicinissimi a Maigret, ma tutti questi personaggi non hanno praticamente nulla dei caratteri del prossimo celebre commissario di 36 Quais des Orfévres. Questo é anche dovuto al fatto che si tratta di spesso di storie pubblicate almeno un anno dopo la loro scrittura e talvolta addirittura tre anni dopo. Ma l'elenco non è terminato. Va citato l'investigatore privato Jopseph Leborgne (1929) nella raccolta Les Treizes Mistères pubblicata prima dal settimanale Dètective e poi da Fayard in un volume nel '32, il giudice Froget in Les Treizes Coupables del '29 e l'ispettore Tabaret in Deuxième Bureau nel '33.
Ma altri personaggi della prossima serie dei Maigret s'incontrano in coppia in L'inconnue (1930), il commissario Torrence e il brigardiere Lucas (li ritroveremo poi entrambe ispettori). Ma nel 1928 appare in Chair de beauté, Yves Jarry, il personaggio che sarà protagonista di ben quattro romanzi polizieschi, un seducente investigatore in proprio, bello, colto, ma anche agile e atletico, di buone maniere e con un'idea della giustizia tutta particolare. Ma Jarry viene sostituito da... un certo Maigret, anche se non siamo ancora a quello giusto. Infatti nella Fiancè aux mains de glace (Fayard 1929), c'è già qualcosa del prossimo commissario, anche se il miracolo dell'ispettore più famoso del mondo ancora non si è compiuto.

domenica 28 novembre 2010

SIMENON E IL NOBEL... SEMPRE A UN PASSO

Fin da 1937 si faceva il nome di Simenon, come uno dei possibili candidati al premio Nobel per la Letteratura. Ma allora lo scrittore era ancora molto giovane, aveva trentaquattro anni e persino lui stesso, nonostante il suo nome fosse apparso in più di un'indiscrezione riportata dai giornali, era cosciente che in quel momento fosse un evento ancora prematuro. Una sua frase chiariva inequivocabilmente il suo pensiero a proprosito. "Pubblicherò il mio primo vero romanzo a quarant'anni e a quarantacinque avrò il premio Nobel...". Insomma lo scrittore si dava dieci anni per arrivare a questo prestigioso traguardo.Quando iniziò a pubblicare con Gallimard, credette che in qualche modo, l'editore, grazie anche alle sue conoscenze con i membri del comitato, potesse aiutarlo. E in effetti di ritorno dal viaggio a Stoccolma per accompagnare un suo autore Roger Martin du Garde, premiato nel 1937, Gallimerd rivelò a Simenon che al comitato svedese gli avevano fatto il suo nome. Da lì partì una strategia per portare il romanziere a quel traguardo, non trascurando nulla. Addirittura, per volere di Gallimard stesso, le copertine dei suoi romanzi iniziarono a somigliare a quelle di Paul Valéry e di André Gide. Fu invece quest'ultimo, proprio nell'anno a suo tempo indicato da Simenon il 1947, ad aggiudicarsi il riconoscimento.  Nel 1951 fu orchestrata una vera e propria campagna stampa che dava il nome di Simenon tra i più favoriti. E lui stesso, che in pubblico aveva sempre ostentato un certo disinteresse per il premio arrivando addirittura a dire che lo avrebbe rifiutato, dichiarava in confidenza che sarebbe stato davvero contento di ricevere il premio Nobel, anche perché era la sola onorificenza cui da sempre attribuiva un qualche valore. Insomma il 1951 sembrava l'anno giusto, anche perchè il Belgio lo appoggiava ufficialmente. Ma niente da fare, quell'anno l'accademia scelse un letterato svedese, Fabian Lagerkvist.  E ancora la storia si ripetè nel 1957. Stavolta era dato come favorito e sembrava fosse davvero il suo turno. Simenon si era così pronunciato "Se avrò il premio, Maigret diverrà commissario generale!". Ma Maigret rimase commissario divisionario, Simenon non ebbe il Nobel che fu assegnato ad Albert Camus. La botta fu forte e Simenon ci mise un bel po' ad inghiottire quel rospo. Ma ancora nel 1960 si torna a parlare di Nobel a Simenon il quale però ormai non ci sta più a quel gioco e dichiara "Qualche anno fa' il Nobel mi avrebbe fatto piacere. Ora non sono più sicuro che l'accetterei". E con questo mise fine, anche se con non pochi rimpianti, ad ogni aspettativa e a qualsiasi speranza.

SIMENON, L'APICE DEL SUCCESSO E LA CRITICA MONDIALE

Possiamo individuare il periodo migliore per il Simenon scrittore tra la metà degli anni '50 e quella dei '60, quello europeo, dopo il suo ritorno dall'America. Il mondo della cultura e della stampa parlano spesso di lui e quasi sempre in toni lusinghieri. Gli vengono dedicati i primi studi come quello di Bernard de Fallois (Simenon -1961), oppure quello di Anne Richter (Georges Simenon et l'homme désintégré - 1964). E anche la stampa è attenta allo scrittore e troviamo recensioni molto positive nel '57 su Le Figaro per Le petit homme d'Arkhanglesh ("Un grande Simenon") o su Les Nouvelles litteéraires nel '58 per Le président (articolo di Robert Kamp). Nel frattempo la traduzione inglese di Pedigree, che è diventata un best-seller, é molto ben censita dal London New Daily (1962). Anche nei giudizi più personali Simenon non può lamentarsi. Marcel Achard dell'Académie Francaise gli confessa in un lettera di "essere appena uscito dalla cura annuale di Simenon durata dieci giorni". Jean Renoir nel '63 loda Les anneaux de Bicetre e Pedigree, manifestando l'intenzione di scriverci sopra un saggio. Il primo dei due romanzi viene fatto oggetto di una buona recensione da Le Monde (1963) ed è preceduto da un saggio sulla posizione di Simenon nella letteratura contemporanea.Anche Francois Mauriac (Le Figaro littéraire- 1963), riferendosi a Les anneux de Bicetre, afferma che "...l'agnostico Simenon predica meglio di tante opere religiose...". In Germania è il Tagspiegel (Berlino -1964)   a riconoscergli una tale padronanza della prosa moderna, da riuscire ad afferrarne anche il potenziale epico. Per il supplemento letterario del Times (Londra -1963) Simenon ha una capacità insuperata nel descrivere il dolore e la malattia. Dall'altra sponda dell'Atlantico, la musica è la stessa. Si va dal New York Times (1964) che include Les anneaux de Bicetre tra i libri che si devono assolutamente leggere e il Washington Post 1964) che ricorda come normalmente gli autori facciano un exploit con un'opera di un certo valore e poi si tengano su livelli più bassi, quando non commerciali. Simenon è l'esatto contrario. E' partito dalle novelle e dai racconti popolari, è passato poi ai Maigret e quindi è approdato alla letteratura, quella con la "L" maiuscola. E ancora, sempre negli Usa l'Atlantic Monthly  (1964) scrive entusiasticamente de Les anneaux de Bicetre, ma raccomanda ai lettori di non dimenticare i Maigret.

sabato 27 novembre 2010

JEAN COCTEAU: SIMENON IL PRINCIPE DELL'AMICIZIA SENZA OMBRA E SENZA MACCHIA

Cocteau è uno dei simboli della cultura francese del '900. Poeta, drammaturgo, ma anche sceneggiatore e addirittura attore, assiduo frequentatore di quella compagnia che ai primi del '900  si poteva incontrare a Parigi, composta tra gli altri da Guillaume Apollinaire, Roland Garros, Max Jacob, Pablo Picasso, Erik Satie, Amedeo Modigliani... insomma la "crème de la crème" dell'arte e della cultura. Cocteau e Simenon pur essendo molto diversi erano comunque amici e qui di seguito lo stesso Cocteau spiega il perchè, tratteggiando anche un sintetico ritratto del romanziere."Di solito scegliendo gli amici, si cercano complici o comparse, persone che abbiano le nostre stesse qualità e esperienze, così che l'affinità renda i rapporti immediati e facili.
Ora non riesco ad immaginare persona più lontana di me da Simenon, di Simenon da me: il nostro unico punto di contatto é il fatto di essere entrambi membri dell'Accademia Reale del Belgio, per il resto lavoriamo in settori, addirittura in regni, senza alcun legame, anche se lui giura che Les Enfantes Terribles è un romanzo poliziesco.
Da dove viene, allora, l'amicizia fraterna che ci lega? Ve lo dirò - continua Cocteau -  questa amicizia è monda da qualsiasi segreta intesa, perché nasce da un organo anti-intellettuale, un organo che non pensa o per lo meno attraverso il quale pensano solo alcune rarissime persone: il cuore.
Ci vogliamo bene con la pelle dell'anima, cuore a cuore, senz'altro motivo che l'enigma posto e risolto dall'amicizia. Farei qualsiasi cosa per essergli utile, e so che lui farebbe qualunque cosa per farmi piacere. Ho visto sua moglie uscire piangendo dalla proiezione del mio film Le testament d'Orphée (di cui Cocteau curò anche la regia nel 1960): piangeva perché nel film io ero vittima di una falsa morte.
Romanziere dei complessi, delle inquietudini, dei misteri, delle anime viscide e sinistre, Simenon é il principe dell'amicizia senza ombra e senza macchia".

venerdì 26 novembre 2010

PARIS, LA GARE DU NORD ALLE SEI DI MATTINA... PER MAIGRET E PER SIMENON

"La Gare du Nord è uno dei posti meno accoglienti del mondo. Questo pensò il commissario Maigret, quando scese alle sei e un quarto dal treno. Era ancora stordito dal viaggio e faticava a prendere il ritmo. La gente intorno a lui, invece, correva decisa in varie direzioni, spesso spingendolo senza nemmeno chiedere scusa. Un passante urtò la sua valigia che gli cadde su un piede. Ognuno correva cieco verso la sua meta senza badare a quello che gli succedeva intorno. Cercò un bar per un caffé, ma molti erano chiusi e i pochi aperti erano assaliti da una folla vociante che faceva la fila. Cercò invano un taxi. Alla fine prese la metropolitana. Era ancora presto e decise di passare a casa prima di andare a Quai des Orfèvres. Arrivando a Boulvard Richard Lenoir finalmente si sentì confortato. Cercò di immaginare l'impressione che la Gare du Nord aveva fatto al giovane Simenon. Un impatto brutale di sicuro. Una grande stazione inospitale, fredda, specchio fedele dell'indifferenza della metropoli, ancor più deludente per un giovane speranzoso, arrivato da una città di provincia, senza casa, senza conoscenze." (da Maigret e il caso Simenon -1994).

giovedì 25 novembre 2010

SIMENON, IL PASSAGGIO DELLA LINEA


 
La copertina de "Le passage de la ligne" scritto da Simenon nel 1958
Nella vita di un uomo esiste una linea al di qua della quale c'é o il benessere, o la giustizia o anche il bene e al di là invece c'é la la disgrazia, la sfortuna, il male. Questo credeva fermamente Simenon e nei suoi romanzi questo tema è abbondantemente trattato e dà addirittura il titolo ad uno dei suoi romanzi Le passage de la ligne (1958). Si può passare da una vita agiata, tranquilla onesta ad una malavitosa, pericolosa o dall'esito infausto. Oppure provenire da un'esistenza di disgrazie, stenti, segnata dalla malasorte ed approdare in un nuovo mondo dove tutto va per il verso giusto, dove si vive dignitosamente, dove si godono soddisfazioni. Tutto consiste nel dove si è collocati rispetto a quella linea. Il fatto di essere di qua o di là, non sempre dipende dall'individuo, il destino fa la sua parte, a volte inesorabile, nel bene e nel male. Altre volte è invece l'individuo che compie un gesto, fà una scelta, decide per un cosa invece che per l'altra ed ecco varcata la linea.Simenon temeva questo passaggio della linea, anche quando ormai era ricco e famoso  temeva che un gesto, il destino, una scelta potessero farlo piombare nella povertà e nell'oblìo. E a questo pensava ad esempio quando, dopo la seconda guerra mondiale, si nascondeva perchè il comitato di Liberazione Nazionale francese l'aveva accusato di collaborazionismo. Oppure quando arrivato a Parigi faceva la fame e non riusciva a pubblicare nemmeno un racconto breve. O anche quando morì il padre Désiré, che per lui era al di sopra di tutto (visto anche il più che conflittuale rapporto con la madre), e per il diciottenne ragazzo di Liegi nulla poté più essere come prima.
Insomma come scrisse lui stesso in uno dei suoi romanzi autobiografici, Il figlio (1957), "Per ognuno viene il momento in cui si trova davanti alla necessità di decidere il proprio desstino, di fare il passo decisivo, dal quale non potrà mai più tornare indietro. Questo a me capitò a vent'anni". Si trattava del suo arrivo a Parigi nella notte de 22 dicembre 1922, quando, lasciatosi dietro una famiglia, un posto da giornalista e una fidanzata, iniziava la sua avventura nella letteratura.

mercoledì 24 novembre 2010

PETRONIO: CON MAIGRET SIMENON CAMBIA LE REGOLE DEL GIOCO

Petronio. Sì, il professor Giuseppe Petronio, uno dei più riconosciuti critici e storici letterari italiani del secolo scorso, all'indomani della morte di Simenon (7/09/1989) scrive un articolo per L'Unità in cui non solo ricorda le qualità e il livello letterario (e cita ad esempio gli avalli di Bernanos e di Gide che anteponeva La vedova Couderec a L' Etranger di Camus), ma analizza anche quella che non pochi definirono la sua letteratura minore, cioè i Maigret.E in merito Petronio scrive "Con i Maigret Simenon rivoluziona insieme a Chandler il romanzo poliziesco; diventa famoso come pochi; guadagna come pochissimi; é imitato ovunque: già nel'36 si parla in Italia di un poliziesco francese alla Simenon contrapposto a quello americano alla Wallace o inglese alla Doyle".
Pochi, credo, immaginassero che più di vent'anni fa' l'autorevole storico letterario si occupasse di romanzi di genere ed esaminasse anche la singolare tecnica investgativa di Maigret.
"Con i Maigret, Simenon, apre una nuova fase del giallo; al poliziesco classico, all'aglosassone (quello asettico, scientifico, partita a scacchi) sostituisce quello novecentesco, con un poliziotto professionista e piccolo borghese che più di così non si potrebbe, con personaggi umani, con un mondo che sa di alcool e di tabacco, di  miseria e di vizio; un mondo  - continua il professore Petronio - che i procuratori della repubblica non capiscono, perchè lo ignorano, ma che Maigret capisce perché gli si accosta umanamente".
Ecco l'apprezzamento di un critico di sinistra per uno scrittore che può essere definito conservatore, ma attento all'uomo, alle sue debolezze ai suoi lati meno edificanti.  Ma Petronio va oltre.
"La struttura del giallo ne esce sconvolta e, la conclusione del libro, la detection, è affidata non più a qualità logiche (all'induzione o all'abduzione che sia), ma ad altro: alla comprensione umana, alla capacità di Maigret di immedesimarsi tanto con un uomo, un gruppo di uomini, un ambiente, da riuscire a vederli con gli occhi dell'animo più che quelli del corpo o della mente. Era una svolta che già negli ultimi anni Venti si era venuta preparando - continua il Petronio  - ma è Simenon, con Hammett e Chandler negli Stati Uniti, a compiere il salto, cioè a mettere il poliziesco in sintonia con il mondo contemporaneo: con la sua nuova realtà sociale , la sua nuova cultura, il suo nuovo sentire...".
Insomma un bella rivalutazione e da una voce autorevole del romanzo di genere, tanto che Petronio parla addirittura di "...passo in avanti verso la letteralizzazione del poliziesco (verso quella commistione tra romanzo poliziesco e romanzo d'arte) che è uno dei fatti più notevoli e interessanti della letteratura recente: un fatto, ne sono convinto, senza cui questa letteratura non si capisce".

SIMENON: CHANDLER? UNO SCRITTORE "TOUT COURT"


E' noto che Simenon non si dedicava molto alla lettura dei gialli, o polar, come dicono in Francia, o mystery, come la chiamano in America. Ma nei dieci anni che visse negli Stati Uniti non potè non cogliere alcune caratteristiche di questa letteratura, cosiddetta di genere. E così, nei confronti di uno dei padri dell'hard boiled school, Raymond Chandler, espresse un'opinione ben precisa, segno che qualcosa doveva aver letto.
"... Chandler è senza dubbio uno dei migliori scrittori polizieschi americani. Ma allo stesso tempo è molto più di un romanziere poliziesco - ricorda Simenon in uno dei suoi Dictéée (gennaio 1974) - E' un romanziere tout court". Ricordiamo che Chandler, rispetto ad altri capostipiti di quel genere, Hammett o Woolrich, è il più europeo per formazione culturale, per educazione scolastica e per aver vissuto i primi trent'anni della propria vita in Inghilterra. Quindi era naturale che Simenon lo apprezzasse particolarmente. Ma ci fu un'altro argomento che lì accomunò, L'autore de Il Grande Sonno non solo denunciò la scarsa considerazione in cui gli studios di Hollywood tenevano i romanzieri, soprattutto dopo averli spremuti, ma esprimeva il suo disprezzo nei confronti sia dei "professionisti" della critica letteraria chee degli agenti letterari. E lo fece in modo abbastanza lapidario scrivendo nel '52, sul periodico The Atlantic Monthly, un articolo che si intitolava Il dieci per cento della vostra vita. Riconosceva ovviamente, la necessità degli agenti letterari, anche per la sempre maggiore complessità dei contratti, ma era contrariato dal loro scarso livello etico, temendo che non reggesse l'impatto con le lusinghe del mondo degli affari editoriali. E peggio ancora per gli agenti cinematografici...
Simenon si trovava non solo d'accordo con Chandler, ma potremmo dire che le loro voci, a tal proposito erano all'unisono. Anche lui infatti protestò in Francia, per gli stessi argomenti, scrivendo nel 1956 sul settimanale culturale Arts, in occasione di un progetto di legge sulla proprietà letteraria.

martedì 23 novembre 2010

SIMENON: LE CASE DEGLI ULTIMI ANNI

Sappiamo che gli ultimi 30 anni della sua vita li passò in Svizzera. Ma i suoi tre ultimi domicili sembrano seguire passo passo il suo declino prima come scrittore e poi come uomo. Si inizia trionfanti. Alla fine del 1963 si trasferisce con tutta la famiglia. A Epalinges,  località a sette chilometri da Losanna, dove ha fatto construire una villa-monstre. Monstre, sia per quanto riguarda il suo aspetto estetico (sembra una sorta di bunker)  sia per la sua grandezza. "Ingresso grande come un hangar, muri bianchi, moquette rossa, bagni neri, finestre all'americana...  quadri da Matisse a Vlaminck - racconta Pierre Assouline che ha avuto modo di visitarla. E continua - Dalla terrazza si  vede il lago di Lemano, le Alpi francesi, quelle italiane e il Jura. Sul cancello campeggia il simbolo del dollaro "$"... Nel cortile la collezione di automobili Jaguar, Bentley, Facel-Vega, Chrysler, Mercedes...". E poi camere insonorizzate, collegate da interfono, la grande stanza attrezzata come una camera operatoria (l'ipocondria di Simenon) e un'enorme salone per far giocare i bambni, e ancora due uffici, tre cassaforti... Ma iniziano ad Epalineges i passi verso la fine. Neanche un anno dopo, la seconda moglie, Denyse, abbandona definitivamente la villa dopo essere stata a più riprese in strutture psichiatriche e di riabilitazione. I figli sono ormai andati via... Marc ha una sua famiglia, Marie-Jo vive a Parigi, Pierre Nicolas con la prima moglie e la Boule. Nella sua vita ormai è entrata come sua compagna di vita Teresa Sburelin, che Arnoldo Mondadori gli aveva raccomandato e che era arrivata a casa Simenon come femme de chambre. Nel 1972 Simenon ha per la prima volta il blocco dello scrittore... ma forse non é nemmeno quello. E' la vena che si é esaurita. Capisce che un ciclo si è chiuso e anche quella enorme villa, l'icona dell'apice della sua vita e della sua opera, ormai gli è estranea. Lascia tutto e si ritira con Teresa in un anonimo appartamento, all'ottavo piano di un palazzone di Losanna (al 155 di avenue de Cour). Poi nel '74 si trasferisce in una piccola casa con il giardino (al 12 de rue de Figuiers), una casa  dove non scriverà più, dove sarà vittima di una frattura al femore, dove (1978)  sarà raggiunto dalla tragica notizia del sucidio della figlia (e nel giardino spargerà le sue ceneri), dove il 4 settembre 1989 lascerà questo mondo. E anche Teresa spargerà le ceneri di Georges nel giardino, facendolo ricongiungere idealmente alla sua adorata Marie-Jo.

MA QUANTO LEGGEVA IL "PICCOLO SIMENON"

"Faresti meglio a fare quacos'altro invece di leggere i tuoi sporchi libri". Queste erano le parole di Henriette Brulls, madre di Georges, pronunciava mentre lui leggeva i grandi classici Dostoevskij, Dickens, Checov, Conrad... Siamo nel 1911, e a soli otto anni il piccolo inizia a leggere con un ritmo non consueto per quelli della sua età. E man mano che cresce, a dodici anni, inizierà a frequentare la Biblioteca des Chiroux diretta la poeta belga (vallone) Joseph Vrindts. Fu la sua prima guida letteraria. Da quella biblioteca prendeva un paio di libri a settmana. Questo d'altronde era il massimo concesso dal regolamento. Ma Vrindts si accorge presto che per il piccolo Georges due sono pochi, visto anche che lui premeva per averne di più. Allora escogitarono uno stratagemma. Fecero altre tre tessere una a nome della madre, una per il padre e una per il fratello. Insomma arrivava così circa ad una decina di libri alla settimana. Vrindts era comunque un po' scettico e della convinzione che alla fine non potesse leggerli tutti e così in fretta. Allora iniziò a intavolare con Simenon delle discussioni sui libri, quando lui li riportava: giudizi sui personaggi, gradimento della trama, commenti sui finali... insomma alla fine dovette arrendersi e credere che i libri li leggeva tutti e abituarsi che aveva a che fare con un bambino-fenomeno con delle capacità deciamente maggiori rispetto ai suoi coetanei. Ma quali autori leggeva? Tra gli otto e i tedici anni i suoi interessi andavano a Jules Verne, Dumas padre, Dickens, Conrad. Poi, dai quattordici in su, la sua passione fu per i russi di cui il suo preferito era Gogol, ma anche Tolstoj, Puskin, Cechov, Dostoevsky. E quindi anche i francesi, Balzac, Hugo, Stendhal. Verso i diciotto anni la sua attenzione era attirata da autori come Shakespeare o Auguste Comte (il precursore della sociologia). E poi, fino ai ventisette anni, di tutto da Descartes, a Pascal a Montaigne fino agli americani come Faulkner, Dos Passos e Mark Twain che ammirava particolarmente. E infine ancora Goethe e addirittura le lettere di Napoleone."Poi verso i ventisette anni ho deciso di non leggere più romanzi, salve qualche straniero e i classici - scrive lo stesso Simenon  (Quand j'eatis vieux - 1960) - Ho letto e riletto la Bibbia, i Vangeli, il Codice Civile e quello Penale e li rileggo ancora a piccoli brani. Ho cercato di leggere Gide, di cui sarei divenuto amico. Non ci sono riuscito. Ma non gliel'ho mai detto".

LE FAMOSE ATMOSFERE DEI ROMANZI DI SIMENON

Uno degli elementi che ricorrono più spesso quando si parla della letteratura simenoniana è l'abilità e l'originale capacità di creare un'atmosfera, tanto da divenire un po' un leit-motiv ricorrente. Indubbiamente è vero, il romanziere le attribuiva una notevole importanza, ma... "Innanzitutto sono gli altri che hanno usato quella parola, non io. Niente mi irrita di più di quella parola atmosfera. Il romanziere d'atmosfera! Ma, Cristo, se non ci fosse l' atmosfera, il romanzo sarebbe un fallimento - affermò lo scrittore in un'intervista del '55 alla radio francese -  E' un po' come se, parlandomi di un uomo, mi diceste: sapete, respira. Certo che respira, altrimenti sarebbe un morto, no? Un romanzo senza atmosfera sarebbe nato morto...". In effetti Simenon preferiva parlare di clima poetico. E lo spiegò in alcune interviste."Credo che quello che i critici definiscono la mia atmosfera non è nient'altro che l'impressionismo dei pittori applicato alla letteratura" (Carver Collins,1956).
"I miei personaggi reagiscono in funzione del loro ambiente, di quello che è stato definito atmosfera, la mia famosa atmosfera. Tutti i critici mi perseguitano con l'atmosfera Simenon, ma se non ci fosse l'atmosfera che cosa respireremmo?".(Piron e Sacré, 1982)

PALINSESTI TV: VECCHI SCENEGGIATI E FICTION, REMAKE MAIGRET ESEMPIO EMBLEMATICO

Su La Stampa (Fulvia Caprara) • Si fà un gran parlare dell'andazzo della televisione italiana che insiste nei rifacimenti di quelli che una volta si chiamavano riduzioni telelvisive o sceneggiati.  E non se ne parla bene. Uno dei quesiti che ci si pone è perché piuttosto che rifare peggio cose già fatte, non si lavori su idee e soggeti inediti. E invece non è così e l'esempio del Maigret è esemplare Si è tentato da parte di Mediaset la riproposizione della serie del commissario, interpretato in Rai negli anni '60 e '70 da Gino Cervi. E nonostante la scelta di un bravo atrore per interpretare Maigret (Sergio Castellitto) la cosa non ha funzionato. Share insoddisfacente e cancellazione di una eventuale seconda serie. Proprio su La Stampa queste considerazioni vengono oggi riproposte e parlando della riproposizione, si legge "... È successo perfino al povero Maigret, gioiello della tv in bianco e nero, con Gino Cervi e Andreina Pagnani. Nel 2004 su Canale 5 è andata in onda la nuova versione, nei ruoli chiave due tra i migliori interpreti della scena italiana, Sergio Castellitto e Margherita Buy. Presentazione in grande stile, attesa e curiosità da parte del pubblico. Si parlava già di un seguito, se il verdetto dell'audience fosse stato favorevole, la seconda serie sarebbe partita subito. E invece non se ne fece nulla. Il neo-Maigret affondò nel coro delle critiche, sembra che al pubblico, tra le altre cose, non fossero piaciuti i toni pastello della scenografia, l'esatto opposto di quel lucente grigio piovoso che aveva contribuito al fenomeno del vecchio ciclo..."Una disamina attenta e in profondità con cui non si può essere d'accordo. A Simenon, non molto abitutato certo ai flop, tutta questa storia non sarebbe piaciuta. A lui piceva il Maigret di Jean Gabin (quello cinematografico quindi), tanto da fargli affermare "Dopo aver visto Gabin nei panni di Maigret, ogni volta che mi metto alla macchina da scrivere per stendere una nuova inchiesta del commissario, è inevitabile. I tratti  del volto attribuisco a Maigret sono quelli dell'attore. Ho paura che, se continuerà così, prima o poi Gabin finirà per chiedermi... i diritti per lo sfruttamento della sua immagine!":

SMENON... "FUORI DEL POLLAIO"?

La confidenza con la scrittura per Simenon iniziò a nemmeno sedici anni, quando, dopo la morte del padre e la necessità di lavorare, arrivò a fare il giornalista, dopo aver fallito come aiutante in una pasticceria e come commesso in una libreria. Già perchè a seguito di una raccomandazione (forse del vescovo di Liegi, che sembra fosse suo cugino) a sedici anni ancora non compiuti, Georges Siemnon viene assunto da La Gazette de Liège, un importante  quotidiano della città, giornale di tendenza molto conservatrice e molto cattolico. A Joseph Demarteau, che era allora il direttore, non ci volle molto per capire che il giovane Georges aveva del talento. E così la carriera fu alquanto rapida. A sedici anni con la moto del giornale correva dai commissariati agli ospedali, dai congressi alle conferenze stampa, distinguendosi per la sua facilità e rapidità nella scrittura. Dopo un anno dalla sua entrata, il direttore gli affidò addirittura una rubrica quotidiana, una sorta di notazione di costume, talvolta pungente e satirica. "Hors du poullailer" questo il suo titolo, Monsieur le Coq la firma di Simenon.A soli sedici anni disponeva già di uno spazio che gli dava visibilità e con cui si toglieva qualche soddisfazione: Il titolo della rubrica si traduce letteralmente in fuori de pollaio, ma il suo significato era fuori dal coro, una specie di zona franca dove poteva andare anche contro corrente. Dopo quasi un anno la rubrica cambiò titolo diventando Causons  e la firma pure mutò in George Sim. Ma non c'era solo la rubrica, bensì anche inchieste, reportage, interviste... Questo fu il primo contatto di Simenon adolescente con il mondo della scrittura, sia pure giornalistica, ma anche la prima occasione per far emergere quel naturale talento per comunicare con la gente attraverso la parola scritta

lunedì 22 novembre 2010

GLI "EROTICI" DI SIMENON


Tra il 1925 e il 1929, nel periodo antecedente alla pubblicazione dei Maigret, Simenon si dedicò alla letteratura  cosiddetta popolare, di tutti i generi. Non solo avventura, polizieschi, storie d'intrigo, ma anche romanzi erotici... per quanto all'epoca di tale argomento si potesse scrivere. Da un punto di vista "tecnico" è sorpendente come passasse da un genere all'altro, per dei romanzi di un ottantina di pagine che il giovane Simenon riusciva anche a scrivere in un solo giorno, almeno secondo le sue affermazioni. Pubblicazioni vendute a due franchi e mezzo, trame semplici, personaggi stereotipati, ma anche con questi standard la sua produzione era sorpredente. Vediamo, ad esempio, come era organizzato per una giornata di lavoro.
La segretaria arrivava alle nove. Tenete conto che per mezzoggiorno doveva aver dettato due racconti leggeri, uno tragico e completato la scaletta di un romanzo popolare. E nel pomeriggio doveva andare a consegnare quello che aveva prodotto la mattina. La sera ancora a scrivere perchè aveva preso l'impegno di consegnare due romanzi di quindicimila righe.
Parlavamo prima dei romanzi "erotici" che subivano lo stesso trattamento. Li scriveva sotto pseudonimi diversi e i loro titoli erano decisamente esplicativi: Ninì violata di Luc Dorsan (1926) oppure Un uomo libidinoso di Georges Sim (1927), Orge borghesi di Gon Gut (1926). Si tratta di titoli non tradotti in italiano e che non sempre, anche nelle varie bibliografie più acreditate, hanno uno pseudonimo e un editore univoci.
Qui di seguito pubblichiamo un elenco con pseudonimo, titolo e anno di apparizione di alcuni romanzi erotici pubblicati con le Editions Prima, le Editions Illustrées e la Société Parisienne d'Edition. Alcuni sono romanzi, altri sono antologie di racconti.

Éditions Prima

Gom GUT, Au Grand  1925.    
Luc DORSAN, Nini violée, 1926.   
Georges SIM, Un Monsieur libidineux, 1927  
Georges SIM, Les Mémoires d'un prostitué par lui-même, 1929.

Collezione  Gauloise"

Gom GUT, Un viol aux Quat'z'Arts, 1925.   
Plick et PLOCK, Voluptueuses Étreintes (contes) 1925.   
Gom GUT, Perversités frivoles (contes), 1925.   
Gom GUT, Plaisirs charnels (contes), 1925.   
Gom GUT, Aux Vingt-huit Négresses, 1925.   
Gom GUT, La Noce à Montmartre, 1926.   
Luc DORSAN, Histoire d'un pantalon, 1926.   
Gom GUT, Liquettes au vent (contes), 1926.   
Luc DORSAN, Mémoires d'un vieux suiveur (contes), 1926.   
Gom GUT, Une petite très sensuelle, 1926.   
Luc DORSAN, Nuit de noces (contes), 1926.   
Gom GUT, Orgies bourgeoises, 1926.   
Gom GUT, L'Homme aux douze étreintes,1926.   
Luc DORSAN, La Pucelle de Bénouville, 1927.   
Gom GUT, Étreintes passionnées, 1927.   
Gom GUT, L'Amant fantôme, 1928.   
Luc DORSAN, Un drôle de coco, 1929.

Éditions Illustrées

Collection "Les Romans drôles"

Gom GUT, Madame veut un amant, 1928.       
POUM et ZETTE, Des gens qui exagèrent, 1928.       
Gom GUT, Les Distractions d'Hélène, 1928.       
KIM, Un petit poison, 1928.

Collection "Les Romans folâtres"

BOBETTE, Bobette et ses satyres, 1928.       
Gom GUT, L'Amour à Montparnasse, 1928.       
Luc DORSAN, Une petite dessalée, 1928.

Société Parisienne d'Édition

Luc DORSAN, Les Mannequins du docteur Cup,  1927.

I MAIGRET DI SIMENON PUBBLICATI CONTEMPORANEAMENTE DA MONDADORI E DA ADELPHI


Contrariamente a quanto credono molti e a quanto scritto da qualcuno, il passaggio della serie delle inchieste di Maigret tra gli editori Mondadori e Adelphi non fu netta e nemmeno ci fu un intervallo. Infatti l'ultimo Maigret apparso per i tipi della casa editrice di Segrate è almeno del giugno 1994 (Maigret e l'informatore - collana Oscar Mondadori Narrativa). Il primo Maigret publicato da Adelphi nel 1993 (Pietr il Lettone - Gli Adelphi - Le inchieste di Maigret). Questo singifica per circa un anno Georges Simenon appariva contemporaneamente nel catalogo di due importanti editori italiani, quello più grande in assoluto e quello allora rienuto il più sofisticato e ricercato. Va ricordato che però Adelphi già da qualche anno pubblicava i romanzi, ma non i Maigret.E comunque è assolutamente insolito che un autore così importante fosse con le inchieste di Maigret in vendita con le edizioni Mondadori e quelle di Adelphi. E' un'altra testimonianza della singolarità di uno scrittore che ha dimostrato spesso di saper andare al di là anche delle più consolidate consuetudini editoriali.
L'unico accorgimento che fu utilizzato fu che per l'ultima serie Mondadori i titoli pubblicati furono gli ultimi della produzione di Simenon, mentre Adelphi iniziò dal primo.

QUANDO SIMENON SCRIVEVA ROMANZI POPOLARI SOTTO PSEUDONIMO

Un romanzo della serie popolare, del 1932, firmato George Sim e pubblicato da Tallandier.
Gli inizi furono difficili. Per uno che a diciotto anni aveva lasciato in Belgio un lavoro da giornalista ben pagato, una casa, una fidanzata, trovarsi a Parigi a fare la fame, a dormire nei sottotetti più infimi e a vedersi rifiutare racconti e romanzi, non era certo un bel viviere. Ma Simenon sapeva che se voleva diventare uno scrittore, e poi anche un romanziere, aveva bisogno di un periodo di apprendimento. Ma nel frattempo aveva anche bisogno di sopravvivere e quindi moltiplicava gli sforzi per farsi pubblicare qualcosa. Dopo aver rotto il ghiaccio con i primi racconti sul quotidiano Le Matin, grazie a Colette, iniziò a pubblicarne altri su vari giornali scandalistici e poi passò ai romanzi popolari. Come abbiamo visto erano degli scritti che uscivano sotto pseudonimi (ne usò circa diciassette) e che Simenon definiva "letteratura alimentare". Già, perchè pur rendendosi conto di fare della letteratura di livello basso, constatava che sempre più gli consentiva di sopravvivere. E poi c'erano altri lati positivi, come lui stesso precisava."Chiunque abbia scritto dei romanzi popolari, per un certo numero di anni e per guadagnarsi il pane, è sicuro che non utilizzerà più quegli schemi convenzionali in ciò che scriverà dopo, perché si acquisisce un tale odio per le convenzioni, per i personaggi stereotipati, per i dialoghi convenzionali, per le descrizioni convenzionali, che automaticamente non esiste più il rischio di utilizzarli, mi capite? In realtà, scrivendo romanzi popolari, s'impara tutto quello che non bisogna fare per scrivere un buon romanzo".

LETTERA A MONSIEUR E MADAME MAIGRET

*Nota a fine post

Ecco una lettera, apparsa sul giornale "L'Illustré de Lausanne"  in occasione dei cinquant'anni dalla creazione del personaggio del commissario Jules Maigret. E' Simenon che scrive alla sua creatura e alla sua signora, con tutta la tenerezza che si prova per un personaggio con cui si è convissuto per più di quarant'anni. Visto con la lente del tempo che ammorbidisce i contorni e sfuma i colori, ma che rende vivido il ricordo e fa rivivere con un po' di nostalgia quei momenti.elle parole dello scrittore si avverte un atteggiamento quasi reverenziale forse dovuto al rimpianto dei bei tempi passati... ora sono tutti e due in pensione... al limite della loro intensa vita.


Losanna 26 settembre 1979

M. e Mme Maigret
Meung-sur-Loire

Mio caro Maigret,sarà probabilmente stupito di ricevere una lettera da me, visto che ci siamo lasciati circa sette anni fa'. Questo è il cinquantesimo anniversario del giorno in cui a Delfzijl ci siamo conosciuti. Voi avevate circa quarantacinque anni. Io venticinque. Ma voi avete avuto la fortuna, in seguito, di trascorrere un certo numero di anni senza invecchiare. Soltanto alla fine delle nostre avventure e dei nostri incontri avete raggiunto l'età di cinquantatre anni che all'epoca era il limite di età per i poliziotti, anche se per un commissario di divisione come voi era di cinquantacinque. Quindi quanti anni avrete oggi? Non lo so, visto il privilegio di cui avete goduto per parecchio tempo. Al contrario io sono invecchiato e molto più velocemente di voi, come un comune mortale e adesso ho già da un pezzo passato i sessantasei anni. Non so se voi abitiate ancora nella vostra piccola abitazione in campagna a Meung-sur-Loire e se voi peschiate ancora con la canna; se riparato da un largo cappello di paglia vi occupiate sempre del vostro giardino; se madame Maigret  vi prepapari sempre quei piccoli piatti che voi amate tanto e se vi capiti, come capita anche a me, alla vostra età di andare a giocare a carte al bistrot del villaggio.Eccoci tutti e due in pensione e, spero per voi, assaporando entrambe i più piccoli piaceri della vita fiutando l'aria del mattino, osservando con curiosità osservando con curiosità la natura e gli esseri intorno a noi.Ci tengo farvi gli auguri per questo anniversario, a voi e alla vostra signora. Ditele  che grazie ad un certo Courtine, cui possiamo meritatamente conferire il titolo di re dei cuochi, le sue ricette di cucina hanno fatto il giro del mondo e che, per esempio,  sia in Giappone che nell'America del Sud i gourmand non mancano mai di mettere qualche goccia di prunella d'Alsazia quando preparano il pollo al vino.Quanto ai vostri successori al Quai des Orfèvres  ce ne sono stati molti che hanno adottato il vostro metodo e le vostre procedure, e alcuni tra loro, anche dopo essere andati in pensione, hanno scritto le loro memorie facendo seguire il loro nome dall'espressione "alias commissario Maigret".L'avete davvero meritato. Vi abbraccio con commozione, voi e madame Maigret, che probabilmente non immagina che molte donne la invidiano, che molti uomini  vorrebbero aver sposato una donna come lei e che un'affascinante giapponese, tra le altre, interpreta il suo ruolo in televisione, mentre un giapponese rappresenta proprio voi.
Affettuosamente
Georges Simenon

*Nella foto in alto, alcune delle attrici mogli di Maigret. Dall'alto a sinistra in senso orario: Andreina Pagnani moglie di Gino Cervi (Tv Italia) - Sato Tomomi moglie di Kinya Aikawa (Tv Giappone) - Jeanne Boitel moglie di Jean Gabin (cinema Francia) - Micheline Francey moglie di Jean Richard (Tv Francia).

SIMENON SI "INCARTA" SULLO SCANDALO STAVISKY

Grande scrittore, buon giornalista, inventore di uno dei più grandi detective della letteratura gialla mondiale, ma come investigatore le sue quotazioni ebbero modo di dimostrarsi invece assai basse. Stiamo parlando de "l'affaire Stavisky". Serge Alexandre Stavisky, di origine russa (Kiev 1886) era all'inizio un piccolo truffatore che aveva scalato la società aumentando il volume e il livello delle sue truffe. Il "beau Sacha", come veniva chiamato, si barcamenava tra il mondo finanziario, quello politico e quello giudiziario che più di una volta lo aveva accusato ed indagato. Nel 1932 scoppiò il grosso scandalo quando fu arrestato il direttore del Credito Municipale di Bayonne accusato di frode ed emissione di falsi buoni al portatore, per una cifra pari oggi a oltre 230 milioni di euro. Le indagini scopriranno poi che il direttore era una pedina di Stavisky, il quale a sua volta era in combutta con il sindaco di Bayonne, per altro anche deputato. Lo scandalo trascinò dietro tutti, politici, esponenti della buona società, alti funzionari statali, tutti in "buoni rapporti" con Stavisky. E così Sacha potè godere di favori che gli permisero di fuggire, di rimandare più volte il proprio processo. Ma ovviamente erano in molti ad avere interesse che lui non facesse nomi e, quando nel gennaio del 1934, fu trovato morto in uno chalet di Chamonix con una pallottola in testa, gli inquirenti si chiesero se fosse un suicidio oppure l'omidicio di qualcuno che voleva metterlo a tacere per sempre. A quel punto la stampa scatenò i suoi migliori reporter per far luce sulla vicenda e tra questi Paris Soir calò quello che sembrava una carta vincente, ingaggiò Simenon, come se essere stato l'inventore del commissario Maigret fosse una garanzia. Eppure Prouvost, l'editore del quotidiano, voleva proprio Maigret... nell'immaginario collettivo dei propri lettori era lui l'investigatore che doveva risolvere il caso e battere la polizia...vera! Ma dietro al "Commissario" c'era ovviamente Simenon a cui furono dati mezzi e possibilità a volontà pur di arrivare a risolvere il caso prima degli inquirenti. E l'editore spingeva per la tesi dell'omicidio. "Un suicidio - diceva - ci farebbe perdere 200.000 lettori!". Infatti l'omicidio presupponeva un killer e dietro di lui qualcuno, politico, finanziere o chissà chi come mandante. Questo significava che la curiosità della gente sarebbe andata a mille e, per un giornale scandalistico come Paris Soir che vendeva ormai quasi un milione di copie, la morbosa curiosità suscitata da quello scandalo voleva dire una gran quantità di copie in più. Il Simenon-Maigret si mise all'opera con la convinzione che Stavisky non fosse solo un imbroglione, ma un vero e proprio gangster e che quello era il mondo da cui bisognava iniziare ad indagare. Poi fece intravedere la pista di un omicidio politico.  Ma gli undici articoli che doveva scrivere per Paris Soir fin dagli inizi non fecero fare un passo avanti all'inchiesta, né a quella dei Maigret, nè a quella della polizia giudiziaria. Il carisma del Simenon Maigret, inizia a sgonfiarsi, comincia ad essere bersaglio di critiche e di prese in giro. Anzi le sue maldestre rivelazioni, i suoi inaffidabili informatori, lo portano a conclusioni che intralciano il corso della giustizia. L'affare si complica, Simenon mette le mani dove non dovrebbe e per di più a sproposito. L'ambiente della mala non gradisce affatto e quello giudiziario meno ancora. Sembra che alla fine arrivasse addirittura una telefonata dal ministro dell'Interno, ricordando che Simenon era belga, non aveva la nazionalità francese, facendo capire che poteva anche essere espulso. Ma poi le minacce della mala e quelle di funzionari di polizia che lui aveva coinvolto nei suoi articoli, citandoli per nome, gli fecero capire con le cattive più che con le buone, che non doveva insistere in quell'inchiesta e con quegli articoli. Insomma lo scrittore non solo aveva imboccato una falsa pista, ma aveva pestato piedi a destra e a manca, senza scoprire niente di concreto. Per lo scrittore fu un vero scacco e in molti continueranno a rinfacciargli per anni la figuraccia fatta nel caso Stavisky. Eppure Nine, il gestore di un ristorante di Montmartre, appunto "Chez Nine", che la sapeva lunga, che conosceva bene il mondo della mala e quello degli uomini del giro politico-finanziario (quelli dei suoi clienti abituali) gli aveva detto amichevolmente: "E porca puttana! Mio piccolo Sim, ma di cosa t'impicci? Non ti cacciare in questi pasticci! Che ne vuoi capire di queste cose? Tu  sei uno scrittore, un poeta, non un pollo. Lascia il tuo Maigret dove sta, con i suoi assasini, i suoi ladri e le sue puttane... Un pesce fuori dell'acqua muore. Hai capito!". Ma Simenon capì solo più tardi, troppo tardi per non portarsi dietro quella storia come un fastidioso fardello e per diverso tempo.

SIMENON, L'UOMO CON LA VALIGIA

"Les obsessions du voyageur", un libro francese del 2008, in cui Denis Benoit, raccoglie gli appunti di viaggio dello scrittore
Come se non fossero bastati i suoi numerosi trasferimenti di residenza, Simenon è stato anche un gran viaggiatore, prima in Francia e poi negli angoli più estremi del mondo.Iniziamo con la primavera del 1928, quando, troncata la storia con Josephine Baker, parte con la moglie Tigy. Ha acquistato una piccola imbarcazione, battezzata la Ginette con cui fà il giro dei canali fluviali di mezza Francia. Nella primavera dell'anno successivo si fà costruire un'altra barca, l'Ostrogoth, con cui, sempre via canali, arriva addirittura in Olanda. Lì si imbarca su una nave per un viaggio che lo porterà in Norvegia e poi su su ancora fino in Lapponia. Nell'estate del 1932 parte per l'Africa, prima l'Egitto, poi fà rotta su Karthoum e quindi arriva nel Congo belga  e da qui compie la discesa sull'omonimo fiume per ben 1700 km. fino a Kinshasa. L'estate seguente tocca invece all'Europa, soprattutto a quella dell'Est: Polonia, Romania, Cecoslovacchia, Ungheria, e di ritorno anche la Germania. Sempre nel '33 viaggio in Turchia, ma è lavoro, intervisterà Trotsky. Nel 1934, in estate, compie il periplo del Mediterraneo a bordo di una goletta noleggiata, l'Araldo. Nei primi dell'anno dopo parte per New York, da cui si recherà prima a Panama e quindi compirà un itineario nell'America del Sud, per arrivare infine alle isole Galapagos. Da lì poi a Tahiti e  ancora Nuova Zelanda, Australia, India  e, di ritorno, il Mar Rosso. Un tour durato quasi un anno. Passato l'uragano della seconda  guerra mondiale e trasferitosi negli Stati Uniti, Simenon riprende a girare. Nel 1947 lo troviamo a Cuba, nel '48 a Tumacacori, al confine con il Mexico e nel '52 intraprende un tour in Europa cui tocca anche l'Italia (Milano e Roma). Al suo ritorno nel vecchio continente (1955), si sposta continuamente da una località all'altra, Non si può dire che ci viva, ma nemmeno possono essere dei viaggi veri e propri. Nell'aprile del '55 si stabilisce a Mougins nelle Alpi Marittime, poi a ad ottobre a Cannes, nel '57 varca il confine e prende casa in Svizzera a Echandens (Losanna). Nel '58 torna prima a Parigi, poi a Bruxelles e ad agosto si concede una crociera sui canali olandesi. Ma a settembre lo ritroviamo in Italia, questa volta a Venezia, di lì a Firenze e poi di ritorno a casa, appena in tempo per la nascita dell'ultimo figlio Pierre Nicolas. Torna a Cannes nel maggio 1960 (è presidente della giuria del Festival del Cinema) e ad agosto è di nuovo in vacanza al Lido di Venezia all'Hotel Excelsior. Nel 1966 va in Olanda per inaugurare una statua a lui dedicata, a Delfzjl, insieme a molti degli attori (anche russi e giapponesi) che avevano interpretato il commissario Maigret per le emittenti televisive del loro paese. Altri brevi viaggi a Parigi, a Milano e a Liegi (per la morte della madre). E' il 1970, Simenon ha sessantasette anni e la sua carriera di viaggiatore per lavoro e per diletto termina. Ormai la sua vita si svolge tra i dintorni di Losanna e la città stessa, dove mancherà il 4 settembre del 1989

GEORGES SIMENON E IL MISTERO DI UN LUOGO CHIAMATO NOLAND


Per chi non lo sapesse, alla fine di ogni suo romanzo (Maigret o non-Maigret) lo scrittore era solito indicare l’anno, il mese e il luogo in cui aveva concluso l’opera (anche se purtroppo talvolta qualche editore li ha tradotti senza riportarli). Nel caso di Maigret si difende è: «Noland, juillet 1964». Questa località è riportata alla fine dei romanzi dal 1957 fino al 1964. Ora però c’è un problema. Noland non esiste, non è una città di alcun paese. È un nome del tutto inventato, scritto al posto del luogo geografico che prima veniva regolarmente indicato davanti alla data. Dalla biografia sappiamo che negli ultimi otto anni Simenon aveva fatto una vita un po’ movimentata. Era di ritorno dagli Stati Uniti, dove aveva vissuto una decina d’anni, e, dopo una serie di soggiorni più o meno lunghi a Parigi, a Londra e in Costa Azzurra, finalmente decide di vivere in Svizzera e si ferma vicino Losanna, ad Echandens. Siamo nel luglio del 1957. Simenon aveva scelto la Svizzera un po’ perché era un paradiso fiscale, ma questo lo scrittore lo faceva passare ufficialmente in secondo piano e poi perché la Svizzera era una nazione tranquilla, ordinata e neutrale, e in particolare il Canton di Vaud, vallata tra le Alpi e il lago di Ginevra, gli trasmetteva un gran senso di pace. Cose che, in quel periodo un po’ travagliato, lo attiravano non poco. Abbiamo accennato al Festival di Cannes del 1960, dove era presidente della giuria e aveva fatto vincere il suo amico Federico Fellini con La dolce vita, provocando scandali e proteste. Poi c’erano i problemi con la moglie Denyse Ouimet, che, nonostante la nascita dell’ultimo dei suoi figli, Nicolas, diventavano sempre più gravi, portando Denyse a problemi di alcolismo e instabilità psichica, e poi a lasciare definitivamente, nel marzo del 1965, Simenon e la grande villa che lo scrittore s’era fatto costruire ad Epalinges. Ma la dicitura Noland ha anche a che vedere con una ragione fiscale. Infatti in quei primi anni di residenza, lo scrittore avrebbe goduto di un particolare regime tributario, ovviamente molto favorevole. Da qui la scelta di indicare Noland (in quegli anni produsse oltre una ventina di romanzi). E Maigret si difende è l’ultimo romanzo che, finiti i benefici fiscali, conclude l’abitudine di indicare questa misteriosa e inafferrabile Noland. (Da il DAG 2010 - DIzionario Atipico del Giallo • http://www.facebook.com/profile.php?id=1581335909&ref=name#!/pages/Dizionario-Atipico-del-Giallo/153350290288 )