lunedì 22 novembre 2010

SIMENON SI "INCARTA" SULLO SCANDALO STAVISKY

Grande scrittore, buon giornalista, inventore di uno dei più grandi detective della letteratura gialla mondiale, ma come investigatore le sue quotazioni ebbero modo di dimostrarsi invece assai basse. Stiamo parlando de "l'affaire Stavisky". Serge Alexandre Stavisky, di origine russa (Kiev 1886) era all'inizio un piccolo truffatore che aveva scalato la società aumentando il volume e il livello delle sue truffe. Il "beau Sacha", come veniva chiamato, si barcamenava tra il mondo finanziario, quello politico e quello giudiziario che più di una volta lo aveva accusato ed indagato. Nel 1932 scoppiò il grosso scandalo quando fu arrestato il direttore del Credito Municipale di Bayonne accusato di frode ed emissione di falsi buoni al portatore, per una cifra pari oggi a oltre 230 milioni di euro. Le indagini scopriranno poi che il direttore era una pedina di Stavisky, il quale a sua volta era in combutta con il sindaco di Bayonne, per altro anche deputato. Lo scandalo trascinò dietro tutti, politici, esponenti della buona società, alti funzionari statali, tutti in "buoni rapporti" con Stavisky. E così Sacha potè godere di favori che gli permisero di fuggire, di rimandare più volte il proprio processo. Ma ovviamente erano in molti ad avere interesse che lui non facesse nomi e, quando nel gennaio del 1934, fu trovato morto in uno chalet di Chamonix con una pallottola in testa, gli inquirenti si chiesero se fosse un suicidio oppure l'omidicio di qualcuno che voleva metterlo a tacere per sempre. A quel punto la stampa scatenò i suoi migliori reporter per far luce sulla vicenda e tra questi Paris Soir calò quello che sembrava una carta vincente, ingaggiò Simenon, come se essere stato l'inventore del commissario Maigret fosse una garanzia. Eppure Prouvost, l'editore del quotidiano, voleva proprio Maigret... nell'immaginario collettivo dei propri lettori era lui l'investigatore che doveva risolvere il caso e battere la polizia...vera! Ma dietro al "Commissario" c'era ovviamente Simenon a cui furono dati mezzi e possibilità a volontà pur di arrivare a risolvere il caso prima degli inquirenti. E l'editore spingeva per la tesi dell'omicidio. "Un suicidio - diceva - ci farebbe perdere 200.000 lettori!". Infatti l'omicidio presupponeva un killer e dietro di lui qualcuno, politico, finanziere o chissà chi come mandante. Questo significava che la curiosità della gente sarebbe andata a mille e, per un giornale scandalistico come Paris Soir che vendeva ormai quasi un milione di copie, la morbosa curiosità suscitata da quello scandalo voleva dire una gran quantità di copie in più. Il Simenon-Maigret si mise all'opera con la convinzione che Stavisky non fosse solo un imbroglione, ma un vero e proprio gangster e che quello era il mondo da cui bisognava iniziare ad indagare. Poi fece intravedere la pista di un omicidio politico.  Ma gli undici articoli che doveva scrivere per Paris Soir fin dagli inizi non fecero fare un passo avanti all'inchiesta, né a quella dei Maigret, nè a quella della polizia giudiziaria. Il carisma del Simenon Maigret, inizia a sgonfiarsi, comincia ad essere bersaglio di critiche e di prese in giro. Anzi le sue maldestre rivelazioni, i suoi inaffidabili informatori, lo portano a conclusioni che intralciano il corso della giustizia. L'affare si complica, Simenon mette le mani dove non dovrebbe e per di più a sproposito. L'ambiente della mala non gradisce affatto e quello giudiziario meno ancora. Sembra che alla fine arrivasse addirittura una telefonata dal ministro dell'Interno, ricordando che Simenon era belga, non aveva la nazionalità francese, facendo capire che poteva anche essere espulso. Ma poi le minacce della mala e quelle di funzionari di polizia che lui aveva coinvolto nei suoi articoli, citandoli per nome, gli fecero capire con le cattive più che con le buone, che non doveva insistere in quell'inchiesta e con quegli articoli. Insomma lo scrittore non solo aveva imboccato una falsa pista, ma aveva pestato piedi a destra e a manca, senza scoprire niente di concreto. Per lo scrittore fu un vero scacco e in molti continueranno a rinfacciargli per anni la figuraccia fatta nel caso Stavisky. Eppure Nine, il gestore di un ristorante di Montmartre, appunto "Chez Nine", che la sapeva lunga, che conosceva bene il mondo della mala e quello degli uomini del giro politico-finanziario (quelli dei suoi clienti abituali) gli aveva detto amichevolmente: "E porca puttana! Mio piccolo Sim, ma di cosa t'impicci? Non ti cacciare in questi pasticci! Che ne vuoi capire di queste cose? Tu  sei uno scrittore, un poeta, non un pollo. Lascia il tuo Maigret dove sta, con i suoi assasini, i suoi ladri e le sue puttane... Un pesce fuori dell'acqua muore. Hai capito!". Ma Simenon capì solo più tardi, troppo tardi per non portarsi dietro quella storia come un fastidioso fardello e per diverso tempo.

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