martedì 5 aprile 2011

SIMENON. MA QUANTE PAGINE PER UN ROMANZO?

Oggi non è più un tabù. Forse è il frutto una spinta dell'industria editoriale, più che l'esigenza espressiva degli autori contemporanei? Su questo andrebbe fatta una riflessione più profonda in una sede più idonea di questa. Ci riferiamo alla lunghezza dei romanzi. Ormai 500/600 pagine sono quasi la regola e se non proprio la regola sicuramente una media per i libri che affollano le librerie. Non sono un'eccezione nemmeno le 800/900 pagine. E addirittura il superamento del muro delle 1000 pagine non sono più casi che si contano sulle dita di una mano.
A questa regola però, ai suoi tempi, non scappò neanche uno come Simenon che con Mémoires intimes (più Le livre de Marie Jo) arrivò poco oltre le 1200 pagine. Ma fu davvero un'eccezione. Di solito i suoi romans durs sono tra le 150 e le 200 pagine, con poche punte fino a 250 pagine ed oltre. A parte Mémoires intimes, vanno fuori media Long cours (1935) con 380 pagine e Le testament Donadieu (1936) con oltre 390.
Però come dicevamo sopra, la stragrande produzione simenonia dei romans durs  si attesta tra le 150 e le 200 pagine. E, nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di romanzi cui non manca nulla: trama, atmosfera, personaggi, considerazioni, descrizioni, dialoghi... insomma tutto quello che serve, né di più, né di meno, e tutto ad un certo livello, spesso ad alto livello. E sono quelli che gli hanno valso il riconoscimento della critica e la celebrità tra il pubblico e che ancora oggi, ad ogni riedizione, costituiscono dei titoli da classifica, non solo Francia, ma anche da noi, in Italia, e pure in altri paesi.
Però in Simenon c'era talvolta il sogno di scrivere in modo diverso, romanzi differenti, magari anche di maggior respiro, come afferma in una lettera del '62 al suo editore, Sven Nielsen, in cui specifica "...Per esempio sogno da molto tempo di scrivere un romanzo davvero lungo pieno di personaggi che s'incrociano. E' probabile che non lo scriverò mai. E' come credere che io sia stato costruito per correre su una certa lunghezza, per esempio i cento metri, se non addirittura i 60 metri, come per gli junior!..."

SIMENON. QUANDO CREDETTE (O FECE CREDERE) DI ESSERE QUASI MORTO

Lo spettro della morte cambia la prospettiva. Estate 1940. Simenon riceve un colpo violento al petto, dovuto alla percossa di un ramo nella foresta vicino Fontenay dove s'era recato a fare legna. I dolori del giorno dopo, e il dubbio di essersi rotto una costola, lo indussero a farsi una radiografia al petto.
Nessuna costola rotta, ma molte brutte notizie.
Il medico che aveva consultato gli diagnosticò un stato niente affatto tranquillizzante riguardo il suo cuore che riultava affaticato, stressato e logorato come quello di un vecchio. Difficilmente, secondo il medico, avrebbe potuto andar avanti per più di due anni.
La mente di Simenon tornò immediatamente alla sorte del padre Desiré che, proprio a causa del cuore, era morto a 43 anni dopo essersi ammalato tre anni prima. La storia praticamente pareva ripetersi. Georges all'epoca aveva 37 anni con la prospettiva di arrivare sì e no a 40. Una sorta di identificazione con il destino del paterno che gli faceva psicologicamente sentire la propria fine assai vicina.
Ovviamente gli fu vietato l'alcol, dovette smettere di fumare la pipa, sesso nemmeno a parlarne, cibo leggero e razionato. Quanto allo scrivere, visto lo stress che produceva in Simenon, gli fu intimato di sospendere immediatamente l'attività. Tutto questo con lo scopo di allungare un po' la speranza di vita.
Georges era atterrito. A casa la moglie Tigy si irrigidì nella propria tensione, la Boule scoppiò a piangere.
Il commento di Simenon al proposito fu significativo: " Sono stato l'uomo che ha fatto qualsiasi cosa, adesso mi si chiede di essere l'uomo che non farà nulla..."
Inizia a scrivere Pedigree de Marc Simenon (poi intitolato Je me souviens) per lasciare al figlio memoria dei suoi nonni. Ma questa è la versione che dà Francis Lacassine, uno dei suoi biografi, ma ci sono altri studiosi che danno versioni diverse. Per Pierre Assouline, invece Simenon già stava già scrivendo il libro che forse finì per condizionarlo. Simenon credette davvero di dover morire e, scrive Assouline quando riporta la versione di Simenon, che dovette aspettare tre anni, quando consultando il miglior cardiologo di Parigi, ebbe la certezza che il suo cuore era perfettamente sano e che il radiologo di Fontany era perfettamente incompetente. Altro biografo, Stanley G. Eskin, altra versione. Dopo il verdetto di Fontenay, passarono quattro anni e solo per caso, incontrando un medico ad una partita a bridge, gli fu consigliato di farsi visitare da un cardiologo che gli rivelerà il suo ottimo stato di salute. Per Patrick Marnham, invece Je me souviens sarà scritto come reazione alla pessima notizia, che però sarebbe stata subito smentita. Infatti racconta che Tigy, scettica, anche per la buona salute del marito e per il ritmo della sua attività fisica, non credeva ad una situazione così tragica. Tanto che decise di andara a consultare il famigerato radiologo, il quale parlò di un malinteso, affermando che il marito era in realtà in buona salute. Allora? Tutto inventato? E nel caso, perché? Sembra, sempre secondo Marnham, che la famosa visita dal cardiologo parigino non ebbe luogo dopo tre o quattro anni, ma subito, nell'autunno del '40. Questo viene confermato anche da Assouline che, quando ricostruisce la verità con testimonianze di chi gli stette accanto in quegli anni, compresi alcuni medici, accredita la versione per cui quello che fu una preoccupazione di qualche mese, nel racconto di Simenon diventa una sofferenza di anni.
Falso allarme quindi, dove la fantasia dello scrittore, l'influenza della vicenda paterna e forse anche la continua, forse in questo caso inconscia, necessità di essere al centro dell'attenzione concorsero tutti a creare questa immaginaria prossimità alla morte.
Anche perchè in quei famosi anni di angoscia e di inattività, dall'estate del '40 al '43, Simenon scrive tre Maigret e otto romans durs, tra cui Pedigree (gennaio 1943) davvero impegnativo. Inoltre, proprio in quegli anni, il suo stato di salute non gli impedisce di portare a termine fruttuosi trattative ed affari con la società di produzione Continental (quella di proprietà dei nazisti) vendendo vari soggetti per la sceneggiatura di diversi film.
Altro che inattività completa!

lunedì 4 aprile 2011

SIMENON CI RACCONTA SE' STESSO

Se facciamo qualche eccezione, come ad esempio L'Aventure (1937), Je me souviens (1940) o Quand j'étais vieux (1963), gli scritti autobiografici appartengono al Simenon della terza età. Basta pensare ai Mes Dictées tutti quei libri mai scritti, a dettati al registratore come Un homme comme un autre (1973), oppure Lettre à ma mére (1974). Un libro dedicato al rapporto con la propria genitrice, sempre molto difficile, che lo ha condizionato per tutta la vita e che, con ogni probabilità, in buona parte spiega l'atteggiamento di Simenon rispetto alle donne e forse anche al sesso. Altri dettati sono A l'abri de mon arbre (1976), o anche Je suis resté un enfant de choeur (1977) e ancora On di que j'ai soixante-quinze ans (1978) e Destinées (1979). Fa eccezione un caposaldo dell'opera simenoniana scritto invece ancora di suo pugno, é Mémoires intimes (1980). Un libro davvero speciale, le memorie fondamentali della sua vita, l'ultima sua opera, cui è peraltro annesso il Livre de Mari-Jo, quello della sua figlia, morta suicida a venticinque anni. Un fatto davvero molto condizionante degli ultimi dieci anni della sua vita.
Ma sentiamo cosa dice in proposito lo scrittore stesso, durante una conversazione con Francis Lacassin.
"...Ho smesso di scrivere romanzi il giorno in cui ho capito (avevo settant'anni)  che era troppo faticoso mettermi nella pelle degli altri e creare ancora dei personaggi. Allora sono diventato io il mio personaggio. E siccome in tutta la vita non sono riuscito a sapere tutto degli altri, mi sono detto: Ebbene, cercherò di farlo studiando me stesso. Non è che lo abbia deciso... poco a poco è successo, così, da solo...Sono delle piccole storie di ogni giorno che si intrecciano con vicende vecchie di cinquant'anni....Se volete - ma credo di essere un po' pretenzioso - è una sorta di psicanalisi di me stesso...".
Psicoanlisi, ricordi, piccoli piaceri della vecchiaia, tutto si miscela in questi utimi libri di Simenon che ci dicono molto di lui e soprattutto di come lui vedesse la sua vita.

domenica 3 aprile 2011

9/SPÉCIAL-MAIGRET. IL COMMISSARIO CONTRO SANCETTE

Spècial-Maigret. Per tutta questa settimana dedicheremo il post di ogni giorno al personaggio del commissario Maigret che proprio quest'anno festeggia l'ottantesimo anniversario dal suo lancio.


Forse Simenon lo considerava una sorta di "piano-B". In caso di disgrazia...cioè nell'eventualità di un flop editoriale di Maigret, poteva essere l'alternativa... L'outsider era lì pronto. Stiamo parlando di un altro investigatore, tale Sancette, che era ovviamente l'antitesi di Maigret. Giovanile, zazzera rossa, un eroe cui nulla e nessuno poteva resistere. Ma in che senso era pronto? Intanto era già stato abbozzato in qualche romanzo di quelli popolari, e poi era già comparso in oltre una ventina di racconti pubblicati. Tutto sommato era un epigono di quel Rouletabille, che aveva incantato Simenon fin da giovane (creato da Gaston Leroux nel 1907).
Jean Joseph Sancette è giovane, nel pieno delle forze, gran seduttore, capace di innumerevoli camuffamenti, ma la sua fortuna letteraria non volge a suo favore. Nel momento di scegliere tra lui e Maigret per fare il salt dalla letteratura popolare alla semi-letteratura, Simenon sceglie il commissario. Perchè? In realtà fu il pubblico a scegliere, con un gran successo di vendite. Maigret. Sancette, attraverso un'altro suo appellativo andò a finire in un esperimento di Simenon nella collana Photo-texte, una serie di pubblicazioni che avrebbe dovuto collocarsi a metà tra il romanzo e il foto-romanzo, dove la fotografia doveva avere una sua funzione narrativa alternandosi con il testo. Più facile a dirsi che a farsi. Intanto il personaggio non era nient'affatto originale, l'impaginazione non troppo felice penalizzava il testo e mortificava le fotografie (di Germaine Krull), una carta non adatta e una stampa che aveva avuto qualche problema... insomma tutto concorse alla confezione di un prodotto editoriale scadente. E come abbiamo detto il pubblico lo ignorò... forse non lo comprese? Qualcosa di troppo avanti per dei romanzi tutto sommato ancora popolari? Oppure un'idea che non poteva proprio funzionare?. Fatto sta che Fayard fermò la pubblicazione degli altri Photo-texte e riunì i restantii racconti di Sancette-G7 in un solo libro. Che fu per il personaggio una sorta di pietra tombale e la pietra su cui Maigret costruì la sua vittoria.

sabato 2 aprile 2011

8/ SPÉCIAL-MAIGRET. I COMPAGNI DI VIAGGIO DEL COMMISSARIO

Spècial-Maigret. Per tutta questa settimana dedicheremo il post di ogni giorno al personaggio del commissario Maigret che proprio quest'anno festeggia l'ottantesimo anniversario dal suo lancio.




Abbiamo detto della moglie di Maigret, ma in un seriale come quello concepito e realizzato da Simenon, ci sono un certo numero di personaggi (oltre a luoghi e abitudini) che concorrono, in modo spesso non secondario, a creare quell'atmosfera di confidenza tra il lettore e l'ambiente della serie e che costituiscono quel filo diremmo quasi familiare da cui non di rado ne dipende il successo. Inoltre trattandosi di un seriale che si è sviluppato in oltre cento inchieste, nell'arco di quarant'anni, Simenon ha avuto l'opportunità di definire e dare più spessore ai co-protagnisti, almeno quelli più importanti.
Iniziamo da quelli che lavorano gomito a gomito con il capo e costituiscono la sua squadra, come l'ispettore Lucas, che è il più anziano, che fuma la pipa anche lui  e che é destinato un giorno a prendere il posto di Maigret. Tra gli altri ispettori troviamo Torrence, definto da Maigret "un vero segugio", Janvier, che vediamo spesso impegnato con vari travestimenti, quando è sulle tracce di qualche sospetto e deve pedinarlo. Poi c'è Lapointe, è il più giovane degli ispettori con cui il commissario tende ad aver un atteggiamento paterno. C'è un'altro ispettore che incontriamo ogni tanto, ma che non fa parte della sua squadra, è in forza in un commissariato di zona. Si tratta dell'ispettore Lognon, che si lamenta sempre e che è un po' vittima degli sfottò e delle prese in giro della squadra di Maigret.
Poi ci sono i superiori. Anzi il superiore. Il giudice Comelieau, che è a capo della procura e che ha un rapporto burrascoso con il commissario, un po' perchè non ne apprezza il metodo d'indagine e un po' perché Maigret spesso ci mette del suo per farlo andare su tutte le furie. Vorrebbe sempre impiegare squadroni di poliziotti, fare cacce all'uomo in tutta Parigi, quando Maigret vuole invece muoversi in punta di piedi, facendo lavorare il suo cervello e la sua sensibilità. Il giudice però deve arrendersi ai fatti, cioè alle brillanti soluzioni dei vari casi che quel poliziotto, per lui così strano, riesce a riportare. Ancora due importanti personaggi, il medico legale dottor Paul (anatomopatologo realmente esistito e amico di Simenon) e il dottor Moers che riunisce le competenze scientifiche nell'esame dei reperti e una conoscenza formidabie dell'archivio storico e ha il suo laboratorio nel caratteristico sottotetto di 36, Quai des Orfévres. Poi nella vita privata vanno citati i coniugi Pardon. Lui è un medico e lei casalinga, si ritrovano ogni mese in una cena alternativamente a casa dell'una o dell'altra coppia. Con il marito Maigret non disdegna di parlare di argomenti medici (ricordiamo che il giovane Maigret aveva dovuto sospendere gli studi in medicina per la morte del padre).

MAIGRET MENO UNO, MA ARRIVA SIMENON

Nel tenere d'occhio le classifiche che il supplemento settimale de La Stampa, TuttoLibri, pubblica ad ogni numero, anche oggi dobbiamo registrare dei movimenti per quanto riguarda i titoli di Georges Simenon. Infatti nella sezione Tascabili, L'amico d'infanzia di Maigret perde la prima posizione e scivola al secondo posto. Allo stesso tempo c'è da segnalare nella sezione Narrativa Straniera, l'ingresso de La fuga del signor Monde che esordisce all'ottava posizione.

7/SPÉCIAL MAIGRET - M.ME MAIGRET LA MOGLIE CHE SIMENON INVIDIAVA AL COMMISSARIO

Spècial-Maigret. Per tutta questa settimana dedicheremo il post di ogni giorno al personaggio del commissario Maigret che proprio quest'anno festeggia l'ottantesimo anniversario dal suo lancio.


Sì d'accordo, come il marito, anche la moglie è un'invenzione di Simenon e quindi l'ha fatta come voleva lui. D'accordo, la figura che ne esce è perfettamente complementare al commissario, ma... Ma ciò non toglie che le caratteristiche fisiche e comportamentali che contraddistinguono M.me Maigret, sono, almeno in gran parte, quelle che avrebbero corrisposto alla moglie ideale dello scrittore.
Questa è la specie di bonaria invidia che si legge spesso tra le righe  delle inchieste. Certo la si percepisce e la si capisce meglio conoscendo la vita di Simenon e i rapporti con le sue donne più importanti.
In effetti, di primo acchitto, in M.me Simenon ritroviamo quella rotondità fisica che non è ciccia in eccesso, ma una sorta di paffuta silouhette, discreta, dotata lì dove deve esserelo. E' un po' la descrizione fisica che Simenon faceva della Boule, la sua storica femme de chambre. E poi é aggraziata, pronta a farsi in disparte quando il commmissario é d'umor nero, a coccolarlo quando ne ha bisogno, ma soprattutto ad irretirlo e sedurlo con i suoi manicaretti.
Certo manca un tassello importante, anzi fondamentale per l'autore: il sesso. I due nemmeno ne parlano... una coppia assessuata potremmo dire. Però Maigret, pur non vivendo scappatelle extra-coniugali, incontra donne sensuali e fascinose da cui non può non rimanere turbato... sia pure temporaneamente.
Ma torniamo a M.me Maigret che, come si sa, segue di nascosto le imprese del marito sui giornali che spesso parlano delle sue inchieste. Questo infastidisce un po' il commissario che un po' fa finta di non saperlo e un po' si arrabbia quando la moglie, non li nasconde bene e lui ne scova uno in casa.
Ma è anche un donna indipendente. Abituata a periodi di solitudine quando il marito parte o passa qualche notte fuori casa per un caso particolare. Parte non di rado per andare a trovare la sorella in Alsazia. A volte le capita anche di dare una mano a Maigret in alcune delle sue inchieste. E, quando decideranno di acquistare un'automobile, sarà lei a guidarla. Maigret non sa condurre una macchina.
Quindi per tornare al concetto espresso all'inizio, una donna così sarebbe stata il sogno di Simenon che al proposito dice in un''ntervista del '73 di cui racconta nei Dictée (Des traces de pas 1974) "...Nel pomeriggio la radio svizzera è venuta ad intervistarmi per un'ora. Ho accettato così tante volte questo tipo d'interviste! Non era né una gioia, né un onore. Era una specie di dovere....  In questa intervista mi è scappata una frase che non sarà sfuggita a qualcuno. E' stato quando mi hanno domandato se il mio ideale amoroso fosse M.me Maigret, io istintivamente ho risposto di sì".

venerdì 1 aprile 2011

6/SPÉCIAL-MAIGRET. LA PRIMA SERIE E POI TUTTE LE ALTRE

Spècial-Maigret. Per tutta questa settimana dedicheremo il post di ogni giorno al personaggio del commissario Maigret che proprio quest'anno festeggia l'ottantesimo anniversario dal suo lancio.

Abbiamo detto che il contratto con Fayard, prevedeva la fornitura di sei titoli di Maigret, subito, prima di inziare le pubblicazioni. E Simenon non ebbe certo problemi a soddisfare questa richiesta, anche perché da lui stesso era venuta la richiesta di pubblicarne uno al mese. L'accordo generale era per diciannove titoli. Quindi dopo i primi sei scritti tra il 1929 e il 1931 (Pietr-Le-Letton, M.Gallet décédé, Le Pendu de Saint-Pholien, Le charretier de la Providence, La tête d'un homme, Le chien Jaune) e pubblicati tra febbraio e maggio del 1931 (tranne La tête d'un homme uscita a settembre, ma sostituito come pubblicazione da La Nuit du carrefour a giugno 1931), in cinque mesi uscirono sei inchieste del commissario Maigret, abbondantemente oltre il ritmo previsto.
Le altre tredici furono pubblicate tra il luglio 1931 e il marzo del 1934 con ritmo più lento: tre nel '31, sette nel '32, due nel '33 e uno nel '34.
Nel frattempo tra luglio del '31 e la primavera del '34 Simenon scrisse anche 14 romans-durs per Fayard e infine il primo (Les demoiselles de Concarneau) per Gallimard con cui aveva appena concluso un contratto.
Simenon, terminato il rapporto con Fayard e scritti i diciannove titoli, voleva che la sua avventura con Maigret si esaurisse lì.
Infatti si presentò a quell'Arthème Fayard, che tanto aveva ostacolato la sua creatura e che non aveva creduto al suo possibile successo, e dichiarò lapidariamenente:
- E' finita, io smetto...
- Voi siete folle! - rispose alterato Fayard - Vi romperete il naso cercando di scrivere altro che un romanzo poliziesco!
- Finiamola con Maigret. Non ho più bisogno del filo conduttore di un genere. Adesso credo di poter scrivere un vero romanzo...
- Voi siete come Conan Doyle che voleva sempre uccidere Sherlock Holmes per scrivere un vero romanzo! Lo rimpiagerete per tutta la vita! Non è mai successo che un autore di romanzi polizieschi sia riuscito a diventare un vero romanziere. Credetemi è un abbaglio, vi ricrederete! Voi non siete fatto per la letteratura, ma per la letteratura popolare!
Quanta ragione e quanto torto aveva insieme il vecchio Fayard! Da una parte perché dopo cinque anni di "vacatio" Simenon riprenderà a scrivere i Maigret fino al 1972. Ma dall'altra perché Simenon divenne uno scrittore universalmente riconsociuto e per di più l'unico in grado di creare e portare avanti le inchieste di un grande personaggio poliziesco di popolarità mondiale e allo stesso tempo dimostrarsi un letterato affermato, stimato dalla critica e arrivato ad un passo dal premi Nobel.

giovedì 31 marzo 2011

5/MAIGRET E LA NOTTE DE "LE BAL ANTHROPOMETRIQUE"

Spècial-Maigret. Per tutta questa settimana dedicheremo il post di ogni giorno al personaggio del commissario Maigret che proprio quest'anno festeggia l'ottantesimo anniversario dal suo lancio
 

 Nelle discussioni tra Simenon e Fayard che precedettero l'uscita delle inchieste di Maigret, uno degli argomenti di contrasto fu cosa fare per lanciare la serie. Simenon a questo proposito aveva le idee ben chiare. Nessuna conferenza stampa per gli addetti ai lavori, nessuna presentazione ordinaria... non voleva che un personaggio, e quella nuova fase della sua vita letteraria, esordissero con una colonnina di recensione nella pagina culturale dei quotidiani, letta da pochi e ignorata da molti e che già il giorno dopo veniva coperta da altre notizie. No, lui voleva realizzare qualcosa di cui si occupasse anche anche la stampa mondana e che se ne parlasse per almeno per una settimana.
Per raggiungere questo obiettivo, pensò di organizzare una grande festa.
Si trattò del Bal Anthropométrique (letteralmente antropometrico, come le misure del corpo che la polizia prende prima di incarcerare qualcuno), un rendez-vous in uno dei più eccentrici locali di Montparnasse, il dancing la Boule Blanche, solitamente frequentata dagli antillesi di Parigi e dove solitamente si ballava la beguine. Lì avrebbe invitato il meglio e il peggio della società cittadina per la serata "più carceraria" di Parigi.
Ovviamente Fayard non era affatto d'accordo, anche e soprattutto per le spese, visto che Simenon gli aveva detto di aver già contattato per l'allestimento e la creatività della serata artisti come Paul Colin, Marcel Vertés e Don. Tre nomi che da soli già facevano pensare all'editore al fiume di soldi che sarebbe potuto scorrere.
Ma Simenon era irremovibile. Non aveva nessuna intenzione di sprecare quell'occasione. E infatti alla fine, pur di spuntarla, acconsentì di pagare una buona metà delle spese della serata.
E così spedì un gran numero d'inviti per il 20 marzo 1931, inviti che altro non erano che dei "mandati di comparizione".
Davanti all'entrata de la Boule Blanche, al 33 di rue Vanvin, quella sera dalle dieci in poi ci fu una gran fila all'ingresso. All'esterno c'erano dei figuranti per rendere tutto ancor più stravagante, una finta prostituta e il suo protettore e dei poliziotti che prendevano le impronte digitali prima di far entrare gli invitati. Non tutti stettero al gioco, alcuni protestarono, non volendo farsi trattare da delinquenti, come una vecchia conoscenza di Simenon, l'editore di Paris Soir, Eugene Merle (quello de la Cage au verre), che aveva subito analoghi trattamenti durante la
sua gioventù da estremista di sinistra. Circa trecento persone si accalcarono nella sala decorata dagli artisti con uno stile definito molto... Quai des Orfèvres, manette, corpi sanguinanti, ma anche grandi punti interrogativi... Non solo una gran folla quindi con molti rappresentanti della Parigi che conta, ma anche artisti, scrittori, gente qualsiasi e forse anche dei poliziotti in incognito. Si poteva incontrare Philippe de Rothschild, ma anche la cantante Suzie Solidor, la scrittrice Colette e pittori come Derain, il critico d'arte Florent Fels e Raymonde Machard, femminista e redattrice-capo de Le Journal de Femmes. L'orchestra antillese faceva scatenare la folla e un'aria di follia sembra impadronirsi della festa. Alle quattro la sala era ancora piena e la festa la suo culmine, spogliarelli, più o meno integrali, docce allo champagne, promiscuità, divertimento e trasgressione. Era quello che voleva Simenon affinchè la stampa ne parlasse a lungo. Lui nel frattempo non aveva smesso un attimo di scrivere dediche, su nella galleria, per i primi due Maigret lì presentati, Monsieur Gallet décédé e Le Pendu de Saint Pholien. E ne fece talmente tante che non smetteva mai di scrivere, c'era infatti chi lo prendeva in giro dicendo che stesse già scrivendo il prossimo Maigret.
Verso le sette di mattina la festa andò morendo, ma lasciò un'eco proprio come voleva il suo organizzatore. Oltre ad una buona critica per quello che riguardava i romanzi, l'evento tenne banco sui giornali parigini come l'avvenimento mondano più divertente e trasgressivo, come da molto tempo non se ne organizzavano più.
Lanciati i Maigret, lanciato anche Simenon, con il suo vero nome, quella sera diverrà una data storica nella sua vita non solo letteraria. 

4/SPÉCIAL-MAIGRET. DA SIM A SIMENON

Spècial-Maigret. Per tutta questa settimana dedicheremo il post di ogni giorno al personaggio del commissario Maigret che proprio quest'anno festeggia l'ottantesimo anniversario dal suo lancio


Abbiamo detto delle lunghe discussioni tra Simenon e il suo editore Fayard che portarono alla pubblicazione delle inchieste del commissario Maigret. Ci fu un tira-e-molla che toccava vari argomenti dalle possibilità di successo di quel tipo di romanzo poliziesco, alla realizzazione delle copertine, al prezzo di vendita...
Insomma tante di quelle cose da discutere che, arrivati alle soglie della stampa non si era ancora posto il problema del nome dell'autore.
A quel punto Simenon, che aveva sempre usato una ventina di pseudonimi, fu in dubbio. In quei dieci anni di scrittura il suo pseudonimo più usato era stato Georges Sim, tanto che molti lo chiamavano proprio così. Continuava a chiamarlo "il mio piccolo Sim" anche Colette. La popolarità di quello pseudonimo aveva varcato pure i confini, tanto che, quando in Italia vennero pubblicati i primi libri con il suo vero nome e cognome, ci fu un critico che scrisse
addirittura "...firmati Simenon, uno pseudonimo del famoso scrittore Georges Sim...".
Alla fine sembra proprio che fu Fayard a decidere che questa nuova serie fosse firmata Georges Simenon. E d'altronde lo scrittore stesso qualche tempo prima, un po' sbilanciandosi in un intervista affermava " Fino ad oggi mi sono chiamato Sim, Georges Sim, ma adesso ne ho abbastanza di chiamarmi Sim, ora mi riapproprio del mio vero nome con il quale ho intenzione di firmare i miei libri: Georges Simenon" (al giornalista Frédéric Lefévre di Nouvelles Littéraires - 1930).

mercoledì 30 marzo 2011

SIMENON-FAYARD, LA GUERRA DEI MAIGRET

Spècial-Maigret. Per tutta questa settimana dedicheremo il post di ogni giorno al personaggio del commissario Maigret che proprio quest'anno festeggia l'ottantesimo anniversario dal suo lancio

Nei giorni scorsi vi abbiamo proposto le due versioni di come nacque il personaggio di Maigret. Scelta quella che vi piace di più, quella romantica accreditata da Simenon o quella "storica" basata sui suoi progressivi avvicinamenti al personaggio raccontati ieri, occorre facciate un altro cammino. Infatti una volta maturato il personaggio, ci fu ancora molta strada da fare prima che Maigret divenisse una storia seriale venduta al pubblico.
Il primo e più difficile ostacolo era costituito dagli editori. Simenon propose questo personaggio a varie case editrici, che però non lo ritennero adatto ai gusti dei lettori di polizieschi del tempo. Quindi il nostro autore tornò a proporlo a Fayard con cui già pubblicava i suoi romanzi popolari. Racconta Max Favelli de La Gazette des Lettres "...un giorno Charles Dillon leggeva un manoscritto di questo inesauribile fornitore (Simenon), quando ebbe un sussulto e andò a bussare alla porta di Arthème Fayard.
- Mi piacerebbe patron, che leggeste questo testo. Credo che l'autore abbia trovato qualcosa. E' riuscito a creare un personaggio davvero coivolgente. Un certo commissario Maigret...".
Qui di seguito riportiamo invece la ricostruzione della discussione tra patron Fayard e Simenon, così come la propone a pagina 145 Pierre Assouline nel suo monumentale Simenon biographie (Julliard 1992):
Alla prima occasione l'editore interpellò il suo autore:
- Mio piccolo Sim... ecco... Non è male, no, non è male...
- Ah, bene.
- Infatti è catastrofico. Impubblicabile!
- Ah...
- Non c'è una storia d'amore, nè un personaggio completamente buono o uno del tutto cattivo, nè giovani eccezionali, né eroine. Nessun personaggio simpatico e poi qui finisce sempre male... non ci si sposa mai! Ci vuole il "lieto fine". La maggior parte sono drammi, per di più sordidi...Non sono romanzi polizieschi, manca del tutto il lato scientifico. Non girano intorno ad un enigma come ad un problema del gioco degli scacchi. Il protagonista poi è un semplice funzionario, né bello, né forte, né eccezionale... Non fornite al pubblico gli elementi giusti... non ci sono enigmi, quindi non c'è nessun romanzo poliziesco. Dove vorreste che andassimo con questo? Credetemi, non sarebbe possibile alcun successo.
- Allora non lo pubblicherete?
- Ho consultato i librai: così non va. O meglio si va incontro alla catastrofe, non avreste più di mille lettori...andremmo sicuramente a perdere soldi... - ma infine concluse - scrivetene uno al mese, ci proveremo lo stesso...
Insomma nonostante la pessimistica previsione di Arthème Fayard, i Maigret usciranno a patto che l'autore cosegni i primi sei titoli tutti insieme.
La cose andarono più o meno così, forse ci fu bisogno di più di una discussione per convincere l'editore, qualcuno dice addiritura più di un anno.
Comunque in un'intervista rilasciata a Roger Stephane, Simenon ricorda che "... Fu una battaglia lanciare Maigret...E' stata l'unica volta della mia vita in cui mi sono trovato profondamente coinvolto nell'aspetto commerciale della pubblicazione... Ma sapevo che questa era la mia grande occasione, persa questa ci sarebbere voluti forse altri dieci anni...".
La grande occasione, non solo quella di passare dalla letteratura popolare alla cosiddetta semi-letteratura, ma anche la soddisfazione di imporre un poliziesco d'impostazione completamente differente dallo sterotipo che dominava allora e che diverrà un'icona, un punto di riferimento per molti degli investigatori protagnisti della letteratura di genere.

martedì 29 marzo 2011

NASCE MAIGRET. COME E' ANDATA DAVVERO

Spècial-Maigret. Per tutta questa settimana dedicheremo il post di ogni giorno al personaggio del commissario Maigret che proprio quest'anno festeggia l'ottantesimo anniversario dal suo lancio.

Ieri abbiamo illustrato come Simenon raccontava la situazione e il momento in cui gli venne in mente Maigret. Oggi cerchiamo invece di capire come lo scrittore in reatà sia arrivato a costruire il suo commissario. Già, perchè, come vedremo, non fu certo l'illuminazione di un momento, ma un processo lungo e complesso.
Se vogliamo, il cammino parte nel '26 quando Simenon, nell'ambito della sua produzione di romanzi popolari, esordì con il primo personaggio poliziesco: Nox l'insaisissable scritto per Ferenczi, sotto lo pseudonimo di Christian Brulls, il cui protagonista non è affatto un poliziotto o un detective, ma un ladro gentiluomo, nello stile di Arsène Lupin, che si beffe del investigatore privato Anselme Torres, come Lupin se ne faceva di Ganimard. Poi seguirà un giovane e biondo ispettore Georges Aubier (1929), quindi l'agente della Sûreté Gerard Moniquet (1929), dopo l'investigatore privato Joseph Leborgne (1929), poi il giudice Froget (1929), infine un'altro poliziotto, questa volta newyorkese, l'ispettore Jackson (1930). Ma tutti questi sono personaggi ancora troppo lontani da Maigret, sia per struttura che per spessore e mai protagonisti di racconti o romanzi seriali.
Iniziamo un qualche avvicinamento con il commissario Torrence e il brigadiere Lucas, che in coppia appaiono in due romanzi del 1930. (due ispettori della squadra di Maigret avranno gli stessi nomi). E arriviamo al primo personaggio seriale Yves Jarry (quattro romanzi dal '27 al'29), scapolo, trentacinquenne, formazione scolastica inglese, poliglotta, uomo di mondo, anche belloccio, insomma tutto il contrario di Maigret, anche perché non è un uomo della legge, ma un ladro, anche se molto "sui generis". Ma Jarry sarà sostituito nel quinto romanzo che Simenon consegnerà a Fayard, a fine settembre del 1929, Train de Nuit, il protagonista è infatti un certo commissario Maigret. Ma non ancora "il commissario Maigret". Il romanziere riteneva che anche Jarry, con tutti gli accorgimenti del caso, fosse ancora troppo simile nell'aspetto, nei modi, e nel tipo di avventure al "modello Lupin". Questo Maigret invece come salta fuori? La sua sgoma massiccia e pesante si scorgeva già tra i poliziotti che si muovevano intorno a Yves Jarry. E il suo nome? Forse reminiscenze di Simenon, fin da quando era alla Gazette de Liège e aveva conosciuto un funzionario di polizia di nome Arnold Maigret. E poi c'era stato addirittura un M. Maigret direttore della Sûreté Général nel 1855, cosa che però Simenon scoprirà solo molti anni dopo.
Ma come passò da Jarry a Maigret, due personaggi così distanti?
"Quando scrivevo romanzi popolari, negli ultimi tempi avevo iniziato a delineare un personaggio chiamato Jarry che mi piaceva particolarmente. La sua ambizione era quella di vivere un certo numero di vite. Parigino sofisticato a Parigi, pescatore con gli zoccoli in Bretagna, contadino qui, piccolo borghese là...  E poi è arrivato Maigret che ha preso il suo posto e mi sono accorto che Maigret è una trasposizione di Jarry; lui anche vive un gran numero di vite. Ma sono le vite di quelli ai quali, nel giro di un istante, si sostituisce". (lettera di Simenon a Quentin Ritzen - 1928)
In Maigret c'è sicuramente un po' di Simenon, ma c'è anche il contributo di diversi personaggi della polizia giudiziaria parigina conosciuti da Simenon come i commissari Massu, Guillaume, Xavier Guichard...  Ma in questo Train de nuit Maigret è commissario a Marsiglia, come aiutante ha soltanto l'ispettore Torrence, siamo ancora ad un prototipo.
Certo, quello che scrive Train de Nuit, anche se firma come Christian Brulls, è un Simenon che ormai padroneggia la scrittura e la struttura narrativa con una notevole capacità. Ma alcuni dettagli vanno ancora messi a fuoco, anche se ormai il famoso passaggio dalla letteratura alimentare a quella semi-alimentare è cosa fatta. Occorre attendere ancora due apparizioni del proto-commissario in La Jeune Fille aux perles (scritto nell'estate del '29 e firmato Cristhian Brulls) e La femme rousse (invece firmato Georges Sim del 1930)
Poi  nel '31 vennero quelli che parafrasando lo stesso Simenon potremo chiamare i Maigret-Maigret. Cioè la serie ufficiale. I primi romanzi, dopo oltre dieci anni  di scrittura, ad essere firmati Georges Simenon.

lunedì 28 marzo 2011

NASCE MAIGRET. LA VERSIONE DI GEORGES

Gìa, la versione di Georges Simenon, su come è nato il personaggio di Maigret. E' una versione molto affascinante, molto... simenoniana. Ne daremo conto qui di seguito, con la consapevolezza però che poi non si é rivelata quella reale. Ma d'altronde si può fare un torto a chi, come Simenon, da dieci anni si guadagnava da vivere raccontando storie di tutti i tipi, che s'inventava le imprese più assurde (anche se poi rivelatesi false) come quella del romanzo da scrivere in una gabbia di vetro, che aveva fatto un mito della sua velocità nello scrivere romanzi (anche se popolari) ad un ritmo quasi di produzione industriale, valendogli il soprannome di Citroen della letteratura? No, la sua versione di come nacque Maigret direi che andrebbe accettata perchè in fin dei conti fà anch'essa parte del personaggio ed è in qualche modo intreseca ad esso. E poi Simeon possedeva l'insolito istinto di sapere come rivolgersi ad un certo tipo di lettori. Probabilmente era una capacità innata, ma forse si era non poco affinata in quei dieci anni in cui aveva scritto per pubblici diversi, dagli amanti dei romanzi d'avventura alle storie sentimentali, dagli appassionati di intrighi polizieschi agli estimatori di racconti licenziosi. Insomma per ognuno un linguaggio diverso, per ognuno un modo particolare di costruire i personaggi, per ognuno una struttura differente della trama e dei finali.
Tutta questa pratica probabilmente lo indusse a ritenere che una versione "ad hoc" su come era arrivato a creare il personaggio di Maigret, sarebbe stata funzionale al lancio della serie e adeguata al tipo di lettori che si sarebbe dovuto conquistare.
Ma vediamo come ce la racconta Simenon.
Siamo nel settembre del 1929 e lo scrittore si trovava fermo nel porto olandese di Delfzijl, con la moglie Tigy, la femme del chambre Boule e il cane Olaf, perché la sua imbarcazione, l'Ostrogoth, aveva bisogno di diverse riparazioni. Durante  quella sosta aveva cercato di sistemarsi in una vecchia barca mezzo allagata. Qualche cassa di legno per sedersi, per poggiare i piedi, per la macchina per scrivere, per la bottiglia di vino e la pipa... Così sistemato precariamente, cercava l'idea giusta per creare un nuovo personaggio poliziesco.
Ma un po' la scomodità, un po' il rumore dei lavori del porto lo indussero a cercare un luogo più tranquillo. Lo identificò nel Pavillon, un café il cui il proprietario lustrava di continuo i tavoli. Lì, complice qualche bichierino di troppo, il caldo, la penombra del locale e uno stato di dormiveglia, nell'immaginario di Simenon prese forma una sagoma massiccia di un signore che poteva essere un credibile commissario di polizia. Forse era stata l'ombra intravista di qualcuno dentro o fuori il café?
Fu il punto di partenza... poi vennero aggiunti particolari quali una pipa, una bombetta, un pesante cappotto con il collo di velluto... Insomma il commissario prendeva forma, a quanto racconta Simenon. E invece....

SPÉCIAL-MAIGRET. UNA SETTIMANA DEDICATA AL COMMISSARIO

Per tutta questa settimana dedicheremo il post di ogni giorno al personaggio del commissario Maigret che proprio quest'anno festeggia l'ottantesimo anniversario dal suo lancio. Si tratta del personaggio seriale più famoso uscito dalla penna di Simenon ed uno dei protagonisti più popolari in assoluto del mondo della letteratura poliziesca.
Tratteremo del modo in cui è nato, delle sue caratteristche di letteratura seriale, dei personaggi che lo circondano, delle sue abitudini, dei suoi metodi d'inchiesta e di tante altre cose. 
Insomma uno "Spécial-Maigret" che osserverà il famoso commissario da vari punti di vista, anche quelli meno conosciuti, e che racconterà il raporto tra lui e lo scrittore che lo ha creato, Georges Simenon.

domenica 27 marzo 2011

MAIGRET. BUON 80° COMPLEANNO, COMMISSARIO! DURANTE TUTTA LA PROSSIMA SETTIMANA NON PERDETEVI NULLA DELLO "SPÉCIAL-MAIGRET"

2011: ottant'anni di Maigret. E allora noi di Simenon-Simenon, la prossima settimana festeggeremo questa ricorrenza dedicando tutti i post da lunedì 28 marzo a domenica 3 aprile al celeberrimo commissario di 36 Quai des Orfévres.

Non perdete nemmeno un giorno se volete sapere tutto su Jules Maigret, la sua vera nascita, il suo percorso letterario, gli incipit più famosi, i personaggi della serie da M.me Maigret al giudice Comelieu, dai suo fidi ispettori alle locations delle sue inchieste. E poi ancora il rapporto tra creatore e personaggio, come iniziò l'avventura di Maigret e come finì.Insomma una vera indigestione di tutto quello che avreste voluto sapere del nostro caro commissario.

sabato 26 marzo 2011

SIMENON. L'AMICO DI MAIGRET ARRIVA AL VERTICE

Simenon ci ha abituato a questi exploit. Lo ripetiamo per l'ennesima volta con il rischio di essere monotoni. Ma, a qualche settimana dalla sua uscita in libreria, dobbiamo rilevare che, secondo la classica pubblicata oggi dall'inserto TuttoLibri de La Stampa, (rilevazione Nielsen-Booskan su 1100 librerie) l'inchiesta L'amico d'infanzia di Maigret (scritto nel 1968) si piazza al vertice della classifica dei tascabili più venduti.
Ne abbiamo già parlato nella presentazione alla sua uscita. Si tratta di uno dei Maigret dell'ultimo periodo, dove il commissario deve far appello a tutte le sue capacità di analisi psicologica per valutare correttamente questo vecchio compagno di liceo, perso di vista da tanto tempo Ora é un uomo, ma ancora il furbacchione di un tempo, uno po' sbruffone, uno che ha l'aria dell'innocente, quando le prove sembrano tutte contro di lui, che invece pare colpevole, quando gli indizi puntano da un'altra parte. E Maigret dovrà vedere lontano ben aldilà delle apparenze per risolvere il caso

SIMENON. BETTY... ANCORA WHISKY, PER FAVORE


Riceviamo da Paola Cerana, che chi ci segue ha già conosciuto, un suo commento su uno dei romanzi più  famosi di Simenon, Betty (1960). La sua è una visione particolare e coinvolgente che merita di essere letta anche perchè affronta la vicenda di questa donna in un modo davvero originale. "Simenon-Simenon" ha il piacere di condividere con voi questa "chicca".


Elisabeth Etamble, nata a Foyet, 28 anni, professione casalinga, domiciliata a Parigi, in Avenue de Wagram 22 bis … viene raccolta come una bestia malata sul pavimento della Buca, una bettola squallida e fumosa, in una notte di pioggia. Come ci sia finita lì non lo sa. E’ talmente ubriaca da non sapere più nemmeno chi sia l’uomo ambiguo che le sta seduto accanto, che le dice cose senza senso, stringendole minacciosamente la mano mentre le versa da bere.

Betty, così la chiamano, si sente risucchiata in uno stato d’incertezza ideale, non sa niente di niente, né di quella notte, né di quella precedente, e nemmeno immagina i giorni seguenti. Semplicemente se ne infischia. Solo del whisky le importa, l’unica vera via di salvezza per non pensare alle smagliature sui collant, all’odore di uomo che le sta appiccicato sull’abito sgualcito e sulla pelle sporca sotto il trucco sfatto … da quanto non fa un bagno? … ancora whisky per favore!

Deve bere per non pensare agli sguardi degli avventori, avidi, unti e curiosi, che frugano sotto i suoi vestiti e in silenzio la crocefiggono senza offrirle possibilità di fuga. Betty non sa esattamente da quanti giorni vaga in quello stato d’incoscienza, forse tre. La luce e il buio si sono susseguiti e rimescolati senza importanza, fuori e dentro la sua testa.

Da bambina, a volte nel suo letto, faceva lo stesso gioco: si rannicchiava in se stessa, ad occhi chiusi, soprattutto quando aveva la febbre, cercando conforto nel proprio calore, arrotolandosi nel proprio odore, nello scorrere del sangue e nel ritmo del cuore. Così, il tempo non esisteva più. Ma se allora si trattava di un gioco voluttuoso e senza vergogna, ora quel senso di abbandono sembra essere piuttosto l’amara rassegnazione ad un ultimo bisogno, una necessità vitale mendicata appena prima del capolinea. Oltre quel capolinea, solo due cose: il manicomio o l’obitorio.

Betty non ne può più. Con la mano incerta, cerca invano l’ultimo bicchiere semivuoto, che maldestramente cade, frantumandosi sulle mattonelle della Buca. Cosciente che tutti la stanno guardando, tenta di ridere o di singhiozzare, tanto fa lo stesso, cadendo rovinosamente a terra, senza però andare a pezzi come il bicchiere. Un tonfo sordo: odore di scarpe, delle gambe di sedie e di uomini, zaffate di alcol e di pavimento sudicio violentano le sue narici e le impregnano i capelli. Poi, improvvisamente, più nulla. Solo la voce di Mario, il proprietario della bettola, e di quella donna bruna, dall’aria vissuta che l’ha fissata tutto il tempo. “La porto via io … al Carlton, con me. … Date la 53 alla mia amica che non si sente bene.”

La sottoscritta Elisabeth Etamble, nata a Foyet, 28 anni, professione casalinga, domiciliata a Parigi, in Avenue de Wagram 22 bis, dichiara di essere stata sorpresa da suo marito e da sua suocera, vedova Etamble, sotto il tetto coniugale, in avenue se Wagram 22 bis, insieme a …


Laure Lavancher, la donna dai capelli neri e dall’aria vissuta, porta via Betty dalla bettola e si prende cura di lei con materna dedizione, senza un’apparente ragione. Si occupa di quel corpo inerme, minuto e delicato, disteso nel letto della camera d’albergo accanto a quella dove lei abita da anni. Lo ripulisce con rispetto, fin nelle sue pieghe più intime, consapevole di non potere lavare le ferite più profonde che nasconde. Finalmente, forse per la prima volta in vita mia, qualcuno si sta occupando davvero di me … pensa Betty, sentendosi passare la salvietta umida tra le dita dei piedi.

Da quel momento, per alcuni lunghissimi giorni, le loro vite s’intrecciano e le due donne, che il destino ha lasciato sole per ragioni differenti, si scambiano confidenze e ricordi, in un torbido risveglio dei sensi, in cui delusione e nostalgia si mescolano amaramente. A scandire lo scorrere del tempo, nella stanza di boiserie azzurra, solo le visite amorose di Mario a Laure, quelle del dottore a Betty e il tintinnio dei cubetti di ghiaccio sul fondo dei bicchieri puntualmente vuoti, come le bottiglie di whisky accumulate sul comodino.

La croce di Betty è quella d’aver avuto sempre fretta di crescere, sin da bambina. E per lei crescere voleva dire avere quella ferita nel corpo, come aveva visto succedere alla sua cugina più grande, montata come un animale dallo zio, di nascosto da tutti. Lei però aveva visto e da allora aveva imparato che le donne erano fatte per questo, per subire quella lacerazione, come una condanna, una punizione. Aveva fretta di sentire male, Betty, e così, per tutta la vita ha rincorso la sua ferita. Finché un giorno si è imbattuta in Guy, un onesto giovane di buona famiglia, che ha avuto la sventura d’incapricciarsi di lei, senza sapere nulla della sua vita. L’ha voluta come moglie e come madre delle sue figlie, snaturando Betty, costringendola dentro una maschera e rubandole la sua natura goccia dopo goccia, come lenti sorsi di whisky, fino a lasciare solo un misero fondo vuoto.

La sottoscritta Elisabeth Etamble, nata a Foyet, 28 anni, professione casalinga, domiciliata a Parigi, in Avenue de Wagram 22 bis, dichiara di essere stata sorpresa da suo marito e da sua suocera, vedova Etamble, sotto il tetto coniugale, in avenue se Wagram 22 bis … rinuncia ai propri diritti di madre e si impegna a firmare in futuro tutti i documenti che …

Non è perché era stata colta tra le braccia dell’amante nella sua stessa casa, a due passi dalla camera delle figlie, che s’è messa a bere. Non è perché era stata scacciata dal marito e liquidata con un assegno dalla ricca famiglia che è diventata un’ubriacona. E nemmeno perché era stata costretta a firmare una dichiarazione con cui rinunciava a tutto, persino al suo diritto di madre. No! Betty ha semplicemente ripreso possesso della sua autentica natura dopo una catastrofe passionale inevitabilmente scoperta, consapevole di non potere mai essere come gli altri, né come gli altri l’avrebbero voluta. La ferita che l’ossessionava sin da bambina non l’avrebbe mai abbandonata. Lei non sarebbe mai stata pulita. Tanto valeva sporcarsi tutta, fino in fondo, per bene, senza possibilità di tornare indietro, diventando definitivamente una prostituta e un’ubriacona.

L’ultima sera al Carlton, però, Betty non ha intenzione di restare lì come un vegetale, intorpidita dai farmaci, mentre Laure e Mario vanno alla Buca a spassarsela. Distesa nel letto, anch’esso immobile come una bara, sente improvvisamente crescere in sé qualcosa di molto vago eppure prepotente, una possibile via d’uscita, forse, oppure la fine, chissà …

Betty, è uno dei romanzi più femminili e torbidi di Georges Simenon, uno di quelli che mi ha coinvolto e sconvolto fino all’ultima pagina, per lasciarmi alla fine con un brivido di fronte a un epilogo che davvero non mi aspettavo. Così, mentre le immagini della storia si rimescolavano ancora calde nella mia mente, ho chiuso il libro e, con un amaro sorriso, ho cominciato a scrivere queste righe per respirarle a modo mio …

giovedì 24 marzo 2011

SIMENON, E QUANDO NON SI SENTE BENE NELLA SUA PELLE?

Passava questi momenti. Era un certo malessere, talvolta più fisico e qualche volta più psicologico. In quei momenti Simenon andava dal suo medico per parlargli di questi suoi sintomi. E il dottore gli chiedeva: "Quando inizierà a scrivere il suo prossimo romanzo?". Al che Simenon rispondeva: "Tra un po' " oppure "Tra una settimana" o anche "Tra una dozzina di giorni". Il medico se lo guardava e gli rispondeva: "Allora, va tutto bene, non si preoccupi, ma... inizi a scrivere prima possibile".
Lo scrittore definiva questo stato être mal dans sa peau. Era un preavvertimento di un'altro stato d'essere, l'état de roman. Cioé lo stato creativo in cui si sentiva Simenon quando iniziava a scrivere un romanzo e in quel momento non si sentiva più nella sua pelle. Perché? Perché in quella fase stava entrando nella pelle di qualcun altro. Che altri non era che il personaggio del suo nuovo romanzo.
"...Quando entro in état de roman - spiegava Simenon - vivo ventiquattr'ore al giorno con lui, entro nella sua pelle, ragiono con la sua testa e, quando inizio a scrivere, non posso smettere nemmeno un giorno. Non si tratta solo di un rituale, ma di un'esigenza, perché se mi fermo anche solamente un giorno perdo il filo.
Mi è capitato una volta per una malattia. Dopo qualche giorno di pausa ho ripreso a scrivere ma ho cominciato a chiedermi perché ho costruito così questo personaggio? E una tale ambientazione come mi è venuta in mente? E ancora cosa significa questa situazione?... Insomma non era più il mio romanzo e ho dovuto rinunciare a scriverlo..."
E poi Simenon non sapeva mai quanto sarebbe durato questo stato di grazia, sei, sette, dieci giorni. E infatti sottolineava più volte che, una volta fuori dall'état de roman, non sarebbe stato più capace di terminare il romanzo. Quindi doveva sbrigarsi e il suo ritmo forsennato di scrittura era dovuto, soprattutto per i romans durs, proprio a questo timore.

mercoledì 23 marzo 2011

SIMENON. UN GIORNALISTA DI SEDICI ANNI

Dal momento in cui il padre, Desiré, si ammalò e non fu più in grado di lavorare, toccò a Georges rimboccarsi le maniche per portare qualche soldo a casa. Le prime esperienze non furono positive, da lavorante in una pasticceria a commesso in un libreria, ci furono sempre dei problemi. Dove invece filò tutto liscio fu alla Gazzette del Liège. Non si è saputo mai bene se sia arrivato a quel giornale grazie ad una raccomadazione partita da una conoscenza influente (forse un vescovo di Liegi suo parente), oppure se il giovane Simenon si sia proposto senza nessuna presentazione. Sta di fatto che il direttore Joseph Demarteau dovette rimanere ben impressionato da questo ragazzino che non aveva ancora compiuto sedici anni. Era il gennaio 1919, la grande guerra era appena terminata e a Liegi questo quotidiano decisamente conservatore, apertamente cattolico diffuso soprattutto nella Liegi bene tornava ai ritmi d'anteguerra.La redazione fu una utile palestra per il giovanissimo Georges che imparava in fretta i meccanismi del lavoro in un quotidiano, ma altrettanto velocemente faceva progressi nella scrittura. Il ragazzo aveva del talento e Demarteau se n'era accorto e non fece che incanalare questa voglia d'imparare, le sue qualità con la certezza che l'entusiasmo e l'ambizione lo avrebbero portato lontano.
Georges iniziò imparando a scirvere a macchina, poi cominciò a chiamare due volte al giorno i commissariati, a recarsi a fine giornata al Palazzo di Giustizia per farsi amici e raccogliere confidenze. Poi la sera a far baldoria nei cabaret per finire poi con le prostitute. I tratti del futuro Simenon c'erano già tutti: il lavorare in modo forsennato, l'abilità nello scrivere, una buona dose di comunicatività e la precoce esuberanza sessuale. Tutto, all'inizio, per 45 franchi al mese.
Ma la sua intraprendenza e le sue capacità gli permisero di guadagnare sempre più. Dopo un anno il suo stipendio mensile era arrivato a 180 franchi e non si fermò lì. Il suo tavolo era già ingombro di pipe, scriveva di tutto senza alcuna difficoltà e con una velocità già allora notevole. Frequentava le conferenze stampa della polizia, delle associazioni cuturali, dei politici. Il giovane Simenon imparò a conoscere gli ambienti e le persone più diverse e iniziò a sapersi muovere in tutti gli ambiti. Finché, proprio dal direttore venne, dopo nemmeno tre anni, la consacrazione, la titolarietà di una rubrica Hors de poullailler (che poi cambiò titolo in Causons). Questo gli permise di compilare quotidianamente notazioni di costume a volte molto satiriche sulla società di Liegi prima sotto il nome di Monsieur Le Coq e poi come Georges Sim. Quasi ottocento pezzi. Ormai il Simenon giornalista era lanciato...

MAIGRET. BUON 80° COMPLEANNO, COMMISSARIO! DURANTE TUTTA LA PROSSIMA SETTIMANA NON PERDETEVI NULLA DELLO "SPÉCIAL-MAIGRET"

2011: ottant'anni di Maigret. E allora noi di Simenon-Simenon, la prossima settimana festeggeremo questa ricorrenza dedicando tutti i post da lunedì 28 marzo a domenica 3 aprile al celeberrimo commissario di 36 Quai des Orfévres.

Non perdete nemmeno un giorno se volete sapere tutto su Jules Maigret, la sua vera nascita, il suo percorso letterario, gli incipit più famosi, i personaggi della serie da M.me Maigret al giudice Comelieu, dai suo fidi ispettori alle locations delle sue inchieste. E poi ancora il rapporto tra creatore e personaggio, come iniziò l'avventura di Maigret e come finì.Insomma una vera indigestione di tutto quello che avreste voluto sapere del nostro caro commissario.

martedì 22 marzo 2011

SIMENON, LE TENSIONI CON LA MADRE E LA MORTE DEL FRATELLO

Morto il padre, Désiré, quando il giovane Simenon aveva 17 anni, tutta la sua famiglia é la madre Henriette Brulls, allora quarantunenne, e il fratello minore Christian, quattordicenne. La madre tira la carretta e per la verità lo faceva da quando il marito si era ammalato tre anni prima. In casa Simenon si spacca il soldo in quattro e per aiutare il bilancio familiare, vengono presi degli affittuari, spesso giovani russi o polacchi che venivano per studiare all'Università di Liegi. La madre ha un carattere dominante e il padre recessivo e per di più, da quando é malato, viene trattato dalla moglie come un peso, come un fastidio e un'impiccio per gli affittuari sui cui lei conta molto. Questa situazione aveva colpito Georges sin da quando era più piccolo, e lui aveva sempre parteggiato in cuor suo per il padre, pur estraniandosi dalla famiglia, chiudenosi nel mondo dei libri che divorava come nessun suo coetaneo faceva. Quando poi il padre venne a mancare il rapporto con la madre subì un peggioramento. La già chiara predilezione per il fratello minore fu ancor più esplicita e questo andrà avanti per tutta la vita. Anche quando nel '45 la madre chiese a Georges (cui rimproverava tanta ricchezza e tanta popolarità) di salvare Christian. Infatti questi aveva fatto parte delle squadre belga-naziste che avevano sterminato intere famiglie ebree e comuniste. Il Fronte di Librazione Nazionale belga quindi gli dava la caccia per giustiziarlo per crimini di guerra. Georges attraverso le sue conoscenze riuscì a farlo arruolare nella Legione Straniera, salvandogli la vita. Ma nel '47 mentre combatteva nel Tonkino il più giovane dei Simenon muore in uno scontro fuoco. Quando la madre lo seppe incolpò Georges e fece un lapidario commento "Sarebbe stato meglio che fossi morto tu, invece che Christian".
Questo la dice lunga sui rapporti tra Simeon e la madre, rapporti sui quali sicuramente torneremo più approfonditamente.

lunedì 21 marzo 2011

SIMENON. UN DIVORZIO E UN MATRIMONIO IN NEVADA

L'unione tra Simenon e Tigy era sempre stata segnata dalla tensione che l'esuberanza sessuale di lui creava nel loro rapporto. Il sesso, nemmeno quello matrimoniale, non era nelle priorità di Tigy e figurarsi quanto questo potesse procurare problemi a Georges. Era quindi costretto a continue menzogne, per giustificare le sue scappatelle quotidiane e a mille sotterfugi per i suoi rendez-vous sessuali con la Boule, che andavano avanti da anni. Da quando poi erano arrivati in America (la Boule non li aveva potuti seguire per motivi di passaporto e li raggiungerà in seguito) c'era questa nuova segretaria personale di Georges, Denyse Ouimet, che viveva con loro. Tra le due donne non era tutto rose e fiori, anche perchè la "segretaria", era un po' invadente, cercava di occuparsi anche dei diritti dei libri di Georges, delle sue questioni economiche, tendendo ad amministrare gli affari della "fabbrica Simenon".
Denyse e Georges tra il '46-'47 intanto vivono in incognito la fase più passionale del loro rapporto che lentamente dà prima i suoi segnali, poi diventa un realtà evidente di cui Tugy non può che prendere atto. E a poco a poco il ménage à trois diviene una routine quotidiana, sia pur punteggita da qualche screzio, ma con un suo pur instabile equilibrio. L'anno seguente, il 1948, arriva dalla Francia la Boule e con lei tornano le vecchie abitudini con monsieur Georges, quelle del dopo pranzo, quando lui si ritirava per la sua siesta, lei si infilava furtivamente nella camera e i due consumavano un rapido ma non frettoloso rapporto sessuale. Ma questa volta Tigy crede di averla alleata e di aver ancora una carta da giocare nei confronti di Denyse. Non vuole fare con la sua concorrente l'errore che un tempo fece con la Boule stessa: una scenata a Georges perché l'aveva scoperto con la Boule. Lui allora le rivelò candidamente tutta la verità, la natura e la durata di quegli incontri. E così l'unico risultato di Tigy era stato quello di allontanare Georges da lei. Ma il vero problema, cioè Denyse, non emerge in tutta la sua importanza finchè nel '49 non rimane incinta. A quel punto le cose si chiariscono definitivamente e Tigy sa per certo di essere fuori dal gioco. Sta per nascere il secondo figlio di Georges (si tratta di Johnny) e non sarà lei la madre. Il segnale più chiaro non potrebbe essere e nel '50, dopo una non facile trattativa, viene deciso il divorzio.
Lei ottiene la custodia di Marc, la casa di Nieul, la collezione di quadri (composta anche di Utrillo e Vlaminck), azioni, alimenti pari a quelle di un manager americano. Simenon però conquista una fondamentale clausola: Tigy deve accettare di vivere a non più di sei miglia dall'abitazione di Simenon, dovunque questa sia nel mondo, pena la perdita della custodia del figlio.
Il 21 giugno 1950 davanti al giudice, nel palazzo di giustizia di Reno (Nevada), si consuma il divorzio dopo ventisette anni di matrimonio.
Il 22 giugno, stessa città, stesso palazzo di giustiza, si celebra il matrimonio con Denyse che diventa così non solo di fatto, ma ora anche di nome, madame Simenon.

domenica 20 marzo 2011

SIMENON. COME TI COSTRUISCO UN PERSONAGGIO

Pensate ad una di quelle inchieste che iniziano con un povero diavolo, che passa una notte d'interrogatorio nell'ufficio di Maigret. Il commissario è famoso per la sua aria sorniona mentre sbuffa cortine di fumo dalla sua pipa, per i suoi lunghi  silenzi, quando ravviva il fuoco della stufa o beve lentamente una birra ordinata alla brasserie Dauphine. Ma sono note anche le sue sfuriate improvvise, quelle che in un uomo calmo e tranquillo fanno sempre più effetto. Ecco, sì, immaginate i due faccia a faccia. Questo povero diavolo che magari si è rovinato per una donna, che ha passato, come diceva Simenon, la linea e, per esempio, da piccolo impiegato onesto e modesto era divenuto un ladro e magari, inesperto com'era, ha combinato il "pasticcio" e così per puro caso c'è scappato il morto. Sappiamo bene che Maigret, e Simenon dietro di lui, non è affatto appagato di provare che quel poveraccio sia il colpevole. Lui vuole capire il perchè... perchè è stato attratto da quella donna, perchè ha trascurato la moglie, perchè da mite passacarte si è messo in testa di fare un colpo, neanche fosse un gangster incallito. E ora se lo vede lì, seduto davanti a sè, con gli occhi persi, come fosse rientrato in sé stesso. Come se alla fine avesse preso coscienza di tutto quello che aveva combinato e.... E il personaggio si costruisce da solo, così almeno ci spiega Simenon ne Il romancier (1945) "...I miei personaggi, se sono verosimili, hanno una loro logica contro la quale la mia logica di autore non può nulla..." E ancora. "D'altronde se inizio con dei personaggi inverosimili, me ne accorgo automaticamente. Non credo che, se i miei personaggi fossero falsi potrebbero andar avanti fino alla fine del romanzo... - spiegava Simenon nella famosa intervista a Médicine et hygiène (1968) - E' una cosa che mi ha sempre incuriosito e intrigato...".
Questa costante di creare dei personaggi "veri" e che poi seguano una sorte che lo scrittore può solo assecondare, è un concetto che Simenon ha espresso più volte. Ma chi sono per Simenon i personaggi veri? Gli uomini e le donne qualsiasi che vanno dritti alle conseguenze estreme dei loro gesti e delle loro scelte di vita. Ma é la gente semplice, gente del popolo, quella che non ha maschere e pesanti convenzioni sociali dei ricchi borghesi, dei facoltosi uomini d'affari o dei nobili più o meno decaduti.  "...Ecco perché nella gran parte dei casi scelgo delle persone di origine modesta e di intelligenza media - dichiarava lo scrittore in un'intervista del '70 - Queste vivono molto più liberamente i sentimenti, le emozioni proprio per quello che sono... Credo che non più del 10% dei miei libri raccontino di ambienti socialmente elevati. Ci ho pensato molto verso il 1930-1940. In quel periodo non troverete né ministri, né presidenti, né presidenti di consigli d'amministrazione, né banchieri. Questo è successo in seguito, ma è stato voluto...".
E poi c'è il famoso declic simenoniano, cioé un qualsiasi avvenimento o un incidente, anche di trascurabile importanza, che cambia vite tranquille, a volte monotone, così all'improvviso. "Può trattarsi di qualsiasi cosa che succede al mio protagonista, una lettera che non aspettava e che sconvolge la routine della vita alla quale si era rassegnato" (intervista ad A. Parinaud - 1955) 

sabato 19 marzo 2011

SIMENON: OGGI FUGA DALL'AMERICA

Esattamente cinquantasei anni fa', Georges partiva definitivamente dagli Stati Uniti per far rientro in Francia. Ne abbiamo già parlato, ma questa volta sentiamo la versione che ne dà Tigy, la sua prima moglie, che lo aveva seguito, con il figlio Marc e la Boule, praticamente in tutti i suoi spostamenti e i suoi insediamenti dal nord al sud degli Usa (in Souvenirs - edito postumo da Gallimard nel 2004).
Racconta quindi Tigy che, nemmeno un paio di settimane prima, Georges l'era andata a trovare per dirle che voleva tornare a vivere in Francia, lamentandosi del fisco americano, facendole notare: "Ero più benestante in Francia quando avevo trent'anni che adesso qui che ne ho cinquanta".
Evidentemente Simenon alludeva al fatto che in quel momento era molto più famoso, guadagnava molto di più, ma sia per le sue entrate in valuta francese (che si era svalutata rispeto al dollaro nel '47-'48) che per il regime fiscale made in Usa il suo standard di vita non era cresciuto (altro tassello sulla spiegazione del perché poi si stablirà in Svizzera).
Tigy ricorda nei suoi Souvenirs "....Partirà il 19 di questo mese. Deve partire rapidamente, prima della dichiarazione dei redditi. Non ha il denaro per pagare la cauzione... Mi chiede di non dire a nessuno che sta lasciando gli Usa. Questo gli creerebbe dei fastidi. Porterà con sé Marc, perchè secondo lui è assolutamente necessario che inizi a frequentare una scuola francese, appena dopo le vacanze di Pasqua. Ma questo è assolutamente falso, sono le solite scuse. La realtà è che non vuole rientrare in Francia senza suo figlio... si preoccupa di che cosa penserebbe la gente... Quanto a me, consiglia di aspettare fino a giugno prima di vendere la mia casa e di partire..."
Insomma, da come ce la racconta Tigy, una vera e propria fuga. Tutti dovevano far finta di effettuare un tour europeo da cui poi sarebbero rientrati, come avevano già fatto in precedenti occasioni. Invece era l'addio agli Stati Uniti.
Ma é possibile che Simenon stesse fuggendo come un ladro e che non avesse nemmeno i soldi per pagare le tasse? La realtà era ben più complessa. Ad esempio entrava in ballo anche una certa insoddisfazione sulle sue quotazioni come scrittore negli Usa. Non era riuscito a conquistare gli americani, critica e pubblico, come avrebbe voluto. E non è nemmeno da trascurare il fatto che non si sentiva a suo agio perché la mentalità puritana degli americani mal sopportava il fatto che se ne andasse su e giù per gli States con una carovana familiare atipica formata da una moglie, due figli, una ex-moglie, un'altro figlio e una femme de chambre molto particolare. Ed era mal sopportata anche la sua reputazione non proprio irreprensibile in merito ai comportamenti sessuali.
Insomma una serie di fattori che erano maturati lentamente, ma che ad un certo punto avevano creato in Simenon quello stato d'impellenza di fuggire, proprio così come una decina d'anni prima (anche se per motivi del tutto diversi) era scappato dalla Francia.

venerdì 18 marzo 2011

SIMENON. L'AMICO D'INFANZIA DI MAIGRET

Da qualche giorno è arivato nelle librerie un nuovo titolo delle inchieste del commissario simenoniano, L'amico d'infanzia di Maigret (L'ami d'enface de Maigret). Fu scritto da Simenon nel 1968, ad Epalinges, in Svizzera, e pubblicato nello stesso anno da Presses de La Citè. Era l'anno in cui Simenon si sottopose alla famosa intervista psicanalitica da parte degli psichiatri del periodico Mèdicine et Hygiene, in cui si pose su una "graticola analitica" che poi sarebbe divenuta pubblica. Anche in questa inchiesta il commissario Maigret, scava nel suo passato. Quello suo e di un certo Léon, vecchio compagno di liceo, che si vede piombare al 36 Quai des Orfèvres. C'è di mezzo l'omicidio della sua amante, Josée. Ma nella vita della donna ci sono altri uomini. Tre erano ricchi e rispettabili uomini d'affari che godevano delle sue grazie pagando, ma esisteva anche un misterioso quarto uomo che invece aveva con Josée un rapporto sentimentale e che non doveva certo pagarla. Léon assicura di esser all'oscuro di tutto, ma... Ma Maigret non si fida di lui, l'aveva perso di vista da molto tempo, ma ricorda benissimo come al liceo fosse il burlone della compagnia e di quanto fosse poco affidabile... e i ricordi gli danno ragione. Lèon ne combina di tutti i colori e dà il via ad una intricata vicenda di ricatti e colpi di scena.
Una notazione va fatta in merito al titolo, anche quello originale, che fà pensare ad compagno di giochi del piccolo Jules, quando viveva a Moulins. E invece Léon era un adolescente troppo estroverso e furbetto per aver qualcosa da spartire con il timido e riservato giovane Maigret. Insomma non era affatto amici. E il commissario, ora furbo e smaliziato, non si farà ingannare e vedrà lungo, aldilà delle apparenze, riuscendo a capire la vera indole attuale di Léon e di come si è arrivati all'omicidio.
Dal romanzo sono stati tratti due sceneggiati televisivi francesi, uno con Jean Richard (1984) e uno con Bruno Crèmer (2002), e un telefilm inglese con il Maigret britannico interpretato da Michael Gambon (Maigret's Boyhood Firend - 1993).

sabato 12 marzo 2011

SIMENON, GLI INGLESI E GLI AMERICANI

Da alcuni articoli di Simenon che riguardavano gli anglosassoni risultava che la propria opinone su di loro non era delle migliori. Ma in un 'intervista fiume nel '65 a Francis Lacassin smentì e corresse questa impressione.
" ...ho cambiato opinione su questo argomento. perchè sono andato spesso in Inghilterra, quasi ogni anno prima della guerra,  e in seguito ho abitato per undici anni negli Stati Uniti dove ho incontrato anche molti anglosassoni che mi sono piaciuti molto. Ce ne sono di due tipi. quelli che appartengono all'etablishment, sapete di cosa si tratta... D'altronde li si riconsce subito dall'accento appena aprono bocca. Hanno un modo di apire al bocca diverso dagli altri. Questo non mi piace, come non mi piace l'alta borghesia  e nemmeno la media; sono delle classi che mi sembrano divenute superflue nel mondo in cui viviamo, delle classi parassitarie - allo stesso mondo dei grandi capitalisti d'altronde - sono loro i proprietarie delle grandi società... Invece il semplice americano ha, al contrario, un vantaggio, è quello di essere naturale: assolutamente diretto. Voi he siete stato in America, penso, sì insomma che vi siate potuto rendere conto di quanto siano diretti..."
E poi Simenon continua a raccontare le sue esperienze di vita con gli americani. "... In America c'è un grande senso dell'ospitalità. Qualsiasi casa, anche la più modesta ha una camera per gli ospiti.... Ma mi piace molto anche un'altra cosa, nonostante siano individualisti - ma io lo sono più di loro - è che per essere a posto dovete appartenere a qualcosa. Non importa a cosa, che sia il Rotary o il comitato d'assistenza della vostra cittadina, o il club delle madri e degli alunni della scuola  dei vostri figli, ma dovete appartenere ad un gruppo. Non si riesce in America ad immaginare ad un uomo che non appartenga a niente. D'altronde quando entrate negli Stati Uniti c'è una domanda nel questionario: quale religione?  Ebbene non bisogna mai rispondere: nessuna. Io avrei voluto farlo, ma fortunatamente un amico che era con me, che era stato nei servizi segreti, e aveva vissuto  lungo a Parigi, mi dissse: Inventate una parola qualsiasi, ma non rispondete "alcuna". Si ammette qualsisi religione, ma "senza religione" è male acettato, meglio dire che avete una vostra religione, che credete alle stelle, ma non "alcuna"...".
Simenon in fondo si era trovato bene con gli americani, soprattutto perchè le sconfinate distese di terra gli consentivano una privacy che in Francia non era nemmeno pensabile. Immaginate che  visse per ben tre anni e mezzo in Arizona, vicino a Tucson, praticamente nel deserto. Poi però, soprattutto con la seconda moglie Denyse,  faceva dei viaggi a New York dove si rituffava nellasocietà mondano-culturale din cui era sempre ben accolto e dove poteva riprendere le sue avventure con l'altro sesso.

venerdì 11 marzo 2011

SIMENON, QUANDO PREPARAVA I MAIGRET E I SUOI... CLIENTI

Non c'é dubbio che Simenon man mano che scriveva le indagini di Maigret, abbia voluto ambientare le vicende nei luoghi più disparati e negli ambienti più differenti. In questo modo, nelle oltre cento inchieste, lo ha messo a confronto con un'infinità di tipologie umane, dai ministri e i nobili, ai barboni e i derelitti. In questa schiera appaiono i delinquenti incalliti (che diverranno poi sue vecchie conoscenze) e poveri diavoli travolti da tragiche circostanze che li hanno portati a rubare o a uccidere. E tra tutti questi ci sono i tipi che piacciono al commissario (anche un certo tipo di delinquenti abituali), quelli che gli fanno pena (le sprovvedute vittime del destino) e quelli che non sopporta (quelli per cui la facciata e le apparenze sono tutto, dietro succeda quel che succeda, basta non si sappia).
Qui si potrebbe addirittura fare, anche se un po' tirata per i capelli, un po' di sociologia spicciola e considerare che nelle classi dominanti, tra nobili, politici e finanzieri, Maigret incontra in genere una certa propensione alla doppia morale: pubblicamente irreprensibili e rispettati, corrotti e depravanti nel privato. E anche nell'alta borghesia  trova una certa tendenza a far di tutto, anche l'illecito, per salvare la propria rispettabilità. Nella classe media, quella che vive del proprio lavoro quotidiano, quella che fatica che non ha grilli per la testa, il commissario incontra coloro che qualche volta non ce la fanno e "passano la linea" (ricorrente concetto simenoniano), lasciandosi alle spalle una vita onesta, dignitosa e andando incontro ad una spirale involutiva che li porterà inevitabilmente alla degradazione sociale, alla solitudine e quindi alla delinquenza. E poi ci sono i recidivi che vivono al confine tra legalità e crimine, sempre in bilico tra la galera e la libertà, piccoli furfanti che sono ospiti di 36, Quai des Orfévres come fossero affezionati clienti di un albergo. Infine i professionisti del crimine, quelli che conoscono quali sono le regole nel gioco guardia-e-ladri, sanno fino dove possono spingersi e accettano le conseguenze quando vengono presi con le mani nella marmellata.
Questa d'altronde è una fotografia, per quanto tratteggiata sommariamente, della Parigi e della Francia degli anni '30/'40 (ma non solo), le simpatie e le antipatie di Maigret sono ovviamente quelle di Simenon, in una società in gran fermento e in veloce cambiamento.
E anche in questa visione, le inchieste del commissario non differiscono granché dai romanzi. E' vero che una volta, in un'intervista del '56, dichiarò "Maigret non può entrare nella pelle di un personaggio. Egli arriverà, spiegherà, e capirà, ma non attribuirà al quel personaggio il peso che avrebbe in un altro dei miei romanzi...". Ma poi lo scrittore cade in contraddizione. "...verso la fine (della serie delle inchieste) ho confuso un po' i Maigret con gli altri romanzi - spiegava a Bernard Pivot nell'81 - con i suoi personaggi andavo sempre più a fondo... E poi è faticoso.... In due ore e mezza completare un capitolo di venti pagine dattiloscritte di un "roman dur" è stancante come per un Maigret ". E infine basterebbe leggere il seguente aneddoto per capire davvero l'impegno che Simenon metteva anche nei Maigret, pure se aveva più volte affermato che scrivere i Maigret, soprattutto i primi, era soprattutto stato un divertimento.
"Volete sapere cosa mi è successo esattamente un mese e mezzo fa'? - racconta nel 1970 il romanziere a Gilbert Sigaux e a Bernard de Fallois - Avevo iniziato a pensare durante le vacanze a La Baule al prossimo romanzo, doveva essere un roman dur, come io generalmente scrivo in autunno. Avevo già un'idea della vicenda, una idea un po' vaga, ma già una linea musicale e anche un colore. Ma ogni volta che volevo approfondire i personaggi o che volevo saggiarli, questi sparivano. Mi dicevo: non é possibile, perchè non riesco a tenere insieme i questi personaggi e a integrarli in un'azione? Niente da fare. Poi una mattina, dopo più di tre settimane, alzandomi dal letto, e prima di toccare il pavimento con i piedi, mi sono detto: ma è così semplice, non devo far altro che scrivere un Maigret! Ed è quello che ho fatto. E' stato un Maigret pensato e in qualche modo preparato e  sentito non come un Maigret, ma come un altro romanzo e, per l'ultima volta nella mia vita, partendo da un roman dur sono arrivato ad un Maigret".
Siamo tentati di credere che Simenon si riferisse a La folle de Maigret, finito di scrivere ad Epalinges il 7 maggio del 1970 (d'altronde l'unico Maigret scritto in quell'anno)
Ma sarà stata davvero la prima e l'ultima volta?

giovedì 10 marzo 2011

SIMENON E L'ANTISEMITISMO

Ben diciassette articoli tra giugno e ottobre, più di uno a settimana. Una sorta di rubrica apparsa sulla Gazette de Liège dal titolo Le péril Juif! Sono firmati Georges Sim che, in questa serie di scritti, dà fondo alle più consumate e trite teorie e tesi sulla presunta pericolosità ebraica. Siamo lontani, almeno cronologicamente, dall'antisemitismo di stampo hitleriano, siamo nel 1921, quindi quasi una ventina d'anni prima. Ma questo testimonia come allora in Belgio, ma non solo in Belgio, questi preconcetti fossero un bagaglio di una destra molto conservatrice, ma anche del più radicale cattolicesimo, o meglio dei cattolici più radicali. Insomma, non per sminuire le responsabilità di Simenon, ma l'antisemitismo allora permeava la società nel forme più diverse. Quello che può suonare a parziale discolpa dello scrittore, allora redattore del quotidiano belga, è che in quell'anno compiva appena diciotto anni. Ecco qualche estratto da uno di quegli articoli.
"...Non è meno urgente conoscere le mosse israelite, anche in modo incompleto, proprio ora che gli Ebrei sembra approfittino del caos economico e politico  per aumentare il loro controllo sugli affari del mondo....".
E poi ancora sulla questione della famosa bufala dei Protocolli dei Savii di Sion, prodotta ad arte dai servizi segreti zaristi, per far credere ad una cospirazione ebrea a livello mondiale, ma poi definitivamente sconfessata in una serie di articoli del Times nel 1903.
E quasi vent'anni dopo Georges Sim scrive ancora:
"...Ho scordato di segnalare la polemica prodotta in merito ai Protocolli dei Savii di Sion. Non si dovrebbe essere lontani dal dimostrare che questi documenti siano apocrifi. Si tratta di un argomento di tale scarsa importanza tanto che non ho scritto né di Ebrei né di pro-Ebrei, non essendo una gran tema..... Però costituiscono un documento prezioso... perchè ci forniscono la migliore visuale della dottrina e dei continui sforzi degli Ebrei...".
Ma il tempo passa, Simenon evidentemente cambia, durante la seconda guerra mondiale ricopre anche l'incarico di Alto Commissario per gli sfollati belgi in Francia, in fuga dai nazisti, e vive l'occupazione delle truppe di Hitler. Nel 1985, ormai vecchio e lontano dai clamori del mondo, in una lettera a Jean Christophe Camus, scrive"...vi segnalo poi una cosa che può avere una certa importanza. Si tratta di due o tre saggi che scrissi sui Savii di Sion. Questi articoli, in effetti, non riflettono il mio pensiero d'allora né di oggi. Era un'ordine e io ero tenuto ad eseguirlo. Nello stesso periodo, tra gli affittuari polacchi e russi di mia madre, più della metà erano ebrei con cui io andavo perfettamente d'accordo. In tutta la mia vita ho avuto degli amici ebrei, compreso il più intimo di tutti, Pierre Lazareff. Quindi non sono affatto anti-semita come quegli articoli commissionati potrebbero far pensare...". 
Non crediamo ci sia bisogno di alcun commento.