giovedì 23 febbraio 2012

SIMENON. LE CAMPANE DEL SUCCESSO

Alla fine di ottobre del 1962 Simenon finì la stesura di uno dei suoi più significativi romanzi. Si trattava de Les anneaux de Bicêtre. In quegli anni é oramai stabilmente domiciliato in Svizzera, la crisi con Denyse è arrivata ad un livello di allarme rosso (tanto che dopo due anni si separeranno definitivamente). Insommma non è uno dei suoi periodi migliori (vedi il post precedente), anche se da quando è tornato dall'America, i riconoscimenti, le manifestazioni di stima e gli attestati di popolarità si sono susseguiti. Basti pensare a Marcel Achard, membro dell'Accademia francese, che gli scriveva "... sono stato in campagna una decina di giorni, dove ho fatto la mia cura annuale dei Simenon... Lei è un maestro assoluto...". Oppure Marcel Pagnol che si rivolgeva a lui scrivendo " ... lei è un forgiatore di caratteri e alle volte riesce ad esserlo in una decina di righe...". Ma anche la critica inizia ad esprimirsi con saggi di autori come Bernard de Fallois, Quentin Ritzen, Anne Richter e così pure la stampa. Les Nouvelles littéraires mostra una considerazione notevole per "Le President", Le Figaro  parla di "un grande Simenon" per "Le petit homme d'Arkhangelsk", il London New Daily classifica finalmente tra le opere di narrativa il best seller "Pedigree".
E arriviamo al romanzo di cui vogliamo occuparci oggi. Racconta in terza persona di René Maugras, un uomo colpito da emiplegia (deficit motorio, causato da un danno cerebrale). E' un ultra-cinquantenne di successo, direttore di un importante quotidiano parigino, che, in seguito ad un ictus, sviene durante una cena in un famossisimo ristorante della capitale, le Grand Véfour. Al suo risveglio si trova in un letto d'ospedale, paralizzato, riesce solo a sentire delle campane (quelli citati nel titolo, "anneaux" sono in realtà anelli...  degli anelli sonori come quelli concentrici e che si espandono come le onde sonore emesse dai rintocchi di una campana. Il titolo poteva anche essere "Les cloches de Bicêtre", ma in francese "cloches" si presta ad una lettura ambiga e quindi Simenon optò per anneaux. Nelle altre lingue, invece fu tradotto con "campane" ). Per l'uomo è un'occasione per riflettere sulla sua vita passata e per interrogarsi su quello che desidera davvero. E, ricordando il mondo della sua infanzia e osservando i semplici gesti della vita degli anziani pazienti dell'ospedale, viene preso dalla voglia di ritrovarsi tra la "piccola gente", definizione cara a Simenon il quale la utilizza spesso perchè è prorio lui che, di tanto in tanto, é tentato di tornare ad essere un homme comme les autres. Insomma Maugras si trova tra il sogno di rifarsi un vita, lontana dal potere, dalla società che conta, dalla frenesia del lavoro e del successo e la sua realtà, i colleghi, la moglie alcolizzata (e qui il riferimento a Denyse è chiarissimo) che invece vorrebbero reintegrarlo in quello che era stato il suo mondo, mondo in cui però Maugras omai non crede più.
Qui ci fermiamo con il racconto della trama.
Ma su questo libro c'è molto da dire e abbiamo scelto di parlarne perché, non solo è stato scritto esattamente cinquant'anni fa', ma anche perchè fu un gran successo di vendite e soprattutto perchè fu un libro preparato e scritto in un modo un po' particolare.
Per esempio, sembra che la stesura del romanzo abbia richiesto più di venti giorni, cosa assolutamente inconsueta per il ritmo di scrittura di Simenon. E anche la fase della revisione fu decisamente più lunga dei soliti tre/quattro giorni, arrivò ad una decina. E ancor prima, durante la preparazione, questa volta non bastarono gli appunti sulla busta gialla. La documentazione fu approfondita, ad esempio andò a sentire il parere di tre neurologi per informarsi della fasi e delle modalità della malattia e del sucessivo recupero. Ad uno di questi inviò addirittura una sorta di questionario con una decina di domande. Visitò l'ospedale, volle mettersi nella posizione dei malati lungodegenti e da lì osservare la loro visuale, conoscere tempi e ritmi della vita dei malati, dell'organizzazione ospedaliera, avendo la conferma che, per un malato inchiodato ad un letto, anche i rumori di fuori sono importanti e anzi possono scandire il ritmo della giornata. E qui il suono delle campane (quelle delle chiese nei dintorni) avrà la sua importanza non solo nel titolo, ma anche nello svolgersi della vicenda.
Ma torniamo all'insolito percorso di questo romanzo, che ebbe anche una promozione paticolare. Infatti Simenon volle inviarne in anteprima  qualche centinaio di copie ad altrettanti medici. E così avvenne addirittura che alcuni docenti inserirono il romanzo tra i libri di testo affinchè gli studenti potessero avere un'idea della vita in ospedale vista da parte di un degente.
E poi interviste sui giornali, apparizioni in televisione, conferenze stampa proprio nel ristorante Grand Véfour... insomma tutto quello cui Simenon cercava normalmente di sottrarsi.
E qui la stampa e la critica  risposero positivamente. Le Monde lo definsce "...un romanzo-tragedia che evidenzia la gravità e l'interiorità stessa dello scrittore..". Francois Mauriac su Le Figaro Littéraire dichiara che nel romanzo "...l'agnostico Simenon predica meglio della maggior parte delle opere religiose...". Anche il Tagespiel di Berlino dice di Simenon "...  è un romanziere serio che, chiarmente, consoce non solo i problemi e le tecniche della prosa moderna, ma ne afferra anche il potenziale epico...". E dall'Inghlterra il Times Literary Supplement afferma che Simenon "... descrive la malattia in modo eccezionale..." e da oltreoceano il New York Times include il romanzo tra ilibri che vanno assolutamente letti, grandi elogi anche dal Washington Post che sottolinea il passaggio di Simenon dalla letteratura popolare a quella più alta, e l'Atlantic Monthly scrive che il libro è  "... un romanzo psicologico di una profondità e di una potenza degne di grande considerazione...".
Chiudiamo con un frase che Simenon ripeteva in quell'occasione ai giornalisti che lo intervistavano: "...  accetto che mi si rubi il portafoglio o un oggetto di valore, ma non che mi si sottragga il tempo. Gli oggetti si sostiuiscono, ma chi sa quanto tempo ci resta da vivere?"

mercoledì 22 febbraio 2012

SIMENON. ALLA SCOPERTA DEL PROPRIO MALESSERE

Alla fine degli anni '50 Simenon vive un periodo di crisi. Non si tratta del suo consueto stato di malessere che prelude alla necessità di mettersi nella pelle di un'altro e di iniziare un nuovo romanzo nell'ormai noto état de roman. Si tatta di qualcosa più profondo. Innanzitutto le tensioni coniugali, in gran parte dovute all'instabilità psichica della moglie, si fanno più frequenti con l'aggravarsi dello stato di Denyse. Simenon inizia a chiedersi in un primo momento dove abbia sbagliato, se in qualche modo possa essere stato lui stesso a provocare quel progressivo peggioramento. Ma, quando la situazione si fà più critica, subentra nei confronti della sua compagna un 'ostilità crescente.
E questa situazione si riflette nei romanzi di quel periodo, come ad esempio Le passage de la ligne (1958) dove il protagonista, Steve un uomo ricco e di successo, vive una pessima relazione matrimoniale, che sfocia in un divorzio con il quale la moglie riesce a potargli via il suo patrimonio e lui dovrà rifarsi una vita, lontano, adattandosi ad un tenore di vita assai modesto.
E' questa una paura di Simenon? Non solo, in questo periodo affiorano anche i dubbi sulla qualità di quello che pubblica. A volte ha la sensazione di essere solo una star cui in quel momento mancano però le qualità per scrivere. Addirittura si spaventa quando nel '58 non riesce a far decollare un nuovo romanzo e si vede costretto ad un periodo di inattività che lo deprimerà non poco. Per la cronaca va detto che si trattò di soli quattro mesi. Ma si sa, Simenon non poteva considerarla una normale pausa, bensì qualcosa di pericolosamente vicino ad uno stop. Nel '59 ne esce imponendosi di scrivere un'inchiesta del commissario Maigret aux assises (1960). Dopo la parentesi mondana del Festival di Cannes in cui fu presidente della giuria, si dedica ad un'altro poliziesco, Maigret et les vieillards (1960) per poi iniziare finalmente un nuovo romanzo. E' Le train (1961), una vicenda che si svolge durante la guerra, in cui il protagonista si sente legato per la sua mentalità conformista alla moglie e per questo rinuncia ad una probabile nuova vita con un'altra donna. Questa, alla fine del romanzo, si troverà in una grave situazione e, dopo avergli invano chiesto aiuto, verrà uccisa. Anche qui i vincoli matrimoniali sono vissuti come una specie di gabbia e addirittura forieri di disgrazie. E poi viene Betty (scritto nell'ottobre del '60), la storia di una donna che inizia male e finisce peggio. Qui il matrimonio non c'entra, ma l'atmosfera è cupa, pessimistica e il romanzo è un disperato noir.
A testimonianza della depressione di questo periodo ci sono le riflessioni che ritroviamo in quella sorta di diario che é Quand jétais vieux (scritto tra il 1960 e il 1963, ma pubblicato solo nel '70), dove ritroviamo tutti motivi  della sua crisi, individuati nel fallimento del suo matrimonio, nei dubbi sulla sua opera e nell'inesorabile avvicinarsi della vecchiaia.
Ancora più chiaramente tutto questo è espresso in un saggio, Le roman de l'homme, tratto da una conferenza tenuta a Bruxelles nel '58 e finito prima a puntate sul settimanale Arts e poi in un omonimo volume nel '60. E nei successivi romanzi L'ours de peluche (1960) e Les anneaux de Bicetre (1962) primeggia il tema della sconfitta di uomini famosi e potenti.
Insomma Simenon si sente vulnerabile, sente la mancanza di una vera compagna (la relazione con Teresa è ancora lontana) ed  è tormentato dai dubbi. Ricorderà quegli anni come un periodo nero, fatto di cui si trova traccia anche in altre sue opere autobiografiche come i Dictées.

martedì 21 febbraio 2012

SIMENON INTERPRETA SIMENON, DA AUTORE AD ATTORE


1959. Esce un cortometraggio per la regia di Jean-François Hauduroy. Titolo Simenon. E' una produzione elevetica interpretata proprio da Georges Simenon, nella parte di sè stesso, da Michel Simon, voce fuori campo dell'attore Paul Meurisse, sceneggiatura dello stesso regista e colonna sonora di Philippe Arthuys. Una piccola produzione, e non conosciuta dai più, che fu presentata al Festival di Locarno del 1960, nella sezione "Cortometraggi in concorso". E' una performance che per lo più i biografi non riportano. In fondo più che un documentario con un filo conduttore, è un'insieme di flash che vedono lo scrittore ripreso nei luoghi a lui familiari: Parigi, la Normandia, la sua abitazione ad Echandens in Svizzera. L'intento del regista era quello di mostrare come Simenon scrivesse un romanzo.  La scelta dell'opera che doveva appunto spiegare il processo creativo cadde su Le President del 1957, che lo scrittore aveva ambientato tra Parigi e la Normandia, presidente che viene impersonato da Michel Simon (ruolo che nel film, tratto nel'61 dal romanzo, sarà di Jean Gabin). Simenon e Simon, l'autore e il personaggio, si alternano davanti alla cinepresa in una sorta di puzzle che intreccia realtà e fiction, il metodo della scrittura e il personaggio nella pelle del quale il romanziere ogni volta entrava, immmedesimandosi nei suoi comportamenti e nella sua mentalità. 

lunedì 20 febbraio 2012

SIMENON. OGGI MAIGRET FESTEGGIA CON LA... MOUCLADE

Il 20 febbraio è una data speciale per il commissario. E' la sua data di nascita... letteraria. Insomma un compleanno, magari non importante come quello dell'altr'anno, quando cadevano gli ottant'anni dal lancio delle sue inchieste. Oggi questo personaggio ne compie 81. Potremmo dire, con una tipica frase fatta in queste circostanze, che non li dimostra affatto. Ma noi siamo di parte e capiamo che questi giudizi lasciano per i non appassionati il tempo che trovano.
Torniamo quindi alla nascita del nostro che Simenon lanciò in un momento di grande fervore culturale, quando nella capitale francese lavoravano artisti come Picasso (che allora si dedicava alle forme plastiche e si cimentava nella scultura), Ernest Hemingway (che lavorava a "Death in the Afternoon"), Salvador Dali (che frequentava il circolo dei surrealisti), Paul Valery (che pubblicava "Regards sur le monde actuel"), André Gide (allora mentore di Simenon), Maurice Ravel (reduce dai trionfi del suo "Bolero") e potremmo andare avanti per molto.
Era il 1931 e Simenon realizzava anche il passaggio dalla letteratura alimentare (quella popolare scritta su ordinazione) a quella semi-alimentare (creando secondo la sua ispirazione e dando forma al suo stile). Un momento cruciale per la sua crescita letteraria la nascita di quel personaggio le cui modalità vi abbiamo già raccontato nei post Nasce Maigret. La versione di Georges e Nasce Maigret. Come è andata davvero.
Oggi Maigret è entrato con successo anche nel mondo degli ebook, dimostrazione di come si porti bene gli anni, di come le sue tematiche, il suo modo di raccontare, anche nel genere poliziesco, riscuota l'interesse dei lettori d'oggi, anche di quelli tecnolgicamente più avanzati.
Vorremmo festeggiare questo giorno come sarebbe piaciuto al commissario, facendogli idealmente gustare uno di suoi piatti preferiti, preparati dalla sua premurosa moglie o cucinato in qualche ristorante di quelli giusti (niente lusso, ma occhio alla sostanza), e che spesso Simenon citava nelle sue inchieste.

Ecco un brano tratto da La maison du juge (1942)
Thérese (una cameriera dell'Hotel du Port) aveva chiesto a Maigret:
- Le piace la "mouclade"?
- Che cos'è?
- Cozze alla panna... Una specialità del posto...
- Io non sopporto la panna - dichiarò Méjat (un ispettore di Lucon, cittadina dove si svolge l'azione)
... peccato (pensava Maigret) che la conversazione avesse avuto luogo proprio mentre stava mangiando le cozze, che erano un capolavoro.
E allora vediamo la ricetta come ce la presenta il famoso cuoco Courtin nel suo Le cahier de recettes de madame Maigret (1974).

Mouclade des boucholeurs
- Raschiare e lavare con molta acqua 3 kg di cozze
- Mettere in una grossa pentola 1/4 lt. di vino bianco secco, 125 gr. di burro delle Charentes, 8 scalogni, 4 spicchi d'aglio pestati, un abbondante pizzico di pepe. Portare a ebollizione e gettarvi dentro le cozze. Coprire.
- Quando le valve si saranno aperte, versare il contenuto della pentola in un'altra casseruola.
- Portare a ebollizione, aggiungere un pizzico di cumino e due cucchiai da minestra di curry. Lasciare bollire per due minuti.
- Versare nella casseruola 40 gr. di burro maneggiato con un cucchiaio di farina. Mescolare bene con un cucchiaio di legno. Aggiungere, fuori della fiamma, un decilitro di latte bollente e poi due decilitri di panna fresca. Passare al setacccio.
- Liberare le cozze della età dei loro gusci. Metterli su un gran piatto fondo: Ricoprire con la salsa e servire.
Buon appetito!
Ah dimenticavamo, Courtine suggerisce di abbinare un vino bianco dell'Ile de Ré.
Auguri e alla salute, commissario!

SIMENON. E I MALOU DEBUTTANO IN CLASSIFICA

Come di consueto un'occhiata alle classifiche delle vendite a poco meno di una quindicina di giorni dall'uscita de Il Destino dei Malou (vedi la presentazione nel post del 14 febbraio scorso Simenon. Un destino chiamato Malou) Il suo debutto nelle classifiche lo vede posizionato al 10° posto della Narativa Straniera riportata dall'inserto La Lettura di ieri del Corriere della Sera. In quelle uscite su Cult di La Repubblica, sempre di ieri, conquista invece la decima posizione della Top Ten e la terza nella Narrativa straniera. Anche su TuttoLibri de La Stampa (di sabato) si affaccia alla classifica della Narrativa Straniera, ma al quarto posto. Per quanto riguarda la sua versione ebook, l'ultima classifica di I.B.S ce lo segnala come debbuttante al 37° posto.
Ma la presenza dei Simenon nella classifica I.B.S. dei libri digitali si concretizza anche in un 18° posto per la Pazza d'Ittevile (dal 16°), e nei primi Maigret "elettronici" con La ballerina del Gai-Moulin al 19°(dal 6°), con L'impiccato di Saint-Pholien al 47° (dal 12°) e con Il defunto signor Gallet al 48° (dall'8°).

domenica 19 febbraio 2012

SIMENON L'ESOTICO, PRIMA E... DOPO

Uno dei generi frequentati dal primo Simenon, quello della letteratura su ordinazione, riguardava le avventure esotiche ambientate nei luoghi più impervi e più dispersi della Terra. Lo attiravano soprattutto le atmosfere equatoriali, i climi torridi, ma anche le situazioni marine. Insomma dava sfogo alle sue velleità alla Conrad o alla Stevenson. Solo che questi racconti o romanzi brevi esotici erano scritti senza muoversi da Parigi e dalla sedia del suo studio a Place des Vosges 21. E fecero un salto di qualità quando, appena se lo potè permettere, acquistò un atlante illustrato Larousse. Quello fu il vero mezzo di trasporto di Simenon che portava lui e i suoi lettori in mondi di sogno, in avventure estreme alla scoperta di terre inesplorate, dove le insidie, dalle belve feroci ai sanguinari cannibali, si nascondvano dietro ogni pianta e ogni roccia.
Siamo negli anni '20 in cui Simenon produce una quantità di titoli per editori come Ferenczi o Tallandier.  E le pretese di questi sulla precisione e sull'attendibiltà di quello che veniva scritto erano scarse. L'importante era un titolo ad effetto, una storia con un eroe affascinante (meglio se con un amore contrastata con una principessa o una indigena bella e selavggia). Altri ingredienti, l'ambientazione quanto più lontana possibile da quella quotidiana di chi leggeva e l'azione: una lotta serrata, contro nemici ed eventi naturali implacabili.  Ovviamente in questo Simenon era bravissimo, come bravo era ad inventare pseudonimi con cui firmava tali romazi, ne usava circa un ventina (vedi il post del 20 novembre 2010 Chi sono io?). E i titoli, come accennavamo prima, sono molto esplicativi del tono della storia: La Pretresse des Vaudoux (Tallandier 1925), Le desért du froid qui tue (Ferenczi 1928), Les pirates du Texas (Ferenczi 1929), Seul parmi les gorilles (Ferenczi 1928), questi ad esempio tutti firmati come Christian Brulls.
Tutto ciò grosso modo avveniva prima del 1930, in sostanza prima che Simenon lanciasse la serie dei Maigret. Infatti quella del commissario non fu solo un salto di qualità letterario entrando, come diceva Simenon stesso nella semi-letteratura. Costituì anche un sostanziale miglioramento della sua situazione finanziaria, e di conseguenza, anche la possibilità di fare dei viaggi. Prima nei canali francesi e di tutta Europa, poi girando il Mediterraneo e quindi permettendosi una lunga scorrbanda nel continente africano. Il passo successivo fu quello del giro del mondo. Dalle isole caraibiche, all'America del Sud, dall'Australia agli arcipelaghi del Pacifico.
A quel momento il suo punto di vista era molto cambiato. Ora si trattava di esperienze vissute direttamente e non solo con l'occhio del turista che guarda e passa, ma con l'ottica di chi in un posto si ferma almeno per qualche mese. Tutti questi chilometri percorsi lasciarono una traccia indelebile che si tradusse in reportage per i giornali parigini, ma in seguito in una serie di romanzi di ambientazione esotica. Nel  frattempo, non va scordato, Simenon aveva iniziato a scrivere quelli che lui chiamava dei romans-durs, e stava entrando nella letteratura con la "L" maiuscola e dalla porta principale visto che nel '34 avrebbe firmato per pubblicare con Gallimard.
Quella raccontata da questi romanzi esotici è spesso un vicenda che prende lo spunto dalle condizioni misere e miserabili in cui la colonizzazione delle nazioni europee aveva ridotto l'Africa e altre parti del mondo. Ingiustizia, sfruttamento, segregazione sono situazioni che Simenon denuncia nei propri reportage, ma che ritroviamo anche nei romanzi. Questa razza europea governa tali paesi con una classe amministrativa gretta, egoista, spesso incapace, chiusa nelle sue cerchie, spesso corrotta e ormai schiava dell'alcol o delle droghe. Insomma tra l'esotismo sognato con la letteratura popolare e quello vissuto e riportato in romanzi come Quartier nègre (Gallimard 1935),  45° à l'ombre (Gallimard 1936), Le Blanc aux lunettes (Gallimard 1936), Touriste de bananes (Gallimard 1938), tanto per citare qualche titolo significativo, c'è una differenza abissale.
Si sente in queste opere che Simenon è dalla loro parte e non solo per un senso di giustizia, ma forse anche perché negli indigeni dei paesi in cui si era fermato, anche se in parte corrotti dalla presenza coloniale dei bianchi, Simenon aveva intravisto qualcosa di molto vicino a quell' "uomo nudo" che andava cercando. Africani, giamaicani, taithiani non erano ancora del tutto costretti dalle sosvrastrutture della civiltà occidentale, non del tutto corrotti, ancora spontanei e ancora lontani dalle logiche della società industriale, finanziaria e da quelle del profitto che Simenon non amava certo. Celebri sono rimaste alcune sue frasi. In risposta ad una campagna pubblicitaria che aveva come slogan "L'Africa vi chiama", lui aveva risposto nei suoi reportage con un duro "L'Africa vi chiama e vi dice merde". E poi contro il colonialismo "Chi tra belgi, inglesi e francesi si farà mettere per primo alla porta dagli africani?".

sabato 18 febbraio 2012

SIMENON TRA GALLIMARD E PRESSES DE LA CITE'

Non se parla molto. Ma nel passaggio tra le edizioni Gallimard e La Presses de La Cité, ci furono tre romanzi pubblicati da un piccolo editore, le Edition de La Jeune Parque. Erano ormai una decina d'anni che Simenon faceva parte della scuderia di patron Gaston, ma i rapporti si erano andati via via deteriorando. Simenon con il passare degli anni aveva sempre più alzato le sue pretese, anche quando i suoi romanzi non si rivelavano un successo commerciale immediato. Il romanziere attribuiva le scarse vendite all'organizzazione editoriale (da un resoconto del '42 risultavano ad esempio per "Le Locataire" '34  25.541 copie, "Le Pitard" '35 addirittura 10.970 copie per risalire alle 12.255 di "Le Bourgmestre de Furne"). Con queste vendite Gallimard aveva tagliato le tirature abituali quasi del 50%, cosa che mandò su tutte le furie Simenon, come quando il comitato dei lettori dette parere negativo su uno dei suoi romanzi. E poi c'era un altro fattore. In mezzo a tutti i grandi nomi della casa editrice, Simenon si sentiva uno dei tanti e quindi non sufficientemente considerato. Insomma la sua insoddisfazione lo portò a forzare i rapporti con l'editore proprio in vista del rinnovo del contratto, forse da un parte cercando la rottura, ma forse anche per sentirsi più considerato. E gli andò bene. Il suo acconto salì dal 10 al 12% fino a 10.000 copie, per aumentare fino al 15% fino a 30.000 copie, e addirittura al 18% oltre quella soglia. In più ottenne di poter pubblicare con un altro editore i suoi prossimi tre romanzi. Gallimard, che con lui aveva un contratto fino al 1946,  era un po' con le spalle al muro. Non avrebbe voluto perdere una firma come Simenon, ma per lui si trattava di un passivo non indifferente, nessun un guadagno, ma quello che più di tutto gli interessava era mantenere aperta la possibilità di continuare ad annoverarlo tra la sua scuderia di autori.
Ed ecco questa specie di intervallo che porta Simenon a pubblicare con la piccola Edition del La Jeune Parque tre romanzi non da poco che nel temp la critica avrebbe apprezzato. Si tratta infatti del famoso La Fenetre des Rouet (1945), del notevole La Fuite de Monsieur Monde (1947), considerato uno dei capolavori dello scrittore e in seguito anche Le Passeger clandestin (1947).
In quel periodo Simenon fa la conoscenza di Sven Nielsen, che dopo diverse esperienze editoriali aveva aperto una distribuzione di libri, Messaggeries du Livre, ma che da tempo aveva intenzione di sperimentare l'attività di editore. Quando nel '45 i due si incontrano a Parigi si piacquero e subito nacque un feeling che porterà alla nascità de La Presses de La Cité, una società editrice di cui il 45% era detenuto da Simenon stesso. L'altro 45% era di Nielsen e il rimanente 10% di un agente letterario americano, Max Becker.
E così la scelta di Simenon era fatta. Il piccolo invece del più prestigioso degli editori francesi. La possibilità di decidere, controllare e dettare la strategia editoriale di tutta la sua produzione. E delle condizioni he avrebbero fatto tremare i polsi a Gallimard stesso: il 15% fino a 20.000 copie, e il 20% sopra quel livello, in più  300.000 franchi per iniziare e la cessione dei  diritti per dieci anni. Simenon inoltre tenne per sè il 100% di tutti i diritti delle pubblicazioni all'estero, dei diritti cinematografici e di ogni altro diritto  etra-letterario.
Certo si trattava di condizioni davvero molto draconiane, che probabilmente nessun altro editore avrebbe accettato, ma detenere l'esclusiva delle opere di Simenon, negli anni successivi dimostrerà invece quanta lungimiranza editoriale e commerciale avesse dimostrato Sven Nielsen, con cui Simenon continuò a pubblicare fino alla propria scomparsa.

venerdì 17 febbraio 2012

SIMENON. THE ART OF FICTION

Quest'oggi vogliamo portare la vostra attenzione sulla famosa intervista a Simenon che Carvel Collins realizzò per il n° 9 della prestigiosa The Paris Review. Si svolse a gennaio, quando il romanziere abitava a Lakeville nel Conneticut, pochi mesi prima che lasciasse definitivamente gli States (marzo) per far ritorno nella sua vecchia Europa.
L'inchiesta sonda un po' tutte le curiosità che secondo il giornalista, il pubblico della sofistica rivista nutriva su uno scrittore che ormai, dopo una decina d'anni, era naturalizzato americano. Nessuno sapeva che quello sarebbe stato l'ultimo anno negli Usa di Simenon. Infatti quando uscì l'articolo si era già sistemato a Mougiens (Alpes Maritimes). In vari post vi abbiamo riportato alcuni brani di questa intervista, ma ora ve ne offriamo qui di seguito un incipit e poi con un link potreteleggerla inversione integrale.
" Studio di mister Simenon nella sua casa bianca sul bordo di Lakeville, Connecticut, il dopopranzo di un giorno assolato di gennaio. La stanza riflette il carattere del romanziere: allegro, efficiente, ospitale, controllato. Sulle pareti vi sono libri di diritto e di medicina, due campi in cui si è fatto una cultura, elenchi telefonici provenienti da molte parti del mondo che gli servono nel assegnare nomi e cognomi dei suoi personaggi, la mappa di una città in cui ha ambientato il suo quarantanovesimo romanzo di Maigret e il calendario su cui sono barrati con una X i giorni trascorsi scrivere il Maigret, un giorno un capitolo, ed i tre giorni dedicati alla revisione, un lavoro che ha generosamente interrotto per questa intervista..." - Georges Simenon -The Art of Fiction n° 9 - Summer 1955

giovedì 16 febbraio 2012

SIMENON. COSCIENTE O INCOSCIENTE... QUESTO E' IL PROBLEMA

Etat de roman. Trance creativa. Stato di grazia. Incoscienza narrativa. Quante sono le definizioni che Simenon, la critica, i biografi hanno usato per identificate quei momenti di "assenza da sé" che lo scrittore ha sempre indicato come quelli durante cui scriveva i suoi romanzi?
Questi stati erano preceduti da tre fasi. Quella del declic. E' il momento in cui scatta l'idea, o come preferiva dire Simenon "l'intuizione" che poi metterà in moto il meccanismo del romanzo. La seconda è quella in cui entra in ètat de roman, cioè in cui fà vuoto dentro di sè per poter far spazio all'altro, cioè il personaggio del romanzo. Terza fase, quella di "mettersi nella pelle di...". Dopo aver fatto il vuoto, Simenon cerca di entrare dentro il suo personaggio, di pensare come lui, di esprimersi nel suo modo, di muoversi nel suo mondo come avrebbe fatto lui.
Molti di quelli che non hanno mai scritto nulla (nemmeno per il proprio piacere), ma anche non pochi di quelli che scrivono per professione, fanno spesso fatica a credere che si possa comporre un romanzo in stato di perfetta incoscienza. Simenon spiegava: "...il più difficile è entrare in quello che chiameremo stato di grazia, vale a dire creare un vuoto completo di sé stessi, perchè bisogna far posto all'altro. Poi, durante tutto il romanzo, essere l'altro, restare l'altro senza farsi distrarre da sé stessi, nè da nessuno...".
Questo lo affermava nel 1973 (Un homme come un autre), ma gia nel '39 in una lettera a Gide illustrava lo stesso concetto: "-... lo stato di grazia. Rimanerci, costi quel che costi. Se sono partito da un'aria di Bach, bisogno che l'ascolti ogni giorno alla stessa ora. Nulla può cambiare nella cronologia della giornata. Il minimo imprevisto e rischia di far franare tutto. Niente corrieri o telefono... Non sapendo in cosa consiste questo stato di grazia, mi ingegno a ricostruire ogni giorno gli stessi avvenimenti, fin nei più piccoli dettagli...".
Insomma sembrerebbe essere di fronte ad una serie di rituali che, in mancanza della consapevolezza di cosa sia e di cosa generi questo état de roman, Simenon cerca di replicare una serie di condizioni che non provochino il minimo cambiamento. E a questo l'autore lega anche la sua proverbiale velocità di scrittura che, più che un dono, sembra essere una necessità. E' quanto si evince dalle sue risposte nella famosa intervista del '68 agli psicoanalisti del magazine Médicine et hygiene. "... ecco grosso modo in cosa consiste: durante la scrittura di un libro, occorre che io scriva più rapidamente possibile e pensandoci il meno possibile, in modo di lasciar lavorare al massimo l'inconscio. In fondo un romanzo che io scrivessi coscientemente sarebbe probabilmente scadente. Non c'è bisogno che l'intelletto intervenga durante la scrittura del romanzo... Devo afferrare delle ventate d'incoscienza e, se lascio passare il momento, c'è il rischio che questo stato svanisca... ".
Insomma Simenon conferma questa divisione netta tra la normale vita cosciente di tutti i giorni e queste parentesi creative di sette/dieci giorni in cui si annulla, diventa qualcun'altro e partorisce quei romanzi.  Non si chiede perchè, gli interessa solo il risultato. Sembra arrendersi a questo "mistero", purchè i risultati siano quelli che poi riesce ad ottenere. Sempre nell'intervista a Médicine et hygiene sottolinea inoltre: "... passo la mia vita tra l'incoscienza e la ragione, non credo al mio mestiere se non fatto nell'incoscienza. Quindi non devo conoscermi per scrivere dei romanzi. Se mi conoscessi troppo bene, non potrei più scrivere. Occorre che io socchiuda la porta alla ragione giusto il necessario per condurre una vita sociale. Se io diventassi del tutto raziocinante, perderei la percezione del mio subconscio...".
E quindi precisa ancora in Un homme comme un autre: "... è per questo che non ho mai potuto stabilire una scaletta. Non sono io che dirigo l'azione: sono i miei personaggi...".
Insomma Simenon più chiaro di così non potrebbe essere. Ed è una tesi che non solo ha sostenuto tutta la vita, ma che dimostra anche una certa umiltà, dato che, stanti così i fatti, il merito della bontà della sua opera non andrebbe ascritta al suo intelletto, bensì al suo subconscio.
E forse il mistero di Simenon è proprio questo: raziocinio o incoscienza? Ragione o subconscio?

mercoledì 15 febbraio 2012

SIMENON E MAIGRET, PRIMI... INTER PARES?

Le tre dimensioni del commissario simenoniano sono quella letterarie, la cinematografica e la televisiva. Ci sarebbe una quarta dimensione, quella teatrale. Ma le rappresentazioni non ci pare siano state nel numero e nella qualità degne di menzione, o perlomeno all'altezza di quelle succitate per successo e nemmeno per il livello dei realizzatori e degli interpreti.
Limitiamoci quindi ai romanzi, ai film e agli sceneggiati tv che dimostrano come il personaggio creato da Simenon avesse in sé una versatilità che l'autore stesso non immaginava.
Certo questo è stato il destino dei protagonisti dei seriali letterari di genere giallo o simile. Il loro appeal per il cinema prima e la televisione poi riguarda molti pesonaggi detective.  Ma anche qui Maigret ha dei punti in più rispetto a molti suoi... colleghi grosso modo contemporanei,  analogamente a Simenon. Riteniamo che sia l'unico scrittore ad essere accreditato come grande giallista e forse ancor di più come uno dei grandi letterati del '900, ma altrettanto non si può dire per i suoi... colleghi. Lasciando da parte Edgard Allan Poe che è stato il capostipite e in grado di inventare con il suo Dupin il prototipo dell'investigatore, ma in  grado di scrivere romanzi, poesie, di cimentarsi nella letteratura fantastica, nell'horror, ma (e pochi lo sanno) anche nei racconti umoristici, non vediamo altri scrittori all'altezza di Simenon. Facciamo quindi una sintetica disamina dei più famosi.
Conan Doyle. Il suo grande Sherlock Holmes (che però deve molto al Dupin di Poe) ha fatto scuola, è ancor oggi seguitissimo e apparso in quattro romanzi e una sessantina di racconti. Circa una quarantina sono i film tratti dall'opera di Doyle (ma molti sono remake, ad esempio del "Mastino dei Baskerville" si contano almeno sei versioni cinematografiche e due televisive). Poi ci sono due serie tv una inglese e una made in Usa.
Altro grande autore britannico: la scrittrice Agatha Christie che pubblicò una quarantina di romanzi del suo Poirot (ma anche dodici romanzi e quattro raccolte con Miss Marple), poi altre serie minori e addirittura una raccolta di poesie, un'autobiografia e un diario. Furono mandati in onda sessanta episodi di una produzione televisiva inglese su Poirot. Sul lato cinematografico sono una dozzina i film prodotti sull'investigatore belga.
Poi Rex Stout con all'attivo oltre quaranta avventure del suo Nero Wolfe, che approdò anche sei volte sul grande schermo e che acquisto popolarità mondiale con nove lunghe serie televisive prodotte in Usa. Altri grandi giallisti americani come Hammett e Chandler, con i loro famosissimi romanzi attrassero le produzioni cimenatografiche che realizzarono dei film-culto, ma solo il secondo approdò alla televisione con due brevi serie.
Maigret con oltre un centinaio tra romanzi e racconti, può vantare una dozzina di adattamenti cinematografici e svariate serie televisive prodotte autonomamente in Francia, Italia, Germania, Olanda, Inghilterra, Russia, Giappone. Sul grande schermo ritroviamo il commissario di Quai des Orfévres dodici volte.
Diciamo quindi che, nonostatnte l'eccellenza e la popolarità dei propri... colleghi, possiamo considerare le inchieste del commissario per quantità e per qualità le più internazionali e le più letterarie e questo grazie alla versatilità del suo autore. Infatti nessuno tra quelli citati riuscì mai ad essere considerato un letterato tout court. Questo anche se, ad esempio, ai suoi esordi Rex Stout si cimentò in un romanzo sperimentale che ebbe il plauso della critica, ma non il seguito del pubblico. Conan Doyle fece morire il suo personaggio per dedicarsi alla sua passione, i romanzi storici, quelli con cui voleva essere ricordato dai posteri. Ma né i suoi lettori, né il suo editore, gradirono e Doyle dovette far resuscitare il suo detective. Per Hammett e Chandler il discorso è diverso. con il passare del tempo i loro romanzi sono stati rivalutati e talvolta considerati al livello di quelli di Hemingway.
Ma nessuno di loro può vantare la produzione e i riconoscimenti di Simenon. E questo, a nostro avviso, fà del romanziere e del suo personaggio dei primi inter pares.