sabato 21 settembre 2013

SIMENON LASCIA LA PENNA E RACCONTA CON LA FOTOCAMERA


Oggi la parola... o meglio le immagini a Simenon. Già, una volta tanto, invece di fare tante parole sui suoi romanzi e sul suo Maigret, lasciamo spazio all'occhio di Simenon. O meglio a quello che il suo occhio vedeva e immortalava attraverso l'obiettivo di una macchina fotografica.
Le foto che qui di seguito presentiamo sono alcuni scatti della collezione di fotografie realizzate da Simenon e ora di proprietà esclusiva del Fonds Simenon. Grazie alla sua opera di conservazione, possiamo renderci conto di come lo scrittore vedeva la realtà che lo circondava, le persone. I luoghi e la sceltà dei soggetti e le inquadrature sono, secondo noi, un'anteprima di quello che leggeremo nei suoi romanzi. Il punto di vista ci pare lo stesso, qui colto nell'immediatezza dello scatto fotgrafico in bianco/nero, poi messo nero su bianco nelle pagine dei suoi romanzi. Non c'è molto da dire, queste foto donate al Fonds Simenon, parlano da sole. C'è la vita di tutti i giorni, c'è la gente comune, momenti quotidiani, le strade, i bistrot, le periferie, le zone industriali, i gesti semplici... le atmosfere e i personaggi della letteratura simenoniana. Queste foto sono del 1934, alcune apparse sul quotidiano Le Jour, scattate per lo più a Charleroi e dintorni.


La pasticceria del Palais de Peuple e la pasticcera... o solo la commessa? Questa sintetica galleria inizia con l'immagine "dolce" di questa giovane donna.









La lunga strada innevata a Couillet che va verso Châtelet. Una carrozza lascia la propria traccia sul terreno








Il fotografo Simenon questa volta si arrampica sui tetti per scattare una panoramica di Charleroi      
L'interno della brasserie del Palais du Peuple due avventori ad un tavolino, i bicchieri di liquore... Fumano. Fuori il freddo e la neve... dentro un ambiente caldo ed accogliente.
 
Ancora un angolo della brasserie del Palais du Peuple. Anche le donne bevono a Charleroi nel '34

venerdì 20 settembre 2013

SIMENON. MAIGRET COMINCIA CON UN ASSASSINIO O CON UN SUICIDIO?

IL DEFUNTO SIGNOR GALLET 
(Monsieur Gallet décedé) - anno 1931 - Edizioni Fayard

Si tratta di uno dei due titoli con cui venne lanciato il personaggio del commissario Maigret nella famosa notte alla Boule Blanche, durante la scatenata festa Le Bal Antropométrique, ideata e voluta da Simenon stesso.
E' il 20 febbraio del 1931 e inizia così l'epopea maigrettiana (l'altro titolo era "Le pendu de Saint-Pholien"). Nonostante le prove questa è l'uscita ufficiale del personaggio. Le prove consistevano in alcuni romanzi, non ancora firmati Georges Simenon, dove Maigret appare, ma non sempre come comissario, non sempre a Parigi e non a Quai des Orfèvres. E poi il primo ad essere stato scritto è Pietr-le-Letton nel settembre del '29 (uscirà poi nel maggio del '31). La stesura di M.Gallet décédé invece viene completata nell'estate del 1930.
La vicenda è insolitamente intricata. Diciamo insolitamente perchè, con il passare del tempo, l'intreccio giallo andrà semplificandosi, o meglio perderà un po' della sua importanza, rispetto all'indagine psicologica che Simenon affiderà al suo commissario. Ma, come abbiamo detto, siamo al debutto e un giallo deve essere un giallo. Così, alcuni dei tratti principali di Maigret vengono rimarcati più di quanto non venga fatto in seguito. Ed è comprensibile proprio perché si tratta di un protagonista che l'autore deve far conoscere al più vasto pubblico possibile. Certo quando scrive, nonostante la sua convinzione, ha ancora nelle orecchie la strenua opposizione di Fayard che gli ripeteva "Vedrà che non venderemo  quasi niente, questo non è un personaggio da romanzo poliziesco. La gente non capirà...".
La gente, come possiamo affermare con il senno del poi, invece capì e molto bene. Maigret fu la fortuna non solo di Simenon, ma anche di Fayard e degli altri suoi editori (Gallimard e Presses de La Cité).
Ma torniamo a questo singor Gallet che già nel titolo non viene definito assassinato, o suicida. E' semplicemnte morto. Non è morte naturale. Ma quello che prima appare un omicidio, sembra poi essere un suicidio mascherato da omicidio.... ma potrebbe anche essere un vero assassinio... La trama porta a diversi cambiamenti di fronte, con sorprese e colpi di scena che nell'opera maigrettiana troveremo poi molto di rado. Ma Simenon tratteggia già con sicurezza ed efficacia il personaggio, l'ambiente in cui si muove e il suo famoso metodo.
Insomma un Maigret a tutti gli effetti che riveste il fascino degli esordi di un personaggio poi diventato tanto famoso.






"Il primo contatto fra il commissario Maigret e il morto, con il quale avrebbe poi vissuto per settimane in una sconcertante intimità, avvenne il 27 giugno 1930 in circostanze banali, penose e indimenticabili al tempo stesso.
Indimenticabili perché da una settimana la Poizia giudiziaria non faceva che ricevere dispacci con cui si annunciava che il 27 sarebbe arrivato a Parigi il re di Spagna e si ricordavano le misure da adottare in casi del genere.
Per l'appunto il capo della Polizia giudiziaria era a Praga, dove partecipava ad un congresso di polizia scientifica, e il vicecapo era dovuto andare nella sua villa sulla costa della Normandia perchè uno dei figli si era ammalato.
Maigret era il comissario più anziano e doveva perciò occuparsi di tutto, con un caldo soffocante e l'organico ridotto ai minimi termini a causa delle ferie.
Sempre il 27 giugno, all'alba, in rue Picpus, viene trovata assassinata una merciaia...."

mercoledì 18 settembre 2013

SIMENON E I... "SUOI" SCRITTORI DEL PERIODO AMERICANO

"Sceglierei Maigret".
Questa è la risposta che lo scrittore americano Rex Stout dette ad un giornalista che gli chiedeva a quale investigatore avrebbe affidato l'inchiesta nell'eventualità che il suo pachidermico Nero Wolfe fosse fuori gioco.
Simenon e Stout si incontravano ogni tanto negli anni '50. Lo scrittore europeo ritrovava in quello americano un prolifico collega e all'inizio autore anche di romanzi raffinati, quasi sperimentali, come Due rampe per l'abisso (How Like A God - Viking Press - 1929), scritto tra l'altro durante un suo soggiono a Parigi.
Stout era "schiavo" del successo del suo detective-gourmet-floricoltore e, visto gli esordi, avrebbe voluto scrivere altro, e lo fece, ma senza successo. Chi meglio di lui avrebbe potuto capire le remore che talvolta assalivano Simenon quando si trovava ad essere più consciuto e famoso per i Maigret che per i suoi romans-durs?
Ma c'è un'altro scrittore americano di gialli, all'epoca, con cui c'è un certo legame. Si tratta di Erle Stanley Gardner, anche lui un romanziere veloce nella scrittura e quindi molto prolifico, padre del famosissimo avvocato Perry Mason. Gardner però non era uno scrittore di professione, almeno all'inizio, ma un avvocato. Quello che però interessava molto Simenon era che gran parte di ognuno dei romanzi dell'avvocato si svolge nelle aule dei tribunali. I luoghi dove si decidono anche i destini dei "clienti" di Maigret. E dove non sempre, secondo il commissario, legge faceva rima con giustizia. Proprio quei tribunali dove Simenon avrebbe messo degli psicologi o psicanalisti al posto dei giudici e dei magistrati... in nome di quel famoso "comprendere e non giudicare".
E ancora possiamo citare la frequentazione di Thornton Wilder e il loro carteggio in cui spesso il romanziere americano analizzava le opere simenoniane tessendone gli elogi..." ...come succede a tutti il tarlo di Simenon mi corrode... Sempre più credo che sia l'autore più richiesto dal mondo d'oggi...".
Tralasciamo di parlare di Henry  Miller sul cui legame con Simenon abbiamo già scritto (vedi Simenon, Henry Miller e l'incidente , Henry Miller su SimenonSimenon e Henry Miller, religione o sesso o religione del sesso? ), ma ci riproponiamo di tornare sulla produzione letteraria di Simenon in America, alla luce dei rapporti con gli scrittori statunitensi.

martedì 17 settembre 2013

SIMENON... "TOUT SIMENON" 20 ANNI FA' A LIEGI


Vent'anni fa'. Era il 1993 e si festeggiavano i 100 anni dalla nascita di Simenon. A Liegi venne inaugurata una "exposition" che aprì i battenti a fine giugno e li chiuse a fine ottobre. Quattro mesi per uno dei più importanti tributi dedicati allo scrittore belga. L'esposizione attirò 220.000 visitatori ed era stata organizzata in grande stile. Si sviluppava su quattro piani e ospitava oltre 300  teche espositive e alcune ricostruzioni di ambienti. C'era di tutto, manoscritti, libri di Simenon di tutti i paesi, epistolari, fotografie, giornali su cui Simenon aveva scritto, gallerie di Maigret al cinema, in televisione, documenti personali e le sue fotografie di viaggio... Tutto seguendo un percorso ordinato cronologicamente dalla sua nascita nel febbraio del 1903 a Liegi in Rue Léopold 26, alla sua morte nel settebre del 1989 a Losanna, in avenue des Figuiers 12.
L'ingresso alla mostra era costituito da uno di quei famosi bus con la piattaforma aperta in cui Maigret sostava così volentieri a fumare la sua pipa. Ma la maggior sorpresa per un italiano che come me andava a visitare la mostra, era il grande manifesto esposto sopra la biglietteria. Si trattava della locandina dell'unico film italiano sul commissario simenoniano: Maigret a Pigalle, del '67 che riproponeva sul grande schermo la coppia regista-attore che aveva spopolato alla televisione italiana: Mario Landi e Gino Cervi, con il bel faccione dell'attore bolognese in primo piano.
Attraversato il bus, si accedeva al primo piano dove tra l'altro c'era una replica della brasserie Dauphine. Altre ricostruzioni che ci colpirono furono quelle dell'ufficio di Maigret, del camerino di Josephine Baker, dello studio di Simenon... Insomma era un'esposizione organizzata con tutti i crismi con una serie di iniziative collaterali come la galleria delle locandine dei film tratti dai romanzi di Simenon, un concorso di lettura dei brani dello scrittore, programmi radiofonici su Radio Une RTBF, crociere sui canali che  riporcorrevano quelle del romanziere, giochi, proiezioni video, attività nelle biblioteche... e l'onnipresente  variopinto merchandising di gadget. All'inugurazione erano presenti i figli Marc e John e parteciparono all'esposizione la Fondazione Simenon, l'Università di Liegi, l'Associazione Amici di Simenon e le istituzioni di Liegi.

lunedì 16 settembre 2013

SIMENON REPORTER ON THE ROAD MADE IN USA

5 novembre 1946. Sul quotidiano France-Soir inizia la pubblicazione di un reportage di viaggio intitolato Les U.S.A. de Monsieur Tout-le-Monde. Il resoconto di una traversata in macchina, dal Maine alla Florida, dieci puntate per 5000 chilometri attraverso gli Stati Uniti. Autore Georges Simenon che, acquistata una Chevrolet usata al mercato nero, farà pubblicare i dieci articoli fino al 22 novembre. Si tratta di un reportage di viaggio come altri ne ha scritti nella sua carriera da quando navigava i canali francesi ed europei con il suo Ostrogoth, o viaggiava per lontani paesi tropicali (Au fil de l'eau, Europe 33, La Méditerranée en golette, Sixiéme Continent...). Lo spirito della scoperta, il suo voler conoscere sempre posti e abitudini lontani da quelli consueti, la ricerca del famoso homme nue... insomma tutte pulsioni che lo facevano muovere in tutte le direzioni. Erano per lui esperienze importanti, sia per il suo background di romanziere, sia perché gli consentivano di scrivere reportage di viaggio per i giornali, un tipo di scrittura che evidentemente prediligeva: dalla metropoli più moderna, New York, agli spazi ancora incontaminati, metteva a confronto le due facce opposte del grande paese.
Questo Les U.S.A. de Monsieur Tout-le-Monde fu poi raccolto in un volume edito nel 1947 da Presses de La Cité. Oggi quello spaccato dell'America, vista da un allora poco più che quarantenne Simenon, ormai scrittore affermato e da un anno trasferitosi negli Usa, viene riproposto all'inizio dell'estate in una versione economica, Le Livre de poche, rititolato Des phoques aux cocotiers et aux serpents à sonnette, nella collana La lettre et la plume.
Ancora una volta dobbiamo consigliare di leggere questo libro, per constatare, come, a distanza di ben oltre mezzo secolo, e nonostante tutti i cambiamenti intervenuti, lo spirito con cui Simenon coglie l'essenza dei luoghi, delle persone e del contesto geografico e sociale, è uno spirito ancora attuale e rende ancora interessante, anche agli occhi degli smaliziati viaggiatori d'oggi, un diario di quei 5000 chilometri on the road.
Chi volesse acquistare via internet questo gustoso reportage di viaggio può farlo su questa pagina.

domenica 15 settembre 2013

SIMENON TRA LE NUVOLE DELLE CLASSIFICHE CON L'ANGIOLETTO

E' iniziata "l'ascesa" nelle classifiche de L'angioletto, l'ultimo romanzo di Simenon (Le Petit Saint - 1964 - Presses de La Citè) edito da Adelphi. 
La sua posizione, dopo circa un paio di settimane dall'uscita si consolida e migliora. Ad esempio vola al 4° posto nella classifica di TuttoLibri de La Stampa di ieri, nella sezione "Tascabili". Altro piazzamento nella Top 20 della "Narrativa Straniera" de La Lettura del Corriere della Sera di oggi, dove il titolo occupa il 14° posto.
Per quanto riguarda invece le vendite su internet, il titolo simenoniano appare sulla Feltrinelli.it all'8° posto e si affaccia timidamente sia sulla piattaforma I.B.S. al 52° posto, che su quella di in-Mondadori dove lo troviamo all'89° posto.
Ma siamo solo all'inizio. L'appuntamento è quindi, come di consueto, per la prossima domenica per scoprire gli esiti delle vendite de L'angioletto nella settimana che verrà.

sabato 14 settembre 2013

SIMENON - SIMENON. MAIGRET E UN MURO DI SILENZIO

MAIGRET E I TESTIMONI RETICENTI 
(Maigret et les témoins récalcitrants) - anno 1959 - Edizioni Presses de La Cité

Simenon in questa inchiesta del suo commissario dà il meglio di sè, descrivendo, in modo affascinante, quello strano mondo costituito da una famiglia una volta ricca proprietaria di una fabbrica di biscotti assai famosa. Ma al momento dell'inchiesta è una famiglia decaduta, la fabbrica sta in piedi per scommessa, la fastosa dimora in cui vivevano è ormai un ammasso di polverose vestigia che nemmeno gli sforzi di salvare le apparenze riescono a coprire... arredi consunti e passati, stanze cadenti, mobilio in sfacelo. E le persone, sia i vecchi fondatori che la seconda generazione, cercano in qualche modo di non perdere quella rispettabilità che lì regnava un tempo. In questa cornice, Léonard Lachaume, il maggiore dei figli, quello che gestisce la difficile situazione, viene ucciso. Maigret inizia la sua indagine, con la famiglia  che si chiude in un silenzio che non può non essere sospetto e in più il nuovo giudice istruttore, Angelot che ha sostituito Comeliau ormai in pensione. Ed è lì sulla scena del delitto. E' lì che controlla l'operato del commissario, che è decisamente infastdito da quel fiato sul collo. Si muove in quella casa come in un viaggio indietro nel tempo... tutto è fuori tempo, vecchio, demodé, tutto appartiene ad un'epoca felice, ma tutto ora si é spento nel grigiore delle difficoltà economiche.
I personaggi, vanno a fuoco a poco a poco e Maigret ostinato scava e piano piano, trova la sua pista, con i suoi metodi che, se non piacevano a Comeliau lasciano perplesso il giudice Angelot. Ma lui va avanti, lento, ma inesorabile tra le storie di un tempo passato, le piccinerie e i vizi in cui si imbatte in ogni inchiesta e la diffidenza del giovane giudice... 







" -Non dimenticare l'ombrello.
- No.
La porta si stava per chiudere e Maigret si era voltato verso le scale.
- Farai meglio a metterti la sciarpa.
La moglie lo richiamò, senza sospettare che quella piccola frase lo avrebbe messo di cattivo umore e gli avrebbe ispirato pensieri malinconici.
Era novembre, il 3 novembre, e non faceva particolarmente freddo. Ma da un cielo basso e uniforme cadeva una di quelle piogge che, soprattutto all'alba, sembrano più fluide e più subdole delle altre. 
Poco prima quando si era alzato dal letto, aveva arricciato il naso perché voltando il capo aveva sentito il collo dolorante. Non si poteva parlare di torcicollo ma piuttosto di una certa rigidità, di una sensibilità eccessiva.
La sera precedente, uscendo dal cinema, avevano passeggiato a lungo sui boulevard e già pioveva.
Poco importava. Ma a causa della sciarpa, forse anche perché era una grossa sciarpa che la moglie aveva fatto a maglia, si sentì vecchio..."  

Edizione: Oscar Mondadori 1992 - "Maigret e i testimoni reticenti" - Traduzione: Emanuela Fubini

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venerdì 13 settembre 2013

SIMENON INDAGA, BETTY E' LA VITTIMA... MA NON C'E' MAIGRET...

1960-2013. Cinquantatre anni dopo. Due romanzi con lo stesso titolo, il nome di una donna: Betty. Il primo di Georges Simenon, scritto appunto nel '60 e il secondo di Roberto Cotroneo, arrivato in libreria qualche giorno fa'.
Sembra prima di tutto di una dichiarazione d'amore verso Simenon che l'autore fà miscelando realtà e fantasia, facendo protagonista della propria vicenda lo scrittore belga, ormai ultraottantenne, che si muove a Porquerolles, luogo per lui mitico, dove nei suoi anni più giovani, quando era sposato con Tigy, aveva trascorso diversi periodi di vancanza, ma anche di scrittura, quella Porquerolles che gli era rimasta per sempre nel cuore.  La vittima, Betty, non è la stessa Betty del 1960, ma qualche legame Cotroneo ce lo fà intravedere e saranno forse proprio questi che indurranno un riluttante Simenon a vestire, suo malgrado, i panni dell'investgatore?  L'occasione di narrare la vicenda è il fortuito ritrovamento di un diario misterioso, che doveva rimanere segreto e destinato ad essere distrutto, ma... Ma non vogliamo togliere il piacere del finale al lettore di questo che la Bompiani, editore del libro, in copertina definisce "un giallo d'autore in cui Simenon s'improvvisa Maigret". La sorpresa quindi è garantita e il nostro silenzio sugli intrecci e sul loro epilogo é obbligato.
Che altro possiamo dire? Cotroneo è fin troppo noto per starne a tracciare qui il profilo biografico o letterario, e questo tipo di contaminazione tra artisti famosi e fantasia letteraria è terreno su cui si muove con confidenza (basta citare il pianista Arturo Benedetto Michelangeli che ritroviamo in "Presto con fuoco" - 1995, o il trombettista jazz Chet Baker in "E nemmeno un rimpianto. Il segreto di Chet Baker" - 2011).
La scrittura é di quelle che oltre la vicenda fanno trasparire altre trame, che  toccano chi narra e il narrare, il protagonista e il suo destino, l'arte e il suo mistero. Cotroneo non si limita a ideare un originale pastiche e servircelo con grande mestiere. Va più in là. Leggere per credere. 

martedì 10 settembre 2013

SIMENON, IL SUO ANGIOLETTO HA GIA' SPICCATO IL VOLO

Le ali de L'angioletto si sono mosse prima di quanto avessimo previsto e con un volo felice è arrivato non solo in libreria, ma anche sulle classifiche dei supplementi dei quotidiani che già registrano le presenza del più recente romanzo di Simenon, pubblicato da Adelphi, in una inevitabile livrea azzurra...
Per esempio su TuttoLibri de La Stampa di sabato scorso lo troviamo nella sezione "Tascabili" al 10° posto. Mentre La Lettura del Corriere della Sera di domenica lo dà al 15° della "Narrativa Straniera".
Scritto ad Epalinges (Svizzera) nel 1964, uscì l'anno dopo per i tipi di Presses de La Cité, con il titolo di Le Petit Saint. Il romanzo ci presenta la parabola di un famoso pittore iniziando dalla sua origine povera. Famiglia numerosa, cinque fratelli da cinque padri diversi, una madre che cambiava continuamente amanti. In quella sordida camera di rue Mouffettard la promiscuità e il vizio andavano a braccetto. Ma "l'angioletto", era diverso dagli altri. Aiutava la madre andando con lei all'alba al mercato e poi con il passare del tempo, quando i fratelli e le sorelle avevano abbandonato la casa, lui unico rimase con la madre, ormai sola, non più appetibile per gli uomini... insomma un vero angioletto!
Louis Couchas, questo è il suo nome, cresce, di notte lavora ai mercati generali e il giorno dedica tutto il suo tempo alla passione che ha scoperto e che ormai gli riempie la vita: la pittura. Fin da bambino aveva avuto una percezione diversa dagli altri delle cose, degli uomini e dei particolari. E questa sensibilità finsce per esplodere nell'arte figurativa, che sarà la sua salvezza e che lo porterà a diventare un pittore riconosciuto e famoso.
Simenon qui ci racconta una vicenda un po' particolare per lui. Questa volta c'è il famoso "passaggio della linea", ma Louis passa dalla parte oscura a quella luminosa, dalla povertà e dall'abiezione all'agiatezza e alla rispettabilità. Insomma questa volta il destino non sembra essere cinico e baro, ma promettente e benevolo.
Qualche parola la riserviamo alla traduzione del titolo che ha suscitato qualche critica... In effetti L'angioletto, non piace neanche a noi e chissà se sarebbe piaciuto a Simenon. (Mondadori l'aveva pubblicato nel '65 con il titolo "Il piccolo santo", certo anche questo...).

domenica 8 settembre 2013

SIMENON-SIMENON REPLAY - SIMENON INTERPRETA SIMENON... DA AUTORE AD ATTORE


1959. Esce un cortometraggio per la regia di Jean-François Hauduroy. Titolo Simenon. E' una produzione elevetica interpretata proprio da Georges Simenon, nella parte di sè stesso, da Michel Simon, voce fuori campo dell'attore Paul Meurisse, sceneggiatura dello stesso regista e colonna sonora di Philippe Arthuys. Una piccola produzione, e non conosciuta dai più, che fu presentata al Festival di Locarno del 1960, nella sezione "Cortometraggi in concorso". E' una performance che per lo più i biografi non riportano. In fondo più che un documentario con un filo conduttore, è un'insieme di flash che vedono lo scrittore ripreso nei luoghi a lui familiari: Parigi, la Normandia, la sua abitazione ad Echandens in Svizzera. L'intento del regista era quello di mostrare come Simenon scrivesse un romanzo.  La scelta dell'opera che doveva appunto spiegare il processo creativo cadde su Le President del 1957, che lo scrittore aveva ambientato tra Parigi e la Normandia, presidente che viene impersonato da Michel Simon (ruolo che nel film, tratto nel'61 dal romanzo, sarà di Jean Gabin). Simenon e Simon, l'autore e il personaggio, si alternano davanti alla cinepresa in una sorta di puzzle che intreccia realtà e fiction, il metodo della scrittura e il personaggio nella pelle del quale il romanziere ogni volta entrava, immmedesimandosi nei suoi comportamenti e nella sua mentalità. 

sabato 7 settembre 2013

SIMENON-SIMENON REPLAY - LA CALDA STAGIONE DI DENYSE E GEORGES


Del loro incontro abbiamo già raccontato. Amore e sesso a prima vista. Soprattutto per Simenon che rimane folgorato da questa canadesina ventincinquenne, al primo impatto fredda e calcolatrice, ma poi rivelatasi passionale e sensuale. Un melange in una sola donna che per la prima volta colpisce lo scrittore, ne rimane stregato.
Ma la passione tra i due non finisce lì, con il primo incontro anche se finisce ben presto tra le righe di uno dei più famosi romanzi di Simenon, Trois chambres a Manhattan (1947). Denyse non è tipo da farsi usare per poi essere messa da parte, né d'altronde Georges si è mai sentito così attratto da una donna.  Andiamo a vedere come prosegue la loro storia con un Simenon ancora ufficialmente sposato, anche se di fatto lui e Tigy fanno ognuno ormai una vita a sè, tranne per ciò che riguarda il figlio Marc. Denyse entrerà in casa come segretaria di Simenon (ufficialmente anche a causa della sua ancora scarsa padronanza dell'inglese) per occuparsi di tutte le pratiche per i diritti, le traduzioni, i contratti. Anche lei  inizierà a vivere a casa Simenon un po' al suo servizio, poi le cose cambieranno. Come per versi differenti era già successo a Boule e come accadrà poi a Teresa.
Ma torniamo alla passione tra i due. Negli incontri successivi, Simenon si convince di essere davvero coinvolto da quella donna, tanto da scoprirsi geloso. Per lui è una novità assoluta cui però non riesce a sottrarsi. Anche lei lo ha capito ed è proprio per questo che gli racconta le sue eseprienze sentimentali e sessuali, con ufficiali della marina,  con un certo lord inglese, la sua frequentazione di party e Simenon commenta "... li conosco bene quei party: si beve forte, si mangiano tartine e tramezzzini e, nella calca, è tutto un gran pomiciare, quando addirittura non ci si chiude in bagno per una sveltina..." Ed è lei stessa a raccontargli di come una sera, appunto durante un party, avesse all'improvviso sentito voglia di fare una nuotata e si fosse gettata nuda nella piscina che era lontana alla festa e al buio. Ma qualcuno, volendole fare uno scherzo, all'improvviso accese tutte le luci. E lei si era ritrovata lì, come mamma l'aveva fatta, dando spettacolo a tutti gli invitati. Vero? Falso? Quante delle cose che lei gli raccontava all'inizio erano vere o solo delle storie per farlo ingelosire? O anche per darsi un tono, lei giovane, che veniva da Ottawa, cercava in qualche modo di mettersi al livello di quell'uomo, che arrivava a Parigi, era uno scrittore famoso,  aveva girato il mondo e, a poco più di quarant'anni, aveva un'esperienza di ben altro livello rispetto alla sua. E così aveva trovato nella gelosia la leva su cui fare forza.
E in proposito vediamo cosa ricorda Simenon stesso in Mémoires intimes (1981). "...L'ascensore, la porta della suite il salottino, la camera dove lei cominciò a togliersi i vestiti, con gesti da spogliarellista,, osservandomi con la coda dell'occhio.... Entrai in lei come se volessi trafiggerla, e i suoi occhi si intorbidivano, si appannavano poco a poco... questa volta non si accontentò di sospiri ed ansimi: gridava, gridava davvero e tra un grido e l'altro diceva: 'Amore mio..." arrotando la 'r' come i borgognoni... A un certo punto sembrò perdere il controllo e al secondo amplesso, tutta ansante, gridò più forte che mai... ' Ti amo Georges'..."
Immagini, sensazioni, passione, un tumultuoso susseguirsi di stati d'animo investiva Simenon che intanto si chiedeva se l'amasse o la detestasse. Era ancora in una fase di totale stordimento. Alle sue provocazioni il nostro Georges rispondeva: "...Ad un tratto non era più l'aggraziata signorina in tailleur del Brussels' ( il loro primo incontro) e non fosse stato per tutto quel trucco che aveva sulla faccia, avrei potuto prenderla per una ragazzina che non ha il coraggio di affrontare la vita. Aveva bisogno di essere rassicurata , bisogno soprattutto di quella tenerezza che non aveva mai osato chiedere, per non fare la figura della collegiale, e che gli uomini non le avevano dato...".
Insomma se non sono queste le parole di un uomo davvero innamorato. Ma nel loro rapporto tenerezza e violenza, amore e passione si intrecciavano: "...Al contrario dell'amore  (e adopero questa parola non trovandone altre), la passione si alimenta anche di violenza. Ormai ero sicuro che lei mi esasperava deliberatamente, per farsi brutalizzare. E in quel periodo in cui avevamo bisogno di bere per alimentare il nostro fuoco interiore, io l'ho effettivamente brutalizzata. Spesso quando non raggiungeva il suo scopo, era lei a schiaffeggiarmi. Io non reagivo e lei aggressiva mi diceva: ' Lo vedi come sei sconcertato quando qualcuno ti tiene testa? So tutto degli uomini, io, e tu non sei diverso dagli altri...".
Ma non era vero.
Simenon era ormai convinto di amarla e si era prefisso di toglierla da quella spirale di sensi di colpa, di paure e di arroganza. Queste erano le buone intenzioni del principio. Ma questa vena di tensioni e di violenza caratterizzerà come un fiume carsico attraversando la loro storia, le nozze, i tre figli e per riemergere prepotentemente portando alla fine del rapporto tra Denyse e Georges.

venerdì 6 settembre 2013

SIMENON - SIMENON REPLAY - PUDORE O SPUDORATEZZA?

Ingenuo o calcolatore? Uno dei quesiti che ricorrono negli scritti di chi ha cercato di capire a fondo Simenon e nelle domande poste da mille intervistatori. E non è un interrogativo da poco.
Certo, chiederlo all'interessato non é un po' da sprovveduti? Lo scrittore, l'abbiamo detto più volte, aveva una speciale sensibilità per la comunicazione, exploit, confessioni, il mettersi a nudo o il non chiarire ai a fondo certi lati oscuri della sua vita... far crescere il "mistero Simenon". Ma niente di nuovo, come  d'altronde per moltissimi personaggi pubblici.
"...quando si è trattato di concordare questa trasmissione (Portrait Souvenir - Roger Stephane per RTF - novembre 1963) volevo domandarvi di iniziare con una prefazione. Avrei voluto dirle: mi chiedo perché mi vengono poste tutte queste domande, perché non c'è motivo che io sia qui a scoprirmi, mentre lei non si scopre e gli spettatori nemmeno si scoprono. Perché devo raccontare in modo sincero la mia giovinezza, quello che penso, etc... quando gli altri non lo fanno? Questo potrebbe sembrare una specie d'istrionismo, cosa che non fa certo parte del mio carattere...".
Simenon gioca con l'intervistatore? Ormai è uno scrittore navigato, è uno che, avendolo fatto di mestiere, sa come lavorano i giornalisti, sa quello che dire, come e quando dirlo e invece ad un certo punto dell'intervista tira fuori un elemento che non ci si aspetterebbe.
"... dal momento che uno ha accettato un lavoro in qualche modo pubblico... essere scrittori non è per caso un lavoro pubblico?...  occorre accettare le conseguenze. Ma nonostante tutto, ho il pudore, il pudore dei Simenon. Che cos'è il pudore dei Simenon? Ecco un esempio: dopo vent'anni di matrimonio ho sentito mia madre dire a mio padre: "Ascolta Desiré sono vent'anni che siamo sposati e tu non mi hai mai detto: "Mia cara ti amo". Mio padre l'ha guardata, molto teneramente, e le ha risposto con la più grande semplicità "Ma tu sei qui!". Fu tutto. E' il modo di manifestare le nostre emozioni ...".
I Simenon, schivi, introversi, poco espansivi, pudici? Almeno Desiré, ma Georges?
Come sa chi ha seguito questo blog,  non solo lo scrittore è stato prodigo di interviste, ma si è impegnato in diverse opere autobiografiche, alcune molto aperte, senza l'apparente intento di nascondere nulla. Pensiamo a Mémoires  intimes con le parti dedicate alla moglie Denyse e alla figlia Marie-Jo. Pagine a volte crude, abbacinanti, come un 'istantanea di cronaca dove il flash illumina impietoso ogni paricolare. Qui di pudore non ne avvertiamo.
Quindi il quesito si fa importante per conoscere meglio lo scrittore. La risposta in tasca crediamo non l'abbia avuta nemmeno il più profondo consocitore di Simenon. Potremmo cavarcela con il semplice escamotage della doppia faccia di ogni individuo, il Simenon aperto e indifeso intervistato dai psicoanalisti di Mèdicine et Hygiène (1968) oppure quello che non spiegò mai fino in fondo la sua ansia di se deplacer, di cambiare, abitazione, paese, continente, una sindrome della fuga di cui abbiamo fin troppe versioni e troppe interpretazioni per districarci e trovare quella o quelle vere.

giovedì 5 settembre 2013

SIMENON-SIMENON REPLAY - RICCO SNOB O "UN COMME LES AUTRES" ?

"...sono stato forse un po' snob, in qualche periodo della mia vita? Mi sono compiaciuto di gettare fumo negli occhi, di assumere certi atteggiamenti, di frequentare certi ambienti? Me la sono posta questa domanda, credo di poter rispondere in tutta sincerità: no..."
E' una frase tratta dalle prime pagine di Mémoires intimes. Già perché, da un certo momento in poi, Simenon visse indiscutibilmente nel lusso e, con lui, quelli che gli erano intorno, mogli, figli, femmes de chambre... Insomma se le frequentazioni erano spesso (ma non sempre) quelle della crema della società, ricchi magnati, artisti famosi, uomini di potere, individui di successo o famosi proprio come lui, resta un mistero del perché nei suoi romanzi trattasse di uomini e donne della condizione sociale più bassa, dei diseredati, di quelli caduti in disgrazia, dei senza speranza.
Questa era una delle domande ricorrenti che gli ponevano nelle innumerevoli interviste che gli furono fatte durante la sua vita
Simenon non aveva difficoltà ad ammettere il suo status e le sue frequentazioni, ma... Ma leggiamo quello che scriveva lui stesso "...Guidavo la mia Chrysler, fatta venire appositamente dagli Stati Uniti, che a quel tempo era oggetto di attenzioni e di stupore, o anche la Delage decappottabile con il suo cofano lungo e aerodinamico. Avevo un tavolo riservato sia da Maxim che da Fouquet e facevo parte di non so quante associazioni di gastronomi.... nonostante questo, senza sapere né perché né per come, riuscivo a scrivere un romanzo dopo l'altro.... ma quando volevo farmi venire idee per un nuovo romanzo, mi facevo un giretto attraversando il ponte lì nei pressi e mi infilavo nelle vie piene di folla e di vita come Puteaux o Billiancourt... andavo a bere al banco, nelle autentiche osterie,  insieme agli operai che lavoravano nelle fabbriche della Renault o in altri stabilimenti e mi trovavo meglio con loro che con i miei amici..." .

Insomma un vero uomo double-face in grado di pranzare con banchieri, grandi editori, produttori cinematografici, ma di giocare a carte e scolarsi una birra con operai e barboni. Tutto vero o solo per sembrare un homme comme les autres? Negli anni del suo decollo della sua carriera di scrittore, decollavano anche le sue finanze e una certa rivalsa rispetto alla vita grama che aveva dovuto fare nei primi anni, sconosciuto e povero, è anche comprensibile. Poi però questo trend di vita continuò anche in America, dove magari diradò le frequentazioni mondane, ma anche abitando in piccole cittadine di provincia, il suo standard di vita rimase alto. E, se possibile, ancora più alto fu quando tornò in Europa, e decise di stabilirsi in Svizzera, paese tranquilo quanto si vuole, con un sistema fiscale e bancario molto congeniale a chi possedeva ingenti patrimoni, ma non si può dire che fosse una della nazioni più economiche d'Europa. Poi come prima residenza scelse una sorta di castello a Echandens, in seguito si fece costruire la famosa villa di Epalinges. Poi il gran rifiuto. Quando si trovò solo, con i figli ognuno per la sua strada, le mogli ormai lontane, solo Teresa a prendersi cura di lui, allora lasciò tutto. La grande villa, i libri, le auto, i quadri, tutti i simboli della ricchezza e della popolarità. Si rinchiuse con poche cose essenziali, prima in un appartamentino all'ottavo piano di un palazzone di Losanna e poi in una casetta ad un piano con un piccolo giardino. Basta viaggi o incontri mondani, ridotti all'osso quelli professionali....allora e solo allora iniziò a vivere una vita come gli altri.
Ma a quel punto aveva settant'anni. Tutta la sua vita era trascorsa in ben altro modo, anche se Simenon aveva più e più volte affermato di sentirsi vicino alla piccola gente, proprio quella da cui proveniva lui, una famiglia anche se non povera, ma certamente molto modesta.
E in un Dictée del '76 rivendica di aver ben presto disprezzato la ricca borghesia .  "... fin dall'adolescenza ho odiato la borghesia che non è altro che la perpetrazione delle abitudini, dei modi di vedere, di pensare di tempi che considero ormai passati...  E' curioso invece che, quando ho avuto dei figli a mia volta, abbia voluto educarli non necessariamente come anti-borghesi, cosa che non mi riguardava, ma come degli uomini, semplicemente indifferenti alle classi sociali. Ora i miei quattro figli, malgrado le brevi rivolte ispirate dalle mode, sono tutti e quattro dei bravi borghesi. Non gliene voglio. Non è colpa loro. La colpa è dovuta al successo inaspettato dei miei primi romanzi che mi hanno, per così dire, obbligato a condurre per un certo numero di anni un tipo di vita che non corrispondeva all'educazione che avrei voluto impartire loro..."

mercoledì 4 settembre 2013

SIMENON SIMENON REPLAY - UN RICCO SPENDACCIONE PER... NON ESSERE RICCO

Siamo nel 1931. L'era Maigret è appena iniziata, come pure quella della trasposizione delle sue storie sul grande schermo. Simenon continua a pubblicare ancora dei romanzi popolari, articoli per i quotidiani, racconti per i settimanali. Scrive tanto e guadagna tanto. In quell'anno, ad appena 28 anni, a dar fede alle cifre che giravano, lo scrittore avrebbe guadagnato circa 300.000 franchi. A sentire invece le sue dichiarazioni ai giornali, i suoi guadagni sarebbero stati addirittura il doppio.
Tre o seicentomila franchi fà certo la differenza, ma si tratta comunque di cifre decisamente ragguardevoli per chi, appena nove anni prima, era uno sconosciuto, arrivato a Parigi senza un soldo e solo con tante speranze.
D'altronde non si può dire che in quegli anni sia stato con le mani in mano. Sentiamo quello che dice lui stesso in proposito "... ho 28 anni. Fino all'anno scorso ho fatto un mestiere assai strano, nel senso che ho 'fabbricato' (é il termine letteralmente usato da Simenon) romanzi alla media di uno ogni tre giorni. Ovviamante si trattava di romanzi popolari, romanzi d'amore, d'avventura, racconti di tutti i tipi, pubblicati con una quindicina di pseudonimi differenti...".
Già, ovviamente era letteratura popolare, ma siamo comunque nell'ambito di una situazione più unica che rara. Era inevitabile che si parlasse già del fenomeno Simenon, dove il termine fenomeno non aveva sempre un'accezione positiva.
"... non ho fatto tutto questo per piacere. Non l'ho fatto nemmeno per necessità, volevo soltanto, prima di mettermi a scrivere più seriamente - spiega Simenon - guadagnare abbastanza per girare e conoscere il mondo in condizioni soddisfacenti...".
Insomma il denaro al servizio della sua priorità assoluta: la scrittura. Però va ricordato che già in questo periodo il suo trend di vita era già molto alto e dispendioso. Le cifre prima citate quindi non sono affatto improbabili. D'altronde il rapporto di Simenon con il denaro é sempre stato vario.
"... fin da quando ho iniziato ho voluto guadagnare denaro per liberarmi di certe inquietudini e soprattutto per non doverlo contare. Comprare senza sapere il prezzo. Vivere senza sapere quanto costa la vita. Era, già da bambino, il mio sogno, in una famiglia in cui invece lo si contava sempre dalla mattina alla sera...". In un primo tempo quindi lauti guadagni come antidoto a quella paura di tornare povero, quella sorta di sindrome del clochard che, per motivi diversi, ritroveremo poi nei suoi romanzi.
"... dicevo sempre che il denaro non é altro che l'uomo in conserva, perchè quel denaro rappresenta soprattutto tante ore di lavoro.. dei giorni, dei mesi di vite umane. E si dovrebbe rinchiudere in una cassaforte tutto questo che in fondo rappresenta la vita... Questo mi avrebbe fatto orrore. Al punto tale che spesso mi é successo di fare degli acquisti folli per ritrovarmi senza soldi ed essere costretto a lavorare. Mi fa orrore il sistema capitalistco. Credo sia odioso che il denaro frutti altro denaro...".
Simenon quindi anche anti-capitalista, ma ricco. La verità é che con tutta la sua attività, il suo talento e i suoi successi, tra vendite dei libri, cessioni di diritti al cinema, percentuali sulle traduzioni in tutto il mondo, c'era fiume di soldi prendeva la direzione di casa Simenon con una facilità impressionante.
Ma come abbiamo sentito, come facilmente entrava, altrettanto facilmente usciva.

martedì 3 settembre 2013

SIMENON, IL ROMANZIERE CHE STRESSAVA I SUOI PERSONAGGI


" ... mi sarà sufficiente, affinchè diventino personaggi di un romanzo, metterli in una situazione tale da costringerli ad andare fino in fondo a sè stessi..."
"...perché un personaggio è chiunque si trovi in strada, è un uomo o una donna qualunque... Il personaggio del romanzo andrà fino al limite di sè stesso e il mio ruolo di romanziere è di metterlo in una situazione tale che vi sia costretto...".
Queste parole le ha scritte Simenon nel suo L'age du roman, un saggio apparso in un numero speciale della rivista Confluence nel 1943.
E, secondo noi, é un po' tutto qui il fulcro della letteraura di Simenon.
Da una parte ci propone delle persone normali, quelle in cui ognuno dei suoi lettori si può identificare. Qualcuno che non ha qualità eccezionali, che non vive situazioni straordinarie, che non conduce una vita esclusiva. E' una persona né ricca, né povera, non particolarmente intelligente, non ha un'istruzione di altissimo livello, ma non è nemmeno un ignorante, di solito é sposato (o sposata), ha dei figli, gode di un certo rispetto e occupa una ben definita casella nell'organizzazione sociale cui appartiene.
Dall'altra parte questo indivuduo è sottoposto ad un evento stressante, che scaturisce indipendentemente da lui, ma che lo coinvolge suo malgrado. Un evento che di per sé può anche essere insignificante, ma che mette in moto un meccanismo che finisce per coinvolgere il protagonista.
A questo punto l'evento cambia i fondamentali del personaggio che, dopo, non sarà più lo stesso di prima. Avrà, come diceva Simenon, passato la linea, quella linea che divide le esistenze normali e rispettabili, da quelle disperate e senza via di scampo. Tutto per un evento inizialmente senza importanza.
"...è quello che io chiamo déclic, che di solito è il fulcro del primo capitolo... può essere qualsiasi cosa, un imprevisto, un quiproquo... una lettera inaspettata che rivoluziona la routine della vita cui si era rassegnato..." ci spiega sempre Simenon in un'intervista del '55 con André Parinaud.
Ecco quindi l'importanza di questo evento che stressa, rivoluziona, rovescia la vita di un qualsasi individuo, la vita del quale non avrebbe di per sé nessun interesse, se non fosse messa a nudo da questo evento.
In questa situazione stressata viene quindi fuori il cosiddetto "uomo nudo", quello che reagisce alle avversità del destino, non più condizionato dai valori, dalle consuetudini, dalle influenze che la società, l'educazione e la religione hanno giorno dopo giorno stratificato dentro di lui.
Ed è a nostro avviso la genialità dei temi messi sul piatto dal Simenon romanziere. Esistenze banali che vengono ribaltate da un altrettanto banale "déclic" che però può mettere in moto un tragico concatenarsi di avvenimenti che scatenano le forze del destino.

lunedì 2 settembre 2013

SIMENON. RICORDI DI SETTEMBRE...

Dalla nostra attachée Murielle Wenger - La vita di un uomo è segnata da date. Ce ne sono di molto felici che costituiscono una pietra miliare, e ce ne sono altre che si preferirebbe dimenticare, ma che sono ugualmente importanti nel cors di una vita ... Ecco, come ho compilato questo post all'inzio del mese, alla scoperta di qualche pietra miliare della vita di Simenon per il mese di settembre.

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• 12 Settembre 1906 : Nascita di Henriette Liberge , chiamata " Boule"
• 21 settembre 1906 : Nascita di Christian Simenon , fratello di Georges
• 21 Settembre 1908 : George inizia la sua educazione primaria presso l'Istituto Saint-André dei fratelli delle scuole cristiane
• 27 settembre 1923 : Simenon pubblica il suo primo racconto sul giornale Le Matin
• Settembre 1929 : Simenon è a Delfzijl. Mentre aggiustano la sua imbarcazione, l' Ostrogoth, il romanziere si sistema in un barcone abbandonato e scrive Train de nuit, un romanzo popolare con uno pseudonimo, un "proto-Maigret" in qualche modo anticipa quello che sarà il primo Maigret ufficiale Pietr le Letton
• Settembre 1931 : a bordo dell' Ostrogoth, ormeggiata a Ouistreham, Simenon scrive La Danseuse de Gay Moulin
• Settembre 1938 : Simenon e Tigy si stabiliscono a Nieul-sur-Mer, dove l'autore scrive in questo mese Les Inconnus de la maison
• 7 Settembre 1940 : Simenon completa La vérité sur Bébé Donge
• Settembre 1944: Simenon viene a Les Sables d'Olonne
• 16 Settembre 1946 : Simenon ha iniziato la sua traversata degli Stati Uniti in auto, il quale deriverà un reportage : L'Amérique en auto
• 22-30 settembre 1948 : Simenon scrive La première enquête de Maigret
• 29 Settembre 1949 : Nascita di John Simenon , figlio di George a Tucson
• 19-27 Settembre 1950 : Simenon scrive Les mémoires de Maigret
• 11-19 Settembre 1952 : Simenon scrive Maigret et l'homme du banc
• 06-13 Settembre 1955 : Simenon scrive Les complices
• 06-13 Settembre 1956 : Simenon scrive Maigret s'amuse
• 17 Settembre 1958 : uscita del film En cas de malheur, con Brigitte Bardot e Jean Gabin
• 2 Settembre 1959 : uscita del film Maigret et l'affaire Saint-Fiacre, con Jean Gabin
• 5-11 Settembre 1961: Simenon scrive Maigret et les braves gens
• 18 Settembre 1963 : uscita del film di Maigret voit rouge , con Jean Gabin
• 3 Settembre 1966 : inaugurazione, a Delfzijl, della statua di Maigret
• 5-11 Settembre 1967:  Simenon scrive Maigret à Vichy
• 23-29 Settembre 1969: Simenon scrive Maigret et le marchand de vin
• 9 Settembre 1971 : fuga da Parigi della figlia Marie- Jo
• 18 Settembre 1972 : Simenon inizia su una busta gialla l'abbozzo di un nuovo romanzo, Victor, poi si arrende e decide di smettere di scrivere
• 4 set 1989 : morte di Simenon nella sua " casetta rosa " a Losanna

sabato 31 agosto 2013

SIMENON. QUANTI MAIGRET IN TV? FRANCIA... GRAN BRETAGNA...ITALIA...

Uno dei mezzi di comunicazione che ha sfruttato maggiormente il personaggio del commissario Maigret è stata la televisione. Come si sa, produzioni se ne sono avute da parte di moltissimi enti televisivi, fino a quelli russi e quelli giapponesi. Oggi però vogliamo prendere in considerazione quelle dei paesi che hanno prodotto o il maggior numero di serie televisive con Maigret o quelle che hanno avuto il miglior successo.
1960
La prima ad arrivare al pubblico è la BBC con una serie-Maigret messa in onda nel 1960. Il commissario era interpretato dall'attore Rupert Davies e andò avanti per quattro stagioni (fino al 1963), per un totale di 52 episodi.
1964
Seconda arriva la RAI che nel 1964 trasmette la serie con Gino Cervi nei panni di Maigret per un totale di 4 stagioni e 16 episodi fino al '72, con punte di 18 milioni e mezzo di spettatori.
1967
Terzo posto per la Francia (prima con ORTF e poi con Antenne 2) che nel 1967 mette in onda il Maigret interpretato da Jean Richard. Una serie con ben 88 episodi che va avanti fino al 1990.
1988
Poi ancora gli anglofoni questa volta però con un film per la tv, prodotto dalla HTV, con protagonista l'attore irlandese Richard Harris nel ruolo del commissario, siamo nel 1988.
1991
Nel '91 torna in campo una produzione francofona, più precisamente franco-svizzero-belga (Antenne 2, TSR, RTBF) con la partecipazione di Bruno Crémer nei panni del commissario. Saranno in tutto 54 episodi che verranno trasmessi fino al 2005.
1992 - Tornano ancora gli inglesi, questa volta con la Granada Television, che produce una serie di 12 episodi che andrà in onda tra il '92 e il '93 e in cui Maigret è interpretato da Michel Gambon
2004  - Chiude l'Italia, ma non in bellezza. Infatti dobbiamo registrare una serie Mediaset appena nata e subito chiusa (in onda solo due puntate nel novembre del 2004) per il troppo esiguo gradimento del pubblico. La colpa non va ascritta al pur bravo e versatile attore Sergio Castellitto nel ruolo di Maigret, ma ad alcune scelte sbagliate della produzione.
Il record di episodi spetta quindi a Jean Richard che con 88 episodi è il Maigret televisivo più longevo. Ma ogni Maigret è bello al paese suo...! Qui in Italia, pur essendo passati quasi cinquant'anni dalla trasmissione dela prima puntata, Gino Cervi rimane il migliore per gli italiani, come i francesi, almeno così ci dicono, pendono decisamente per Bruno Crémer.
Una volta Simenon-Simenon ha publicato un post Ma non sarebbe ora di un nuovo Maigret? che, con una sorta di piccolo gioco, proponeva il riconoscimento di un'attore truccato da Maigret e chiedeva di fare il nome di un attore che ad
avviso dei lettori sarebbe stato idoneo ad interpretare il commissario. Ci vogliamo riprovare?
Quale attore (italiano o straniero), secondo voi, sarebbe adatto per portare, sul grande o sul piccolo schermo, il commissario nato dalla penna di Simenon?

venerdì 30 agosto 2013

SIMENON. "LA PETITE IDOLE", L'INIZIO CON COLETTE

La Petite idole. E' il titolo del primo racconto che Simenon riuscì a far accettare a Colette, la famosa scrittrice allora responsabile della pagina culturale del quotidiano Le Matin, che allora ospitava ogni giorno un racconto. La sua anticamera era sempre affollata di giovani che proponevano i loro racconti. Il più delle volte uscivano dall'ufficio di Colette con una faccia mesta e il dattiloscritto in mano. Rifiutato.
E questo successe anche a Simenon. Come è noto, lei gli consigliava uno stile più semplice, senza ridonadanza e con... meno letteratura. Più volte Simenon tornò indietro e si mise a lavorare con quel "meno letteratura" davanti agli occhi. (vedi il post Simenon. Colette, poca o tanta "letteratura").
Alla fine sappiamo che ce la fece. La Petite Idole fu quindi accettato e poi pubblicato il 29 settembre del 1923. Non solo, ma fu l'inizio di una lunga collaborazione Simenon-Le Matin che durò fino al 1929, per un totale di circa ottanta racconti.
Ma di cosa parla e com'è questa breve composizione?
La scena ci presenta due coniugi, M. e M.me Arnal, che trascorrono la villeggiatura in una località di mare. Ma mentre il marito sembra godersi la vacanza, divertirsi a fare nuove conoscenze, ma anche ad ammirare le giovani donne che al mare espongono di più il proprio corpo, la moglie entra in una sorta di crisi depressiva. Fà un continuo confronto tra lei, il suo corpo e quello delle giovani villeggianti su cui ogni tanto il marito lancia un'occhiata.
Lei è ancora bella, anche non più giovanissima, ed è preoccupata dei paragoni che il marito possa fare tra lei e le loro giovani compagne di villeggiatura. In hotel, al ristorante, sulla spiaggia, é un timore continuo. E quindi pretende dal coniuge una serie di rassicurazioni, che però non bastano mai: dal farle dichiarazioni d'amore come quando erano ancora fidanzati, chiamandola appunto "Petite Idole", fino alla richiesta finale di andare via da quel posto, fuggire quasi, anche senza meta, senza desideri, ma lontano da quel posto.
Dalla risposta del marito (ovviamante non citiamo il finale)  si capisce che quella della donna è una paura che la seguirà ovunque vada, è la paura della giovinezza che sfugge e non tornerà più, la paura di perdere appeal per il suo uomo. Ma si intuisce che questo è un'eluttabile destino cui la protagonista non potrà certo sottrarsi.
Il racconto è più un flash su una situazione che non una vicenda. Ma già rivela l'interesse del ventenne Simenon per il coté psicologico dei suoi personaggi, anche in un testo breve come questo. Poche parole, ma la situazione è espressa compiutamente e con efficacia. Fà la sua comparsa anche il tema del destino che, come è noto, sarà una delle caratteristiche di tutta la letteratura simenoniana.

mercoledì 28 agosto 2013

SIMENON: IL GIOCO CONTINUA... MA QUANTO SCRIVEVA DOVE SCRIVEVA? / 2


DALLA NOSTRA ATTACHEE MURIELLE WENGER • Simenon-Simenon, nel post di ieri, s'interroga sulla relazione tra i paesi di residenza di Simenon e la sua produttività. Come è stato detto, questa questione è una specie di gioco... ma che suscita un suo interesse. E allora, divertiamoci con questo gioco...
Innanzitutto c'è una piccola osservazione da fare sulle cifre date ieri a proposito dei paesi di scrittura dei Maigret: i testi di Assouline e di Lacassin, per quanto autorevoli siano, hanno sulle spalle qualche anno e nel frattempo la ricerca simenoniana ha continuato a svilupparsi... per quello che riguarda Maigret il riferimento più aggiornato si può trovare nei lavori di Michel Carly, e in particolare nell'edizione Tout Maigret - Omibus - 2007-2008 -  dove si trovano informazioni più recenti in merito. E' quindi su questa edizione che  baserò la mia analisi.

<> Dunque per quanto riguarda i romanzi si trovano:
• 29 romanzi scritti in Francia: 19 nel periodo Fayard, 6 del periodo Gallimard, più
Maigret se fâche, scritto prima di partire per l'America, e Maigret tend un piège, Un échec de Maigret e Maigret s'amuse, tutti e tre scritti al ritorno dagli Usa
• 21 romanzi del "periodo americano" 
• 25 romanzi scritti in Svizzera
<> Per i racconti invece:
• 23 scritti in Francia di cui 19 prima della guerra (tra cui 8 sono stati pubblicati nel giornale Paris-Soir-Dimanche e 10 in Police-film/Police-roman e 17 che sono stati raggruppati nel volume "Les nouvelles enquêtes de Maigret" per i tipi di Gallimard); più L'homme dans la rue e Vente à la bougie raccolti in Maigret et les petits cochons sans queue da Presses de la Cité; più Menaces de mort; più La pipe de Maigret edito nel volume omonimo che inaugura la collezione del commissario edita da Presses de La Cité
•  5 scritti in America, i quattro che compongono la raccolta Maigret et l'inspecteur malgracieux, più Un Noël de Maigret che dà il titolo ad una raccolta di racconti. Queste due raccolte sono entrambe pubblicate da Presses de La Cité.

Adesso ritorniamo al "gioco" proposto ieri e che ho repicato a mia volta in tre diverse tappe:

a)  innanzitutto ho contato il numero delle pagine di cui è costituito ogni romanzo, rifacendomi alla suddetta edizione di  Tout Maigret, che offre una veste grafica-editoriale tipograficamente identica per tutti i testi. Dunque, oltre alla "produttività" come numero di romanzi secondo il paese di residenza, questo permette di fare una stima sulla lunghezza relativa di ogni romanzo e così di arricchire questo "indice di produttività". Possiamo dunque dire che
 • per i romanzi scritti in Francia si arriva ad una media di 107 pagine a romanzo (108 per il periodo Fayard e 106 per gli altri due) 
• per i quelli scritti in America si tocca una media di 120 pagine per romanzo
• per la produzione svizzera, la media si attesta sulle 109 pagine per romanzo.

b) In seguito, ho contato con lo stesso metodo, il numero medio di capitoli per romanzo ed ecco quello che risulta:
• per i romanzi scritti in Francia: in media 10 capitoli per romanzo (12 per il periodo Fayard, 10 per Gallimard,  e 8 per Presses de La Cité) 
• per quelli americani, in media 9 capitoli a romanzo
• per i romanzi scritti in Svizzera,  8 capitoli in media ogni romanzo

c) Infine ho calcolato il numero medio di pagine per capitolo di ogni romanzo:
• per quelli francesi risulta una media di 11 pagine per capitolo (9 per Fayard, 11 per Gallimard e 13 per Presses de La Citè)
• per i romanzi americani si trova una media di 13 pagine a capitolo
• per quelli scritti in Svizzera, una media di 13 pagine ogni capitolo

 Da tutto questo si può arrivare alla conclusione che questo "indice di produttività" è relativamente stabile, quale che sia il paese di residenza dell'autore: in effetti c'è un più alto numero di romanzi scritti in Francia e in Svizzera che in America, questi ultimi, relativamente meno numerosi, sono al contrario quelli con il maggior numero di pagine. 
Non vi basta? Ne volete ancora?
Si possono anche contare gli anni passati in ciascuna delle tre aree georgrafiche e correlarli con il numero di romanzi scritti (ancora un'altro modo di calcolare "l'indice di produttività"):
• Contando il numero di anni passati in Francia, dopo le prime opere firmate a suo nome, fino alla partenza per l'America, si contano 16 anni durante i quali Simenon ha scritto 26 Maigret e 57 non-Maigret (senza contare le numerose raccolte di racconti, i primi libri autobiografici e i diversi reportage) una media di 2 Maigret all'anno e di 4 non-Maigret 
• I 10 anni passati in America hanno visto la redazione di 21 Maigret e 26 non-Maigret, cioè una media rispettivamente di 2 e 3 romanzi all'anno.
• gli anni di scrittura in Svizzera sono complessivamente 16, con 25 Maigret e 29 non-Maigret, quindi una media di meno di 2 romanzi all'anno per entrambe le categorie.
E' quindi confermata una produttività relativamente stabile, quale che si il paese di residenza e anche un altrettanta stabilità nella produzione annuale. Una volta superati i primi anni in cui Simenon ha dovuto "produrre" i Maigret per onorare il contratto firmato con Fayard, in seguito ha proseguito ad un ritmo sostenuto con i romanzi scritti per Gallimard. Si è così è stabilizzata una certa "velocità di crociera" e l'autore scriverà secondo un 'alternanza assai consolidata tra Maigret e non-Maigret, redigendo, a seconda degli anni, dai 5/6 romanzi del periodo americano ai 3/4 all'anno, quando si stabilisce in Svizzera.

SIMENON: IL GIOCO CONTINUA... MA QUANTO SCRIVEVA DOVE SCRIVEVA? / 1

 
DAL NOSTRO ATTACHE' ANDREA FRANCO • Riallacciandomi al post di ieri, 27 agosto, sulle nazioni in cui sono stati scritti i Maigret ho provato, per gioco, a fare un po' di calcoli.
Prendendo una media tra quando conteggiato da  Lacassin e da  Assouline, i 2 studiosi di Simenon piu' autorevoli, possiamo arrivare a 47 titoli scritti in Francia, quindi la media di titoli maigrettiani è di quasi due all'anno (1,88 per l' esattezza). Va considerato che molti sono i racconti piu brevi dell'intero corpus maigrettiano, quelli  scritti nella seconda metà degli anni '30 (vedi ad esempio: "Les larmes de bougie" e "La péniche aux deux pendus").
Ne uscirebbe quindi che nel periodo americano i 26 Maigret scritti in 10 anni, tra Usa e Canada, portano a piu di 2 titoli e mezzo (2,6 esatti per entrambi i biografi) per ogni  12 mesi (anche qui vi sono racconti ma sono piu' lunghi di quelli redatti in precedenza, come "La pipe de Maigret").
In Svizzera, Simenon  fece il romanziere per 15 anni quindi la media è non molto dissimile dalle precedenti ma un po' piu bassa, siamo sull'1,66, ma in questo caso non ci sono più racconti
Quindi, secondo un ipotetico "indice di produttività", la classifica sarebbe dunque:
1) America (Canada + Usa)
2) Francia
3) Svizzera
Già una volta mi ero stupito che alcuni Maigret prettamente parigini, in cui la topografia della capitale francese è particolarmente presente, fossero in realtà stati scritti negli Stati Uniti tra la metà dei '40 e dei '50. Chissà se Simenon si affidava solo alla sua prodigiosa memoria o si aiutava anche con dettagliate piantine..
Se andassimo  a contare il numero di pagine scritte  effettivamente credo che le tre  aree geografiche non avrebbero grandi differenze tra loro, anzi sarebbero tutte molto vicine...
(chiaramente questo conteggio è passibile di obiezioni e va preso come un gioco statistico).

martedì 27 agosto 2013

SIMENON. IL MAIGRET FRANCESE VINCE SU QUELLO SVIZZERO, TERZO IL MAIGRET AMERICANO

La vita letteraria di Maigret, ha avuto grosso modo tre aree geografiche di riferimento, nel senso che Simenon ha scritto romanzi e racconti del commissario in tre zone distinte: in Francia (prima e dopo i dieci anni statunitensi), in America (per la precisione in Canada e in Usa) e in Svizzera (fino all'interruzione della sua attività di romanziere).
Se questo abbia avuto un'influenza sul modo di scrivere di Simenon e di presentare il suo protagonista, andrebbe valutato con un'approfondita analisi. Più superficialmente, e dal giudizio di chi ha letto l'intero corpus maigrettiano, sembra che queste diverse aree geografiche non abbiano avuto un'infuenza maggiore ad esempio di quella dovuta alla maturazione dello scrittore (che iniziò la serie a 28 anni e la concluse quasi a 70), delle sue vicende personali e delle mutate condizioni ambientali, sociali e di mentalità, come avviene nel corso di quarant'anni.
Ad ogni buon conto ci siamo presi la briga di andare a contare quanti Maigret Simenon avesse scritto prima in Francia, poi in America e quindi in Svizzera.
Abbiamo consultato più di una fonte e nella fatispecie la bibliografia compilata da uno storico studioso simenoniano, Francis Lacassin, quella realizzata dal più accreditatato simenonologo odierno, Pierre Assouline, e poi per curiosità siamo andati anche a vedere quello che riporta Wikipedia in merito.
Come vedrete i numeri non coincidono, questo è dovuto soprattutto al fatto che in alcuni casi si conteggiano le raccolte di racconti come un solo titolo, mentre altre volte ogni racconto viene considerato un titolo a sé. Quello che emerge è però la tendenza che invece è omogenea in tutti e tre i casi esaminati.
Come anticipiamo nel titolo, la maggior parte dei Maigret fu scritta in Francia tra il '31 e il '45 e poi nel '55-'57 al rientro dagli Usa. Poi, facendo una media, seguono i romanzi redatti in Svizzera. Al terzo posto si collocano quelli compilati in America (tra Canada prima e Usa poi). Scarti bassi e a volte minimi, come se la produzione dei Maigret fosse abbastanza equamente ripartita.
Prima di dare un po' di numeri, vorremmo però ricordare che Simenon scriveva sempre, quando era nel comfort del proprio studio, in vaggio, nelle località più lontane ed esotiche, sul suo Ostrgoth navigando per canali e da giovane stava per accettare la sfida di scrivere addirittura un romanzo sotto gli occhi di tutti in una gabbia di vetro (una trovata pubblicitaria, poi fallita, di uno dei suoi editori di allora, Eugene Merle). E in queste situazioni scriveva indifferentemente dei Maigret, come dei romans-durs. Questo tanto per sottolineare che evidentemente la sua spinta creatrice era più forte di altri elementi che potevano in qualche modo influire, ma non essere determinanti.
E adesso veniamo ai dati.
• Dalla bibliografia di Lacassin ci risulta che i Maigret furono così distribuiti: 51 in Francia (3 al ritorno dagli Usa), 26 in America (Usa + Canada) e 25 in Svizzera.
• Dalla bibliografia di Assouline invece si apprende che 43 sono made in France (4 al ritorno dagli Usa), 26 del periodo americano (candesi compresi) e 25 svizzeri.
• Wikipedia riporta invece che complessivamente in Francia ne uscirono 27, invece 20 furono quelli redatti in America e 25 quelli prodotti in Svizzera.
Ultimi tre dati. Simenon visse 25 anni in Francia, 10 in America e 22 in Svizzera.
Va ricordato che i 25 anni francesi sono tutti di piena attività, come d'altronde i 10 americani. Mentre in Svizzera gli anni di scrittura furono 15 (nel '72 Simenon smise di scrivere romanzi e Maigret).
Ammesso che vi vogliate divertire, potreste incrociate il numero degli anni passati in ogni paese con il numero di titoli lì scritti, avreste così una sorta di indice di produttività.... ma così è solo un gioco...

lunedì 26 agosto 2013

SIMENON E LO SCIACALLO, CINQUANT'ANNI DOPO


Nel dicembre del 1943 Simenon terminava in Vandea la stesura del romanzo L'aîné de Fercheaux, uno degli ultimi scritti per Gallimard. Vent'anni dopo usciva un film tratto dal libro, diretto dal regista francese Jean-Pierre Melville. Era una produzione italo-francese, con un cast che comprendeva, tra gli altri, il giovane  Jean-Paul Belmondo, l'anziano Charles Vanel, l'avvenente Michèle Mercier e la giovanissima Stefania Sandrelli.
Insomma un film di mezzo secolo fa', una produzione di serie A, per un romanzo che vede Simenon affrontare vari temi: quello dell'arrivismo, quello del rapporto tra due uomini, quello del tradimento, e in cui descrive l'eterna speranza dell'avventuriero di trovare "la soluzione" per una vita migliore, che nella fattispecie significa un'esistenza come mantenuto, magari da una bella e ricca donna.
Il personaggio del giovane arrivista senza scrupoli, Michel Maudet (nel film interpretato da Belmondo) con il ricco banchiere Dieudonné Ferchaux (Vanel sullo schermo) costituiscono la coppia su cui si centra l'attenzione dello scrittore e poi del regista. Il vecchio, una volta davvero ricco e potente, è ormai al tramonto. Ma agli occhi del giovane arrampicatore è comunque un appiglio per cercare di compiere qualche gradino in su nella scala sociale. E per questo è pronto a tutto, a lasciare la sua donna, a seguire per mezzo mondo Ferchaux di cui conosce il passato poco pulito, ad approfittare di lui quando può, ad eliminarlo quando questi ormai non gli serve più e, all'orizzonte, si profila un'altra preda da spolpare. Non a caso nella versione italiana il film fu intitolato Lo Sciacallo.
In realtà la relazione, non solo psicologica, che s'instaura tra il vecchio Dieudonné e il giovane Michel è quasi quella tra un padre e un figlio o meglio quella di un figlio contro il padre, che alla fine ucciderà e del quale idealmente prenderà il posto. E, come ci dice il titolo originale, è come se Michel fosse un po' il primogenito di Ferchaux. Quando si sarà liberato del vecchio, uccidendolo, e avrà iniziato una nuova vita con la ricca e ancora piacente signora Gertrud Lampson, il giovane non godrà comunque una sensazione di benessere né di felicità. Ci saranno, altre donne, altre vicende, sempre nel segno dell'avventura senza scrupoli. Ma Michel non sarà perseguitato dal rimorso di aver ucciso Dieudonné, piuttosto sarà pervaso da una persistente sensazione di vacuità e di sterilità che non lo lascerà mai durante tutta la vita.
Simenon è molto severo con questo personaggio, che evidentemente considera spregevole, e che gudica più aspramente di quanto non sembri fare nel romanzo. Ebbe infatti a dire, in merito, a Gilbert Sigaux "... E' un bruto. non si può dire che sia un tipo molto evoluto. E' forte, ma non è affatto evoluto...".

domenica 25 agosto 2013

SIMENON E LA SUA PRIMA COLAZIONE A PARIGI

Arrivato a Parigi, il diciannovenne Georges Simenon, appena sbarcato alla Gare du Nord, dovette cercare una sistemazione che fosse adeguata al suo modesto budget.
Iniziò la ricerca da alberghi e pensioni che costavano sessanta franchi al mese, poi scese sempre più giù... cinquanta, quaranta... per arrivare a venti. Alla fine giunse all'hotel de La Bertha nel quartiere di Batignolles.
Ora una breve parentesi per sottolineare la circolarietà di certe coincidenze.
Simenon restò un po' nel quartiere di Batignolles, anche quando poi si trasferì a Rue des Dames. Bene il personaggio più famoso che uscì dalla penna di Simenon, come tutti sanno, è Maigret. E il commissario lavora nella sede parigina della polizia giudiziaria, la famosa Quai des Orfèvres. Oggi, dopo cento anni di onorato servizio, quella sede non è più funzionale alle odierne esigenze e la polizia giudiziaria, insieme ad altri corpi di polizia, si trasferiranno in moderno centro situato proprio a Batignolles. Un cerchio si chiude dopo quasi cento anni. Chiusa anche la parentesi.
Torniamo alla vita che Simenon faceva appena arrivato a Parigi.
E andiamo per ordine. La giornata, dopo il risveglio, iniziava con la colazione.
"... avevo l'abitudine, in Belgio, di mangiare al mattino del lardo con due uova e poi del formaggio - racconta Simenon - Quando sono arrivato a Parigi, però, ho scoperto i croissant...".
E la storia della colazione alla francese, caffè e croissant, è davvero divertente e vale la pena riportare le parole dello scrittore che racconta l'aneddoto.
"...ho scoperto i croissant in un bistrot all'angolo con rue des Batignolles. Un bistrot molto accogliente e con una grande scelta di croissant. Ho notato che nessuno faceva caso a quanti croissant aveste mangiato. Vi si serviva il caffè, e voi vi servivate dei croissant, al momento del conto vi veniva chiesto: 'Quanti croissant?'... Allora io, il primo giorno, bevo tre caffè, perchè in Francia le tazze sono piccole. In Belgio ci sono delle gradi tazze per il caffé. Mangio i miei croissant e il singore mi domanda: 'Quanti croissant?' Io rispondo 'Dodici".
quello replica 'Va bene, allora.... eh... quanti croissant?' Io ripeto 'Dodici'. Il signore insiste 'Parlate seriamente?...'.  Era vero, avevo in effetti mangiato dodici croissant. Ero abituato a mangiare dodici croissant con le mie tre tazze di caffé. Ma il tipo non voleva crederci. Ho dovuto penare non poco per poter pagare i miei dodici croissant...".