giovedì 23 aprile 2015
SIMENON SIMENON. QUANTO E' DIVERSO IL MAIGRET DEI ROMANZI DA QUELLO DEI RACCONTI?
Dal momento che le ultime uscite delle inchieste di Maigret sono state delle raccolte di racconti, si è suscitato un certo dibattito sulla differenza di scrittura e d'impostazione tra racconti e romanzi. Ad esempio nei primi il personaggio del commissario è stato a volte giudicato diverso, più operativo rispetto a quello più riflessivo dei romanzi. La stessa struttura dell'inchiesta nei racconti è più tradizionale (giallisticamente parlando) e la storia si concentra di più sulla "macchinetta-gialla": reato-indagine-caccia al sospettato-interrogatori-confessione finale. Insomma nel pubblico dei lettori è implicita, e a volte esplicita, una certa delusione nel ritrovare un Maigret che per certi versi somiglia di più ad uno Sherlock Holmes, attento più alle prove materiali e ai riscontri scientifici, che non al solito commissario,dedito all'intuizione o all'indagine psicologica. E da alcune parti si lamenta anche il minor peso dato alle atmosfere e a quei momenti di sosta in cui il commissario entra in un brasserie, o passa la domenica a Meung-sur-Loire oppure segue le proprie rilfessioni, fumando la pipa sulla piattaforma esterna dell'autobus che lo porta a Quai des Orfèvres.
Scartiamo il fattore tempo. Simenon ha infatti scritto i suoi racconti in un arco di anni che vanno dal 1936 al 1950 e quindi un periodo troppo ampio per poter incidere in un modo univoco nella differenza con i romanzi.
Per quello che ci riguarda invece daremmo maggior peso alla diversa tipologia di scrittura che impone un racconto rispetto al romanzo. E' fin troppo ovvio e intuitivo che nel primo tutto va concentrato in pochissime decine di pagine, mentre nell'altro la scrittura può godere di un respiro più ampio e una più libera scelta degli elementi da utilizzare per raccontare la storia.
Sappiamo che uno dei "valori" delle inchieste del commissario simenoniano è la marginalizzazione dell'indagine vera e propria e il maggior interesse al contorno, ai personaggi, alle loro storie, ai loro comportamenti, alle analisi psicologiche...
Nei più ristretti ambiti del racconto, l'inchiesta acquisisce uno spazio di maggior rilievo e i protagonisti, per quanto ben tratteggiati e inquadrati (ricordiamo la bravura di Simenon nel descrivere individui e situazioni, utilizzando pochi termini e con una sintesi mai frettolosa né arida), rimangono talvolta in secondo piano. Insomma sono le regole del gioco. Nel racconto c'è minor spazio per fronzoli e digressioni e soprattutto nel racconto poliziesco dove comunque deve funzionare quella macchinetta-gialla di cui parlavamo sopra, l'inchiesta deve obbligatoriamente avere un inizio, uno svolgimento e una fine.
Il problema è quindi lo spazio e lo era anche per un mago della sintesi e dell'asciuttezza narrativa come Simenon.
E anzi, dobbiamo dire che in questi racconti comunque si respira un'atmosfera analoga a quella dei romanzi, i personaggi conservano i tratti fondamentali e le situazioni sono quelle classiche cui i romanzi ci hanno abituato. Comunque qualche taglio, alcune cesure, certe scorciatoie narrative sono inevitabili, e sono ovviamente riscontrabili, ma a nostro avviso questo è un'ulteriore conferma delle capacità simenoniane: condensare in venti pagine quello che siamo abituati a leggere in oltre cento. Non è un procedura affatto semplice, né facile, ve lo assicuriamo. Anche se poi il racconto non può essere la stessa cosa del romanzo e le differenze comunque si avvertono.
Già di per sè il racconto è un banco di prova di non poco conto per uno scrittore, ma lo è ancor di più se siamo nell'ambito di una serie che siamo abituati a leggere in romanz.
Se a tutto questo aggiungiamo che nel corso del tempo (è non è una valutazioni solo nostra) i Maigret per spessore psicologico, temi trattati, presentazione di personaggi e scrittura si sono avvicinati in modo sensibile ai romans-durs... si può capire come poi ridurre tutto a poche pagine fosse un 'impresa che aveva il suo prezzo anche per uno come Simenon.
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Tutto giusto, ce que tu as écrit, Maurizio ! Et puis, il ne faut pas oublier non plus que, surtout pour les premières nouvelles, celles écrites en 1936 (les plus courtes, aussi), il s'agissait d'une commande: Simenon les a écrites pour des journaux, et aussi sur demande de Gallimard, qui voulait augmenter les tirages des "produits Simenon" dans sa maison d'édition... Il ne les a donc pas conçues dans le même esprit qu'il aurait écrit un roman. N'empêche, comme tu le dis aussi, il y a "en germe" dans ces nouvelles des idées qu'il développera par la suite, et c'est intéressant de voir, par exemple, comment le thème du "triangle mari/femme/belle-soeur" traité dans L'affaire du boulevard Beaumarchais sera repris et modulé dans Les scrupules de Maigret; ou comment l'idée de la "double vie" que mène un petit personnage obscur passe du traitement par la nouvelle dans On ne tue pas les pauvres types à celui du roman Maigret et l'homme du banc. Et enfin, comment ne pas apprécier ce condensé du monde de Maigret dans Mademoiselle Berthe et son amant, Le client le plus obstiné du monde, ou L'homme dans la rue. Et puis, prenons L'amoureux de Madame Maigret: bien sûr que l'intrigue policière est assez mince: une banale histoire d'espionnage... Mais voyez comment elle est le prétexte à une description savoureuse des relations entre Maigret et sa femme! Et enfin, dans ces nouvelles, il y a de vrais petits bijoux: Le témoignage de l'enfant de choeur, La pipe de Maigret, et le "presque roman" Un Noël de Maigret... Finalement, si la saga maigretienne aurait peut-être fort bien pu se contenter des 75 romans, les 28 nouvelles lui apportent un petit quelque chose de supplémentaire... Comme la petite moulure que le sculpteur de pierre ajoute à son oeuvre, statue ou colonne du temple: inutile en soi, mais preuve évidente de son talent jusque dans les plus petits détails...
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