Tra le rare biografie in italiano (non italiane) vogliamo oggi ricordare quella che in quegli anni venne pubblicata in un piccolo volumetto rosso, nella collana La Biblioteca Ideale realizzata da Feltrinelli in collaborazione con Gallimard. Il numero due, Simenon (1962), di questa collana curata da Bernard de Fallois è dedicato al romanziere, che allora, vale la pena di sottolinearlo, era ancora vivo e vegeto, non aveva ancora sessant'anni e doveva pubblicare ancora una qundicina di Maigret e, tra gli altri, romanzi come Les Anneux de Bicetre (1963), La chambre bleu (1964), Le Petit Saint (1965), Le Chat (1966), La disparition d'Odile (1970), e gli scritti autobiografici come Quand j'étais vieux (1970) o Lettre à ma mére (1974), per non parlare di tutti i Dictées e del mitico Mémoires intimes.
Il volume è diviso in tre parti: l'Uomo, l'Opera e Pagine scelte.
Il tutto però è preceduto da una raccolta di giudizi, commenti, affermazioni di famosi uomini di cultura di quegli anni che in modo o in un altro si riferiscono al personaggio dello scrittore ancora in vita.
Ed è interessante cogliere dalle loro parole l'idea che negli anni '60 si aveva di Simenon.
Ad esempio nel '43 il pittore de Vlaminck durante un pranzo da Simenon nella sua casa a Saint Mesmine-le Viuex in Vandea, apprezzava il lusso di cui lo scrittore si circondava. Lui lo conosceva bene:
"...durante i suoi frequenti viaggi scende sempre negli hotel più suntuosi, pranza nei ristoranti più famosi. Bene, le storie che scrive si svolgono in alberghi equivoci, pieni di cimici, in bar loschi, e in catapecchie. i suoi protaginisti sono poveri disgraziati che trascinano la propria misera, diventando assassini o si suicidano...".
Lo scrittore, Paul Morand nel '61 raccontava che una notte, per un guasto alla vettura, aveva dovuto lasciare un signora in un sordido albergo, mentre quella protestava "Non voglio dormire in una camera di Simenon!" E lo scritttore rilfetté "...allora esiste dunque uno stile Simenon, come c'è lo stile Impero. C'è un impero Simenon molto più vasto di quello di Napoleone.... Il nostro inferno degli anni '60 comincia a somigliare al ritratto profetico che Simenon ne fece più di trent'anni fa'...".
Come suo dichiarato amico e ammiratore, Henry Miller spiegava sempre nel '61 "...Direi che in realtà è molto difficile scrivere nel suo stile, semplice, spontaneo, succoso. Lo confessa lui stesso. Uno scrittore capisce meglio di chiunque altro quanto costa quella 'semplicità'. Forse io lo capisco meglio della gran parte degli scrittori. Il grande fascino della sua opera è certo quella apparente semplicità... ma lì è concentrato un lungo travaglio...".
E ancora Jean Cocteau:"...non riesco ad immagiare persona più lontana di me da Simenon, di Simenon da me. Il nostro punto di contatto è il fatto di essere entrambe membri dell'Accademia Reale del Belgio...Da dove viene, allora, l'amicizia fraterna che ci lega? Ve lo dirò. ques'amicizia é monda da ogni segreta intesa perché nasce da un organo anti-intellettuale, un organo che non pensa o perlomeno attraverso il quale pensano solo alcune rarissime persone: il cuore.
ci vogliamo bene con la pelle dell'anima, cuore a cuore...".
Jean Renoir, il regista, a proposito dei personaggi dei romanzi di Simenon: "...questi personaggi continuano a popolare il mondo. Ci raggiungono e ci ammaliano. Li amiamo. Non possiamo fare a meno di loro E quando l'ultimo si cancella dal nostro spirito, Simenon ce ne manda un altro, se possibile più patetico, più inquietante, più attraente...".
Altri dichiarazioni su Simenon le abbiamo raccolte e pubblicate nel post del 21 novembre 2010: Hanno detto di Simenon
giovedì 11 agosto 2011
mercoledì 10 agosto 2011
SIMENON, MAIGRET E... LA CHANSONNETTE

Come abbiamo avuto modo di vedere alcune volte, i casi per Maigret sono particolarmente difficili. Quando, ad esempio, c'é di mezzo un criminale professionista: uno che non canta, non cade nei tranelli, che non ha lasciato tracce, che può contare sull'omertà e la collaborazione della malavita. In alcuni di questi casi, quando non c'è una prova risolutiva, una testimonianza decisiva, una scoperta, magari inaspettata, che si rivela la chiave della soluzione del caso, allora l'ultima speranza è che un interrogatorio possa piegare la resistenza del sospettato e che sia proprio la sua confessione a chiudere il caso.
Allora si mette in scena la cosiddetta "chansonnette". Una procedura usata a Quai des Orfévres e che Simenon ha voluto inserire come una caratteristica delle inchieste del commissario Maigret, quando ha costruito il personaggio (vedi il post del 20 marzo Simenon. Come ti costruisco un personaggio).
Prima si convoca il sospettato e poi lo si lascia per delle ore a "marinare" in quella famosa sala d'aspetto con una parete tutta vetri, che viene soprannominata l'Acquario.
Il tipo, per quanto malvivente duro e incallito possa essere, viene inevitabilmente fiaccato da quell'attesa... non sa cosa lo aspetta...
Poi Maigret per caso passa lì davanti e fà finta di stupirsi.
- Ma come, tu sei qui e nessuno me l'ha detto! Ma che idiozia... E io che avevo bisogno di te! D'altronde si tratta solo di una banale formalità, pochi minuti... ma mi potevano avvertire!...
Dopodichè lo porta nel suo ufficio lo fa accomodare sulla sedia proprio davanti a lui. Loro due faccia a faccia.
- Vuoi una sigaretta? ... tuo fratello sta bene? Lo ha incontrato l'altro giorno un mio collega a Marsiglia...
Chiacchiere, convenevoli, atmosfera tranquilla, il commissario sembra non dare peso a quell'incontro. Anzi a volte addirittura si scusa per essere stato impegnato con il suo capo e non essersi accorto che lui era lì da tutto quel tempo.
Il culmine della "chansonnette" si raggiunge con la finta amnesia.
- Ma scusami, perchè ti ho fatto chiamare..? Oddio, cosa volevo chiederti..?
A quel punto sembra quasi una cosa senza nessuna importanza, o comunque un'inezia.
Questo rende il sospettato relativamente tranquillo, a quel punto non si aspetta certo che quella "formalità" si trasformerà in un interrogatorio che magari durerà tutta la notte, che vedrà alternarsi toni bruschi, a momenti più concilianti, a urla e minacce. E' il commissario si darà il cambio con i suoi ispettori. Gli faranno sempre le stesse domande, facendolo ricominciare sempre dall'inizio. Uno stress cui pochi resistono. I più duri reggono fino alle prime luci dell'alba, c'è chi crolla molto prima, ma certo qualche volta nemmeno la "chansonnette" funziona.
Ma nella maggioranza dei casi è un metodo che, se il sospettato è quello giusto, riesce a chiudere il caso. Anche questa "chansonnette" è entrata a far parte del famoso metodo d'indagine Maigret di cui abbiamo già parlato (vedi il post del 12 giugno Simenon. Maigret e i criminali).
martedì 9 agosto 2011
SIMENON. "LES PROMENADES DE MAIGRET" A "PARIS NOIR"
Un occhio alle vacanze e uno a quello che verrà. Infatti già si pensa a quanto succederà a settembre e ottobre. Agosto, appena iniziato, è come un'anguilla che sguscia tra le mani e scivola dritta a capofitto tra le iniziative che ripendono ad animare anche la scena del giallo e non solo in Italia.
Oggi infatti anticipiano (e non di poco) una manifestazione che si terrà nella capitale francese ad ottobre prossimo. Si tratta di Paris Noir. Alla sua seconda edizione, la manifestazione (di cui vi forniremo più in là delle informazioni più dettagliate) si svolgerà in un weekend, il 21, 22, 23 ottobre, e avrà come nazione ospite d'onore l'Italia.
Per quanto riguarda gli appassionati di Simenon, possiamo anticipare un appuntamento interessante, "Les promenades de Maigret, un'occasione da non perdere, secondo gli organizzatori dell'iniziativa. Si tratterà della visita dei luoghi del commissario Maigret nell'XI arrondissment, accompagnati da un ex-commissario della brigata della buoncostume. Per il resto film (italiani, quest'anno), libri, tavole rotonde, in un concentrato di prelibatezze per il palato dei giallisti e una sorpresa, gelosamente custodita.
Oggi infatti anticipiano (e non di poco) una manifestazione che si terrà nella capitale francese ad ottobre prossimo. Si tratta di Paris Noir. Alla sua seconda edizione, la manifestazione (di cui vi forniremo più in là delle informazioni più dettagliate) si svolgerà in un weekend, il 21, 22, 23 ottobre, e avrà come nazione ospite d'onore l'Italia.
Per quanto riguarda gli appassionati di Simenon, possiamo anticipare un appuntamento interessante, "Les promenades de Maigret, un'occasione da non perdere, secondo gli organizzatori dell'iniziativa. Si tratterà della visita dei luoghi del commissario Maigret nell'XI arrondissment, accompagnati da un ex-commissario della brigata della buoncostume. Per il resto film (italiani, quest'anno), libri, tavole rotonde, in un concentrato di prelibatezze per il palato dei giallisti e una sorpresa, gelosamente custodita.
lunedì 8 agosto 2011
SIMENON. NON CERCATE I COLPEVOLI
Lo scrittore, quasi subito, dopo aver creato Maigret gli affibbiò la convinzione che "non bisogna giudicare, ma comprendere". E così travasava nel personaggio del commissario le proprie convinzioni. Nel '69 in un'incontro con Fracis Lacassin ebbe modo di esplicitare bene questa sua idea:
"...Non credo che esistano dei colpevoli. L'uomo è un essere così male attrezzato per affrontare la vita che parlare della sua colpevolezza sarebbe come considerarlo una specie di superuomo. Come può essere colpevole? Non ce l'ho con il capo di Stato, qualsiasi esso sia, perché é tanto orgoglioso, perché sacrifica 'tutto' alla sua piccola gloria per poter rassicurarsi, di quanto non ce l'abbia con un clochard, sotto i ponti, pronto a rubare alla prima occasione un portafoglio, ciò è del tutto naturale....Tutta questa gente non ha scelta, conduce la vita che la società gli ha imposto fin dall'inizio. La deliquenza in loro è naturale, ci sono nati dentro... - spiega Siemenon - Se il figlio di un presidente-direttore generale diventa un criminale allora qualche volta può essere per protesta contro la mentalità gretta del padre, della famiglia, dell'ambiente..."
Insomma Simenon è convinto che i condizionamenti sociali, ambientali e familiari, siano più forti della volontà dell'uomo singolo e quindi sono poi questi a determinare il destino di tale o tal'altro individuo. E quindi ci sarebbe una sorta di "responsabilità limitata" nell'uomo che delinque. Come si fà quindi a giudicare senza comprendere? (vedi il post del 30 aprile scorso Comprendere e non giudicare).
E Simenon ce l'ha anche su come viene fatta scontare la pena:
"... al giorno d'oggi si fanno campagne contro gli animali in gabbia. E gli uomini in carcere allora? Perchè mettiamo ancora oggi (notare che si parla di oltre quarant'anni fa') degli uomini in gabbie poco più grandi di quella di un leone?...
L'idea che si possa far questo a degli esseri umani è rivoltante... mi fà ribollire il sangue...".
E lo scrittore prosegue facendo un'ipotesi su sé stesso.
"...non so come sarei diventato, se fossi nato in uno dei quartieri malfamati nei dintorni di Parigi. Ma sono sicuro che non sarei di certo l'anarchico cerebrale, quale io mi considero, nemmeno un anarchico istintivo, ma un anarchico lanciatore di bombe e forse un assassino..."
"...Non credo che esistano dei colpevoli. L'uomo è un essere così male attrezzato per affrontare la vita che parlare della sua colpevolezza sarebbe come considerarlo una specie di superuomo. Come può essere colpevole? Non ce l'ho con il capo di Stato, qualsiasi esso sia, perché é tanto orgoglioso, perché sacrifica 'tutto' alla sua piccola gloria per poter rassicurarsi, di quanto non ce l'abbia con un clochard, sotto i ponti, pronto a rubare alla prima occasione un portafoglio, ciò è del tutto naturale....Tutta questa gente non ha scelta, conduce la vita che la società gli ha imposto fin dall'inizio. La deliquenza in loro è naturale, ci sono nati dentro... - spiega Siemenon - Se il figlio di un presidente-direttore generale diventa un criminale allora qualche volta può essere per protesta contro la mentalità gretta del padre, della famiglia, dell'ambiente..."
Insomma Simenon è convinto che i condizionamenti sociali, ambientali e familiari, siano più forti della volontà dell'uomo singolo e quindi sono poi questi a determinare il destino di tale o tal'altro individuo. E quindi ci sarebbe una sorta di "responsabilità limitata" nell'uomo che delinque. Come si fà quindi a giudicare senza comprendere? (vedi il post del 30 aprile scorso Comprendere e non giudicare).
E Simenon ce l'ha anche su come viene fatta scontare la pena:
"... al giorno d'oggi si fanno campagne contro gli animali in gabbia. E gli uomini in carcere allora? Perchè mettiamo ancora oggi (notare che si parla di oltre quarant'anni fa') degli uomini in gabbie poco più grandi di quella di un leone?...
L'idea che si possa far questo a degli esseri umani è rivoltante... mi fà ribollire il sangue...".
E lo scrittore prosegue facendo un'ipotesi su sé stesso.
"...non so come sarei diventato, se fossi nato in uno dei quartieri malfamati nei dintorni di Parigi. Ma sono sicuro che non sarei di certo l'anarchico cerebrale, quale io mi considero, nemmeno un anarchico istintivo, ma un anarchico lanciatore di bombe e forse un assassino..."
domenica 7 agosto 2011
SIMENON. BELGIO, OLANDA E FRANCIA: VIE, PIAZZE, MUSEI, & C. ... A SUO NOME
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Simenon a Delfzijl nel '66 all'inaugurazione di una statua di Maigret |
Iniziamo da Liegi. sua citta natale, e dalla rue Georges Simenon, che prima si chiamava rue Pasteur, nel quartiere d'Outremeuse, proprio dove lui abitava con la sua famiglia. Poi c'è n'è una ad Oupey, una cittadina sempre in provincia di Liegi. Sempre a Liegi esistono vicino alla Piazza del Congresso un "Auberge De Jeunesse" intitolato a Georges Simenon, e proprio sulla piazza si trova un monumento, un busto in bronzo dello scrittore.
Se invece passiamo in Olanda, non possimo non citare un 'altro monumento, forse il più famoso, questa volta però dedicato a Maigret. Si trova in Damsterdiep Tuikwerderrak, a Delfzijl, la cittadina nord-olandese dove Simenon avrebbe inventato il suo celebre commissario. Lasciando l'Olanda per la Francia andiamo a Hyères, nella regione della Provenza-Alpi-Costa Azzurra, dove troviamo un'altra rue Georegs Simenon, come pure a Digione, dove è situata non lontano dal parco di Chateau De Pouilly, in Place d'Amerique. Altra "rue" dedicata allo scrittore la troviamo a Nantes. Invece a La Rochelle, nella zona sul mare, esiste un Quai Georges Simenon. Inoltre c'è un Théâtre Georges Simenon a Rosny-sous-Bois, nell regione dell'Ile-de-France. A Montpellier infine troviamo una scuola elementare pubblica intitolata a Georges Simenon.
sabato 6 agosto 2011
SIMENON. ULTIMI SGUARDI ALLE CLASSIFICHE DI AGOSTO

Passando alle vendite on-line registriamo quelle di IBS che vedono Maigret al 19° posto (risalito dal 21°) e il romanzo L'assassino al 5° (lunedì 1). Chiudiamo con il colosso delle vendite sul web, Amazon, dove nell'ultima rilevazione (5 agosto) L'assassino è all'8° posto.
Con questo post terminano i monitoraggi delle vendite di questi due ultimi libri di Simenon. Ma, ovviamente, li riprenderemo non appena si verificheranno le prossime uscite.
venerdì 5 agosto 2011
SIMENON... NON VUO' FA' L'AMERICANO...
Perché Simenon, pur trovandosi bene, rifiutò di diventare cittadino americano? Intanto in materia c'era un consisente precedente. Infatti per oltre vent'anni aveva rifiutato la nazionalità francese, rinunciando anche a entrare all'Accademia di Francia (anche se sappiamo che far parte di queste istituzioni letterarie, frequentare altri scrittori e prendere parte a manifestazioni o cerimonie era una cosa che Siemenon rifiutava). E così aveva rinunciato alla nazionalità francese, anche senza nemmeno immaginare che dopo poco più di vent'anni avrebbe precipitosamente abbandonare quel Paese. Se le cose fossero andate diversamente avrebbe forse potuto restarci per altri dieci anni o anche più, Certo Simenon era uno spirito irrequieto e fare illazioni su come sarebbe potute essere la sua vita è assulutamente rischioso. Simenon era, come lo definisce Pierre Assouline, un instabile cronico (vedi in proposito il post del 21 novembre 2010 Simenon, una vita da immmigrato).
Quando nel suo girovagare nelgi Usa, riuscì a trovare nel Connecticut una sistemazione che gli piaceva, la famosa Shadow Rock Farm nei pressi di Lakeville, fu raggiunto da un funzionario federale che lo invitava a prendere la cittadinanza americana. Era il 1950 e Simenon ormai era negli Usa da cinque anni.
Questo signore cercò di spiegargli come non potesse rimanere "residente permanente" così a lungo, perché tutto sommato rimaneva sempre un cittadino straniero ospite. A questo Siemenon oppose il fatto che però lui pagava le tasse come un americano.
Ma il problema, almeno per il funzionario, era prorpio questo. Simenon era "come un americano", ma "non era americano". Rimaneva pur sempre un ospite e il tempo per un ospite non può essere molto lungo.
Certo questa volta Simenon era fortemente tentato, in fondo aveva con Johnny un figlio del tutto americano e un'altro, Marc ormai americano a metà, la sistemazione nel Connecticut poi era particolarmente piacevole, però... Però c'è qualcosa che non lo convinceva del tutto o forse più di una cosa. Ad esempio l'antisemitismo.
"...E' la prima osservazione che ho fatto arrivando negli Stati Uniti. Gli ebrei sono numerosi. Qualcuno ha conservato i caratteri esteriori della loro cultura. Ma molti fanno parte della seconda o terza generazione e ad esempio sono più alti di una decina di centimentri o anche più...". Ma aveva visto ben altro. Ad esempio impedire agli ebrei di frequentare gli aberghi e le spiagge di Miami. A New York un suo amico drammaturgo francese si era registrato nel suo stesso albergo con un'altro nome, per non far vedere che era ebreo. Ma quando fu scoperto, il direttore spiegò a Simenon che lì non potevano accettare certi tipi di ospiti. E lo stesso, anzi peggio, capitava ai neri. E su questo la sua ex-amante Josephine Baker gli testimoniò diverse sgradevoli esperienze di emarginazione, quando non di vero e proprio razzismo. Come se non bastasse, dopo poco sarebbe iniziato il periodo del maccartismo, con la persecuzione di tutti coloro che erano o solo sembravano comunisti oppure che manifestavano pure solo delle simpatie per le idee di sinistra. Questa caccia alle streghe disgustava lo scrittore che commentava lapidario "... accuso il senatore McCarthy e ai sui seguaci di aver 'sporcato' la mia America..."
Era l'ultima disillusione sulla democrazia americana che invece anni prima aveva tanto idealizzato e fu la goccia che fece traboccare il vso. Simenon decise di non prendere assolutamente la nazionalità americana.
Altro motivo certo non di second'ordine per uno come Simenon. Non poteva sopportare il puritanesimo, anche solo di facciata, proprio quello tipico degli americani.
E' vero che la fama che lo precedeva e lo seguiva non era, per gli statunitensi, delle migliori. Intanto si muoveva con uno strano gruppo familiare Oltre a lui e sua moglie Denyse, c'erano nei suoi spostamenti, i suoi due figli (poi diventati tre con la nascita di Marie-Jo). Lo seguiva Tigy la sua ex-moglie che, per gli obblighi del loro contratto di divorzio, aveva ricevuto l'affido del figlio Marc, ma che in compenso aveva accettato di seguire e abitare sempre vicino a Simenon. Poi c'era Boule la sua storica femme de chambre e non di rado l'istitutrice dei loro figli. Questa promiscuità anche nelle loro abitazioni, questo scambiarsi continuo, questo unico uomo con tre/quattro donne al seguito non passava inosservato, Come pure i costumi sessuali di Simenon, le sue frequentazioni dei bordelli, dove gli capitava adirittura di arrivare accompagnato da Denyse, non erano visti di buon'occhio.
Insomma anche se tutto sommato l'esperienza americana era stata positiva (non sarebbe altrimenti durata dieci anni) e anche se, soprattutto negli ultimi cinque anni, lo scrittore sembrava aver trovato la pace a Shadow Rock Farm, in lui c'erano delle perplessità che man mano crescevano e che gli ponevano la questione: non sarà giunto il momento di tornare in Europa? La domanda era seria tanto da prospettare questa eventualità anche alla moglie. E poi c'erano altri problemi. Simenon nei dieci anni americani ebbe modo di farsi conoscere dai critici, dai lettori, ma non sfondò mai come scrittore. Era molto stimato per la qualità dei suoi romanzi, ma considerato troppo europeo per il palato dei lettori americani. Quindi buona critica (anche se non proprio tutta), ma tiepida accoglienza nelle librerie. Questo si traduceva in vendite non all'altezza delle sue aspettative. Insomma non era riuscito a conquistare gli Stati Uniti, come aveva fatto con l'Europa. Quindi le sue entrate maggiori venivano ancora dalla Francia (vendita dei romanzi, dei Maigret, dei diritti...). Francia che però in quegli anni aveva svalutato in modo consistente il franco e quindi la capacità d'acquistodi Simenon in America si era sensisbilimente ridotta.
Alla fine l'intrecciarsi di tutti questi elementi, la sua proverbiale irrequietezza, forse anche un minimo di nostalgia del vecchio continente, lo spinsero alla decisione di abbandonare l'America che pure in esperienze e arricchimento personale gli aveva dato molto.
Era il 19 marzo 1955, quando lasciò Lakeville e s'imbarcò per la Francia e abbandonò definitivamente gli Stati Uniti.
Quando nel suo girovagare nelgi Usa, riuscì a trovare nel Connecticut una sistemazione che gli piaceva, la famosa Shadow Rock Farm nei pressi di Lakeville, fu raggiunto da un funzionario federale che lo invitava a prendere la cittadinanza americana. Era il 1950 e Simenon ormai era negli Usa da cinque anni.
Questo signore cercò di spiegargli come non potesse rimanere "residente permanente" così a lungo, perché tutto sommato rimaneva sempre un cittadino straniero ospite. A questo Siemenon oppose il fatto che però lui pagava le tasse come un americano.
Ma il problema, almeno per il funzionario, era prorpio questo. Simenon era "come un americano", ma "non era americano". Rimaneva pur sempre un ospite e il tempo per un ospite non può essere molto lungo.
Certo questa volta Simenon era fortemente tentato, in fondo aveva con Johnny un figlio del tutto americano e un'altro, Marc ormai americano a metà, la sistemazione nel Connecticut poi era particolarmente piacevole, però... Però c'è qualcosa che non lo convinceva del tutto o forse più di una cosa. Ad esempio l'antisemitismo.
"...E' la prima osservazione che ho fatto arrivando negli Stati Uniti. Gli ebrei sono numerosi. Qualcuno ha conservato i caratteri esteriori della loro cultura. Ma molti fanno parte della seconda o terza generazione e ad esempio sono più alti di una decina di centimentri o anche più...". Ma aveva visto ben altro. Ad esempio impedire agli ebrei di frequentare gli aberghi e le spiagge di Miami. A New York un suo amico drammaturgo francese si era registrato nel suo stesso albergo con un'altro nome, per non far vedere che era ebreo. Ma quando fu scoperto, il direttore spiegò a Simenon che lì non potevano accettare certi tipi di ospiti. E lo stesso, anzi peggio, capitava ai neri. E su questo la sua ex-amante Josephine Baker gli testimoniò diverse sgradevoli esperienze di emarginazione, quando non di vero e proprio razzismo. Come se non bastasse, dopo poco sarebbe iniziato il periodo del maccartismo, con la persecuzione di tutti coloro che erano o solo sembravano comunisti oppure che manifestavano pure solo delle simpatie per le idee di sinistra. Questa caccia alle streghe disgustava lo scrittore che commentava lapidario "... accuso il senatore McCarthy e ai sui seguaci di aver 'sporcato' la mia America..."
Era l'ultima disillusione sulla democrazia americana che invece anni prima aveva tanto idealizzato e fu la goccia che fece traboccare il vso. Simenon decise di non prendere assolutamente la nazionalità americana.
Altro motivo certo non di second'ordine per uno come Simenon. Non poteva sopportare il puritanesimo, anche solo di facciata, proprio quello tipico degli americani.
E' vero che la fama che lo precedeva e lo seguiva non era, per gli statunitensi, delle migliori. Intanto si muoveva con uno strano gruppo familiare Oltre a lui e sua moglie Denyse, c'erano nei suoi spostamenti, i suoi due figli (poi diventati tre con la nascita di Marie-Jo). Lo seguiva Tigy la sua ex-moglie che, per gli obblighi del loro contratto di divorzio, aveva ricevuto l'affido del figlio Marc, ma che in compenso aveva accettato di seguire e abitare sempre vicino a Simenon. Poi c'era Boule la sua storica femme de chambre e non di rado l'istitutrice dei loro figli. Questa promiscuità anche nelle loro abitazioni, questo scambiarsi continuo, questo unico uomo con tre/quattro donne al seguito non passava inosservato, Come pure i costumi sessuali di Simenon, le sue frequentazioni dei bordelli, dove gli capitava adirittura di arrivare accompagnato da Denyse, non erano visti di buon'occhio.
Insomma anche se tutto sommato l'esperienza americana era stata positiva (non sarebbe altrimenti durata dieci anni) e anche se, soprattutto negli ultimi cinque anni, lo scrittore sembrava aver trovato la pace a Shadow Rock Farm, in lui c'erano delle perplessità che man mano crescevano e che gli ponevano la questione: non sarà giunto il momento di tornare in Europa? La domanda era seria tanto da prospettare questa eventualità anche alla moglie. E poi c'erano altri problemi. Simenon nei dieci anni americani ebbe modo di farsi conoscere dai critici, dai lettori, ma non sfondò mai come scrittore. Era molto stimato per la qualità dei suoi romanzi, ma considerato troppo europeo per il palato dei lettori americani. Quindi buona critica (anche se non proprio tutta), ma tiepida accoglienza nelle librerie. Questo si traduceva in vendite non all'altezza delle sue aspettative. Insomma non era riuscito a conquistare gli Stati Uniti, come aveva fatto con l'Europa. Quindi le sue entrate maggiori venivano ancora dalla Francia (vendita dei romanzi, dei Maigret, dei diritti...). Francia che però in quegli anni aveva svalutato in modo consistente il franco e quindi la capacità d'acquistodi Simenon in America si era sensisbilimente ridotta.
Alla fine l'intrecciarsi di tutti questi elementi, la sua proverbiale irrequietezza, forse anche un minimo di nostalgia del vecchio continente, lo spinsero alla decisione di abbandonare l'America che pure in esperienze e arricchimento personale gli aveva dato molto.
Era il 19 marzo 1955, quando lasciò Lakeville e s'imbarcò per la Francia e abbandonò definitivamente gli Stati Uniti.
giovedì 4 agosto 2011
SIMENON. QUANDO CAMILLERI LO INCONTRO'
Un quartetto All-Star. Stiamo parlando di coloro che lavorarono alla prima serie televisiva di Maigret, prodotta dalla Rai alla metà degli anni sessanta dove troviamo Mario Landi alla regia, Diego Fabbri alla sceneggiatura, un allora sconosciuto Andrea Camilleri alla produzione Rai, e Gino Cervi interprete del commissario.
Con un poker d'assi di tale levatura era difficile che lo sceneggiato non funzionasse, anche perché dietro c'erano le storie di quel formidabile narratore che era Georges Siemenon. E infatti non solo funzionò, ma si trattò di uno dei maggiori successi degli sceneggiati Rai. (vedi il post del 17 aprile scorso Simenon. Maigret sbarca sulla tv italiana).
Quando si trattò di sottoporre allo scrittore gli attori che avrebbero impersonato i protagonisti principali, fu necessario un incontro che deve essersi tenuto in Svizzera, nel '64 alla grande villa di Epalinges, vicino Losanna. A quel rendez-vous andarono in due, Diego Fabbri e Andrea Camilleri. In quel momento Fabbri era già famoso, aveva scritto un lavoro teatrale L'Inquisizione che aveva avuto successo pure a Parigi. E poi aveva realizzato, sempre per il teatro, Processo a Gesù, considerato il suo capolavoro. Ma aveva anche lavorato, anche come sceneggiatore per il cinema, con registi del calibro di Germi, Blasetti, Rossellini, Antonioni.
Camilleri, così ricorda Simenon: "...Somigliava molto al suo personaggio, era, direi, decisamente megrettiano. La sua massiccia cubatura occupava molto spazio, non parlava molto, piuttosto bofonchiava, e alle parole intercalava grossi silenzi. Mi parve un tipo calmissimo... - e racconta ancora - In quell'incontro fu quasi sempre Fabbri a parlare e io riuscii a dire solo qualche parola, trovandomi d'accordo con Simenon sul fatto che Andreina Pagnani, come moglie di Maigret, era troppo giovane e troppo carina...". Invece un sì incondizionato sulla scelta di Cervi (vedi il post del 22 maggio scorso Simenon. Si scrive Maigret, ma in Italia si pronuncia Cervi). Camilleri non dice molto di più di quell'incontro, che molto probabilmente deve essere stato abbastanza breve, con un Simenon molto stringato ed essenziale, come d'altronde lo era in ogni discussione che riguardasse il lavoro.
"...Al ritorno a Roma - prosegue Camilleri - gli facemmo pervenire una foto della stessa Pagnani, però truccata in modo che risultasse meno giovane e meno carina. L'approvazione di Simenon fu immediata...".
Allora la futura serie letteraria di un commissario, ambientata in Sicilia, di stanza nell'immaginaria cittadina di Vigata, scritta per una buona parte nel dialetto di quella regione, era ancora di là da venire. E il fatto che, al pari di Maigret, avrebbe avuto successo anche come serie televisiva (e che poi i libri sarebbero poi stati tradotti anche in Francia) allora non era davvero nei pensieri di nessuno e men che meno di quelli di Camilleri, a quel tempo diligentemente concentrato nel suo ruolo di funzionario delle produzioni Rai.
Con un poker d'assi di tale levatura era difficile che lo sceneggiato non funzionasse, anche perché dietro c'erano le storie di quel formidabile narratore che era Georges Siemenon. E infatti non solo funzionò, ma si trattò di uno dei maggiori successi degli sceneggiati Rai. (vedi il post del 17 aprile scorso Simenon. Maigret sbarca sulla tv italiana).
Quando si trattò di sottoporre allo scrittore gli attori che avrebbero impersonato i protagonisti principali, fu necessario un incontro che deve essersi tenuto in Svizzera, nel '64 alla grande villa di Epalinges, vicino Losanna. A quel rendez-vous andarono in due, Diego Fabbri e Andrea Camilleri. In quel momento Fabbri era già famoso, aveva scritto un lavoro teatrale L'Inquisizione che aveva avuto successo pure a Parigi. E poi aveva realizzato, sempre per il teatro, Processo a Gesù, considerato il suo capolavoro. Ma aveva anche lavorato, anche come sceneggiatore per il cinema, con registi del calibro di Germi, Blasetti, Rossellini, Antonioni.
Camilleri, così ricorda Simenon: "...Somigliava molto al suo personaggio, era, direi, decisamente megrettiano. La sua massiccia cubatura occupava molto spazio, non parlava molto, piuttosto bofonchiava, e alle parole intercalava grossi silenzi. Mi parve un tipo calmissimo... - e racconta ancora - In quell'incontro fu quasi sempre Fabbri a parlare e io riuscii a dire solo qualche parola, trovandomi d'accordo con Simenon sul fatto che Andreina Pagnani, come moglie di Maigret, era troppo giovane e troppo carina...". Invece un sì incondizionato sulla scelta di Cervi (vedi il post del 22 maggio scorso Simenon. Si scrive Maigret, ma in Italia si pronuncia Cervi). Camilleri non dice molto di più di quell'incontro, che molto probabilmente deve essere stato abbastanza breve, con un Simenon molto stringato ed essenziale, come d'altronde lo era in ogni discussione che riguardasse il lavoro.
"...Al ritorno a Roma - prosegue Camilleri - gli facemmo pervenire una foto della stessa Pagnani, però truccata in modo che risultasse meno giovane e meno carina. L'approvazione di Simenon fu immediata...".
Allora la futura serie letteraria di un commissario, ambientata in Sicilia, di stanza nell'immaginaria cittadina di Vigata, scritta per una buona parte nel dialetto di quella regione, era ancora di là da venire. E il fatto che, al pari di Maigret, avrebbe avuto successo anche come serie televisiva (e che poi i libri sarebbero poi stati tradotti anche in Francia) allora non era davvero nei pensieri di nessuno e men che meno di quelli di Camilleri, a quel tempo diligentemente concentrato nel suo ruolo di funzionario delle produzioni Rai.
mercoledì 3 agosto 2011
SIMENON. PROVE DI ROMANS DUR NEI ROMANZI POPOLARI
Quante volte abbiamo detto che agli inizi Simenon scriveva letteratura popolare per mantenersi, ma anche perché questo era un'esercizio imprescindibile per poter poi iniziare a scrivere dei veri romanzi? La gavetta, la cosiddetta letteratura-alimentare (lui la chiamava così perchè era la sua unica forma di sostentamento). Certo tutto questo è vero. Ma se scaviamo un po'di più, troveremo qualcosa di interessante.
Innazitutto è chiaro che i passaggi tra la letteratura popolare e il romanzo poliziesco e poi tra i Maigret e i romans-durs, non avvennero dalla sera alla mattina. Simenon stesso disse e scrisse più di una volta che, soprattutto nel periodo dei romanzi e dei racconti popolari, riservava una parte della sua quotidiana seduta di scrittura a comporre dei brani che nessuno mai avrebbe pubblicato. Lo faceva per sperimentare e prendere la mano con un linguaggio che certo non era quello della letteratura commerciale o, come diceva lui un po' polemicamente, letteratura su ordinazione.
In un'intervista rilasciata nel '56 a Carver Collins, per The Humanitis, Simenon racconta di aver inserito nei suoi romanzi più commerciali alcuni brani o interi capitoli che invece sembrano presi, così come sono, da uno dei suoi romans-durs. Vediamo come la spiega Simenon:
".... era per allenarmi. Invece di scrivere semplicemente la storia, in quel capitolo, cercavo di dare un terza dimensione, non necessariamente a tutto il capitolo, forse ad una stanza, ad un sedia, a un certo oggetto...Sarebbe più facile esprimersi in termini pittorici...".
Simenon amava le similitudini con la pittura e non era certo la prima e l'utima volta che per spiegare, l'ispirazione, lo stile, le atmosfere delle sue opere ricorreva a delle immagini mutuate dal mondo dell'arte figurativa.
".... E una questione di peso. Volevo dare peso alle mie parole...Un pittore commerciale dipinge senza rilievo, si può affondare il dito attraverso il suo quadro. Ma una mela dipinta da Cézanne, ad esempio, ha peso. Bastano tre pennellate ...Cercavo di dare alle mie parole lo stesso peso che Cézanne dava a una mela. Perciò utilizzo quasi sempre le "mots-matière". Cerco di evitare le parole astratte e poetiche, "crepuscolo" ad esempio. E' molto bella, ma non dà nulla...Evito ogni un'ulteriore penellata che non porti a questa terza dimensione...". (in merito allo stile e alle mots-matière vedi il post del 23 maggio scorso Simenon. Lo stile che cambia e le mots-matière)
E d'altronde Simenon sosteneva che le famose atmosfere, di cui tanto parlavano i critici a proposito delle sue opere, altro non era che l'impressionismo dei pittori adattato alla letteratura. E gli elementi di quella scuola, raccontava lo scrittore, li aveva assorbiti fin da bambino, a Liegi, quando lo portavano a visitare mostre e musei.
Innazitutto è chiaro che i passaggi tra la letteratura popolare e il romanzo poliziesco e poi tra i Maigret e i romans-durs, non avvennero dalla sera alla mattina. Simenon stesso disse e scrisse più di una volta che, soprattutto nel periodo dei romanzi e dei racconti popolari, riservava una parte della sua quotidiana seduta di scrittura a comporre dei brani che nessuno mai avrebbe pubblicato. Lo faceva per sperimentare e prendere la mano con un linguaggio che certo non era quello della letteratura commerciale o, come diceva lui un po' polemicamente, letteratura su ordinazione.
In un'intervista rilasciata nel '56 a Carver Collins, per The Humanitis, Simenon racconta di aver inserito nei suoi romanzi più commerciali alcuni brani o interi capitoli che invece sembrano presi, così come sono, da uno dei suoi romans-durs. Vediamo come la spiega Simenon:
".... era per allenarmi. Invece di scrivere semplicemente la storia, in quel capitolo, cercavo di dare un terza dimensione, non necessariamente a tutto il capitolo, forse ad una stanza, ad un sedia, a un certo oggetto...Sarebbe più facile esprimersi in termini pittorici...".
Simenon amava le similitudini con la pittura e non era certo la prima e l'utima volta che per spiegare, l'ispirazione, lo stile, le atmosfere delle sue opere ricorreva a delle immagini mutuate dal mondo dell'arte figurativa.
".... E una questione di peso. Volevo dare peso alle mie parole...Un pittore commerciale dipinge senza rilievo, si può affondare il dito attraverso il suo quadro. Ma una mela dipinta da Cézanne, ad esempio, ha peso. Bastano tre pennellate ...Cercavo di dare alle mie parole lo stesso peso che Cézanne dava a una mela. Perciò utilizzo quasi sempre le "mots-matière". Cerco di evitare le parole astratte e poetiche, "crepuscolo" ad esempio. E' molto bella, ma non dà nulla...Evito ogni un'ulteriore penellata che non porti a questa terza dimensione...". (in merito allo stile e alle mots-matière vedi il post del 23 maggio scorso Simenon. Lo stile che cambia e le mots-matière)
E d'altronde Simenon sosteneva che le famose atmosfere, di cui tanto parlavano i critici a proposito delle sue opere, altro non era che l'impressionismo dei pittori adattato alla letteratura. E gli elementi di quella scuola, raccontava lo scrittore, li aveva assorbiti fin da bambino, a Liegi, quando lo portavano a visitare mostre e musei.
martedì 2 agosto 2011
SIMENON. LA POLITICA E I POLITICI
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Dall'alto, in senso orario, Sarkozy, Tremonti, Strauss Kahn, Cuffaro |
Strano rapporto quello dei politici con Simenon. A Roma qualche settimana fà succedeva quasi il contrario. Era un ministro, Tremonti, che consigliava ai giornalisti di leggere Simenon (vedi il post del 17 luglio scorso Simenon tirato in causa da...Tremonti). Un'altro politico italiano di altro livello, Totò Cuffaro ex governatore della Regione Sicilia, condannato a sette anni di reclusione in Cassazione per favoreggiamento aggravato nei confronti di Cosa Nostra, ha tenuto a far sapere (chissà perché?) che uno dei libri che portava in carcere era un romanzo di Simenon. E ancora. Simenon tirato in ballo dai media, e pure a sproposito, per lo scandalo Dominique Strauss-Kahn, a causa della strafamosa intervista a Fellini in cui confessò di aver avuto diecimila donne.
Ma sappiamo che il rapporto di Simenon con i politici fu sempre problematico, conscio com'era che se ne sarebbe dovuto far piazza pulita (il popolo avrebbe dovuto una buona volta aprire gli occhi), ma anche consapevole che poi altri politici avrebbero rimpiazzati i vecchi, il cerchio si sarebbe di nuovo chiuso e non sarebbe cambiato nulla.
Sì. Il nostro Georges era piuttosto scettico nei confronti della politica e pessimista sugli uomini politici. Basta leggere quello che ha scritto nei suoi romanzi.
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