mercoledì 3 luglio 2013

SIMENON E FRANZ KAFKA

Nato vent'anni prima, il grande scrittore cecoslovacco, scrisse il suo primo racconto che Simenon aveva appena un anno. E la pubblicazione delle opere di Franz Kafka avvennero nella quasi totalità dopo la sua morte (grazie al voltafaccia prvvidenziale del suo amico-curatore testamentario, che invece di bruciare tutte le sue  carte, come avrebbe voluto Kafka, ne curò l'edizione completa). Siamo quindi nel '24, anno in cui Simenon era tutto intento nella sua fase di apprendimento, scrivendo racconti, romanzi, brevi di taglio popolare di ogni genere e tipo che gli venivano commissionati da diversi editori e che lui pubblicava sotto una ventina di pseudonimi, per collane di libri, feuilletton, settimanali, quotidiani.
Il racconto più famoso e forse più emblematico di Kafka fu il celeberrimo La metamorfosi (scritto nel 1912, ma pubblicato solo nel '15 dall'editore Wolff di Lipsia). La sua traduzione arrivò in Italia solo nel 1932, proprio nell'anno in cui Arnoldo Mondadori iniziava la pubblicazione della prima serie dei Maigret (quella di Fayard).
In un età più matura, Simenon, che conosceva gli scritti di Kafka, sottolineava un elemento che li accomunava e che non era a suo avviso così comune: la ricerca dell'uomo nudo. E a questo proposito nel '58 in un'intervista a L'Express spiegava "... in letteratura ci sono dei romanzi sull'uomo vestito e dei romanzi sull'uomo nudo. I romanzi sull'uomo vestito sono opere di costume, dei romanzi storici... E' l'uomo nella società che somiglia a quello che vorrebbe essere. E' molto raro che ci si occupi dell'uomo completamente nudo, vale a dire quasi avulso dal contorno della sua vita sociale. E Kafka si occupa dell'uomo completamente nudo...". 

SIMENON SCRIVEVA DEI ROMANZI... JAZZ?

Simenon non amava il jazz. Questo almeno si dice, e sembra anzi che avesse un atteggiamento critico nei suoi confronti. Però, se andiamo ad analizzare a fondo la sua opera, vediamo che questa musica di origine nero-americana, poi contaminata da innumerevoli generi, ibridata da culture diverse, diversificata dall'evoluzione degli strumenti ed evolutasi nel corso di varie epoche, si basa su presupposti che, a nostro avviso, sono analoghi a quelli dell'opera simenoniana.
Va detto, prima di iniziare questa analisi, che è anche vero che, all'epoca del tumultuoso amore con Josephine Baker, quando bazzicava le caves parigine dove il jazz era di casa, lo scrittore affermava "...quello che c'è di formidabile nella musica jazz è che esclude categoricamente la nozione di centralità tipica di ogni altro genere a cominciare dal rock e dalla musica di varietà...".
Forse è proprio questo il punto. Una musica che ha come tre elementi fondanti, la parità tra gli strumenti che suonano insieme, lo svincolarsi da forme tonali dominanti e l'utilizzo non ortodosso degli strumenti musicali, secondo noi, ha molto a che fare con il metodo e la pratica della scrittura simenoniana.
Improvvisazione. Nel jazz significa che ad un certo momento uno strumento, un qualsiasi strumento, diventa solista e inizia una performance che partendo da un tema o un giro armonico comincia a creare una melodia che ha dei punti di contatto con la sua origine, ma che si sviluppa libera, appunto improvvisata, e lo stesso musicista non sa cosa suonerà di lì a qualche secondo o qualche minuto. Certo sarà qualcosa che ha in qualche angolo della mente, ma combina vari elementi in modo originale e costruisce l'assolo in quel preciso momento.
Il parallelo è con il modo in cui Simenon componeva i suoi romanzi. Parte da qualche nome, dei dati scarni, delle ispirazioni di riferimento, ma poi inizia a scrivere guidato dal suo état de roman e nemmeno lui sa quali strade la storia prenderà e come si concluderà la vicenda. Possiamo dire che anche Simenon improvvisava durante la stesura dei suoi romanzi? In un certo senso, sì. Anche lui ricorreva a ricordi, personaggi e luoghi di cui aveva avuto esperienza, poi però venivano coniugati in un modo che neppure lui avrebbe saputo prevedere.
Parlavamo prima della parità degli strumenti. Nella musica classica ad esempio gli strumenti percussivi sono quasi generalmente degli accompagnatori saltuari. La batteria nel jazz è uno strumento alla pari del pianoforte, del contrabbasso o del sassofono. Anche nei romanzi di Simenon, non troviamo personaggi positivi o negativi, buoni o cattivi. Ognuno ha le sue zone di ombra e quelle di luce. Questo mette agli occhi di Simenon (e spesso a quelli di Maigret) tutti sullo stesso piano, senza giudizi di valore e senza distinzioni, se non quelle contingenti che la storia affida al protagonista o alle figure di secondo piano. Ma dietro ad ognuna di esse si avverte una pari dignità, ricca o povera, nobile o msrabile che sia.
Infine si parlava dell'utilizzo poco rispettoso dei canoni classici nel modo di suonare gli strumenti. Una rivoluzione che anche Simenon mette in atto con le sue mot matiére, parole concrete, niente di superfluo, usa termini che indicano cose tangibili e facilmente identificabili. Aggiungendo ciò al suo periodare breve e a volte addirittura sincopato, ritroviamo uno strumento linguistico abbastanza diverso dai precedenti da poter essere identificato come innovativo se non addirittura rivoluzionario. Una trattazione alta, e spesso psicologicamente profonda, ma espressa semplicemente e sinteticamente (sarà per questo che piace a tutti, letterati e lettori qualunque?). Certo su queste analogie si potrebbe aprire un dibattito (e perché no?), ma certo non in questo post.
Ci piace finire con un accenno all'atmosfera di certi suoi romanzi, quelli che virano al noir e che creano un'atmosfera che potrebbe includere tranquillamente un commento sonoro jazz. Basti pensare a un paio di titoli come esempio, vedi Luci nella notte  o Tre camere a Manhattan (da cui per altro è stato tratto un film, la cui colonna sonora è stata affidata ad un famoso musicista jazz, Mal Waldron).
"... D'altronde - come ha scritto Michel Carly ne La vie d'abord, 2003  - Simenon è nato all'epoca dei primi collegamenti telefonici, accanto alle automobili di tutti i colori, di fianco ad un hotel dove vanno le coppie illeggittime, che fanno l'amore ascoltando il jazz...".

martedì 2 luglio 2013

SIMENON, IL CASO ROSENBERG, IL MACCARTISMO E LA VOGLIA DI PARTIRE

 
1953. Un anno davvero oscuro per gli Stati Uniti. I coniugi Rosenberg, Julius ed Ethel, il 19 giugno furono condannati a morte e giustiziati sulla sedia elettrica nel carcere di Sing Sing. Arrestati un paio d'anni prima e accusati di spionaggio a favore dello stato comunista per eccellenza, l'Urss, la loro morte segnò l'inizio di un periodo di perscuzione sia per chi militava nel Partito Comunista Americano, ma anche per chi sosteneva idee di sinistra e addirittura per coloro che avevano magari solo aiutato qualcuno che aveva avuto contatti con presunti simatizzanti comunisti. Questa, che fu poi giustamente chiamata "caccia alle streghe" fu, tra gli altri, ispirata e organizzata dal senatore McCarthy, che agì manovrando un'apposita commissione speciale, andando a colpire sia molte star del cinema hollywoodiano che diversi scrittori. Insomma utilizzò il sistema di accusare personaggi famosi in modo che facessero così scalpore nell'opinione pubblica. Alcuni di loro se la cavarono vigliaccamente denunciando nomi di colleghi, volte venivano addirittura suggeriti dalla commissione stessa. Altri subirono dure condanne carcerarie, espropri finanziari, divieto di continuare a lavorare negli States.
In quell'anno Simenon era non lontano dallo stato di New York, nel suo ranch di Shadow Rock Farm, vicino Lakeville, nel Connecticut. Radio e televisione gli riportavano tali cronache e probabilmente questa persecuzione politica gli fece rivivere i momenti in cui lui, in Francia, era stato accusato di collaborazionismo con i filo-nazisti, motivo principale per cui nel '45 era fuggito nei "liberi e civili" Stati Uniti d'America. Ed ora, dopo quasi dieci anni di residenza, si trovava ad essere spettatore di quella caccia ai comunisti, veri e presunti che fossero, e ai loro amici. E' vero che in quell'anno Simenon era molto distratto da un evento per lui davvero importante. La nascita della sua terzo-genita, la sua prima figlia femmina nata alla fine febbraio. Marie-Jo, così venne soprannominata subito (Marie Georges Simenon era il suo nome intero) suscitò le attenzioni di padre. Il loro legame fu sempre speciale, anche con il passare degli anni, forse a causa di una fragilità caratteriale della figlia stessa. In quegli anni ('51-'53) anche la produzione letteraria di Simenon non subiva certo rallentamenti, anzi... Scrisse in tutto quindici titoli, otto Maigret (Maigret en meuble, 1951 - Maigret et la Grande Perche, 1951 - Maigret, Lognon et les gangsters, 1951 - Le revolver de Maigret, 1952 - Maigret et l'Homme du banc, 1952 - Maigret a peur, 1953 - Maigret se trompe, 1953 - Maigret à l'école, 1953) e sette romans-durs (Une vie comme neuve, 1951 - Marie qui luoche, 1951 - Les Frères Rico, 1952 - Antoine e Julie, 1952 - L'Escalier de fer, 1953 - Feux Rouges, 1953 - Crime impuni, 1953). Nel 1952 poi fece anche un viaggio in Europa di quasi quattro mesi (Parigi, Bruxelles, Milano, Roma).
Anche questo deve aver contribuito. Sentì che l'aria in Europa era diversa, non c'era quel clima teso e di persecuzione che si respirava negli Usa anzi il vecchio continente si preparava al boom economico e il clima era in genere stimolante.
Certo lui non ne era toccato da quello che combinava in senatore McCarthy, ma d'altronde aveva trovato sempre il modo di non farsi coinvolgere dagli avvenimenti esterni. Comunque questa tempesta del maccartismo non doveva certo piacergli. Il suo definitivo ritorno nel vecchio continente, non fu però dovuto solo a questo. C'erano altri motivi, la svalutazione del franco, che andava riducendo la sua capacità di acquisto in dollari. La netta sensazione che la propria fama e il proprio prestigio in Europa fossero, non solo maggiori che in America, ma che negli ultimi anni fossero addirittura notevolmente accresciuti.
E forse infine c'era anche un po' di nostalgia, nonostante tutte le dichiarazioni ufficiali in cui lodava il way of life americano.
1954. Senza nessun avvertimento, senza salutare nessuno, anzi facendo finta di imbarcarsi, come aveva fatto altre volte, per il solito viaggio in Europa (tanto che la sua ex-moglie Tigy con il figlio Marc rimasero in America ancora per qualche mese), a metà marzo Simenon lascia Lakeville, il Conneticut e gli Usa, facendo il suo rientro definitivo in Europa.  

lunedì 1 luglio 2013

SIMENON. LA SCALATA ALLE CLASSIFICA INIZIA DALLA ... PERIFERIA.

Al rientro dalla pausa di Simenon-Simenon ci troviamo subito a parlare dell'esordio di Faubourg (Gallimard - 1937) nelle classifiche di vendita. Dopo circa un quindicina di giorni circa dalla propria uscita, il titolo di questo romanzo, non certo non una vicenda brillante, ma piuttosto una storia e un po' claustrofobica, ripiegata sulle piccinerie di certi personaggi di provincia, conquista comunque i lettori. Al punto che sulla classifica della Nielsen-Bookscan, pubblicata dall'inserto TuttoLibri de La Stampa di sabato scorso, il titolo faceva la sua apparizione nella "Narrativa Straniera" addirittura al 5° posto (16-22 giugno/900 librerie). Secondo le rilevazioni di GfK (17-23 giugno) occupava la 12a posizione come riportato nell'allegato La Lettura del Corriere della Sera di ieri. Invece secondo L'Eurisko, che ha curato le classifiche pubblicate sulla sezione RCult de La Repubblica di domenica, Faubourg si colloca al 9° posto. Per quanto riguarda le vendite su internet, registriamo sulla piattaforma I.B.S. un bel 9° posto sui 100 titoli più venduti. Stessa posizione la occupa anche su Feltrinelli.it Solo 34° invece nella classifica delle novità più interessanti segnalate da Amazon. La versione ebook ancora non compare nelle varie classifiche.
Ricordiameno che Faubourg è un romanzo giovanile di Simenon, anche se allora già pubblicava per Gallimard e aveva già esaurito la prima serie dei Maigret (quei diciannove pubblicati da Fayard). Ma il romanziere non aveva ancora 35 anni e la sua sconfinata produzione era, possiamo dirlo, ancora agli inizi.

SIMENON SIMENON. E ADESSO SI RICOMINCIA...


La pausa é finita. Una pausa, non voluta da noi e certamente non gradita dai nostri affezionati lettori. Ma da oggi iniziamo di nuovo con i nostri interventi quotidiani. L'interruzione di un blog non è mai una cosa positiva e soprattutto nel caso di Simenon-Simenon, che come tutti ormai sanno è un blog-quotidiano. Ed é con enorme piacere che abbiamo letto le richieste, i messaggi e i commenti che si auguravano che questa "benedetta" pausa finisse il più presto possibile. Ma quello che ci ha sopreso di più è stato il fatto che, pur non essendoci notizie fresche ogni giorno, le visite sono continuate. E per di più con un ritmo che ci ha un po' sorpreso. Centinaia di visite al giorno (anche oltre trecento!) che ci ha dimostrato due cose. Primo che esiste una base (quello che viene chiamato in gergo "lo zoccolo duro") che continua a seguirci anche nelle situazioni meno piacevoli, come questa pausa. Ma per altro ci siamo resi conto, dall'analisi dei dati, che i quasi mille post che abbiamo accumulato in questi due anni e mezzo riscuotono un interesse anche aldilà dell'aggiornamento quotidiano.
Evidentemente si tratta ormai di un corpus di post che, sia pure in modo un po' atipico, è come se configurasse una vera e propria biografia di Simenon, composta da una parte di dati storici, bibliografici, biografici, letterari che hanno valore di per sé, anche se non supportati dalle notizie legate all'attualità che riguardano l'universo simenoniano che pubblichiamo con la frequenza maggiore possibile, insieme alla rassegna stampa internazionale e a tutti gli altri elementi che arrichiscono Simenon-Simenon day-by-day.
Ringraziamo quindi tutti coloro che ci hanno continuato a seguire e quelli che ricominceranno a seguirci giorno per giorno, che, come abbiamo detto più volte, sono quelli che ci danno la forza e il senso di far vivere giorno dopo giorno questo blog.

martedì 11 giugno 2013

SIMENON. UN'INATTESA INTERRUZIONE

Ci scusiamo con i nostri lettori e con tutti quelli che ci seguono più o meno assiduamente. Come vi sarete accorti, da qualche giorno, su Simenon-Simenon non appaiono più post. Ciò é dovuto ad una serie di problemi personali che speriamo di risolvere e superare nel più breve tempo possibile. Contiamo comunque tra qualche giorno, al massimo la prossima settimana, di riprendere la regolare pubblicazione dei nostri interventi. Qualche giorno quindi e saremo di nuovo qui. A presto.

sabato 8 giugno 2013

SIMENON, QUINDICI VOLTE A FONTANAY, MA....

Manca una settimana a Festival che Fontanay-le-Comte dedica annualmente da quindici anni a Georges Simenon. Sabato 15 giugno quindi l'apertura, come vi avevamo anticipato (Simenon. Sarà il festival delle donne). L'inaugurazione della manifestazione prevede un percorso che toccherà i luoghi legati al soggiorno di Simenon in questa regione in cui, lo ricordiamo, visse per oltre vent'anni. La sera tutti a teatro per una rappresentazione di Lettre à ma mère di e con Robert Benoit. Non perdetevi il giorno dopo al Chateau de Terre Neuve il dibattito animato da Claude Gauteur sul tema "Simenon e le attrici".
Oltre a Fontenay-le-Comte il festival offrirà altre iniziative a Sable d'Olonnes.
Lunedì 17 e martedì 18 saranno dedicati ad una rassegna cinematografica di classici tratti dai romanzi di Simenon, citiamo tra gli altri Le Chat con Jean Gabin e Simone Signoret, Le Train con Louis Trintignant e Romy Schneider o La Veuve Couderec con Alain Delon e Simone Signoret. Il festival andrà avanti fino al 23 giugno e, almeno da quello che si legge sul programma, non sempre con manifestazioni che riguarderanno direttamente lo scrittore, la sua opera o la sua biografia. Ci pare sia stata data un rilevanza eccessiva a manifestazioni come concerti, messe, (addirittura un sermone dell'abbate Laurent Sarchot sul tema "Gesù, un processo che rivoluziona il mondo), mercatini di brocante e bouquinist, balli popolari e concorsi.
Insomma a nostro avviso, soprattutto dal momento che si celebra la 15a edizione di questo Festival, avremmo preferito un programma più contenuto nel numero di giorni e più concentrato sul tema "Simenon e le donne" o comunque sulla figura dello scrittore (e i temi non mancano certo). In un mondo dove si cerca di verticalizzare la comunicazione, stringendo il tema ma aumentando l'approfondimento, la tentazione di condire una manifestazione come quella di cui stiamo parlando con altre cose, rendendola magari più appetibile ad un pubblico più vasto a scapito della sua specificità, è secondo noi pericolosa. Rischia infatti di togliere autorevolezza all'iniziativa, anche se poi le permette di vantare un numero di visitatori più alto.

giovedì 6 giugno 2013

SIMENON. I COLORI DEI ROMANZI

Non sono nemmeno dieci. Questo, in un corpus di oltre duecento romanzi, non è nemmeno il cinque per cento, ma ci siamo incuriositi lo stesso a vedere quali colori apparissero nei titoli dei Maigret e dei roman-dur. Non scordiamo che insieme ai sapori, ai rumori, anche i colori erano uno di quegli elementi che potevano determinare quel declic che poi metteva in moto il meccanismo
creativo di Simenon. D'altronde nella sua teoria (e nella pratica) dell'utilizzo delle mot-matiére, i colori sono un'eccezione che confermala regola. Infatti pur non indicando un oggetto concreto e tangibile, il colore è quello che spesso caratterizza un elemento o un personaggio, o che ce lo fa vedere sotto una luce particolare. I colori hanno sovente un determinante ruolo anche nel rendere quelle che la critica indica come "atmosfere simenoniane" (concetto con il quale l'autore però non era molto d'accordo). Negli esempi che riportiamo qui di seguito, si tratta di colori decisi (tranne nel titolo del racconto "La Demoiselle en bleu-pâle"): nero, giallo, rosso, verde, blu, senza sfumature né mezzi toni. Nell'elenco che segue i primi due titoli sono rispettivamente quello di un romanzo e qello di un racconto delle inchieste del commissario Maigret. Gli altri sono tutti titoli di romans-durs (tra parentesi l'anno di pubblicazione) .


• Chien Jaune (1931)
• La Demoiselle en bleu-pâle (1943)
• L'Ane Rouge  (1933)
• Feux Rouges (1953)
• Le cheval blanc  (1938)
• Les volets verts (1950)
• La Boule Noire (1955)
• La chambre bleue (1964)

martedì 4 giugno 2013

SIMENON. IL RICHIAMO DELLA... CHAMBRE BLEUE

Ne abbiamo parlato qualche giorno a fa', a proposito del progetto di realizzare un film da La Chambre Bleue, il romanzo simenoniano di cui domani ricorrono cinquant'anni esatti dalla sua stesura. Infatti Simenon, non ancora trasferitosi nella nuova villa di Epalinges, iniziò a scriverlo il 24 maggio e lo terminò il 5 giugno 1963.
Una storia, come sa chi ha letto il libro, che prende il suo avvio appunto in camera azzurra di un albergo, frequentata da due amanti, Tony e Andrée, travolti da un passione che sembra essere inarrestabile. E invece, quando il marito di Andrée rischia di scoprirli, l'ardore di Tony si raffredda alquanto e pensa piuttosto a salvare il suo matrimonio, pensa a sua figlia  e cerca quindi di troncare la relazione. Va in vacanza con la famiglia, ma Andrée gli scrive  delle lettere anonime perché non vuole che la loro storia finisca. A complicare la situazione per Tony, sopraggiunge la morte del marito di Andrée che ora, libera, vorrebbe  a maggior ragione che la loro storia continuasse. E per riuscire nel suo intento non esiterà a commettere degli atti che avranno delle conseguenze terribili anche per lei e per il suo amato Tony.
E' un romanzo sulla passione cieca, che travolge tutto e tutti, nel bene e nel male, aldilà di ogni considerazione razionale. chissà se anche qui possiamo intravedere, dietro questo sentimento insopprimibile, la mano del destino, per cui Andrée non avrebbe potuto agire diversamente, visto il fuoco che ardeva nel suo animo?
Di certo Tony, figura debole e recessiva, subisce la volontà di Andrée e anche per lui si compie un destino che non ha la forza, e forse nemmeno la possibilità, di contrastare.
I toni di questa passione arroventata, soprattutto agli inizi della vicenda, porta Simenon ad utilizzare un linguaggio consono  e molto esplicito. Lui stesso in un Dictée del 1975 scrisse "... credo ci siano voluti una quarantina d'anni perchè nella prima pagina di uno dei miei romanzi... "La Chambre bleue", osassi scrivere la parola sperma...".
E a questo proposito ecco un brano delle pagine iniziali in versione originale di quel passo:
"- Je t'ai fait mal ? 
- Non. 
- Tu m'en veux ? 
- Non. 
C'était vrai. A ce moment-là, tout était vrai, puisqu'il vivait la scène à l'état brut, sans se poser de questions, sans essayer de comprendre, sans soupçonner qu'il y aurait un jour quelque chose à comprendre. Non seulement tout était vrai, mais tout était réel : lui la chambre, Andrée qui restait étendue sur le lit dévasté, nue, les cuisses écartées, avec la tache sombre du sexe d'où sourdait un filet de sperme...".
Aspettando la prova di Mathieu Almaric come regista e protagonista del prossimo adattamento cinematografico di questo romanzo di Simenon (film di cui però non si conoscono ancora né il casting, né le location, ma solo la data in cui dovrebbero iniziare e riprese, il prossimo mese di luglio) invitiamo a leggere, e magari a rileggere, questo notevole romanzo dove lo spessore della vicenda, la psicologia dei protagonisti tipici simenonia si muovono in un atmosfera noir, al servizio di una letteratura di grande attrattiva.

domenica 2 giugno 2013

SIMENON. IL COMMISSARIO E LA PASSEGGIATA

Ancora un racconto di uno dei nostri attaché al Bureau Simenon-Simenon, questa volta ce lo propone Giorgio Muvi, un'ambientazione prettamente simenoniana, tra canali e chiatte.
Chiunque volesse scrivere un racconto per la rubrica "... magari come Simenon!" potrà inviarcelo via mail al nostro indirizzo
simenon.simenon@temateam.com







 LA PASSEGGIATA
di Giorgio Muvi

Troppe ore seduto. Troppe ore a ripetere le stesse domande. Troppe pipe fumate. Troppe ore nel suo ufficio surriscaldato dalla stufa.
Ora che camminava sul lungosenna, il bavero alzato, il cappello ben calcato in testa sentiva l'aria fresca e umida della notte che gli rinfrescava il viso, gli riempiva i polmoni e gli snebbiava la mente.
Il rumore dei suoi passi, pesanti e regolari gli faceva compagnia in una notte dal cielo coperto e il selciato bagnato.
Ora rivedeva le cose sotto un'altre luce. La vecchia signora Jobert non aveva mentito... ostinatamente ripeteva sempre le stesse cose... ma non diceva tutto.
E lui era sbagliato. La menzogna non era in quello che diceva, ma in quel che taceva.
In un primo momento aveva pensato che volesse coprire qualcuno o il nipote o suo fratello. Nessuno dei due aveva un alibi. Per l'ora in cui il vecchio Maurice Jobert era stato strangolato, nessuno dei due sapeva fornire una spiegazione accettabile su dove fossero. Auguste, il nipote, era probabilmente stravaccato ubriaco fradicio sulla sua chiatta, ma non ricordava assolutamente nulla. Jean, il fratello, stava amoreggiando con una prostituta, di cui non sapeva il nome, né fino a che ora la cosa era andata avanti .
La vecchia Jobert non poteva certo essere stata, con quelle mani tremolanti e il suo incedere traballante, non avrebbe potuto uccidere un omone grande e grosso come Maurice, sia pur vecchio. Per quanto odio potesse aver nutrito verso il marito, era praticamente impossibile che avesse avuto la forza necessaria.
Qualcuno aveva sicuramente agito al suo posto.



Il nodo era tutto lì. Nella parata dei sospetti c'erano anche i due cugini, Pierre e Marc, ma loro l'alibi ce l'avevano... il padrone del Bistrot L'Ecluse aveva confermato che erano stati tutto il tempo ad un tavolo a bere e a giocare a carte, proprio sotto i suoi occhi.
Poi c'era il giovane nipote, Nicolas. Lui all'ora del fattaccio stava dormendo in camera sua... da solo. Ma era l'unico che volesse davvero bene al padre Maurice padre padrone dell'attività di trasporto fluviale e della famiglia . Era anche il probabile erede dell'azienda e per tale motivo era mal visto in famiglia.
Ora che il commissario camminava in una zona illuminata, la sua ombra appariva e spariva ogni volta che passava sotto un lampione. Le mani ben affondate nelle tasche, aveva rimesso la pipa spenta tra i denti.
Si era ripreso dallo stordimento, respirava a pieni polmoni, il passo era più elastico e il mal di schiena era sparito.
Ad un certo punto sentì un miagolìo. Aguzzò la vista e vide un gruppo di gatti. In realtà era una gatta che si frapponeva tra un cane e una nidiata di cuccioli, evidentemente i suoi. Il commissario avvertì la tensione della madre che probabilmente si apprestava a difendere i cuccioli. Si accorse poi che poco distante c'era un gattino da solo, poggiato contro il muricciòlo. Forse era malato, forse aveva qualcosa per cui la madre non lo riconosceva. Il cane abbaiava, la gatta aveva alzato il pelo... ringhiava e soffiava... la battaglia era nell'aria...
Ad un tratto il cane prese a indietreggiare rivolgendosi verso l'unico gattino isolato e malconcio. Ma con un passo pesante il commissario si portò davanti al cane, la bestia si spaventò e fece marcia indietro.
La gatta era tornata alla sua cucciolata e regnava di nuovo la silenziosa calma notturna.
ll miagolio del cucciolo abbandonato richiamò la sua attenzione. Era fuori dal gruppo. Se non fosse intervenuto lui, chissà che fine avrebbe fatto. Gli venne da pensare a Nicolas, il più giovane e il più isolato... forse il vecchio Maurice aveva preso le sue difese, o era andato in suo soccorso... Con Nicolas ce l'aveva un po' tutta la famiglia... e soprattutto la vecchia Jobert, non lo sopportava. Le era morto un'altro figlio, il prediletto. E il piccolo Nicolas l'aveva sempre vissuto come la dimostrazione vivente di quello che avrebbe potuto essere e che avrebbe potuto fare il figlio prediletto. Era, con il tempo, divenuta un'ossessione... Il marito, invece no. Il vecchio Maurice era legatissimo a Nicolas, anzi sembrava che su di lui avesse riversato tutto l'amore che avrebbe potuto dare anche all'altro figlio.
Era nel frattempo calata una nebbia che sfumava i confini delle cose. Ma nella testa del commissario quella vicenda si andava sempre più chiarendo.
Forse era proprio la vecchia che aveva mandato qualcuno a uccidere il figlio?
Maurice si era messo di mezzo e aveva avuto la peggio. Perchè non lo aveva difeso? Perché negli interrogatori non aveva fatto il nome dell'assassino che presumibilmento doveva aver visto?
Si avvicinavano, confuse nella nebbia, le luci di quello che sembrava un bistrot.
Il commissario entrò e ordinò un calvados. Poi chiese il telefono.
- Sono il commissario vorrei l'ispettore...
- Glielo passo subito.
Un clic segnò il passaggio della comunicazione.
- Commissario...
- Senti ho bisogno che mi rileggi il verbale della deposizione del giovane Nicolas
- Attenda che lo vado a prendere...
A gesti ordinò un secondo  calvados.
- Ecco commissario... era notte...
- Si questo lo so... dimmi cosa ricorda dell'aggressione a Maurice
-  ...ecco... vediamo... eccolo! "...io stavo dormendo, la stanza era buia e sono stato svegliato da certe urla. Ho riconosciuto la voce di mio padre, poi si è accasciato vicino al letto rantolando. C'era un'altra persona che non sono riuscito a riconoscere... era buio, mi ero appena svegliato, ero ancora un po' stordito.. tutto si è svolto in poco tempo non ho avuto la prontezza di reagire..."...
- E nessun altro particolare?
- Si qui dice che quando ha acceso la luce il padre era già morto. Sul collo c'erano dei segni rossi... ah, ecco poi afferma di aver sentito nella stanza di sotto delle urla, ma quando si è precipitato giù, non ha trovato nessuno...
- Grazie, se avessi ancora bisogno, richiamerò.
Il commissario fini il secondo calvados, pagò e uscì.
Ora era iniziata un pioggerella fitta e leggera. 
Secondo lui quelle voci erano della madre e dell'assassino. Già il killer aveva fallito, non solo non aveva ucciso Nicolas, ma aveva strangolato il marito. Non che lei lo amasse, ma non era questo che voleva... adesso inoltre tutta l'attività sarebbe passata proprio nelle mani del figlio così odiato. Era normale che se la prendesse con il killer... Già... ma quale killer!... Quello non era un professionista! Uno che si comporta così, vuol dire che perde il sangue freddo, si fà prendere dal panico, agisce senza un briciolo di lucidità... che bisogno c'era di strozzare il vecchio?
La pioggia era diventata più sottile, quasi impercettibile e la pipa del commissario aveva ricominciato a funzionare.
Ormai era convinto che se avesse capito perché era stato ucciso il vecchio Maurice invece di Nicolas.
Il vecchio Maurice aveva impiegato una vita per metter su quella società... trasporto sul'acqua... una decina di chiatte che facevano su e giù sui canali, tra la Francia, il Belgio e l'Olanda... Se fosse morto Nicolas, quale vantaggio avrebbe tratto la vecchia Jobert? Nessuno. E allora? Poteva l'odio accumulato in anni e anni vederla soddisfatta della morte di quello che nonostante tutto era suo figlio? O meglio poteva essere solo questo il suo scopo? C'era qualcosa che sfuggiva al commissario. Qualcosa della mentalità di quella gente che non riusciva a comprendere... Gente nata e vissuta sul fiume, sulle chiatte con qualsiasi tempo... con l'acqua che, insieme alle ossa e alla carne, doveva far parte del propio corpo. Poi la sera gli uomini cercavano, chi nei bistrot chi sul ponte della propria chiatta, un'antidoto all'umidità accumulata dentro... lo trovavano nel calvados o nei distillati fatti in casa che bruciavano le gole e riscaldavano le budella. Gente di poche parole, cresciuti tra la fatica e donne che per pochi denari vendevano qualche minuto di incosciente piacere.
Quella sera la Senna era deserta. 
Il commissario all'improvviso si ricordò delle parole della vecchia Jobert "... sarebbe meglio vivere nel deserto, che in mezzo a questo branco di uomini, uno peggio dell'altro... lei, commissario, che ne può sapere...".
Quindi l'odio della donna non era solo per il marito, il figlio, ma più generalizzato verso gli uomini... forse il suo fine era di uccidere sia il marito che il figlio...
Ma come poteva di servirsi di un'uomo per mettere in atto il proprio piano... ci sarebbe voluta una donna. Magari una donna forte e capace di affrontare il giovane e il vecchio... o magari di due donne... Ma chi?
Ritorno al commissariato. a quell'ora vuoto. Le finestre della sua stanza era spalancata, la stufa spenta...
Si mise subito a scartabellare nelle verie relazioni e nelle trascrizioni degli interrogatori. Alla fine trovò qullo che cercava. Una settimana prima con il motivo o la scusa, di una febbre, aveva chiamato Roxanne e Bernadette, le moglie dei cugini, Pierre e Marc, a curarla e stare un paio di giorni e di notti in casa sua. La notte, messi a letti i figli, con i mariti a sbronzarsi chissà dove, le due donne avrebbero avuto libertà di movimenti. Potevano contare sulla familiarità con le vittime che non avrebbero avuto nessuna remora a farsi avvicinare dalle due. E insieme avrebbero potuto aver la meglio sia sul vecchio che su Nicolas, soprattutto sfruttando il fattore sorpresa. E poi chi avrebbe avuto sospetti su due madri di famiglia tutte dedite ai figli, a cucinare e lavare vetiti?
E infatti anche il commissario non le aveva prese in considerazione.
Prese il telefono e convocò i suoi ispettori.
- Signori, facciamo il punto. La vecchia Jobert è sempre qui?
- Si commissario...
- Bene, portatela qui, poi cercate Roxanne Sautet e Bernadette Valmer... e portatele qui anche loro. Le troverete sulle chiatte di Maurice Jobert. Io vado a bere qualcosa alla Brasserie Dauphine... ci troviamo qui tutti tra poco più di mezz'ora...
- Ok capo...
Quando tornò nel suo ufficio, trovò solo la Jobert, e i suoi ispettori.
- E le due donne?
- Commissario le due chiatte sono già partite...
- A quest'ora?
- Abbiamo chiesto anche agli altri... nessuno ne sapeva nulla... non c'erano partenze previste fino a mezzoggiorno di oggi...
- Allora sono scappate...
Gurdò la Jobert che si muoveva nervosamente sulla sedia.
- Diramate a tutti i posti di controllo le generalità delle due, quelle chiatte vanno intercettate quanto prima e le due donne fermate e condotte subito qui in commissariato... Andate! ... Aspetto vostre notizie - aggiunse guardando quasi divertito la Jobert - tanto io sarò qui, perchè la signora mi deve raccontare una storia nuova, rispetto alle altre che mi ha già raccontato.... Vero madame Jobert? 

venerdì 31 maggio 2013

SIMENON. MAIGRET : ...RICORDO, SI, MI RICORDO

La memoria. E' uno degli elementi che ricorrono più spesso negli scritti sia nell'opera simenoniana che nelle interviste che lo scrittore rialsciava. C'è addirittura, nelle varie bibliografie pubblicate, accanto ai cosiddetti romans-durs e ai Maigret, una sezione dedicata proprio agli scritti autobiografici. E qui troviamo titoli famosissimi a cominciare dall'ultimo, Mémoires intimes (1981), ma anche Le Trois Crimes de mes amis (1938), Je me souviens... (1940), Quand j'étais vieux (1970), Lettre à ma mère (1974) e tutti i Dictées.
Quello che riteniamo più particolare e di cui vogliamo occuparci oggi é invece Les Memoires de Maigret (1950) scritte in America (a Shadow Rock Farm), le memorie che il commissario, nella finizione letteraria, avrebbe scritto ormai in pensione, parlando a ruota libera della sua professione, della sua vita, ma anche e soprattutto dei rapporti buoni e meno buoni con il suo creatore.
Il nostro interesse per questo titolo, di cui per altri versi abbiamo già parlato in Simenon visto da Maigret , è per la natura di questo biografia dove è Maigret che parla in prima persona di Simenon, ma nella realtà è Simenon che lo fà parlare di sè... in definitiva è un gioco (ma fino a che punto?) in cui in qualche modo Simenon si descrive. E questo è molto nteressante, perché sotto la superficie della narrazione, scorre un'altra narrazione che ci racconta di come Simenon credeva o desiderava che si parlasse di sè.
E dobbiamo dire che è abbastanza indulgente. Se la testimonianza di Maigret sembra a volte critica e risentita, per come il romanziere lo ha descritto,  sotto sotto, c'è una sorta di comprensione che finisce per giustificare, e se non per approvare le scelte dello scrittore.
E' un gioco di specchi in cui spesso si corre il rischio di disorientarsi, soprattutto se si vuole contemporaneamente seguire quello che racconta Maigret e quello che Simenon sottointende in questa rassegna di memorie. Un rimando di ricordi che il commissario scrive e che lo scrittore gli detta, come se il primo fosse un mezzo per guardarsi, analizzarisi, attraverso un sistema di rimbalzi per esempio come quello sulla verità.
Simenon fa infatti protestare Maigret perché alcune volte la verità delle sue inchieste viene travisata. E Simenon gli risponde che, affinché la verità si percepita come tale dal lettore, deve essere trasformata e risultare così davvero reale, più di quanto lo sarebbe se la verità venisse raccontata sic et simpliciter. Insomma siamo in presenza di memorie di Maigret che in realtà ci raccontano molto di Simenon. O meglio di quello che Simenon voleva che trasparisse di sè.
La prima edizione italiana fu edita nel '58 (Mondadori, collana BEM-I Girasoli).

giovedì 30 maggio 2013

SIMENON. HERBERT REICKNER SUI SUOI PASSI?

Oggi pubblichiamo l'intervento di uno dei più assidui attaché al Bureau Simenon Simenon, Andrea Franco. E' una sua teoria sulle analogie e le coincidenze tra lo scrittore belga e quello tedesco. Leggetela e fateci sapere la vostra opinione, un  dibattito sul tema potrebbe essere interessante. Se volete potete scrivere a simenon.simenon@temateam.com
 
Spesso ci siamo domandati chi potesse essere considerato l'erede di Simenon o comunque quale scrittore sia più assimilabile al romanziere belga.
Per quel che mi riguarda la risposta è: Herbert Reinecker
Tedesco, quasi contemporaneo di Simenon (1914-2007), scrisse numerosi libri e, stranamente, non ebbe molto successo. Eppure leggendo alcune sue opere ho riscontrato varie similitudini con quelle simenoniane. Ad esempio anche Reinecker scrive in modo essenziale, e ci descrive l'uomo cosi com'è, con i suoi difetti, mettendolo "a nudo" e spesso  lo porta alle estreme conseguenze del suo destino.
Ma troviamo anche coincidenze, come quella che salta subito all'occhio: il titolo di una sua opera teatrale  "Train de nuit", stesso titolo di un romanzo di Simenon quando ancora si firmava Christian Brulls (romanzo in cui un ante-Maigret era di stanza  a Marsiglia..)
Il tedesco divenne popolare e famoso piu tardi, come sceneggiatore della serie televisiva l'ispettore Derrick (molto longeva 281 episodi girati tra il 1973 e il 1998)
da notare che, quando Reinecker ideò Derrick, era appena uscito l 'ultimo Maigret (Maigret et M.Charles -1972)
Negli episodi di questa serie si notano molte similitudini con i romanzi di Maigret, secondo me i primi 70/80 episodi presentano analogie simenoniane molto piu che alcune bizzarre trasposizioni su pellicola di Maigret o di altri scritti del genio belga.
Derrick poi assomiglia a Maigret: cerca di comprendere, non giudica, prova a mettersi nei panni della gente comune, di rado estrae la pistola e più spesso ha lunghi colloqui con il colpevole o con la cerchia degli indiziati. Insomma, come il commissario parigino anche il funzionario bavarese (altra similitudine il fatto di essere funzionari pubblici) ha come caratteristica princuipale una grande umanità.
La discussione è aperta. 
Chi volesse maggiori informazioni sullo scrittore tedesco può cliccare qui 

mercoledì 29 maggio 2013

SIMENON. FAUBOURG... A VOLTE TORNANO.

Uscirà a giugno. E' uno dei primi titoli pubblicati per Gallimard nel 1937 di un Simenon ormai romanziere a tutto tondo. Stiamo parlando di Fauborg, iniziato a scrivere nel'34 a Papeete, durante il suo soggiorno a Tahiti, e terminato in Francia a La Cour Dieu a Ingrannes (ad un centinaio di chilometri a sud di Parigi).
Stesso titolo dell'edizione originale (mentre nella sua prima uscita italiana - 1961 collana "I romanzi di Simenon", il titolo era stato tradotto in "Periferia") e un'opera tutta da scoprire che non ha avuto la popolarità di altre.
La vicenda che ci narra l'autore è ambientata nella provincia francese, in un cittadina di fantasia, ma che viene illustrata con dovizia di particolari, come se Simenon la conoscesse palmo palmo. Il protagonista, De Ritter è un giramondo, sbruffone, traffichino, per un periodo anche galeotto, che si dà arie da gran signore. Arriva in questa cittadina perché é quella dove è nato e vissuto da giovane. Vi arriva con al seguito una certa Lea, una prostituta conosciuta qualche mese prima. I due dovrebbero fare un non meglio identificato "affare". Ma in realtà dopo un periodo di incognito De Ritter, esce allo scoperto, un po' perchè ha bisogno di soldi e per capire bene qual é la situazione del paese, dei suoi familiari, degli ex-amici. In poco tempo, anche grazie ad una collaborazione con un giornale locale, si fà riconoscere, comincia a vantarsi, imbellettando il suo passato di giramondo, cosa che, in un contesto provinciale, fà il suo effetto. De Ritter giunge anche riavvincinarsi ad una donna che da giovane l'aveva amato, e riesce a sposarla. Ma non è amore, è solo interesse per i soldi e la fabbrica di cui la donna è titolare. Nonostante il matrimonio, continua la sua realzione con Lea, la quale a sua volta se la spassa con diversi amanti, tra cui un giovane che De Ritter finirà per uccidere... E' il famoso passaggio della linea, perchè in realtà con il matrimonio aveva quasi completamente acquisito uno status borghese e rispettabile... ma con l'omicidio... il vero De Ritter viene fuori e il destino per lui gira definitivamente...
Simenon ci credeva davvero in questo romanzo, tanto che aveva chiesto a Gaston Gallimard di supportarlo con della pubblicità... Avrebbe voluto un trentina di messaggi radiofonici, costo 50.000 franchi. Il patron editore non ne volle sentir parlare e non se fece nulla.
Tra qualche giorno in libreria e poi vedremo come si comporterà nelle classifiche. 

martedì 28 maggio 2013

SIMENON, SARA' IL FESTIVAL DELLE SUE DONNE

Torna il Festival Simenon a Fontenay Le Comte. Partirà il prossimo 15 giugno con un programma che si protrarrà fino al 23. Si tratta della 15a edizione che proporrà come tema Le donne nell'opera di Simenon. Il festival avrà anche un'anteprima il 1° giugno, quando alle 20.30 l'attore regista Rabert Benoit, porterà sul palcoscenico teatrale dello Spazio Culturale René Cassin, la rappresentazione di Lettre à ma mère.
Tornando al tema possiamo affermare che è uno di quelli fondamentali dell'universo simenoniano. Tutte le sue donne, la madre Henriette, la prima moglie Tigy, la seconda Denyse, la compagna Teresa, la figlia Marie-Jo e la sua femme de chambre-maitresse Boule. Ma anche il suo grande amore Josephine Baker oppure Colette che lo avviò alla pubblicazione dei racconti su Le Matin. E queste sono le donne "ufficiali" della sua vita. Poi ancora le grandi figure delle donne protagniste dei
suoi romanzi e dei suoi Maigret (forse anche M.me Maigret avrebbe diritto ad avere un posto tra le donne "ufficiali" di Simenon). E infine ci sono le diecimila donne con cui, confidò a Fellini, aveva avuto rapporti sessuali,
Come dice Didier Gallot, presidente della manifestazione: "... per questo quindicesimo anniversario del festival non potevamo ingnorare questa immensa ricchezza che l'opera simenoniana ci offre, con le donne, i più bei personaggi dei suoi romanzi....  - continua poi Gallot, citando anche i film che saranno proiettati durante la manifestazione - Le Chat, la Veuve Couderc, le Train, l’Inconnu dans la maison, Monsieur Hire, la vérité sur Bébé Donge, Betty, tutti film dove le donne giocano un ruolo essenziale...".Insomma il tradizionale appuntamento estivo che la Vandea dedica al romanziere anche per il 2013 si presenta interessante. Per ora vi diamo solo questo annuncio, ma ci torneremo sopra con notizie più dettagliate, indicazioni e un programma preciso, in tempo per chi volesse farci una scappata.




lunedì 27 maggio 2013

SIMENON. LA LOCANDA NON TEME L'INFERNO

Parliamo ancora di classifiche perchè nonostante siano passate diverse settimane dalla sua uscita, e siano successi diversi fatti editorialmente non irrilevanti, La locanda degli annegati, i racconti di Maigret, sono sempre tra i libri più venduti.
Prima l'invasione degli ultracorpi, ovvero i Newton Compton a 0.99 euro venduti in libreria, in edicola e in altri circuiti commerciali. Questi libri cartacei, che costano come i più economici ebook, hanno invaso le classifiche nelle sezioni  "Tascabili", spazzando via tutti (o quasi) i titoli delle prime dieci posizioni. Adesso l'arrivo dell'Inferno (quello di Dan Brown non quello di Dante) che da come ha invaso le librerie e ha conquistato la vetta della classifiche, dalle "Top Ten" alla sezione "Narrativa straniera", potrebbe seguire le orme de Il Codice da Vinci.
Ciò detto andiamo a vedere il nostro Maigret. Su TuttoLibri de La Stampa di sabato resiste al 7° posto del settore "Tascabili". Su La Lettura, supplemento domenicale del Corriere della Sera, scivola al 16° posto della "Narrativa straniera". Per quanto riguarda i libri venduti su internet , La locanda degli annegati si trova al 15a posizione nella classifica della piattafora I.B.S. Su Feltrinelli.it le ultime inchieste di Maigret si trovano all'8° posto. Tra gli ebook più venduti sulla Rizzoli.it c'è un altro titolo, L'amico d'infanzia di Maigret, che tiene la 5a posizione, su I.B.S al 17° posto un'altro ebook di Simenon L'amica della signora Maigret.

domenica 26 maggio 2013

SIMENON SIMENON. LA COGNATA.

Per la rubrica settimanale "...magari come Simenon", questa volta ospitiamo il racconto di Cristina De Rossi.
Una storia di misteri, di vite che non sono quello che sembrano, di quello che pensiamo e quello che è davvero.
Chiunque voglia partecipare, con un racconto che riguardi Simenon, Maigret o che ricordi i temi dei suoi romanzi, potrà scrivere a 
simenon.simenon@temateam.com







 LA COGNATA
di Cristina De Rossi


Ancora quella fitta alla bocca dello stomaco. Era seduto davanti al cadavere del figlio. Una mano sulla sua spalla lo sfiorava. La mano di qualcuno che singhiozzava così sommessamente, in modo quasi inavvertibile. Non aveva voglia di girarsi a vedere chi fosse. Quello che invece avvertiva nettamente era quella cappa... un odore nauseante, un'aria pesante da respirare, un ronzìo generato da un silenzio irreale. Irreale, perché avvertiva la presenza di tanta gente, ma nemmeno un rumore.
Ad un tratto un fruscìo, una zaffata d'aria fresca e una scia di profumo. La mano sulla sua spalla era cambiata. Ben presto diventò un braccio intorno alle sue spalle. Una lieve pressione quasi un abbraccio. Non ebbe bisogno di voltarsi per sapere chi era.
ll figlio lì davanti, steso, vestito di tutto punto. I lineamenti distesi. La pelle ancora liscia. Si chiese del perchè erano ore che insisteva a guardarlo. Sapeva che ormai non poteva succedere più nulla. Tutto era fermo, immobile per sempre. Anche lui non si muoveva da chissà quanto, come volesse replicare la rigidità del suo ragazzo.
Sentì un calore vicino alla sua guancia. Ma non si mosse.


Geraldine si era chinata e il con proprio viso sfiorava il suo. Con delicatezza gli prese la mano. Iniziò una leggera trazione che si trasformò lentamente in una vigorosa tirata. Jerome fu costretto ad alzarsi. Avvertì una sorta di scricchiolìo alla schiena e alle ginocchia. La donna quasi lo trascinava in mezzo a tutta quella gente. Lui procedeva malfermo guardando lontano attraverso le persone che si scansavano al loro passaggio. Rischiò di cadere, una volta usciti dalla stanza e imboccata  la scala. Ora Geraldine tirava meno. L'aria si era fatta più respirabile. Passato il portone la brezza fresca della sera l'abbracciò, scompigliandogli il ciuffo bianco sulla fronte.
- Non verrai... vero?
Jerome si guardò intorno all'incerta luce dei lampioni. Fece un ampio giro con la testa. Poi tornò a guardare la donna la quale interpretò quel movimento come un diniego. Quello sguardo assente le confermava che già stava pensando ad altre cose e quello era un argomento già superato.
Jerome non andava mai ai funerali.
Genitori, moglie e adesso l'unico figlio. Mentre gli altri erano tutti in chiesa e poi accompagnavano il defunto al cimitero, lui se ne andava. Non si sapeva dove, non lo sapeva nemmeno lui. Camminava sei, otto ore e tornava più magro ed emaciato di quando era partito.
Tornava. Chiedeva dell'acqua, poi si chiudeva in camera da letto. Dormiva? La mattina dopo impassibile senza dire una parola, usciva, andava al lavoro.
La vita era ricominciata così. Una volta, una seconda, un terza. Dopo la morte della madre, dopo quella del padre e quella della moglie. 
Ora il figlio.
Geralidine si stava domandando se anche questa volta sarebbe stato lo stesso.
Nessuno aveva saputo mai cosa gli passasse per la testa in quei momenti. E questa non era una novità.
La sua vita era tutta così.
Si sapeva che lavorava per il governo, ma non quale fosse di preciso il suo incarico. Aveva l'aria di un comune impiegato medio, ma si intuiva che doveva avere a disposizione un discreto patrimonio. Veniva da una famiglia di impiegati, e l'origine di una tale disponibilità doveva scaturire dal suo lavoro. Quando c'erano state delle necessità di vario tipo, aveva tirato fuori anche somme forti, senza nessun problema. Vestiva al limite del dimesso, viveva in un'appartamento in affitto in un quartiere periferico. Possedeva un'auto utilitaria che però non usava quasi mai.
Ora era solo. Durante la lunga malattia del figlio gli era stata vicina Geraldine, la sorella più piccola della moglie... Erano sei sorelle, Geraldine la più piccola la moglie di Jerome la più grande. Tra le due c'era una differenza di quasi quindici anni. Jerome aveva una sessantina d'anni, Geraldine trentacinque.
Non era sposata e nonostante fosse una bella donna e avesse avuto diverse occasioni, si era sempre rifiutata di sposarsi. Qualche storia... qualche mese e poi via. Aveva sempre nascosto a tutti la sua attrazione per il cognato. Quell'uomo misterioso, taciturno, che sembra non scalfibile dalle disgrazie che gli si erano abbattute sulle spalle. Un uomo che conduceva una vita misterosa. Quell'alone di impenetrabile segreto l'aveva affascinata fin da giovane. Viva la sorella, si era sempre tenuta alla larga. Poi, con la scusa della malattia del figlio, si era molto avvicinata. Sempre relativamente. L'impassibilità e l'imperturbabilità di Jerome tenevano tutti ad un certa distanza. Geraldine non faceva eccezione.
Adesso però non  sapeva che fare. Lui era avvero solo e bisognoso, secondo lei, di un aiuto, di un apoggio. Ma non c'era più la scusa del figlio malato per frequentare la casa... Cosa avrebbero detto i familiari, i conoscenti... ma soprattutto cosa avrebbe detto Jerome?
Temeva che, dopo il funerale del figlio, sarebbe tornato come sempre alla sua solita vita. Imperturbabile, impenetrabile insensibile a tutto.
La solitudine l'avrebbe reso ancora più inavvicinabile?
Il funerale si svolse sotto una pioggia torrenziale. Geraldine si preoccupava, pensava a Jerome che stava sicuramente camminando sotto il temporale  sferzante. Lo immaginava zuppo, ma insensibile al vento, all'acqua, con i rivoli che gli scendevano giù dai capelli bianchi, sugli occhi, che guardavano come sempre lontano, senza emozioni, senza accorgersi dei luoghi che attraversava.
Al termine della sepoltura, dato il perdurare del temporale la piccola folla si disperse quasi subito, salutandosi frettolosamente e correndo verso le rispettive autovetture.
Rimase lì solo un signore distinto, con un impermeabile scuro, un ombrello, fermo vicino alla tomba. I loro sguardi si incrociarono. Lui si avvicinò.
- La signorina Geraldine Lasalle?
- Sì sono io...
- Piacere sono Gilles Lambert...
- Lambert? Come il signor Jerome?
- Già siamo fratellastri...
- Lei e Jerome...
- Sì... la sua famiglia non mi ha mai conosciuto... ma io e Jerome ci vedevamo ogni giorno...
- ... ogni giorno...
- Beh, sì... al lavoro.
- Quale lavoro?
- Beh al nostro ufficio...
- Ma quale ufficio, di quale ufficio mi parla! Ancora questi misteri? Sono stufa...
- Si calmi signorina Lasalle. E' un lavoro per il governo... niente di che, un lavoro di routine...scartoffie, documenti da controllare... non si immagini chissà che...
- Ma perchè tutti questi misteri?
- Ma non c'è nessun mistero... Mi stia a sentire... Jerome è fatto così... è un tipo taciturno... tiene tutto per sé... poi con le disgrazie e con l'età è peggiorato... Ma é una brava persona...
- Lo so bene che è una brava persona, ma non so quasi nient'altro...
Geraldine era molto contrariata.
- E come mai, signor Gilles, si è fatto vivo oggi... E perché in tutti questi anni non si é fatto mai vivo?
- E' Jerome che non ha voluto...
- Jerome?
- Le sembra strano?... Io sono venuto a tutti i funerali... sapevo di non incontrarlo e di non incorrere nei suoi rimbrotti...
- Ma cosa è venuto a fare? E poi cosa vuole  da me?
- Lo so che lei vorrebbe stargli vicino... ma io devo chiederle di non frequentarlo più... per il suo bene...
- Il suo bene? Che ne sa lei del suo bene... Non mi venga a fare la...
- ... nessuna predica, Geraldine, le assicuro parlo per il bene di tutti e due... Lei è ancora giovane può rifarsi una vita... Jerome oramai è al capolinea, ha bisogno di tranquillità, di pace....
- Capolinea?... Pace?... Lei non si deve permettere...
Offesa e contrariata Geraldine girò i tacchi e incurante della pioggia battente  lasciò lì Gilles Lambert, che non mosse un passo e non disse una parola.
Corse fino alla sua macchina e automaticamente si avviò verso casa di Jerome. L'avrebbe aspettato, gli avrebbe chiesto spiegazioni. Basta con questi silenzi e qusti misteri... basta con questi fratelllastri che spuntavano fuori all'improvviso e le davano consigli...
Arrivò a casa. L'appartamento era vuoto. Jerome sarebbe tornato di lì a poco. L'attesa faceva crescere la sua determinazione.
Ma Jerome non tornò.
Geraldine restò sveglia fino a notte alta. Poi il sonno ebbe la meglio. Si risvegliò che albeggiava, sdraiata tutta storta sul divano, con tutta la schiena dolorante.
Girò per l'appartamento. Era vuoto. Nessuna traccia di Jerome. Si affacciò alla finestra, sulla strada vide l'utiliteria ferma al solito posto.
Era tutta infreddolità, si fece un tè.  Poi si dette una sommaria lavata e aspettò fino alle nove... A quel punto decise di tornare a casa propria. Rimise tutto a posto, chiuse la porta a chiave, e si avviò verso la macchina. Prima di entrare si voltò a guardare il palazzo con una strana sensazione... come se fosse consapevole che sarebbe stata l'ultima volta che l'avrebbe visto...
Poi s'infilò nella sua vettura, accese il motore e partì. 
Passò una settimana. Ogni giorno Geraldine telefonava, o passava a casa di Jerome. Ma nessuno rispondeva.
Allora si decise.
Ci pensava ormai da qualche giorno e, adesso che era passata una settimana, era arrivato il momento.
Andò al commissariato di polizia che era proprio sulla piazza dietro casa sua. Fu ricevuta, da un ispettore al quale parlò della sua intenzione di sporgere una denuncia di scomparsa. Spiegò al funzionario che si trattava di un persona non più giovane, colpita da una serie di sventure, tra cui ultima, la perdita del figlio, ed evidenziò il particolare che la sparizione datava poprio dal giorno del funerale del figlio e che durava ormai da sette giorni. Parlò anche dell'incontro, a suo dire, sospetto con quel fratellastro mai visto in tutti gli anni che frequentava suo cognato. Lasciò sia le generalità di Jerome, che nome, cognome e una descrizione piuttosto dettagliata del sedicente fratellastro. L'assicurazione dell'ispettore che al comissariato avrebbero fatto del loro meglio per ritrovarlo, suonò a Geraldine una dichiarazione di routine che dovevano fare a tutti coloro che denunciavano una sparizione.
Tornò a casa senza nessuna vera speranza. Non seppe spiegarsi perchè non avesse parlato del misterioso lavoro del cognato e del fratellastro. Forse la paura di mettere la cosa in ridicolo?... Di non essere presa sul serio? Forse quello poteva essere un elemento importante, ma lei ne sapeva così poco che magari avrebbe tolto credibilità alla sua denuncia. 
Il passare dei giorni non spense la preoccupazione di Geraldine. Chiamò una volta l'ispettore che, come previsto, le disse che le ricerche erano in corso e per il momento non c'erano novità. 
Continuava con una certa regolarità a fare telefonate al cognato e a passare sotto casa sua.
Una sera vide le luci dell'appartamento accese. Dovette guardare più di una volta, per essere sicura che le finestre fossero proprio quelle. Ebbe la prontezza di chiamare la polizia denunciando un furto in corso. Fornì via, numero civico e interno dell'appartamento. E aspettò.
Quando arrivarono gli agenti, le luci erano ancora accese. Lei si fece riconoscere e mostrò alla pattuglia la copia della denuncia di scomparsa. Potevano essere dei ladri, visto che i familiari non esistevano più.
I poliziotti le dissero di non muoversi  e si avviarono alla casa. Sparirono dentro al portone. Geraldine passò circa un quarto d'ora con la segreta speranza che magari fosse proprio Jerome... tornato chissà da dove e chissà perchè...
Finalmente i poliziotti uscirono, da soli.  Le si avvicinarono e le spiegarno che si trattava di un collega che stava ispezionando l'appartamento, alla ricerca di indizi utili per indirizzare meglio le ricerche. Poi la invitarono a tornare a casa.
"Perchè? - si chiese la donna - perchè non vogliono che veda chi è lì dentro?" 
Ad ogni modo salì in macchina e partì, ma fece solo il giro dell'isolato. Parcheggiò la macchina e tornò a piedi davanti alla casa del cognato. La macchina della pattuglia non c'era più ma le luci della casa erano sempre accese. Tornò a prendere la macchina e si parcheggiò in un angolo buio della strada da dove poteva tener d'occhio il portone.
Stette lì ferma più di mezz'ora. Poi le luci si spensero. Poco dopo dal portone usci una sagoma che Geraldine credette di individuare subito, nonostante il buio. Era quella di Gilles, il fratellastro. Quella figura alta, magra e un po' curva l'aveva vista una sola volta, ma l'aveva scolpita nella mente.
L'uomo si diresse verso una vettura. Salì, accese il motore e con tutta calma partì. Geraldine non aveva mai inseguito una macchina, ma si ricordò di film, telefilm e libri gialli. Si tenne a debita distanza, fari bassi e iniziò l'inseguimento.
Traversarono quasi tutta la città. Alla fine l'auto di Gilles si infilò in un garage di cui la porta si richiuse dopo il suo passaggio. Sopra c'era un edificio. Evidentemente doveva abitare lì. Aspettò un po', poi scese e iniziò ad osservare il palazzo. Poi si avvicinò al portone per leggere i nomi degli interni. Si aspettava di trovare la targhetta "Lambert". Invece trovò solo dei numeri: interno 1, intreno 2 , 3 e così via. Non fece in tempo a  voltarsi che due uomini le si avvicinarono.
- Signorina, cosa stava cercando? - disse uno dei due.
Geraldine ebbe subito la sensazione che fossero due poliziotti.
- L'appartamento del signor Lambert... Gilles Lambert...
-  Ma deve aver sbagliato indirizzo, questi sono tutti uffici - spiegò l'altro
- Ma quello è il suo garage... - fece indicando il cancello dietro cui era sparita la macchina di Lambert...
- No... quello è un garage pubblico - si entra in macchina da lì e si esce da una porta sul retro a piedi... - disse il primo con un'aria un po' svagata.
- Ma voi chi siete... polizia?
Uno dei due iniziò a ridere.
- Hai visto Paul... che ti dicevo? Basta essere in due e subito la gente pensa che si tratti di una coppia di sbirri.
L'altro rispose con un'altra risata. 
- Signorina, ci scusi per la confidenza che ci siamo presi... sa, siamo un brilli.... ma adesso andiamo via... buona sera.
Si allontanarono. Si salutarono forse un po' troppo pleatealmente, uno salì su un'auto e l'altro si avviò a a piedi in direzione opposta.
Geraldine rimase con il dubbio di essere stata spettatrice di una sceneggiata.
Comunque lì non avrebbe tirato fuori un ragno dal buco e forse quelli erano due poliziotti che stavano seguendo lei che seguiva Lambert.
Se così era Lambert sapeva di essere seguito, e magari sapeva che era lei .... e chissà dove l'aveva portata.
Tutt'a un tratto si sentì molto ingenua e iniziò a pensare che aveva a che fare con  gente molto più esperta di lei... dei professionisti... la polizia... i servizi segreti?...
Si ricordò delle voci che erano girate sul conto di suo cognato e del suo misterioso lavoro. Infatti per un periodo si disse che lavorava per i servizi di spionaggio o di contro-spionaggio. Ma lei l'aveva sempre ritenuta una barzelletta... Quell'innocuo e taciturno Jerome un agente segreto? Più ci pensava e più le sembrava assurdo... Assurdo... e se qualcuno l'avesse ucciso?  Un'ipotesi che non aveva preso in considerazione, ma ora...
Con questi pensieri in testa arrivò a casa. Appena entrata, sentì il telefono suonare. Era la clinica di Saint-Marie. Le dovevano comunicare che il signor Jerome Lambert era deceduto nella notte, in seguito alle complicazioni di una grave broncopolmonite per cui era stato ricoverato da più di venti giorni.
Geraldine rimase di sasso.
- Come morto... Broncopolmonite?... Ma perché non mi avete avvertito prima?
- Signorina troverà tutto nella cartella clinica... Solo ieri in un momento di lucidità il signor Lambert ci ha dato il numero di sua cognata ... è lei vero?
- Sì... Geraldine Lasalle...
- Ecco, mi dispiace, ma non avevamo altri recapiti prima e poi il signor Lambert era molto spesso in stato d'incoscenza...
- Ma chi l'ha portato lì....
- Non saprei che dirle... Comunque l'aspettiamo, grazie e arrivederci.
Appena messo giù, si accorse che non aveva chiesto né l'indirizzo né il numero di telefono. Cercò febbrilmente sull'elenco telefonico. Non esisteva nessuna clinica Saint-Marie... Chiese al centro telefonico d'informazioni... niente anche lì.  Chiamò il suo medico per chiedere come poter rintracciare quella struttura.
Il vecchio dottor Marcel le rispose che non c'era un modo... ma che lui, che lavorava come medico da più di quarant'anni in quella città, non aveva mai sentito  parlare di questa clinica Saint-Marie. Le consigliò di rivolgersi alla polizia.
Richiamò il solito ispettore. Lo informò della telefonata. Sembrava che lui non aspettasse altro.
- Allora il caso è chiuso.
- Macchè chiuso! Questa clinica è irrintracciabile. Forse non esiste nemmeno, dovete fare qualcosa almeno per trovare questa clinica... per sapere da dove veniva la telefonata...
- Ma il suo telefono non è sotto controllo, lei non è sospettata di nulla, né in pericolo... Non c'era motivo di sorvegliarla....
- Ma insomma c'era un denuncia di scomparsa... dovevate fare qualcosa e invece ... Ma almeno adesso che c'è un morto vi muoverete?...
- Signora, ma se non c'è il cadavere, non c'è neanche un'indizio di un omicidio, c'è solo la sua parola di una telefonata di cui non abbiamo traccia... mi dispiace, ma...
- Non le dispiace affatto. Lei pensa che io sia una povera pazza, e non vede l'ora di spedire quel fascicolo in archivio... se già non l'ha fatto... Incapace! 
E sbattè giù il telefono in preda ad un crisi di nervi.
Gilles Lambert era ormai l'unica persona che poteva forse spiegarle tutto. Ma non aveva idea come trovarlo. Ancora non credeva alla morte di Jerome...quella strana telefonata... quella clinica inesistente...
Era sdraiata sul divano, mezzo stordita dalla rabbia, dall'impotenza, dall'assurdità di tutta quella storia, quando suonò il telefono.
- Signorina Lasalle?
Lei riconobbe subito quella voce.... Gilles!
- Adesso si fa vivo!... Lo sa che mi hanno telefonato dicendomi che Jerome era morto, ma la clinica da cui mi hanno chiamato non esiste. La polizia se ne lava le mani...
- Stia calma, forse posso spiegarle molte cose... se non tutto.
- Era ora che qualcuno  parlasse....
- Non si preoccupi. Però ho bisogno che venga con me stasera a Le Palace de la Reine...
- Le Palace de la Reine... a fare che?
- C'è un ricevimento in occasione del 100° anniversario della... beh è un festeggiamento... ma lì avremo modo di chiarire  tutto o almeno lo spero...
- E' indispensabile?...
- Sì e le consiglierei un abbigliamento adeguato al luogo e all'occasione... non vorrei che si sentisse a disagio... alle 9.00 davanti all'ingresso principale... ci sarà?
- Certo... baste che non sia un'altro depistaggio... lei è bravo in questo, no?
Lambert non raccolse la provocazione.
- Allora l'aspetto alle 9.00, a stasera.
E riattaccò.
Passò il pomeriggio a scegliere vestiti e a far toletta. Alle 8.30 salì su un taxi. Prima delle 9.00 era davanti all'ingresso gremito di persone in gran spolvero.
Si guardò intorno e, dopo qualche minuto, individuò la figura di Gilles, alto, più della media, un po' curvo e in un elegante vestito nero e papillon.
- Buonasera.. sono contento che sia venuta... Andiamo...
Così dicendo la prese sottobraccio, si avviarono all'ingresso dove mostrò due inviti. Una volta dentro, si diressero al secondo piano dove entrarono nel Grand Salon. Era una grande sala iluminata a giorno, decorata da arabeschi dorati e pesanti tappezzerie e tende di velluto amaranto. C'erano una cinquantina di tavole apparecchiate alla grande al pian terreno e, in fondo, un palco di generose dimensioni. Al secondo piano, dove erano loro, una terrazza semicircolare ospitava un'altra ventina di tavoli.
Un cameriere lì scortò ad uno che era proprio accanto alla balaustra. La vista da lì era perfetta.
- Allora signor Lambert, adesso con tutta questa sceneggiata, si deciderà a dirmi qualcosa?...
- Sì, ma dobbiamo aspettare qualcosa... o meglio qualcuno... intanto mangeremo...
Jerome! Geraldine sperò che fosse lui, ormai era rassegnata ai misteri... ma aveva la sensazione che questa volta...
I camerieri iniziarono a servire, mentre sul palco, aperto il sipario, apparve un'orchestra che iniziò a suonare.
Gilles osservava attentamente il piano di sotto. Sembrava cercare qualcuno, ma continuava a bere e a mangiare...
Mentre stava bevendo si bloccò e senza parlare indicò a Geraldine il piano di sotto. 
Lei guardò in quella direzione. C'era un tavolo ovale più grande degli altri, proprio vicino al palco. In quel momento si stavano sedendo alcuni signori, altri stavano arrivando. Tra questi un distinto signore in smoking, al braccio di una donna giovane con una pelliccia e una lunga capigliatura bionda.
Lui si sedette a capotavola e la compagna alla sua destra. 
Geraldine aguzzò la vista. Era proprio Jerome. Irriconoscibile in quella tenuta. Ma più lo guardava e più si convinceva che era lui... Non era più emaciato, per quanto fosse sempre magro.
Sì alzò di scatto, ma Gilles la prese per un polso, obbligandola a tornare seduta.
Lo guardò con disprezzo.
- Non voleva sapere?
- Che ci fa lui qui? Chi sono quelli... e quella donna?
- Geraldine... la vita non sempre è quella che sembra...
- Che significa?
- Che il lavoro che faceva gli imponeva di...
- Ma quale lavoro?... Voglio sapere....
- Jerome è un'ispettore della polizia tributaria...
- E anche lei....
- Io sono della polizia, del nucleo crimine organizzato...
- Ma che c'entra... non ci capisco nulla...
- Ecco se è capace di stare in silenzio per un po' forse potrà capire...
Geraldine spostò il piatto e incrociò le braccia sul tavolo, si sistemò come per sentire meglio.
- Jerome era quello che si dice un grigio funzionario dell'archivio delle denunce per reati fiscali. Io faccio parte di una sezione della polizia che combatte il crimine organizzato. Noi ci serviamo, oltre dei nostri agenti, di uomini dei servizi segreti, di organizzazioni straniere, e anche della polizia tributaria. Stavamo conducendo un'operazione molto complessa nel sud del paese... Nel mirino c'era un'organizzazione internazionale, era fondamentale sapere tutto di loro. Jerome fu distaccato da noi perchè era la memoria storica di tutto quel materiale d'archivio e riuscì a mettere insieme tutta una serie di procedimenti che erano stati intentati ai singoli componenti dell'organizzazione. Cercavamo qualcosa che potesse inceppare l'accurata copertura che li proteggeva... Ma questo forse non la interessa... forse lei vuole sapere cosa successe a livello personale... La sua collaborazione ci permise di fare molti passi avanti nella nostra operazione. Questo gli fece fare una notevole carriera, fino a farlo diventare un personaggio di primo piano, che era a rischio di essere un obbiettivo dell'organizzazione. La cosa tanto temuta si verificò, fu vittima di un attentato. Se non fosse stato per un'agente donna che si accorse per tempo dell'attentato, si buttò tra lui e il killer e fece fuoco, le cose sarebbero andate peggio. Jerome se la cavò con una ferita di poco conto alla spalla, il killer ebbe la peggio, ma sopravvisse quel tanto per spifferare qualche nome e alcune informazioni sull'organizzazione. L'agente, che lo ha salvato, è quella signora bionda che ha visto entrare insieme a lui.   
- Ma la telefonata della clinica fantasma, il suo depistaggio, tutti questi misteri...
- Cara Geraldine... tutto per proteggerlo e in questo muro di false indicazioni e di notizie civetta, l'ispettore della polizia, c'è finita in mezzo anche lei ...Ma era per la sicurezza di...
- E da quanto dura questa storia?
- Da almeno tre anni...
- Quindi quel suo atteggiamento impenetrabile dipendeva da questa doppia vita...
- Ma no, si figuri! Quello è Jerome... alla tributria la chiamvano "la mummia", per il suo atteggiamento. E d'altronde fu anche grazie a questo tratto del suo carattere che fu scelto per collaborare con noi...
- E quella donna?
- L'agente Florence? Bhe... fa ormai coppia fissa con Jerome.... ufficialmente in servizio... ma non posso dirle nulla del privato... Jerome non ne parla - disse con un risolino malizioso - non ne parla con nessuno...
Geraldine si sentiva  tradita... tutto quel tempo dedicato al figlio, tutta quell'ammirazione per un Jerome che adesso non riconosceva... e quella donna ... la sua compagna... o la sua amante... Tutto girava vorticosamente nella sua testa... capiva e non capiva... sentiva una fitta alla bocca dello stomaco...
Si riprese.
- Lo posso salutare?
- Bisognerà chiederglielo...
Vergò alcune parole su un foglietto che ripiegò. Chiamò un cameriere e gli chiese di portarlo a quel signore giù, seduto a capotavola...
Attesero qualche minuto. Videro il cameriere consegnargli il biglietto e lui che scriveva una risposta. Il cameriere tornò su e consegn. il messaggio a Gilles.
- Ok ha accettato, ma solo un breve saluto... ha scritto "Sì, ma nessuna spiegazione, solo un saluto. Tra cinque minuti davanti al guardaroba".
- D'accordo - sospirò Geraldine - solo un saluto... già è un sollievo saperlo vivo...
Si alzarono e Gilles, l'accompagnò al piano terra. Quindi Gerladine si avviò al guardaroba. Jerome era lì. Non sembrava nemmeno lui, così elegante, 
curato, pettinato, era sparito anche il ciuffo.  
Si guardarono. Lei gli disse "Ciao Jerome".
Lui rispose "Ciao". Poi si avvicinò e la abbracciò.
Si sentì un grido soffocato. Il ventre di Jerome iniziò a sanguinare copiosamente.
Si accasciò a terra davanti a Geraldine che teneva ancora il coltello sporco di sangue in mano.
Il primo ad arrivare fu Gilles.
Poi sbucarono degli agenti che immobilizzarono Geraldine.
Gilles la guardava interdetto. Sembrava che in quel silenzio le chiedesse perché.
Quando le passò vicino lei sussurrò "Sarò dell'Organizzazione?...".