Romanzi esotici. Questo era quello che scriveva Simenon quando, nella prima fase, quella della letteratura popolare, atlante alla mano faceva un po’ quello che da noi faceva Salgari. Inventava storie avventurose in luoghi lontani, dove non era mai stato. Con qualche voce delle enciclopedie, qualche cartina geografica e forse qualche fotografia faceva scatenare la sua immaginazione e inventava romanzi brevi, racconti e storie. Quando la sua letteratura smise di essere “alimentare” e gli concesse anche qualche “superfluo”, Simenon iniziò a viaggiare in tutto il mondo, prima per i canali della Francia e dell’Europa, poi traversando l’Africa e quindi spingendosi nei luoghi più esotici, come le isole del Centro-America, quelle del Sud Pacifico. E al ritorno aveva immagazzinato nella propria mente una serie di ricordi di persone, luoghi, situazione, incidenti e avventure, che poi avrebbe sfruttato in diversi dei suoi romans-durs.
E’ ovvio che con un tale predisposizione a viaggiare e a scoprire, tra i suoi scrittori preferiti ci fossero Conrad e Stevenson, scoperti tra gli otto e i dieci anni, quando a Liegi era uno dei più assidui frequentatori della biblioteca e divorava cinque /sei libri a settimana.
Il Simenon adulto però qualche appunto lo avanza, rimproverando per esempio a Conrad di non fare alcuna concessione al lettore comune (ad esempio: “…Conrad ci teneva a utilizzare i termini tecnici senza sentirsi obbligato a darne una spiegazione al grande pubblico..”)
E ci spiega perché questa osservazione , proprio da lui che aveva affermato più volte di non scrivere per tutti.
“… credo che avrebbe guadagnato a semplificare un po’ il suo stile. Perché il suo apporto è davvero universale e tutti avrebbero potuto trovare ‘nutrimento’ negli scritti di Conrad, ma molti ne sono allontanati da una certa pesantezza della forma o, più esattamente, una certo eccessivo rigore…”
E poi Simenon marca le differenze tra i suoi scritti esotici da quelli di Conrad, spiegando quelli suoi erano molto diversi, semplice frutto delle esperienze di viaggio, denunciando spesso il degrado e lo sfacelo di certi paradisi esotici e descrivendo, l’abbrutimento e il fallimento di molti europei che arrivavano in queste terre dopo disastri personali, economici, familiari, convinti di rifarsi una verginità e una vita in quella specie di “altri mondi”. “Esotismo realistico” lo potremo difinire, che affiancava una dura critica del colonialismo (soprattutto in Africa) dei paesi europei e delle condizioni in cui aveva ridotto gli indigeni.
A proposito di Stevenson, va invece registrata una sua critica, sia pur amichevole, a Simenon: “…la sua curiosità e il suo acuto senso della satira l’avevano spinto a croquer sia gli altri che sé stesso, quando invece l’autore dei Dictées non si interessa che a sé, senza metterci la minima parte del suo genio. Certi critici, che non l’amano affatto, ne approfitteranno per giudicare retrospettivamente l‘insieme dell’opera simenoniana alla luce di questi Dictées e, non senza cattiva fede, regolare i loro conti con un ‘mediocre Simenon’…”.
Non bisogna però scordare che proprio Simenon aveva avvertito:
“…Io mi considero sempre meno uno scrittore, e ancor meno un romanziere, sento che mi allontano sempre più dalla letteratura…. Questi Dictées dimostrano che io sono abbastanza scherzoso di natura… Tutto questo non è che un divertimento, come tutti i miei Dictées. Alcune volta ne provo addirittura vergogna…. Io detto quindi io sono… In fondo non ho niente da dire… ma non possoo tacere… I miei Dictées non hanno nulla a che vedere con la letteratura… Dettare é diventato un bisogno, per così dire, ogni mattina io detto, non importa cosa, tutto quello che mi passerà per la mente nel momento in cui avrò il microfono in mano…”
in questo periodo sto leggendo un po' di romanzi esotici di simenon,li consiglio a tutti,specialmente"les maudits du pacigfique".a mio avviso sono meno peggio di quel che a volte si dice
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