venerdì 9 settembre 2011

SIMENON E I RAPPORTI CON 36, QUAI DES ORFEVRES

Xavier-Guichard, Direttore 
della P.J. parigina
Nel periodo della letteratura popolare, Simenon scriveva inventando del tutto o poggiandosi  su pochi punti di riferimento, che fosse un romanzo di viaggi avventurosi ed esotici, che fosse una storia d’amore vista da una donna o un romanzo poliziesco-giudiziario, l’ingrediente più abbondante era la sua fantasia.
Per quanto riguardava i polar, poteva in  parte contare sulla sua esperienza  di reporter, quando era ancora in  Belgio alla Gazzette de Liége e frequentava quotidianamente gli uffici della polizia e dove sembra addirittura che avesse conosciuto un funzionario che si chiamava Maigret.
Ma quando iniziò a scrivere i Maigret, Simenon sentì l’esigenza di documentarsi, soprattutto sulle procedure che un commissario della brigata omicidi come Maigret doveva (o avrebbe dovuto) seguire.
Aveva poi conosciuto anche qualche celebre commissario di Quai des Orfévres, Massu, Guillaume, Xavier-Guichard (vedi il post del 21 giugno Simenon. A scuola di polizia ). Ma dalla stessa polizia, pur apprezzando che finalmente in un giallo uno di loro non fosse ridicolizzato da un detective privato (come facevano lo Sherlock Holmes di Conan Doyle,  il Poirot di Agatha Christie, o il Nero Wolfe di Rex Stout, tanto per citarne alcuni), c’erano nei primi titoli della serie delle inesattezze nelle procedure.
E nel 1932, proprio Xavier-Guichard, allora direttore della Polizia Giudizaria parigina, lo invitò a Quai des Orfévres proprio per chiarirgli i metodi e le procedure che erano seguite.
Dopo un giro di prima presa di contatto, ritornato nell’ufficio del commissario, Simenon chiese di poter assistere agli interrogatori, l’aspetto umano dell’incontro cruciale  tra criminali o sospettati e polizia, dove saltavano fuori gli aspetti psicologici e comportamentali più interessanti per uno scrittore come lui.
Seguendo il commissario Guillaume, assistette ad interrogatori, al rapporto della mattina, alla riunione dei capi delle varie brigate con il loro direttore,  e addirittura agli esami psichiatrici nell’infermeria speciale del Quai.
In un’intervista con Roger Stéphane nel 1963, Simenon ricorda a proposito dei suoi Maigret: “… ho  tratto molto da quell’ambiente, anche se poi sono stato costretto a tagliare perché non si può scrivere un romanzo che si svolga come una vera indagine poliziaria, vi partecipano da 90 a100 persone… bisognerebbe parlare delle commissioni rogatorie, delle relazioni tra questo e quel servizio; sarebbe  talmente complicato che il pubblico non ci capirebbe nulla…”.
Il commissario Guillaume (seduto) con i suoi ispettori
Tutt’altro tono al suo ritorno  in quel luogo nell’aprile del ‘52. Sono passati trent’anni, Simenon é diventato famoso in tutto il mondo, come pure il commissario Maigret e lo scrittore viene ricevuto con tutti gli onori al, grazie a lui, famosissimo 36, Quai des Orfevrés, con il prefetto, i commissari, gli ispettori, e con la solenne  cerimonia  della consegna di un distintivo da commissario, numerato 0000 a nome Maigret.
Si dice che poi Simenon ne avesse fatto un portachiavi e che addirittura se ne fosse servito una volta che venne fermato dalla polizia per eccesso di velocità. Ma ne andava così fiero che, ad esempio, lasciò di stucco lo scrittore Jaques Laurent, il quale non capiva come il grande Simenon potesse tenere più a quel distintivo che alle onorificenze letterarie.

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