giovedì 8 settembre 2011

SIMENON. ANDRE’ GIDE E IL “DOSSIER G.S.”

In parte scopritore del “romanziere”, sicuramente  un suo ammiratore, decisamente un suo sostenitore nel mondo della letteratura. Stiamo parlando di André Gide, che a quell’epoca era una vera istituzione della cultura francese. Ed essere sotto le sue ali, come successe a Simenon, voleva dire aver raggiunto autorevolezza e stima nel mondo delle lettere e non solo in Francia. Gide leggeva attentamente i romanzi di Simenen, godendone della lettura, ma anche analizzandoli per capire quale misterioso motore muoveva quelle storie, per scoprire come si costruiva nella mente di Simenon quell’approccio  così personale e come creava quella lingua tanto semplice, ma efficace.
Gide aveva costituito un “Dossier G.S.” (molti si accapigliarono se stesse a significare Gide-Simenon oppure Georges Simenon), dove appuntava scrupolosamente le sue osservazioni, ma anche le sue critiche sull’opera simenoniana.(in proposito vedi il post del 6 febbraio Perché Simenon piaceva tanto ad André Gide )
… Simenon rimane vittima  di questa abitudine del pubblico di rimanere condizionati dalla prima impressione. Il successo di certi suoi primi libri (si riferisce ai Maigret n.d.r.) ha valso a Simenon la pericolosa reputazione di autore di romanzi polizieschi, genere sospetto e discreditato che lo confina nella periferia della letteratura. Ha un bel pubblicare in seguito uno dopo l’altro dieci, quindici , venti romanzi eccellenti e di genere completamente diverso, non c’è niente da fare: ti ho conosciuto detective e detective tu resterai…”
Gide è quindi  preoccupato che i Maigret coprano le qualità del romanziere, rivelando così che anche lui, come il mondo letterario per lungo tempo, non riconosceva al giallo (“polar”, come lo chiamano i francesi), dignità di genere letterario alla pari di altri. Ed ecco in sintesi alcuni estratti dei giudizi che Gide si appuntava su vari titoli simenoniani.
• Le Suspecte (1938). Uno dei rari romanzi dove il protagonista agisce con una volontà propria. E’ per questo che Simenon lo considera fallito?
• La Maison du Canal (1933). Atmosfera del piccolo treno. Vale tutti i Maupassant, Cechov, etc. Eccellente.
• Le Locataire (1932). Non ci sono migliori descrizioni, migliori dialoghi, resta (e doveva restare) monotono e si sviluppa, come la  musica araba, su un solo piano.
• Les Noces de Poitiérs (1946). In una stessa pagina quattro “a capo” finiscono con dei punti di sospensione (completamente ingiustificati gli ultimi tre). Senza contare quattro altri nel corso del testo.
• Cour d’assises (1941). Molto buono, ma d’interesse limitato.
• Le Gens d’en face (1932). Eccellente e molto precisa descrizione dell’atmosfera russa
• Pedigree (1948). L’interesse si risveglia (dovrei dire: si sveglia) con le camere in affitto e soprattutto con l’arrivo di Frida…Simenon raggiunge un sorta di grandezza epica.
• L’Evadè. (1936). Curioso tentativo (ma non molto riuscito questa volta) sulla sovrimpressione dei ricordi sull’attualità.
E questi giudizi dimostrano come, dopo un periodo di immersione totale nell’universo simenoniano, a Gide occorreva uscirnerne, per affermare che in Simenon non tutto é da leggere e non tutto é allo stesso livello.

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