sabato 24 agosto 2013

SIMENON E UN MINISTRO INGENUO PER MAIGRET

MAIGRET E IL MINISTRO 
(Maigret chez le ministre) - anno 1955 - Edizioni Presses de La Cité



Copertina di Pintér - Oscar Mondadori 1980
Questa é un'inchiesta "politica" che cade tra capo e collo al nostro commissario e che lo porta ad avere un rapporto diretto con un ministro della repubblica. Ora sappiamo quanto Simenon detestasse i politici, i loro malaffari, i loro intrallazzi e, di solito, ogni occasione era buona per dipingere a tinte fosche i politici e i politicanti. In questo caso invece il ministro, cui Maigret si avvicina, con la sua abituale diffidenza, è una mosca bianca. Era infatti unsemplice, avvocato di provincia, con saldi principi e un'etica del tutto diversa da quella dei politici di professione. Eletto al parlamento, e poi chiamato al Governo, quando in politica, subito dopo la guerra, c'era ancora voglia di pulizia e di personaggi non compromessi con i poteri economici, con i giochi di partito e con le lotte di potere.  Aguste Point, ministro dei lavori pubblici, racconta così a Maigret come funziona in Parlamento: "...ogni giorno si stringe un maggior numero di mani e, se queste non sono molto pulite, si scuotono le spalle con indulgenza : 'Bah! Non è un cattivo diavolo' si dice. Oppure: E' costretto a farlo per i suoi elettori... Io ho dichiarato che se ciascuno di noi si rifutasse, una volta per tutte, di stringere le mani sporche, l'atmosfera politica verrebbe immediatamente purificata...". Siamo nel mondo, o meglio nella politica, così come Simenon la vorrebbe (e magari non solo lui...). E Maigret si accorge pian piano che quel politico, nonostante il potere che potrebbe esercitare, è rimasto un semplice... é un po' come lui, e capisce il suo disagio per essersi fatto incastrare. La sua arredevolezza gli ricorda la propria... Infatti, quando tempo prima il commissario era stato accusato ingiustamente, non aveva tirato fuori le unghie, ma si era quasi ripiegato su sé stesso. Insomma il ministro é innocente e Maigret dovrà provarlo. Anche qui il commissario sarà un "aggiustatore di destini"?







"Come ogni sera tornando a casa, nello stesso punto del marciapiede, un po' dopo il lampione a gas, Maigret alzò lo sguardo verso le finestre illuminate del suo appartamento. Non se ne rendeva più conto. Se gli avessere domandato a bruciapelo se la luce era accesa o no, probabilmente avrebbe esitato a rispondere. Inoltre, come una specie di mania, fra il secondo e il terzo piano, cominciava a sbottonarsi il soprabito per prendere le chiavi nella tasca dei pantaloni e, invariabilmente, la porta si apriva nel momento stesso in cui lui posava il piede sullo stuoino....".
Edizione: Oscar Mondadori 1980 - "Maigret é solo" - Traduzione: Lidia Ballanti

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venerdì 23 agosto 2013

SIMENON. SE TESTO E IMMAGINE S'INCONTRANO... CREAZIONE O FOLLIA?

La folle d'Itteville. E' un'altro dei tentativi che Simenon, che aveva appena trovato il successo con Maigret lanciato nel febbraio del '31, ancora andava facendo, sperimentando anche formule narrative inedite.
In questo caso si trattava di un'iniziativa che non poteva essere realizzata da Fayard, con cui Simenon già pubblicava un Maigret al mese. L'idea maturò con la proposta di un giovane editore, Jacques Haumont, che voleva lanciare una innovativa serie di racconti polizieschi in cui il testo fosse integrato con le fotografie, dando così forma ad un sistema narrativo che lui chiamava Photo-Texte. E' il non ancora trentenne Simenon, aperto alle novità, che aderisce all'iniziativa insieme alla fotografa tedesca Germaine Krull. Lui metterà a disposizione un racconto con l'ispettore Sancette, detto anche G.7, uno dei vari poliziotti ante-Maigret, mentre la Krull contribuirà con un pacchetto di 104 fotografie. Come abbiamo detto, doveva essere il primo titolo di una serie, tanto che Simenon aveva già scelto i quattro racconti da destinare a Photo-Texte. Fu firmato il contratto e fu organizzata per il 4 agosto una festa a bordo dell'Ostrogoth (il natante di Simenon) attraccato a Quai d'Anjou, nei pressi di Pont-Marie. Una festa riuscita, ma le 25.000 copie della tiratura rimasero per lo più invendute. E così, nonostante le speranze dell'editore, i contratti firmati e l'entusiasmo di tutti, la Folle d'Itteville fu il primo e unico titolo della collana Photo Texte. Questo esperimento è tra l'altro stato citato ieri in un articolo di The Irish Time in cui si parla appunto dell'incontro tra le parole e le immagini. Simenon riciclerà poi il racconto nella raccolta edita nel '38 da Gallimard, Les sept minutes. E questo esperimento rimarrà un'ombra in un periodo che invece vedeva i primi Maigret vendere molto bene, anche se nemmeno Simenon immaginava il successo planetario che negli anni quel personaggio avrebbe avuto.

giovedì 22 agosto 2013

SIMENON: 20... 40... 80... PAGINE AL GIORNO? I RITMI DI UN... FANNULLONE !


La sua velocità. E' sempre stata una sua grande risorsa e allo stesso tempo una delle sue croci. Chi più en passant, chi più pesantemente, sopprattutto nei primi tempi, lo si accusava sempre per lo stesso motivo. "... Certo il talento, l'innata propensione alla scrittura... ma a quei ritmi come si fà a scrivere qualcosa di accettabile. Tutta quella furia, quelle velocità...! Come potrebbe essere diversa la prosa di Georges Sim (allora era conosciuto soprattutto così) se fosse più lento, più riflessivo...".
Era come un peccato originale che si portava dietro impresso pareva in modo quasi indelebile.
D'altronde ancora nel '63 in un'intervista a Roger Stephane, Simenon spiegava "...Capisco che può sembrare un po' ridicolo ma alla fine si arriva a scrivere automaticamente: romanzi popolari, 80 pagine al giorrno; romanzi polizieschi all'inizio 40 pagine al giorno, una seduta al mattino e una al pomeriggio: ed allora mi dicevo: 'Quando avrò da scrivere soltanto 20 pagine al giorno, sarò un re'... In effetti dopo i primi Maigret non ho più battuto un numero superiore a 20 pagine al giorno e soltanto per sessanta giorni all'anno...".
Una piccola moltiplicazione, 20 pagine/giorno per 60 giorni, fa 1200 pagine l'anno. Sette/otto giorni per ogni libro... diciamo sei libri l'anno, per una media di 200 pagine a titolo, un po' di meno per i Maigret e un po' di più per i romans-dur.
Sessanta giorni all'anno di scrittura. Cioé due mesi di lavoro e dieci di vacanza!
Un vero paradiso... Vista in quest'ottica non sembra più così "affrettata" la produzione letteraria di Simenon.
Velocità, fattore davvero influente sulla qualità della sua opera? E poi va considerato che la velocità è un elemento abbastanza soggettivo. A nostro avviso, proprio non ci pare che questa rapidità nella composizione possa essere stata una caratteristica penalizzante. E comunque é sempre il risultato quello che conta. Le sue opere vengono ancor oggi riproposte con successo in nuove edizioni, non solo in Italia o in Francia, ma ad esempio anche in Spagna, in Ungheria, in Brasile, in Romania, in Messico... Scritte in fretta o no, continuano a sedurre nuovi lettori e a procurare business agli editori.

mercoledì 21 agosto 2013

SIMENON. TUTTI I COLORI DI MAIGRET, SECONDO... MURIELLE


Chi ci segue un po' assiduamente, sa chi è Murielle Wenger. E' una grande esperta di Maigret, titolare del sito Les enquêtes du commissaire Maigret, una delle collaboratrici più qualificate della ricca sezione Simenon's Maigret del sito Trussel e anche un'assidua e più autorevole attachée del nostro Bureau Simenon-Simenon.
Oggi vogliamo segnalare un suo saggio apparso su Trussel intitolato Les couleurs de Maigret  che prende in esame l'utilizzo da parte di Simenon dei termini che si riferiscono ai colori, nell'ambito delle inchieste del commissario Maigret.
Si capisce subito che si tratta di un'analisi molto vasta e che, per ammissione della stessa Murielle ha richiesto molto tempo. L'analisi del testo dei romanzi e dei racconti maigrettiani rivela, secondo l'autrice, il notevole utilizzo che il romanziere faceva dei colori sia in riferimento ad elementi concreti, che a situazioni, a persone... in senso descrittivo o simbolico.
Simenon, si sa, era un amante della pittura e i colori si rivelano un elemento importante per la creazione delle atmosfere e per la costruzione di un ambiente o di un personaggio.
Ecco un esempio tratto da La patience de Maigret che Murielle ha inserito come introduzione al suo saggio.
"...i viali e le strade di Parigi erano un vero e proprio fuoco d'artificio nel calore di luglio e si vedevano dappertutto bagliori di luce; scaturivano dai tetti d'ardesia e dalle tegole rosa, dai vetri delle finestre dove cantava il rosso di un geranio; scorrevano le carrozzerie multicolori delle automobili, blu, verdi, gialle..."
Un vero trionfo di colori... ma vediamo cosa ha scoperto, tra le altre cose, Murielle sui colori più utilizzati a seconda degli editori per cui Simenon scriveva.
"... se si fà un analisi in funzione dei tre periodi del corpus simenoniano (Fayard, Gallimard Presses de La Cité), si constata che i tre colori del sistema originale (bianco, nero, rosso) restano i più utilizzati in tutti e tre i periodi, ma per il periodo Fayard il quarto colore più utilizzato è il grigio, seguito dal giallo e dal blu; come per il periodo Gallimard il verde, il giallo e il blu sopravanzano il grigio (voglia di Simenon di "mettere dei colori" in un periodo storicamente difficile?); per il periodo Presses de La Cité, il giallo e il blu precedono il grigio che è seguito dal bruno e poi dal verde...".
Insomma questo studio è interessante, e a tratti anche intrigante, oltre ad essere un orignale e inedita chiave di lettura dei Maigret di Simenon.
Il saggio di Murielle Wenger è ricchissimo di dati, prende in considerazione ben unidici colori  (il nero, il bianco, il grigio, il rosso, il giallo, il blu, il verde, il marrone, il rosa, il viola, l'arancione) e il loro utilizzo in senso quantitativo, qualitativo e a seconda in quali testi è avvenuto. Si parla dei colori delle cose, di polifonia di colori... 
Insomma consigliamo a tutti questa lettura interessante e davvero originale, tanto più che è fruibile in francese ed anche in inglese.

SIMENON SIMENON. UN SALUTO A ELMORE LEONARD

Doveroso. Questo non è un blog di gialli, né di letteratura, ma quando scompare uno scrittore come Elemore Leonard, occorre fermarsi un attimo. Un autore che abbiamo amato e continueremo ad amare molto. Disincantato, ironico, sfacciato, raccontava con una prosa sempre brillante e dei dialoghi di grande livello. Apprezzate dal pubblico, utilizzate dal cinema, le sue storie, che fossero western o polizieschi, ci rimarranno nel cuore con i suoi Jack Ryan, Chili Palmer, Jack Foley...
Lo salutiamo con una delle sue chiusure di un capitolo. E', ovviamente, un dialogo:
Elaine - Perché non metti via quel sigaro e prendi una delle mie caramelle alla menta?
Chili - Così potrai fumare un'altra sigaretta... dopo?
- Ti dirò la verità - sorrise Elaine - Da quando ho smesso di fumare, fumo più di prima. Ma non credo che mi faccia male. (capitolo Ventidue di "Be Cool" - 1999)

martedì 20 agosto 2013

SIMENON: SCRIVETELO VOI UN... ROMANZO POPOLARE!

Abbiamo spesso scritto della prima parte della vita letteraria di Simenon, dal suo arrivo, nel dicembre del '22, a Parigi, fino al lancio della serie dei Maigret.
Se ne discute sempre come il periodo di letteratura "alimentare", almeno così la definì più volte lo stesso Simenon. Si è detto che era letteratura su commissione: arrivava l'ordine per un racconto o un romanzo breve, di un genere preciso con una lunghezza prestabilita (misurata in linee) e in più con la specifica del titolo e della collana in cui sarebbe uscito. Questo voleva dire escludere dei temi, trattarne altri, utilizzare un certo linguaggio, costruire il protagonista secondo un certo cliché, utilizzare necessariamente un tipo di personaggio. Tutto in funzione del pubblico cui il titolo era indirizzato.
E questo, per quanto Simenon fosse in un periodo di apprendistato, comportava comunque un certo mestiere. E lo scrittore, un po' con l'esperienza fatta a Liegi come giornalista (già allora aveva scritto dei racconti e dei romanzi), un po' con il suo innato talento e anche con la sua "feroce" voglia di riuscire soprattutto in quegli anni giovanili, arrivava a compilare quell'ordine secondo le specifiche ricevute.
Ma sentiamo cosa dice lo stesso Simenon a tale proposito in un conversazione del '69 con Francis Lacassin "...per quanto stupido possa essere un romanzo popolare deve essere costruito ancor più accuratamente di un romanzo letterario. Sapete benissimo che la difficoltà in teatro è anche quella di fare entrare e uscire un personaggio. E' il grande problema degli sceneggiatori e dei drammaturghi soprattutto. Ebbene lo stesso capita per un romanzo. Un romanzo deve avere un certa coesione. E io allora mi dicevo: io sono incapace di scrivere adesso un vero romanzo, occorre prima che impari il mestiere. Non si diventa musicista, compositore, senza aver studiato la musica, la composizione. Ecco non si diventa romanziere senza aver studiato la costruzione di un romanzo. Io l'ho fatto per tre anni e mezzo...".
Più meno lo stesso dichiarò a Bernard de Fallois e Gilbert Sigaux l'anno successivo: "...per quanto brutti possonano i romanzi popolari e per quanto cinicamente li si possa scrivere - e io ero perfettamente cinico, davo esattamente agli editori quello che mi domandavano, ai lettori, o meglio alle lettrici, quello che chiedevano - malgrado tutto ciò la parte tecnica contava e questo mi è servito...".
E torniamo all'apprendistato. Anche se con il passare degli anni, con il crescere della sua esperienza, aumentavano i racconti, i romanzi brevi e i romanzi che riusciva a consegnare, spesso portando avanti due o tre titoli insieme, dettandoli a dattilografe diverse... e firmandoli con pseudonimi sempre diversi "... una vera e propria industria, con un numero considerevole di prodotti ben delineati, standardizzati... - spiega Simenon  nel saggio Le Romancier del '45 -  E io ho imparato a fabbricare questa gamma di prodotti...".
Insomma questa era la letteratura popolare con le sue regole, i suoi tempi e le sue rigide caratteristiche cui bisognava sapersi adeguare.
Simenon si adeguò e imparò... ma non solo questo!

domenica 18 agosto 2013

SIMENON, SCRITTORE "DISINVOLTO" CHE GLI ALTRI SCRITTORI NON SANNO... COME PRENDERE


Ci siamo chiesti spesso come e perché ci siano ancor oggi svariate discussioni sulla validità di Simenon come romanziere. Diremmo meglio, non sono vere e proprie discussioni, ma è piuttosto un chiacchiericcio, un intrecciarsi di "se" e di "ma", una serie di distinguo che non negano il livello letterario e però...
E questo succede in Francia, ovviamente, ma anche in altri paesi del mondo, Italia compresa, dove delle pur sbiadite remore sullo scrittore belga riescono ad avere voce e visibilità nel dibattito culturale e mediatico.
Crediamo che lo scrittore francese Emmanuel Carrère, esprimendosi recentemente su questo argomento, abbia centrato il punto : "... Per me, un Simenon è un libro sparigliato, già letto da altri, sul quale capito per caso. L'apparato critico de La Pléiade è certamente interessante, ma dubito che mi interessi davvero, per dirla tutta. Io ho un rapporto disinvolto con Simenon..."
Ecco le parole chiave: "rapporto disinvolto". Crediamo sia una delle allocuzione che meglio definiscano la relazione tra lo scrittore i suoi romanzi e i suoi lettori.
Simenon possiede due armi formidabili a questo riguardo: la sua tecnica espressiva e il suo eclettismo spontaneo.
Sulla tecnica espressiva ci siamo già dilungati. Pochi i termini utilizzati (non più di duemila, sosteneva Simenon), parole semplici e concrete (le famose mot-matière), frasi brevi, un periodare conciso e ritmato da numerosi dialoghi di grande efficacia. Per eclettismo spontaneo invece intendiamo la capacità di Simenon di scrivere, a suo agio, romanzi tragici e inchieste di Maigre a volte anche divertenti. E la disinvoltura che citava Carrère riteniamo sia più nel modo di scrivere di Simenon e poi, di conseguenza, anche il rapporto con il lettore, tramite il romanzo, si fà disinvolto.
Carrère accennava alla Bibliothèque de La Pléiade, la famosa collana francese edita da Gallimard, una sorta di "Olimpo dei Classici", dove vengono raccolte le opere dei più grandi scrittori di tutto il mondo. L'ingresso di Simenon avrebbe dovuto spegnere ogni... brusìo. Ma così non fu. E più ci riflettiemo e più ne siamo convinti: è proprio questo rapporto disinvolto con i lettori a spiazzare alcuni critici, ma anche diversi scrittori che non sanno da che verso prendere Simenon. Non sanno da che parte affrontarlo, perchè lui ha sparigliato un po' i giochi del romanzo del '900. Un linguaggio semplice per argomenti né banali e né accademici. Temi che interessano tutti, trattati in modo che ognuno vi si possa riconoscere. Situazioni e vicende che toccano tutti gli uomini, sia nel tragico che nel farsesco, però solidamente agganciate alla realtà di tutti i giorni.
E tutto questo riuscendo a cambiare registro... disinvoltamente.
E chi non capisce questo "enigma Simenon", si inserisce di diritto nella secolare discussione di cultura alta e cultura bassa... questa falsa discussione, che pure si auto-alimenta da tempo immemorabile.
Per esempio cosa scriveva di Simenon nel '32 un'altro scrittore a lui contemporaneo, Robert Brasillach "...ecco  perché malgrado delle lacune evidenti, molti scrittori si interessano a Monsieur Simenon. Si può trattarlo con disdegno, non è nemmeno un caso particolarmente curioso. Fosse più attento, libero dal suo pubblico, dalle procedure che si obbliga a seguire, se Monsieur Simenon scrivesse meno velocemente, chissà che non ci regalerebbe un romanzo stupefacente?...".
Questa é la classica posizione dei letterati più rigidi, che in quella disinvoltura di cui parlavamo, vedono invece i limiti di un Simenon che, a loro modo di vedere, se lasciasse perdere tutti i suoi giocherelli e si applicasse sul serio, potrebbe diventare davvero un grande romanziere.
Ma Simenon aveva le spalle larghe da questo punto di vista e fortunatamente ha continuato dritto per la sua strada, anche quando le critiche venivano da personalità che lui stimava e che lo avevano in gran considerazione. Stiamo parlando di Andrè Gide, che per un certo periodo é stato il suo nume tutelare, e che lo sdoganò, facendo passare nel dimenticatoio il suo decennio di letteratura popolare, con la sua ventina di pseudonimi, e mettendo in secondo piano il marchio di scrittore di letteratura poliziesca che il successo dei primi venti Maigret gli aveva impresso molto profondamente.
Gide avrebbe voluto che Simenon non scrivesse romanzi di 160/200 pagine. Sognava per lui un volume ponderoso, un romanzo corale e magari anche generazionale che a suo avviso l'avrebbe davvero consacrato nell'Olimpo degli scrittori.
E invece il "disinvolto" Simenon cosa rispose? Che il suo grande romanzo era in realtà la sua intera opera e che scrivere un romanzo di cinque o seicento pagine non era nelle sue capacità, né nelle sue ambizioni.
E andò avanti per la sua strada, conla sua facilità e veocità di scrittura, con il suo état de roman, con il suo alternare romans-durs ad inchieste di Maigret, con il suo mettersi nella pelle degli altri, cercando l'uomo nudo e sempre con l'intento di comprendere e non giudicare.

sabato 17 agosto 2013

SIMENON SIMENON - INVITO ALLA LETTURA: MAIGRET E IL CORPO SENZA TESTA

MAIGRET E IL CORPO SENZA TESTA 
(Maigret et le Corps sans tête) - anno 1957 - Edizioni Presses de La Cité

Presentazione: Questa inchiesta inizia nel segno dell'acqua, quella dei canali, luoghi che ricorrono spesso nelle indagini di Maigret. D'altronde, a quanto raccontava lo stesso Simenon, il personaggio del commissario parigino era nato proprio in riva ad un canale, a bordo di un barca arenata. Qui invece è una chiatta che non riesce a muoversi perché l'elica s'é impigliata in qualcosa che ne impedisce il funzionamento. Dopo una serie di tentativi riescono a sbloccarla, tirando su un... braccio umano, bello e impacchettato, manco fosse un regalo! Ben presto iniziano le ricerche in un largo tratto del canale e un esperto palombaro riesce a tirar su altri pezzi di quel corpo smemabrato. Ma la testa no.
L'inizio può essere definito un po' uno splatter ante-litteram, con il medico legale Paul che mette insieme i pezzi per dare un'identità a quel puzzle di... pezzi umani.
Poi c'è una donna che gestisce una tipica e modesta osteria di campagna, con poca luce, uno di quei posti dove si può portare il proprio mangiare e ordinare anche solo da bere. Ma nella sua semplicità e riservatezza è una donna enigmatica che cattura l'attenzione e la curiosità di Maigret. E poi questa testa che non si trova dà al caso un certo clamore, che risveglia la curiosità dell'opinione pubblica e finisce che del caso se debba interessare direttamente il giudice Comeliau. E' un'indagine che si insinua nella vita dei canali, in quella di chi guida le chiatte che trasportano ogni genere di merce, dei lavoratori delle fabbriche dei dintorni in quella che non è più città , ma non ancora campagna. Maigret si perde dietro un intreccio di amori, interessi e si ritrova dietro ad un bancone di un'osteria, dove...

"Il cielo incominciava a imapllidire, quando Jules, il maggiore dei due fratelli Naud, apparve sul ponte del battello, prima la testa, poi le spalle, e infine la lunga figura dinoccolata. Passandosi le mani tra i capelli color lino ancora in disordine, egli guardò la diga, la banchina di Valmy a destra; quindi si arrotolò una sigaretta e rimase lì a fumarla nell'aria fresca del primo mattino aspettando di veder la luce nel piccolo bar all'angolo di rue des Récollets..."
Edizione: Oscar Mondadori 1977 - Traduzione: Sarah Cantoni

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venerdì 16 agosto 2013

SIMENON E CAMILLERI. MA MONTALBANO E’ DAVVERO “NIPOTE” DI MAIGRET?


Lo si sente dire spessissimo. Molti intervistatori di Andrea Camilleri sembra non possano far a meno di tirare in ballo il parallelo tra i due commissari. C’è in merito una sorta di coazione a ripetere, evidentemente anche di tipo virale, che contagia giornalisti e uomini di cultura che intervistano lo scrittore siciliano, o che scrivono recensioni sui suoi libri.
Potremo definirlo un… vizio congenito?... Già, perché forse tutto parte dal fatto che Camilleri, all’epoca dei Maigret televisivi, nella seconda metà degli anni ’60, lavorava in Rai e fu delegato proprio alla produzione della serie tv simenoniana interpretata da Gino Cervi.
Ma certo questo ci pare davvero un po’ poco. 

 Sicuramente sono due commissari letterari di successo (un successo però che ad oggi non è possibile comparare), entrambe protagonisti di un giallo-non giallo, di tipo seriale, di un certo livello letterario. Tutti e due sono nati sulle pagine dei libri e poi hanno avuto una notevole fortuna anche in tv (… e limitiamoci all’Italia).
Ma quest’ultimo passaggio, quello dal libro allo schermo (piccolo o grande), è comune a molti altri protagonisti di gialli letterari… non ci pare così esclusivo da costituire un elemento di parentela o una discendenza.
Ma a questo punto le analogie di facciata, come le chiamiamo noi, finiscono.
E comunque ci paiono elementi di scarso peso, e non sufficienti per identificare Montalbano come una sorta di discendente di Maigret.
Uno europeo nordico e l’altro siciliano doc.
Uno tranquillo funzionario di Quai des Orfèvres, direttore della polizia giudiziaria della grande Parigi, l’altro commissario in modesto ufficio di polizia a Vigata, un immaginario piccolo paese della Sicilia.
Uno sposato con una presente e premurosa M.me Maigret, l’altro, un fidanzato… atipico, con un amore lontano e diverse tentazioni vicine.
Uno fuma la pipa, l’altro le sigarette (come d’altronde i rispettivi autori).
Uno più saggio, tutto intento a “comprendere che non a giudicare”. L’altro più tormentato, sempre in bilico tra l’azione e la riflessione, tra l’agire da solo e il gioco di squadra.
Entrambe però sono delle buone forchette (ma questo succede anche per Nero Wolfe, per Pepe Carvalho, per Hercule Poirot…).
Tra gli autori poi ci sono delle notevoli differenze, che si ripercuotono anche sui rispettivi personaggi.
“… Imparai l'arte dello scrivere romanzi gialli seguendo lo sceneggiatore, Diego Fabbri, il quale destrutturava il romanzo e lo ristrutturava. Da questo montaggio e rimontaggio imparai a scrivere un giallo… - spiega lo stesso Camilleri - … anni dopo, quando mi venne in mente di scrivere il primo poliziesco, mi tornò in mente questo lavoro fatto accanto a Diego Fabbri…”.
Sembra quindi che, a suo dire, la propria tecnica di scrittura sia più debitrice a Fabbri che a Simenon.
Quest’ultimo, come ben sappiamo, vedeva in prospettiva i gialli di Maigret come un passaggio tra la letteratura popolare e i romanzi, quelli che lui chiamava romans-dur. Una ventina di titoli e la serie si sarebbe esaurita. Ma anche Simenon, come i protagonisti dei suoi romanzi, non sapeva dove lo avrebbe portato il proprio destino… (cioè a scriverne oltre cento, tra romanzi e racconti, e di smettere di scrivere nel ’72 proprio con un Maigret).
La scelta dell’uso del dialetto, che potrebbe superficialmente sembrare popolare, da parte di Camilleri, invece è in un certo senso elitaria e selettiva, quasi l’autore volesse complicare un po’ il modulo lessicale come per selezionare i propri lettori… Se queste erano le intenzioni, Camilleri ha fallito decisamente, vista la grande diffusione delle storie del commissario Montalbano, nonostante i non pochi vocaboli siciliani utilizzati.
Simenon invece ha fatto la scelta di un linguaggio, asciutto, sintetico, a volte addirittura sincopato. Pochi vocaboli (lui asseriva: “non più di duemila”) e mot-matière, cioè parole concrete di oggetti concreti, cose che si toccano che hanno delle dimensioni, un peso… per realizzare una scrittura comprensibile a tutti.
Insomma due visioni e due punti di partenza diversi (d’altronde il primo Maigret fu scritto da Simenon nel settembre del ’29 a ventisei anni. Il primo Montalbano uscì nel ’94 quando Camilleri si avvicinava ai settant’anni. E anche questo una certa differenza la fà).
Vedi anche il nostro post del 04/09/2011 http://www.simenon-simenon.com/2011/09/simenon-maigret-e-montalbano-sul-larena.html
Certo sia Simenon che il romanziere siciliano, avrebbero voluto far morire il proprio eroe, e dedicarsi ad altra letteratura. Nessuno dei due ci è riuscito, anche se Simenon ha comunque realizzato con ampio margine il sogno di diventare un romanziere (e anche Camilleri più di qualche soddisfazione extra-Montalbano se l’è tolta). Ma anche questa è una situazione ricorrente: il troppo successo di un personaggio castra le ambizioni di uno scrittore. E per fare solo qualche esempio, questo era già successo a Conan Doyle con Sherlock Holmes, a Rex Stout con Nero Wolfe e più recentemente a Manuel Vazquez Montalban con Pepe Carvalho…
Nemmeno questo quindi fa del commissario di Vigata un discendente di quello parigino.
L’indole dei due commissari diverge. Maigret è lento all’inizio delle inchieste, quasi faticasse a mettersi in moto e quando gli pongono delle domande le sue risposte classiche sono: “No, per ora non ho nessuna pista” e “Sì, sospetto di tutti”.
Montalbano invece, che essendo uomo del sud ci aspetteremmo flemmatico e un minimo indolente, è invece spesso svelto ad afferrare le situazioni, scattante nell’azione… insomma efficiente… efficiente e acuto.
Maigret invece, che secondo i suoi superiori non ha un vero metodo d’indagine, come afferma Simenon “…non è intelligente, ma intuitivo…”.
Simenon nasce a Liegi, Camilleri a Porto Empedocle, circa 2500 km. più a sud.
Ma la loro non è una lontananza geografica, ma un modo diverso di vedere le cose (anche i ventitre anni in meno di Camilleri contano), e quindi di trasporle sulla pagina. Tra Simenon e Maigret, c’è man mano sempre più una convergenza. Camilleri invece si capisce che guarda con tenerezza al suo protagonista, ma si avverte che tra loro ci sono pochi punti di contatto. Insomma mentre in Maigret c’è un bel po’ di Simenon, a nostro avviso, in Montalbano c’è sì qualcosa del suo autore, ma non più di quanto succeda per altri personaggi di altri scrittori.
Insomma in Montalbano molti vedono un personaggio che segue da vicino l’altro commissario, correndo nella sua scia.
Secondo noi, invece, il discendente di Maigret non è ancora apparso all’orizzonte (e non è detto che apparirà), oppure, se è apparso, gode ancora di troppa poca visibilità.

giovedì 15 agosto 2013

SIMENON. SE MAIGRET INDAGA D'AGOSTO

Illustrazione di Ferenc Pintèr per la serie Maigret di Mondadori
"...le finestre, benchè aperte, non davano alcuna frescura: anzi, facevano entrare un'aria calda che sembrava salire dal'asfalto molle dalle pietre infuocate, dalla stessa Senna che pareva sul punto di fumare come una pentola sul fuoco. I tassì, gli autobus sul ponte Saint-Michel cammniavano più lenti del solito, sembravano trascinarsi....".
In Maigret tend un piége (Presses de La Citè - 1958), Simenon fa piombare il lettore, sin dalla prima pagina, nella torrida estate parigina e la sua afa di un agosto soffocante.
Eh già, perchè fanno da sfondo alle sue inchieste non solo le brume invernali dei canali, le nebbie notturne nei boulevard cittadini, o la pioggia battente sui marciapiedi e sullo scalone di Quai des Orfèvres. Molte delle inchieste si svolgono d'estate al caldo (a Parigi e altrove) con un commissario che, non solo dice ovviamente addio al suo cappotto con il collo di velluto e al suo chapeau-melon, ma che spesso si toglie, anche in ufficio, la giacca e addirittura la cravatta, come succede appunto in Maigret tend un piége. Il clima continentale non perdona e il caldo d'estate nella capitale francese dà del filo da torcere ai suoi abitabti.
Maigret, non rinuncia alla sua pipa, ma lavora con le maniche rimboccate. La birra fresca è un classico della stagione calda. Che venga su dalla brasserie Dauphine, che sia consumata da solo con uno dei suoi ispettori in qualche ombroso e riparato bistrot, o addiritura bevuta a casa, è la bevanda che ritroviamo più spesso nelle inchieste "bollenti" di Maigret.
Intanto spesso c'è una Parigi quasi disabitata.
"....in quel momento c'erano a Parigi, a causa delle ferie e del caldo, strade in cui passavano parecchi minuti prima di scorgere qualcuno. Maigret ricordava le strade del Mezzogiorno, l'estate all'ora della siesta, con le persiane chiuse, il  torpore pomeridiano di tutto il villaggio o di tutta una città, sotto il sole pesante. Oggi c'erano a Montmartre strade quasi simili...". E' la Parigi d'agosto in cui Maigret da la caccia ad un omicida seriale, cui si appresta a tendere un trappola con un'organizzazione in grande stile, che coinvolge molti tra ispettori, agenti e non solo di Quai des Orfevres.
Nonostante il caldo e l'afa, la macchina della polizia non si ferma... anche se con qualche pausa "....per circa un ora, solo nel suo ufficio, lesse e rilesse i verbali dell'interrogatorio... dopodichè sprofondò nella sua poltrona, con la camicia aperta sul petto, sembrò sonnecchiare davanti alla finestra...". E se al caldo estivo, si sommano lo stress degli interrogatori, il logorìo delle notti passate negli appostamenti, si capisce che la fine di un'inchiesta é una vera liberazione.
"...uno degli autisti gli chiese se desiderava la macchina, e lui fece cenno di no.
Aveva voglia prima di tutto di andarsi a sedere sulla terrazza della Birreria Dauphine...
- Una birra commissario?
Con ironia nella voce, un'ironia rivolta a sé stesso, rispose alzando gli occhi:
- Due!"

mercoledì 14 agosto 2013

SIMENON. SCOPRIRE OGGI MAIGRET A 23 ANNI

"Ho ventitre anni, mi sto per laureare in economia. Non ho mai letto molto, qualche classico, Kafka "La metamorfosi", Stevenson "Il club dei suicidi", Balzac "Papà Goriot", qualche best seller come Dan Brown "Il codice da Vinci",  e qualche altro titolo italiano che mi ispirava "Romanzo Criminale" di De Cataldo, "Gomorra" di Saviano, "La casta" di Rizzo e Stella. Quasi un mese fa' mi è capitato in mano un libro di Georges Simenon. Erano dei racconti del commissario Maigret...Mi hanno detto però che l'Adelphi sta finendo di pubblicare questa serie... Sapete darmi qualche consiglio per trovare gli altri libri? Mi hanno detto che Simenon ha scritto una novantina di libri... Io vivo in un piccolissimo centro e la libreria non è certo molto fornita. Dovrei andare nella città più vicina, poco più di cinquanta chilometri, dove ci sono almeno due grandi librerie. Ma lì troverò gli altri titoli del commissario Maigret? Datemi un consiglio. 
Paolo, un neofita".
Ecco una mail che ci è arrivata qualche giorno fa' e che abbiamo preso ad esempio di altre richieste che ci arrivano dello stesso tenore. L'ultima generazione, poco più che ventenni, quando Adelphi ha iniziato a pubblicare Maigret, nel 1983, non erano ancora nati. Quasi tutti non hanno sentito parlare delle edizioni Mondadori (tranne chi ha dei genitori appassionati simenoniani). Non parliamo poi di Cervi, l'indementicato Maigret televisivo italiano che concluse i suoi sceneggiati in tv nel 1972, cioè 41 anni fa'. Questo grosso modo vuol dire che i loro genitori (ammesso che abbiano fatto i figli intorno ai trent'anni) quando Cervi iniziò ad interpretare Maigret sul piccolo schermo  avevano quattro anni e appena dodici quando la serie terminò. Anche qui non è facile che molti l'abbiano vista.
A parte i consigli che abbiamo dato a Paolo (acquistare i libri su internet... magari anche degli ebook) tra questi giovani indubbiamente in gran confidenza con le nuove tecnologie (notebook, tablet, smartphone, ereader...), c'è qualcuno che cerca ancora i libri cartacei ed è ai primi passi nella scoperta del mondo simenoniano (da quello che ci ha scritto Paolo, ad esempio sembra ignorare che Simenon ha scritto anche oltre cento romanzi).
Ma questo ci porta ad una riflessione. Tra i giovani lettori, scarseggiano quelli  assidui, ma tra questi c'è chi si mette alla ricerca, ma i punti di contatto sono pochi... Adelphi sta finendo la serie dei Maigret e non si sa nulla delle eventuali ristampe a partire dal primo. In tv come commissario c'è il Montalbano di Camilleri, ma per quanto si dica da più parti che sarebbe una sorta di figlio letterario di Maigret (e noi, ad esempio, non siamo del tutto d'accordo... ma a questo dedicheremo un post apposito), porta semmai a leggere i libri dello scrittore siciliano. Qualche replica del Simenon televisivo su qualche canale digitale della Rai, qualche volta passa, ma anche qui orientarsi nella programmazione delle miriadi di canali free, non è cosa semplice. E poi sia nel caso di Adelphi, sia nel caso della Rai, manca la pubblicità. E quando la comunicazione latita la diffusione non è mai quella che dovrebbe essere.
Si dirà che gli Adelphi si vendono da soli e, ad ogni uscita, vanno sempre in classifica dei libri più venduti. Ma quando i titoli saranno terminati? Chi ne sentirà più parlare? Certo chi ha decine di anni sulle spalle di passione e lettura simenoniana, come noi, non ha problemi ad orientarsi, ma un ragazzo di vent'anni?
Certo Simenon-Simenon sarà lì a fare la sua parte di divulgazione, di approfondimento e d'informazione, ma come cambieranno le cose?

martedì 13 agosto 2013

SIMENON: IL PUNTO DI PARTENZA, SECONDO LUI

L'incipit, può essere una scelta non facile per uno scrittore. Si fa piombare il lettore in mezzo allo svolgimento della vicenda, magari in un momento critico della storia e poi pian piano gli si spiega il perché il come, il dove... Oppure una partenza descrittiva in cui si delinea il personaggio, si illustra l'ambito in cui si svolge la storia, si spiega il perchè e il come della circostanza, insomma si costruisce un quadro in cui si ritrovano tutti gli elementi essenziali che si svilupperanno sotto gli occhi del lettore durante il romanzo.
O anche l'inizio a ritroso. Si comincia con un antefatto di un mese prima, un anno, dieci anni prima. Un fatto quindi sucesso molto prima del tempo del romanzo, di cui il lettore di solito capisce poco o nulla, ma che avrà sempre più chiaro con l'evolversi della storia.
Insomma l'incipit, di cui abbiamo fatto solo qualche esempio, può essere creato in diversi modi.
Su questo l'opinione e la prassi di Simenon erano chiari. "... il punto di partenza può essere un incidente d'automobile, una crisi cardiaca o un'eredità. Ci vuole qualcosa che modifichi all'improvviso il corso dell'esistenza del personaggio - spiega lo scrittore durante la famosa intervista alla rivista medica svizzera Médicine et hygiène nel 1968 - E' palusibile, perché nella vita di quasi tutti c'è una svolta e se si cercano le reali cause, si scopre che sono talmente futili da non essere le vere ragioni. L'incidente è un segno che rivela o che mostra qualcosa del subconscio...".
Insomma è come se Simenon volesse sostenere che a volte aspettiamo quell'imprevisto per dar corpo a dei desideri nascosti per anni anche a noi stessi, e, inconsciamente, prendiamo al volo quell'inaspettata occasione per dar vita a quei desiderata per tanto tempo inconsapevolemente repressi.
Questo in realtà è un po' più dell'incipit, è in realtà il punto di partenza del  romanzo. E qui Simenon fà ritrovare il lettore nel pieno di questo cambiamento del protagonista, senza, all'inizio, fargli sapere né come era prima e né, ancora, come diventerà poi.
Il côté psicologico dei romanzi di Simenon ha un'importanza rilevante e anche l'avvio della storia è impregnata di tali problematiche.
"... L'imprevisto gioca un ruolo catalizzatore..". Simenon parte dunque per l'avventura del proprio protagonista, che all'inizio si rivela una strada buia che verrà lluminata man mano che si procede. Lui stesso dichiara che non ha idea di come finirà la vicenda. Dipenderà dalle scelte del protagonista, nella cui pelle Simenon stesso si è calato grazie all'état de roman, e si naviga a vista con gli stessi imprevisti e le medesime sorprese che riserva la vita.
E se la fine è quella voluta dal destino, l'inizio dei suoi romanzi è una sorta di pezzetto di legno che s'incastra nei complessi ingranaggi della vita e ne modifica inesorabilmente i movimenti e le traiettorie future.

lunedì 12 agosto 2013

SIMENON: IL PRIMO FEUILLETTON IN ITALIA FU SU "L'ORA" DI PALERMO

La scoperta, per gli appassionati, è di quelle gustose. Ci hanno segnalato infatti questo articolo dell'edizione di Palermo de La Repubblica del 10/08 (vedi il link nella Rassegna Stampa), in cui Umberto Cantone ci mette a conoscenza di una sua scoperta. Il primo romanzo di Simenon pubblicato in Italia su un quotidiano non è, come si credeva, su La Stampa di Torino nel 1931, ma su L'Ora di Palermo già nel giugno del 1930.
L'articolo è molto documentato e qui non vi diremo molto, perchè non vogliamo togliervi il piacere di leggerlo e di scoprire come un romanzo di Simenon sia finito nei primi anni '30 sui tavoli della redazione di un quotidiano palermitano. Ed è raccontato con gusto (scommettiamo che Cantone è un appassionato di Simenon), come dev'essere narrata la storia di una scoperta, ma che è anche un pezzo di storia della vita letteraria di Simenon, anzi di Georges Sim, come si faceva chiamare durante il periodo della cosiddetta letteratura alimentare.
Il romanzo a puntate è Il contrabbandiere gentleman (titolo originale "Destinées" - edizione Fayard) e mischia un po' di generi (ma Cantone spiega tutto) dando già prova di una facilità di scrittura. Siamo ad un anno dall'uscita di Maigret, quella che gli avrebbe fatto fare il salto alla scrittura semi-alimentare e quindi un periodo importante nel cammino del futuro romanziere.
Complimenti doppi a Cantone, dunque, per la sua scoperta e per il bell'articolo con cui ce l'ha raccontata. Se volesse scrivere qualcosa su Simenon-Simenon, sappia che i nostri post sono a sua completa disposizione. Chapeau!

domenica 11 agosto 2013

SIMENON, JEAN GABIN E LA RAGAZZA DEL PECCATO... OVVERO BRIGITTE BARDOT


Dopo Marie Trintignant, parliamo di Brigitte Bardot, un'altra donna che in qualche modo ha girato intorno a Simenon. In questo caso perché ha interpretato il ruolo di Yvette ne En cas de malheur (titolo italiano "La ragazza del peccato"), tratto dall'omonimo romanzo uscito nel '56 (Presses de La Cité). Il film fu diretto da Claude Autant-Lara, il quale proprio nell'agosto di 55 anni fa' stava lavorando alle fasi finali del film, che avrebbe debutato melle sale in Francia dopo la metà di settembre.
Il romanzo di Simenon è un riuscito quadretto della storia di un grande avvocato, interpretato dall'altrettanto grande Jean Gabin, della piccola delinquente, cui dà corpo la Bardot, che fa della bellezza e della seduzione allo stesso tempo le sue armi e la sue monete di scambio, e poi di un sottobosco di figure ambigue da Mazzetti, la figura del fidanzato italiano, a Janine, l'equivoca femme de chambre.
L'avvocato Gobillot, sposato e rispettabile, amico di ministri, é l'amante di Yvette. La tiene in un bell'appartamento e a controllarla c'è una femme de chambre, Janine. Ma Janine fa parte di un triangolo insieme ai due? Non si sa chiaramente, ma c'é il ragionevole dubbio. Mazzetti, ignaro di questo probabile triangolo, non tollera il rapporto tra Yvette e Gobillot. Non mancano poi altri amanti occasionali che la conturbante Yvette attrae come il miele fà con le mosche. In questo intreccio di rapporti Simenon si destreggia bene nel romanzo, sullo schermo, come al solito si perde un po' dello spessore psicologico, ma a dar smalto alla vicenda ci pensa un formidabile Jean Gabin e un strepitosa (almeno fisicamente, all'epoca aveva 24 anni) Brigitte Bardot che a fronte di un mostro sacro, come l'attore francese non ne esce poi così male, essendo certo già molto famosa, ma non ancora del tutto matura come attrice.
Simenon portò a termine la stesura del romanzo poco dopo essere tornato dai dieci anni di soggiorno americano. Nel novembre del '55 si era installato al Golden Gate, un lussuoso residence al centro di Cannes, ad un centinaio di metri dal mare, dove visse quasi due anni. Oltre ad En cas de malheur, vi scrisse Un échec de Maigret, Le petit Homme d'Arkangelsk, Maigret s'amuse, Le fils, Le Nègre, Strip-tease. Era in un periodo d'intermezzo della sua vita, tornato dall'America, non ancora stabilito in Svizzera che sarà il suo paese per oltre trent'anni, fino alla sua morte. Eppure la sua creatività non ne risente, il suo ritmo è regolare e gli consentono così di regalarci una vicenda a tinte noir ed un amaro epilogo dove i "poveracci" finiscono sempre per pagare e gli "altolocati", vengono appena sfiorati dalle tragedie.

sabato 10 agosto 2013

SIMENON SIMENON - INVITO ALLA LETTURA : L'UOMO CHE GUARDAVA PASSARE I TRENI

L'UOMO CHE GURADAVA PASSARE I TRENI 
(roman-dur) - anno 1938 - Edizioni Gallimard

Presentazione: Uno dei romanzi  di Geroges Simenon più riusciti degli anni '30. E' la rappresentazione più classica della parabola di un uomo rispettabile, dalla buona posizione sociale, con una famiglia regolare, impegnato in un buon posto di lavoro, nella quale a causa di un declic, magari insignificante, si mette in moto una serie di fatti concatenati che lo portano a quel famoso passaggio della linea, passando in quella parte della società dove non si è più gli stessi di prima, dove cambiano i valori, dove regna il disprezzo della buona società e dove spesso le disgrazie vanno a braccetto con i crimini e una spirale negativa trascina giù l'essere umano verso un destino tragico cui non potrà scampare. In questo caso chi guarda passare i treni è Popinga, Kees Popinga, un alto funzionario di un grande azienda che sta per chiudere. A questo punto, con la perdita di lavoro, di status sociale e d'immagine, si rovesciano le covenzioni sociali, le formalità esteriori e fors'anche le convinzioni di una vita saltano. Allora Popinga lascia Groninga, la sua città, moglie e figli, scappa dall'Olanda e si rifugia a Parigi, dove inizia a frequentare prostitute, gente di malaffare e conduce una vità speculare, ma opposta a quella di prima che era ordinata, onesta, rispettabile, rispettosa delle tradizioni....
Ma Popinga non reggerà a lungo. Nella capitale francese i giochi sono più grandi che a Groninga, un tragico epilogo lo aspetta inesorabile.

 

"Per quel che riguarda personalmente Kees Popinga, si deve convenire che alle otto di sera c'era ancora tempo, perchè, ad ogni buon conto, il suo destino non era segnato. Ma tempo per che cosa? E poteva lui agire diversamente da come poi avrebbe agito, persuaso com'era che i suoi gesti non fossero più importanti di quelli di mille altri giorni del suo passato? Avrebbe scrollato le spalle, se gli avessero detto che la sua vita sarebbe cambiata di punto in bianco....".
Edizione: Biblioteca Adelphi 169 - Traduzione: Paola Zallio Messori

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venerdì 9 agosto 2013

SIMENON, COME GLI ERA LEGATA MARIE TRINTIGNANT ?


Dieci anni fa'. Forse eravamo un po distratti. Allora si celebravano i 100 anni dalla nascita di Simenon. Ma dieci anni fa' moriva un'attrice francese, figlia di una grande attore. Stiamo parlando di Marie Trintignant, che morì in seguito alle percosse del suo allora fidanzato Bertrand Cantat, leader dei Noir Désir, in una lite avvenuta a Vilnius (Russia) dove l'attrice si trovava sul set di un film. Sottovalutando il trauma, Maire fu portata in ospedale solo il giorno dopo, dove prima fu riscontrato un edema cerebrale, dove poi cadde in coma e infine, nonostante una corsa disperata in Francia e un operazione in extremis, morì il primo agosto del 2003.
Dieci anni fa'.
Intanto il suo compagno-omicida, scontati i dieci anni che gli erano stati inflitti, ora é fuori di galera e ricomincia ad incidere un album che uscirà a breve.
Ma cosa c'entra la Trintignant con Simenon?
Beh, intanto diciamo che Maire Trintignant è, a nostro avviso, l'interprete di una delle più toccanti trasposizioni sullo schermo dei romanzi di Simenon: Betty. E Marie fu una Betty molto convincente, diretta da un regista del calibro di Calude Chabrol e al fianco di Stéphan Audran. Il film uscito nel '92 riporta il dramma del romanzo: Betty, una donna alcolizzata e dal passato misterioso. Ci sono delle terribili analogie con le circostanze in cui l'attrice è morta, maturata anche questa sotto il segno dell'alcol. La sua vita sembra un po' un romanzo di il padre è l'attore Jean Louis Trintignant), ma dalle frequentazioni un po' particolari. Quando muore lascia quattro figli maschi, ognuno con un padre diverso... Un personaggio un po' ribelle, che nella relazione con il cantante dei Noir Désir ha trovato un tragico destino cui non si è potuta o non si è voluta sottrarre.
Simenon, questa donna fragile, di buona famiglia (
L'altro legame con Simenon è proprio il padre Jean-Louis, anche lui inteprete di Le Train, film del '73, con la regia di Pierre Granier-Deferre, recitato accanto a Romy Schneider.
Ancora un'ultima piccola nota. Marie Trintignant era nata a Neuilly sur Seine luogo caro a Simenon che vi ambientò una ventina di indagini del commissario Maigret e qualche romans-durs.

giovedì 8 agosto 2013

SIMENON OGGI A NEW YORK: TRIBUTO AI SUOI ROMANZI SULLO... SCHERMO


Oggi a New York alle 19.00 locali, s'inaugura Cine Simenon la manifestazione-omaggio al coté cinematografico dell'opera di Simenon. Parte infatti questa sera all'Anthology Film Archives, nell'East Village a Manhattan, una retrospettiva di quattordici film, tratti da altrattanti romanzi di Simenon.
L'iniziativa proporrà, nei pomeriggi e nelle sere d'agosto, più volte e ad ore differenti, la proiezione di questi film fino al 31 del mese.
E' un evento importante. Non solo focalizzato sui romanzi di Simenon, ma anche sulla seduzione che hanno esercitato sulla cultura cinematografica e che hanno dato origine alle trasposizioni su grande schermo (ma anche su quelli televisivi) delle sue opere. Per la cultura statunitense, si sa, il cinema non è solo l'espressione artistica nazionale, ma anche un po' lo specchio del paese. Questo per dire in quale considerazione gli americani possano tenere quella letteratura che consente la nascita di bei film. E con Simenon da questo punto di vista siamo nell'occhio del ciclone. E non a caso quotidiani come The New York Times, o pubblicazioni cult come The Village Voice, hanno dato un certo risalto all'iniziativa. Simenon-Simenon ve l'aveva già anticipata in un post del 19 luglio, perchè questa attenzione al Simenon-cinematografico è un evento assai importante, soprattutto perchè costituisce un termometro dell'attenzione da parte di un pubblico, quello americano, sempre distratto da continue novità letterarie e cinematografiche, quasi sempre made in Usa e molto spesso di esordienti lanciati con una potenza che solo l'industria culturale statunitense può permettersi.
Bene, che per quasi un mese si possano rivedere vecchie e meno vecchie pellicole tratte dai Maigret e dai romans-durs simenoniani, ci pare un'ottima notizia.
Andiamo a vedere ora quali sono i film proposti, dall'Anthology Film Archives.
Stasera si debutta con La Marie du Port, tratto dall'omonimo romanzo scritto nell'ottobre del 1937 e pubblicato da Gallimard l'anno seguente.
Il film uscì nelle sale nel marzo del 1950, diretto da Marcel Carné e interpretato da Jean Gabin, Nicole Coursel e Blachette Brunoy
Ecco l'elenco degli altri film in programma.
The Clockmaker  tratto da L'Horologer d'Everton, scritto in America, pubblicato nel giugno del 1954 (Presses de La Cité), portato sullo schermo da Bertrand Tavernier, nel cast troviamo Philipe Noiret, Jean Rochefort, Jacques Denis.
Three rooms in Manhattan (1965) adattamento cinematografico di Trois Chambres à Manhattan, scritto nel 1947 in Canada, dove alla regia ritroviamo Marcel Carné, e tra gli interpreti Annie Girardot, Maurice Ronet, Gabriele Ferzetti
The man of the Eifel Tower (1950), tratta dall'inchiesta di Maigret La tete d'un homme (altro titolo: L'homme de la Tour Eifel) pubblicato nel 1931 da Fayard. Nella versione cinematografica il regista é Burgess Meredith, Maigret è impersonato da Charles Laughton, nel cast troviamo anche Franchot Tone e Patricia Roc.
A man's neck (1933), dal Maigret La tete d'un homme (1931) edito da Fayard, portato sullo schermo da Julien Duvivier con Harry Bauer, Valery Inkijinoff,Gina Manés.
The Man from London, tratto dal romanzo L'Homme de Londres (Fayard 1933), uscito nel 1943 per la regia d'Henry Decoin con Fernand Ledoux, Jules Berry, Suzy Prim.
Monsieur Hire, tratto dal romanzo, Les fiancelles de Mr. Hire (Fayard 1933), è un remake di un fim del 1947, Panique, diretto da Julien Duvivier e tratto dallo stesso romanzo. Quella del 1989 è diretta da Patrice Leconte, con Michel Blanc, Sandrine Bonnaire, André Wilms.
A life in the balance (1955) da un racconto breve di Simenon (qui Andrea ci potrà essere d'aiuto? n.d.r.) fu diretto da  Harry Horner e nel cast troviamo Ricardo Montalban, Anne Bacroft, Lee Marvin.
The bottom of the bottle (1956) tratto dal romanzo Le fond de la bouteille (1949, Presses de La Cité), portato sullo scherma da Henry Hathaway con Joseph Cotten, Van Johnson e Ruth Roman nel cast.
Betty (1992) dall'omonimo romanzo dell'ottobre del 1960, con alla macchina da presa Claude Chabrol e nel cast Marie Tritignant, Stéphan Audran e Jean- François Garreaud.
The brothers Rico (1958) dal romanzo del 1952 Les Fères Rico (Presses de la Cité) portato sullo schermo dal regista Phil Karlson, con Richard Conte, Dianne Foster, Argentina Brunetti.
Red lights (2003) dal romanzo Feux rouges pubblicato nel 1953 e portato sullo schermo da Cédric Kahn con Jean-Pierre Darroussin e Carole Bouquet.
The last train (1973) tratto dal romanzo Le train del 1961, con la regia affidata a Pierre Granier-Deferre con Romy Schneider, Jean Louis Tritignant, Régine.

mercoledì 7 agosto 2013

SIMENON, C'ERANO UN FRANCESE, UN AMERICANO E UN ITALIANO.../3

E siamo arrivati all'italiano. Quello che di solito, nelle barzellette ci fà la figura del più sfortunato o del più furbetto (diciamo così...). Questa volta però non è così. Perchè l'italiano in questione si chiama Federico Fellini. Il più giovane dei tre (nato a Rimini nel 1920), regista cinque stelle, o meglio cinque Oscar, che già nella propria definizione "... sono un artigiano che non ha niente da dire, ma sa come dirlo..." preconizza due analogie di non poco conto. La concezione della propria arte creativa come un'attività artigianale proprio come piaceva sottolineare a Simenon: "... sono come un artigiano che a fine lavoro, fà le consegne...". E poi quel "..io non ho niente da dire..." che fa pensare che ci fosse qualcosa al di fuori di lui che lo guidasse nella realizzazione dei suoi film. Così come Simenon dichiarava di non saper scrivere se non in état de roman, quella trance creativa che, sosteneva, era altro da lui. Dopo la guerra, nel '45 Fellini iniziò la sua attività per il cinema scrivendo sceneggiature per registi come Rossellini o Germi. Nel '50 debuttò come regista insieme a Lattuada con il film Luci del Varietà, e poi come unico regista titolare de Lo Sceicco Bianco, in cui fu aiutato da Antonioni per il soggetto e da Flaiano per la sceneggiatura. Lo sceicco sarà un giovane Alberto Sordi. E poi la consacrazione con 8½ e La Dolce vita al concorso di Cannes nell'edizione del Festival cinematografico del 1960.  Quell'anno il presidente era un certo... Georges Simenon, refrattario alle tradizioni e alle consuetudini e soprattutto impermeabile a quelle "raccomandazioni" che arrivavano da molto in alto. Il film di Fellini piacque davvero a Simenon, ma ancor più gli piacque l'uomo. Possiamo dire che tra i due scoccò un vero e proprio colpo di fulmine. Uno si dichiarava entusiatico amiratore dei film dell'altro. E questi esternava la sua passione per i romanzi di quello. Insomma nonostante fossero due personaggi diversi anche nei loro moduli espressivi, nelle tematiche e nel modo di lavorare, di età diversa (tra i due correvano poco meno di vent'anni), erano pieni di ammirazione per le rispettive opere. Al Festival di Cannes Simenon s'impose contro tutto e tutti e riuscì a far vincere a Fellini La Palma d'Oro con la Dolce vita.
Dal 1960 iniziò un'amicizia, che si sviuppò più attraverso una fitta corrispondenza che con degli incontri. Anzi il loro carteggio finì quasi tutto in un libro Carissimo Simenon, Mon cher Fellini, curato e introdotto da Claude Gauteur nel 1997.
E questa a nostro avviso è la più chiara e illuminante esposizione della loro tipologia di rapporto. Molto stretto e molto empatico tanto da far scrivere a Simenon "... siete probablmente la persona al mondo con la quale sento i legami più stretti nell'ambito della creatività...".
Fellini non era da meno. " ... ho letto nell'edizione Adelphi " L'uomo che guardava passare i treni" che non conoscevo e che ho trovato stupendo. Bravo, grande Simenon! Non smetti mai di sorprendermi  e di essere lo stimolo più straordinario e potente...".
Insomma i complimenti si sprecano. E coinvolgono anche la moglie di Fellini.
"...ieri sera alla televisione svizzera ho assistito alla proiezione di "Ginger e Fred" - scrive Simenon - Che spettacolo smagliante! E Giulietta che bravura mozzafiato! Erano tutte le Giuliette in una...".".
Di contro Fellini gli aveva precedentemente scritto che "... Giulietta ha letto  la prima copia di "Lettera a mia madre" e si é commossa fino alle lacrime...". Insomma un'amicizia e un'ammirazione che li portò a quella famosa intervista a Fellini che il settimanale francese L'Express commissionò a Simenon, in occasione dell'uscita nel '76 di Casanova del regista riminese. Fu lì che venne fuori quella che forse è la leggenda che resisterà di più, avendo Simenon scritto, visto che era in tema con il film, che a quel momento aveva posseduto circa diecimila donne.
La notizia fece il giro de mondo, corroborata dai tanti "si dice" e dalle dichiarazioni esplicite di Simenon (... faccio sesso, più volte al giorno, così naturalmente...). Si attaccò allo scrittore come uno stereotipo, ma lui non dette mai peso più di tanto alla cosa, dal momento che quell'esuberanza per lui non era né un vanto né una vergogna, ma il suo esplicito e naturale  comportamento sessuale quotidiano.
Ultima notazione, che interessa da vicino noi italiani. Se le opere di Simenon vengono editate in Italia dall'Adelphi, è opera di Fellini che inistette non poco e questo è uno dei motivi che convinse Simenon, già incline a lasciare Mondadori, ad affidarsi a quella allora piccola ed elitaria casa editrice.

martedì 6 agosto 2013

SIMENON, C'ERANO UN FRANCESE, UN AMERICANO E UN ITALIANO.../2

Ieri il francese, oggi l'americano. Che poi americano non è proprio. Nato a Londra (1889), si trasferì negli States nel 1913, quando ebbe il primo contratto con una casa di produzione cinematografica (prima aveva lavorato nei circhi, negli spettacoli itineranti e a teatro). Lì fece la sua fortuna, lì nacque il personaggio di Charlot che fu osannato da tutte le platee del mondo. Ma dopo quarant'anni di vita e lavoro sul suolo degli Usa, nel '52, la commissione McCarthy lo classificò come "non idoneo" a vivere negli Usa e vietandogli di rimetterci piede (in quel momento Chaplin stava facendo una crociera). Tornò quindi in Europa, appena un paio d'anni prima di Simenon e si stabilì proprio in Svizzera.
Simenon conobbe Chaplin negli Usa, nel '48, quando partecipò iniseme a Denyse ad un ricevimento organizzato dal console francese al Romanoff, un ritrovo molto esclusivo di Los Angeles. Lì ebbe occasione di conoscere oltre a Charlie Chaplin anche sua moglie Oona. Per Simenon fu un gran piacere dal momento che era sempre stato un ammiratore di questo regista/attore che lo aveva fatto  sognare e commuovere. I due simpatizzarono subito e Simenon non può nascondere la sua ammirazione per Oona, al punto che poi avrebbe scritto "... Teresa è per me quello che Oona è per Charlie. Oona è una delle rare donne che avrei voluto sposare, se solo l'avessi incontrata prima...". I due sono entrambe presi dal lavoro, tutti e due alle seconda moglie (Simenon si sposerà con Denyse dopo un paio d'anni), entrambe artisti erranti.
L'amicizia tiene e anche dopo anni, in Svizzera, si scambieranno visite reciproche con mogli e bambini. Simenon ci tiene a sottolineare le analogie che li collegano. Come l'interruzione delle rispettive attività, Chaplin girò l'ultimo suo film nel '66 (La contessa di Hong-Kong, con Marlon Brando e Sophia Loren) ad unidici dalla prpria scomparsa, come qualche anno più tardi, nel '72, Simenon scrisse il suo ultimo libro (Maigret et M. Charles).
La loro non fu un'amicizia intellettuale, ma molto concreta. Pranzi, bevute, grandi chiacchierate scherzando sulla loro fama e sulle lettere ricevute dai loro fans, mentre i loro figli giocavano insieme.
Lo stesso Simenon in uno dei suoi Dictées scrisse però  "... esiste pertanto una differenza tra noi. Lui è capace la sera in poltrona, solo con Oona accanto, di rivedere i suoi vecchi film. Io non sono mai stato capace di rileggere uno dei miei romanzi. Perché? Non so. Forse lui è soddisfatto della sua opera, mentre io non lo sono della mia. Avrei voluto andare ben oltre nella conoscenza dell'uomo. Lui l'ha avuta d'istinto già dai suoi inizi, e così ha potuto dare tutto..."
segue domani: L'italiano Fellini

lunedì 5 agosto 2013

SIMENON, C'ERANO UN FRANCESE, UN AMERICANO E UN ITALIANO.../1

No, non è una barzelletta degli anni '60. Anche se in quel periodo se ne raccontavano diverse di questo tipo con tre o quattro individui di nazionalità diverse. Stavolta però niente da ridere. Trattando di Simenon, incrociamo nella sua vita un trio di famosi registi che erano anche suoi amici.
Stiamo parlando di Jean Renoir, francese, di Charlie  Chaplin, americano e di Federico Fellini, italiano .
Si tratta di tre registi che, ognuno a suo modo, ha fatto la storia del cinema in epoche diverse e in contesti differenti, ma tre cineasti di quelli che, se non fossero esistiti, l'arte cinematografica sarebbe probabilmente diversa da quello che è. Insomma tre nomi che ebbero un rapporto particolare con Simenon e con cui condivisero moltie eperienze.
Iniziamo oggi da Renoir, di cui Truffaut disse "... è il più grande regista del mondo...", ed Eric Rhomer scrisse "...Renoir contiene tutto il cinema...". Quasi coetanei Simenon e Renoir (1894-1979), si conobbero nel '23 quando il regista raggiunse all'improvviso lo scrittore nel Calvados, dov'era in vacanza. Come racconta il romanziere. "...arrivò di corsa con la sua sontuosa Bugatti, un gran sorriso stampato sulle labbra e una copia de "La nuit de carrefour" sotto il braccio ...". Era l'inizio di una grande amicizia fatta di stima e rispetto reciproco, che ebbe modo di svilupparsi anche negli Usa dove Renoir emigrò nel 1941 e dove pochi anni dopo sarebbe arrivato anche Simenon (incontri a New York, Los Angeles, Tucson...). Ed entrambe negli anni cinquanta fecero ritorno in Europa (Renoir nel '51 e Simenon nel '55). Insieme realizzarono la prima uscita sul grande schermo del commissario Maigret  La nuit de carrefour (1932), poi la loro amicizia visse d'incontri personali, di progetti di lavoro non andati in porto e di un particolare entusiasmo contagioso che li legava in modo che potremmo definire fraterno. Fino a 75 anni, Renoir conservò la speranza di portare un'altro romanzo di Simenon sullo schermo. Ad esempio, fu colpito dal romanzo Il ya encore des noisetier in cui si immedesimò talmente con il protagonista che pensava addirittura di interpretare la sua parte. Maggior segno di ammirazione Simenon non avrebbe potuto chiedere...
segue domani: L'americano Chaplin

domenica 4 agosto 2013

SIMENON SCENDE, MA TIENE DA OLTRE UN MESE


Siamo ormai in agosto, e sono cinque settimane che il Faubourg di Simenon rimane in classifica. E' il gioco che facciamo ogni domenica, in prossimità delle nuove uscite di Simenon con Adelphi, per la curiosità di vedere come i gusti del pubblico si vadano orientando. Ma prima di parlare della classifica di Faubourg, vogliamo spendere qualche parola su un'altro romanzo di Simenon che sfoggia una bella performance e per di più in versione ebook.  Parliamo de Le signorine di Concarneau, che ha conquistato il primo posto nella Top 50 di Internet Book Shop. E lo ha fatto ad un prezzo nemmeno tanto promozionale per un libro in digitale (9, 90 euro). Per un titolo uscito a febbraio è una sorta di ritorno di fiamma e l'ennesima dimostrazione che, anche il pubblico più aperto alle novità tecnologiche, apprezza la letteratura simenoniana.
Ma torniamo sulla carta con Faubourg. Iniziamo con l'inserto TuttoLibri de La Stampa di ieri che ci mostrava una perdità di posizione nella classifica della narrativa straniera dal 6° al 7° posto. Invece su l'allegato La Lettura del Corriere della Sera, oggi in edicola, il romanzo di Simenon lo troviamo sempre tra gli stranieri in posizione extremis nella 19 piazza. La top ten della narrativa straniere della sezione RCult de La Repubblica oggi non è stata pubblicata, riteniamo che la rubrica sia andata in vacanza. Ma la settimana scorsa nessuno l'aveva scritto. Mentre su La Lettura di oggi c'è l'avviso che fino al 1° settembre niente classifiche.
Torniamo sul web, con i libri cartacei lì più venduti. Sulla piattaforma IBS lo troviamo un po' indietro, al 38° posto. Anche su Feltrinelli.it resiste, ma anche qui perdendo posizioni e attestandosi sulla 19a. Nulla da settimane su Amazon e su Rizzoli.it.
Ultima notazione. La rubrica "La Pagella" di Antonio D'Orrico questa settimana (su La Lettura) recensisce Faubourg  con il titolo: Un grande Simenon. Però manca Maigret. Voto: 7,5.

sabato 3 agosto 2013

SIMENON. MAIGRET E LE SUE TRASGRESSIONI

Ferenc Pintèr - Illustrazione per "La ballerina del Gai Moulin"
Certo ad un lettura superficiale potrebbe sembrare che Simenon, quando creò la figura del commissario, abbia voluto costruire un uomo normale, pacioso, un bravo marito (non un bravo padre, in assenza di prole). Uno che sa stare al posto suo, che ha delle indubbie qualità, ma non uno in carriera. Come ha più volte tenuto a precisare Simenon "Maigret non è intelligente, è intuitivo". Sì, non sarà intelligente, ma nemmeno stupido come dimostra ad esempio nei rapporti con il suo coriaceo superiore, il giudice Comelieu, con cui di volta in volta è bravo a dargliela vinta, a mentirgli, a imporgli la propria teoria. Certo non è un politico, anzi i politici non li sopporta (questo sentimento deve avere radici lontane e dev'essere duro a morire...), tant'è vero, che quando gli viene offerto il posto di Direttore della Polizia Giudiziaria, lui lo rifiuta categoricamente, anche perchè quello è un incarico politco che lo porterebbe a trattare con i politici.
Insomma un uomo integerrimo... sembrerebbe. Va bene, lo sappiamo tutti, beve un po' troppo, ma una volta il freddo, una volta il caldo, ci vuole o un calvados o una birra bella fresca... e poi lo stress del suo lavoro... ogni tanto c'è bisogno di un pausa, necessità di allentare la tensione. E poi Maigret regge benissimo l'acol, non lo vediamo mai ubriaco.
Certo fuma parecchio, dalla sera alla mattina e, durante i suoi famosi interrogatori che vanno avanti tutta la notte, anche dal tramonto all'alba. Oggi sarebbe stigmatizzato dai salutisti e dai vari comitati antifumatori... addirittura fumare in camera da letto... la mattina appena svegliato!...
E poi ci sono le donne. Ma qui si richede una lettura un po' più analitica. In nessuna delle sue oltre cento inchieste Maigret tradisce la moglie andando a letto con un'altra donna. Ma questo non vuol dire che a volte il suo cuore non si intenerisca in modo particolare per qualche sospettata e non può far a meno di trattarla meglio di come dovrebbe. Altre volte si trova in situazioni che risvegliano i suoi appetiti sessuali, con donne conturbanti e disponibili. E in quei casi si cammina sul filo del rasoio per un po' o per parecchio. Ma poi qualcosa succede sempre e le distanze si ristabiliscono. Chissà perchè Simenon non l'ha mai fatto cacciare in una storia con una donna? Forse perchè all'inizio voleva delineare un investigatore del tutto diverso da quelli che furoreggiavano allora, soprattutto in Francia, che, oltre ad essere bravi e spericolati, erano quasi sempre dei tombeur des femmes. Con il proseguire della serie, però, non fà mancare le occasioni al commissario. E con un gusto quasi divertito porta il lettore, e il suo Maigret, fino all'orlo dell'abisso e poi arriva l'inevitabile dietrofront.
Qualcuno direbbe che è poco realistico (elemento che stava molto a cuore a Simenon) che con il proprio lavoro, la frequentazione di ambienti molto diversi tra loro, tutte le donne che aveva occasione di conoscere... beh...che non ci sia stata una volta che abbia ceduto alla tentazione! Ma forse quelle situazioni ambigue e border-line per il commissario erano già delle trasgressioni?
E poi trasgressioni sul lavoro. Non solo perchè alcune volte faceva come voleva, infischandosene delle direttive del giudice Comelieu, ma anche perché, lì dove era possibile e quando lo riteneva giusto, Maigret ci metteva una mano, e talvolta non solo quella, affinché la legge non avesse la meglio sulla giustizia. E quindi, venendo meno al suo dovere, che era quello di indagare e non di decidere che fine dovessero fare i colpevoli, un colpettino qua, uno là e il destino di quell'individuo subiva una svolta. Ecco il suo soprannome di aggiustatore dei destini... umanamente comprensibile, ma dall'ottica di un alto funzionario della polizia giudiziaria, non era certo il massimo.
Certo niente a che vedere con i duri e puri dell'hard-boiled americano, da Sam Spade a Philip Marlowe, o dai noir popolati da dark-lady e da intrighi sessuali.
Qui al confronto siamo nel regno della castità.... forse a compensare le trasgressioni (almeno quelle sessuali) dell'autore.

venerdì 2 agosto 2013

SIMENON, LA DEPRESSIONE DI DENYSE E IL MALE DEL SECOLO IN CASA.

Certo non poteva immaginare che quell'incontro focoso nel dicembre del '45 a New York, quell'intesa sessuale e intellettuale, quella complicità che si era subito stabilita con quella canadese, conosciuta facendo una ricerca per una segretaria-interprete, sarebbe finita così.
Così cioè con Denyse, la sua seconda moglie, che nel tempo sarebbe diventata vittima di attacchi depressivi, che ne avrebbero alterato l'equilibrio psichico, facendole alternare periodi di depressione profonda, a momenti di lucidità, a sprazzi di iper-eccitazione. Insomma quell'instabilità del carattere che spiazza quelli che vivono accanto ad un soggetto del genere.
"...Come aiutarla? Ogni parola ed ogni attenzione rischia di essere mal interpretata... Lei cerca di reagire con tutte le sue forze, ma fatalmente lo fa nella direzione sbagliata. L'esperienza delle precedenti depressioni non serve a nulla. Ogni volta manca la fiducia. Perchè siamo alla mecè di un centesimo di miligrammo d'acido... - racconta Simenon nel '64, sul suo Quand jétais vieux - ...Ieri una ricaduta per Denyse, bruscamente alla stessa ora di dicembre. Stessi dolori. Stessa situazione defatigante..."
E' un'altalena che in quel periodo Georges conosce bene, già si sono pronunciati gi specialisti, già c'è la consapevolezza che sarà quasi impossibile che quello stato di alterazione regredisca. E poi c'è la conseguenza di tutto ciò: l'alcolismo. Denyse beve, ma lo fa da tempo, mentre lui, che pure beveva forte insieme a lei, ha ormai praticamente smesso. E poi quella situazione ha delle ovvie ricadute negative sulla vita familiare.
"... è patetico assistere agli sforzi di un essere, al quale ci si sente legati in tutto e per tutto, per ritrovare un suo equilibrio, le sue forze, la gioia di vivere...".
L'infausta possibilità di Simenon di osservare, e in questo caso di partecipare, alla disgregazione dell'equilibrio psichico di una persona, a parte la sofferenza personale, deve essere stato un grande arricchimento per lo scrittore, un'occasione unica sia pure nella sua estrema negatività. Quante volte avrà tentato di mettersi nei panni della moglie? Quanto avrà cercato di immedesimarsi nelle crisi della sua compagna in quell'inspiegabile altalena della psiche che oscillava tra vette di esaltazione e baratri di depressione?
Ma la vita non è un romanzo e pian piano anche lui dovette arrendersi all'evidenza e a cercare di non essere eccessivamente coinvolto in prima persona,  a tentare di proteggere i figli, la famiglia tutta da quella stressante situazione. Anche i medici a quel punto consigliarono la separazione e un ricovero per Denyse in una struttrura adeguata al suo stato. Tutto finì quando nell'aprile del '64 lei fu ricoverata, ma in realtà fu l'addio a casa Simenon, in cui non farà mai più ritorno.

giovedì 1 agosto 2013

SIMENON. "TOUR DE FORCE" PER I PRIMI MAIGRET ?

Beh, occorre riflettere approfonditamente se si trattò di un tour de force, di una foga entusiastica per il nuovo personaggio o se non fosse per caso il ritmo a volte stressante della letteratura su commissione che ormai era abituato a tenere.
Ma facciamo un po' di calcoli. Il primo Maigret uscito... sono due: M. Gallet décédé e Le Pendu de Saint-Pholien pubblicati entrambe nel febbraio del 1931, in occasione del lancio della serie del commissario il 20 del mese, durante il Bal Anthropometrique alla "Boule Blanche" a Montparnasse.
Ma i due romanzi erano stati terminati nell'estate del 1930. Il primo ad essere stato scritto fu in realtà Pietr-le-Letton, (fine stesura settembre 1929, quasi un anno e mezzo prima del lancio) ed uscito poi nel maggio del 1931.
Ma nel '31, tra le due uscite di febbraio e quest'ultima, troviamo anche a marzo Le Charrettier de la Providence e ad aprile Le chien jaune.
Siamo tra il 20 febbraio e il mese di aprile già a cinque uscite... cinque titoli in poco più di due mesi (diciamo 70 giorni...), fà una media di un titolo ogni due settimane.
E' vero che come abbiamo visto, si tratta, se ci mettiamo anche L'Homme de la Tour Eiffel (uscito a settembre '31) di sei titoli scritti in un anno preciso: settembre '29-settembre '30. Un'indagine di Maigret ogni due mesi.
Ma la maratona non si ferma qui. E non si ferma nemmeno per le vacanze.
Ecco il seguente tris estivo, a giugno La Nuit de Carrefour, a luglio Une calme en Hollande, ad agosto Au rendez-vous des Terre-Neuvas. Questi furono invece scritti poco prima che fossero pubblicati, il primo ad aprile, il secondo a maggio, il terzo a luglio.
Con questo siamo quasi alla scrittura in tempo reale, appena un mese tra scrittura e pubblicazione.
E' inutile dire che queste uscite a ripetizione, quasi fosse un gornale periodico, ebbero sul pubblico l'effetto che Simenon sperava. Quello di stabilire uno stretto rapporto con il lettore, abituandolo nel contempo ad appuntamenti precisi e stabiliti per acquistare la nuova avventura del commissario Maigret.
Siamo arrivati ad agosto del '31. Una breve pausa di un paio di mesi e poi ritorna con cadenza mensile: a novembre La danseuse du Gai Moulin (scritto a settembre dello stesso anno), a dicembre  La Guinguette a deux sous (terminato a ottobre). Nel '32 stesso ritmo, a gennaio L'Ombre Chinoise (fine stesura a dicembre '31), a febbraio L'Affaire Saint-Fiacre (scritto a gennaio '32), a marzo Chez les Flamands (finito a gennaio '32), ad aprile Le Fou de Bergerac (terminato a marzo), a maggio Le Port des brumes (scritto molto prima ad ottobre 1931), a giugno si salta e a luglio '32 esce Liberty Bar (terminato a maggio).
Poi per quanto riguarda le uscite si fà un salto di quesi un anno e si arriva a giugno del '33 quando esce L'Ecluse n°1 (scritto nell'aprile di quell'anno) e poi un altro salto fino a marzo 1934 con Maigret (fine stesura giugno 1933), che è l'ultima inchiesta del commissario edita da Fayard.
Insomma tra il 20 febbraio del '31 e luglio del 32 escono 17 titoli di Maigret in meno di un anno e mezzo, siamo quasi ad un titolo al mese, e poi un rallentamento con salti di quasi un anno. Come mai?
I motivi sono due. Gia dal metà del 1931 Simenon aveva iniziato a scrivere  il suo primo roman-dur, Le Relais d'Alsace e poi avrebbe continuato a ritmo regolare. Ma soprattutto perchè considerava esaurita la fase della letteratura poliziesca che vedeva come un ponte, un tragitto obbligato per passare dalla letteratura alimentare, come chiamava quella popolare su commissione, alla Letteratura con la "L" maiuscola. Ma anche le migliori intenzione non tengono conto del destino. E infatti sotto la spinta degli editori, anche come Gaston Gallimard, e di quelle dei lettori, alla fine Simenon si convinse a riprendere in mano il commmissario, prima come protagonista di una serie di racconti e poi con una cadenza regolare che durerà quasi quarant'anni. Non si separerà più dal suo personaggio che certe volte e per alcuni versi appare come un suo alter ego, anche se Simenon dichiarava ripetutamente che Maigret era molto diverso da lui. Sì, ma fino a che punto?