giovedì 10 maggio 2012

SIMENON. L'ISTINTO PRIMARIO DELLA SCRITTURA E NON SOLO

Tutto quello che ha scritto e ogni dichiarazione che ha rilasciato il tal senso portano univocabilmente alla concusione che l'istinto per Simenon fosse vincente sulla ragione. E lui non si riferiva solo alla propria opera letteraria, ma anche alla propria vita, alle scelte di tutti i giorni.
Questa storia dell'istinto a 360° a volte non convince. Ad esempio nel trattare con gli editori o con le case cinematografiche per la cessione dei diritti, cosa che sapeva fare molto bene, l'istinto può averlo aiutato fino ad un certo punto, ma ci sarà voluta anche una buona dose di ragione e una certa esperienza.
Però anche lui stesso, per esempio in una lettera ad André Gide, si definiva non intelligente e addirittura affermava di diffidare della propria intelligenza perchè preferiva "sentire" piuttosto che "pensare", riconosceva che aveva un'ottima memoria e un buon intuito e che queste erano doti importanti. L'intelligenza poteva subentrare in un secondo momento.
Quando nell'ultima parte della sua vita, tirava le somme della sua intensa e ricca esistenza, non faceva che riconfermare questa tesi.
"...non ho mai obbedito alla ragione. Fin dalla mia infanzia ho sempre seguito l'istinto, cosa che continuo far tutt'ora... - scriveva in uno dei Dictées nel 1979 -  Fino ad oggi comunuque il mio istinto non mi ha mai fatto sbagliare anche se mi ha procurato qualche anno infelice e qualche volta doloroso...".
Tra l'altro questo fatto di non essere intelligente, ma intuitivo o istintivo, Simenon l'ha trasposto sic e simpliciter nel suo commissario Maigret. E lo dice proprio con le stesse parole che utilizza per sé stesso.
Infatti, rispondendo ad un domanda in un'intervista di Roger Stéphane nel 1963, asseriva "... Maigret non è un uomo intelligente. E' un intuitivo...".
Lo affermava come se questo trasfert potesse rendere più convincente la sua opinione. Adesso non vogliamo qui impelagarci nella questione se Maigret sia o no il personaggio della letteratura simenoniana che più somiglia allo scrittore. Ma è un fatto che quanto detto prima e, per esempio, la convinzione che "é meglio comprendere che giudicare", fanno parte della mentalità dello scrittore, ma le ritroviamo come caratteristiche basilari del commissario.
Anche nella famosa intervista televisiva di Bernard Pivot del 1981, si toccò l'argomento e Simenon ebbe così modo di ribadire: "... non ho mai pensato un romanzo, ho sentito un romanzo. Non ho mai pensato un personaggio, ma ho sentito un personaggio. Non ho mai inventato una situazione, la situazione si è concretizzata mentre scrivevo, ma non sapevo affatto dove il mio personaggio mi avrebbe condotto...".
E questo, l'abbiamo gia detto tante volte, spiegherebbe la velocità di scrittura di Simenon. E sappiamo che faceva di tutto per non interrompere la seduta di scrittura. Preparava in anticipo quello che gli sarebbe potuto servire, nel timore che qualsiasi interruzione avrebbe potuto fargli perdere quell'intuizione. E poi se non fosse stato trascinato da questa istintiva ispirazione, quella che lui chiamava état de roman, sarebbe potuto essere così veloce? Evidentemente dubbi, curiosità, ripensamenti, incertezze, che avrebbero rallentato il ritmo, non facevano parte della sua modalità di scrittura. E' vero che durante il suo periodo di scrittura popolare, quella su ordinazione, doveva sbrigarsi e più velocemente scriveva e tanto più guadagnava. Ma dai Maigret in poi tutto questo non era più necessario, non aveva bisogno di essere così veloce. Eppure il ritmo rimase inalterato, anche se dai popolari ai Maigret e quindi ai romanzi le sue costruzioni letterarie andavano facendosi sempre più complesse e approfondite. Eppure lui procedeva sempre come un treno. Ad ogni bivio intuiva perfettamente dove andare senza esitazioni e i risultati alla fine sembrano proprio dare ragione a questo istinto o intuito comunque si voglia chiamarlo.

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