venerdì 11 luglio 2014

SIMENON SIMENON. E SE PRIMA O POI FOSSIMO TUTTI CLIENTI D'AVRENOS?


 
Si fà un gran parlare in questi giorni de I clienti d'Avrenos, romanzo uscito da qualche settimana che, se vogliamo, lo possiamo definire il Simenon dell'estate, visto che di nuovi Maigret non s'è vista nemmeno l'ombra (tranne la raccolta di romanzi già pubblicati più volte, "I Maigret 4").
Ambientazione un po' esotica quella di questa Turchia all'inizio del secolo, dopo la presa del potere di Kemal Ghazi nel '22, l'istituzione da parte di questi della repubblica e la progressiva occidentalizzazione del paese. Ma il profumo d'oriente e l'aria di islamismo, s'incrociano con la modernizzazione e la liberalizzazione dei costumi, creando uno di quei magici periodi di passaggio. Periodi in cui la vecchia cultura, l'antica religione, le abitudini passate e i comportamenti consolidati nei secoli si stanno velocemente sbriciolando... eppure resistono ancora e convivono con nuovi modelli culturali, con mode più cosmopolite e con ideali ancora tutti da digerire. Insomma soprattutto quella di Istambul era allora un'atmosfera carica di seducenti richiami, dove i ricchi ante-rivoluzione, che adesso se la devono in qualche modo cavare, si mischiano quegli europei, che ugualmente avevano fatto fortuna con il vecchio sultanato di Maometto VI e che ora cercano in qualche modo di riciclarsi con il nuovo regime, ma tutti si mischiano con i nuovi potenti e i politici del nuovo corso governativo.
E quella che ci presenta Simenon è una congrega di mezzi falliti, uomini che in quella mitica porta dell'Oriente che è Istambul, sono il più evidente segno dell'indolenza, dell'arte dell'arrangiarsi, del vivere giorno per giorno, del vagabondare senza meta per le vie della città, oppure del passare ore e nottate in locali bui, bevendo raki, fumando haschisch e rimpiangendo fasti e proprie ricchezze di tempi ormai irrimediabilmente andati. 
I falliti fantasticano sempre, anche qui da Avrenos, lo fanno su progetti impossibili, si raccontano storie vere o inventate, un po' s'aiutano e un po' s'ingannano a vicenda, si cercano, stanno insieme, ma in realtà ognuno è un'isola con i suoi problemi il suo modo di vedere il mondo e di concepire la vita.
Ma sono tutti clienti d'Avrenos e ognuno finsce per aver bisogno dell'altro, anche se l'altro non può o non vuole aiutarlo. Avrenos è tutt'altra pasta. Probabilmente  greco, lavora duro, serve i clienti, gestisce il suo locale, deve ripulirlo e tenerlo aperto il giorno e la notte. Ma è una figura che Simenon tiene nell'ombra, l'ombra prodotta da quello che il locale rappresenta per questa banda.
Ma quanti di noi sono clienti d'Avrenos?
Quanti di noi sono, monocolo o no, Jonsac? E questo drogman in definitiva é solo una figura a una dimensione, una facciata... è solo un soffio d'aria che lo fà sembrare quello che non è... almeno agli occhi delle ingenue e fragili come Leila, ma non certo a quelli delle furbe e navigate come Nouchi?
Quanti di noi, come lui, siamo condizionati dall'ambiente che in questo caso avviluppa Jonsac con la propria indolenza, lo irretisce con le sue oziose consuetudini che si tramutano in gabbie da cui è sempre più difficile uscire? Jonsac potrebbe tornare in Francia occuparsi del suo castello e della sua fattoria in Dordogna e invece... E invece è impigliato in quella ragnatela di consuetudni, di mezze-amicizie, di mezzi-amori (Nouchi è sua moglie per convenienza, ma nessuno lo deve sapere, però non è neppure la sua amante, anche se... Invece Leila potrebbe diventare il suo amore, ma la loro storia non decolla mai... e comunque lei quasi quasi muore...).
Quanti di noi sono irretiti da situazioni familiari senza sbocchi? Invischiati in storie amorose che sembrano a portata di mano, ma che non si afferrano mai? Quanti di noi sono vincolati da legami d'interesse, sono ostaggi in situazioni di convenienza, prigionieri dei tentacoli dell'opportunismo?
E' il destino, quell'ineluttabile percorso che siamo costretti a seguire. A volte ci catapulta in una spirale che ci risucchia nel fondo fino alla più tragica delle situazioni. Oppure ci mummifica, lasciandoci immobili e inerti di fronte a cicloni come Nouchi o a vicende tragiche come quelle di Leila.
Simenon non ha dubbi è il destino. Noi ci concediamo qualche tentennamento in proposito. Ma per quanto riguarda le tematiche poste da questo romanzo, crediamo che, prima o poi e in un modo o in un altro, ognuno di noi sia stato un cliente d'Avrenos.

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3 commenti:

  1. sono d accordo con simenon,il destino è parte importante,se non addirittura determinante,della vita di ciascuno di noi quindi,ad un dato momento della vita(anche solo temporaneamnete)ognuno potrebbe ritrovarsi un "cliente di avrenos"

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  2. Impressionante la densità di riferimenti visivi, panorami, dettagli, colori, che impregnano questo romanzo, considerando che Simenon è stato a Istanbul solo una volta - la famosa intervista a Trotskji - e per pochi giorni.
    dal punto di vista psicologico, non è fra le sue opere migliori (Lelia è fragile, fragile, fragile: nient'altro), ma le atmosfere sono potenti, e il senso del dramma incombente spinge a proseguire la lettura fino all'evento traumatico, descritto con un ritmo impareggiabile.

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    1. Concordo con il tuo commento, Rudi, soprattutto sul "ritmo impareggiabile"... e anche se non è il suo romanzo migliore, qui Simenon dimostra le sue grandi qualità e, anche se non siamo sulle vette simenoniane, ci scorre sotto gli occhi un romanzo molto coinvolgente.

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