sabato 9 luglio 2011

SIMENON SI RICORDA...

Copia di Je me souviens con dedica di Simenon
Abbiamo già accennato al fatto che nel '40, quando abitava A Fontney-le-Comte, a Simenon, in seguito ad una diagnosi sbagliata, fu pronosticato una fine prossima, due o tre anni, a causa del cuore malato e a patto che non si stancasse, smettesse di scrivere, fumare, bere, fare sesso... altrimenti la fine si sarebbe fatta più prossima. E questo portò ad una serie di conseguenze per le quali vi rimandiamo al post del 9 gennaio Paura di morire o fiuto per la comunicazione?.  A parte tutte le altre vicende annesse e connesse, vere o immaginate, una conseguenza tangibile di quell'episodio fu uno dei suoi primi libri autobiografici. Proprio ottant'anni fa', nell'estate del '41 Simenon finì la prima stesura di Je me souviens... che nelle sue intenzioni serviva a lasciare al figlio Marc, nato da appena un anno, qualcosa che gli ricordasse il padre, le sue ascendenze, com'era, cosa aveva fatto.
E' un libro particolare. Niente a che vedere con quelli scritti di otto/dieci giorni in état de roman. Qui ci fu una prima stesura che richiese circa sei mesi (dicembre '40-giugno '41) poi il libro rimase a "decantare" fino al '45, quando nel gennaio, a Sables d'Olonne, Simenon ne fece una revisione e a fine anno Presses de La Cité lo pubblicò. Ma poi ci fu una seconda edizione rivisitata nel '61.
Anche la lunghezza è particolare, sono in tutto diciotto capitoli (diciannove nella seconda edizione) dove l'intento è quello di ricreare il suo mondo, quello della sua adolescenza, la storia delle famiglie del padre e della madre, i momenti drammatici della guerra. I nomi non sono quelli veri e una nota di Simenon ci tiene a sottolinearlo. Ma poi nell'edizione del '61 torneranno a coincidere con quelli reali. Qualcuno ha addirittura azzardato che in questa opera ci siano delle vicende che potrebbero essere una sorta di messaggi in codice... ma poi per chi? La realtà che nel libro si sente la pressione di qualcuno che vuole  trasmettere al figlio tutto un mondo che lui non potrà raccontargli e che lo fa pressato dal (vero o presunto) timore di morire (anche se i tempi di stesura e di pubblicazione tutta questa fretta non la confermerebbero). Comunque si tratta di una tappa importante per le opere biografiche di Simenon che passeranno per Pedigree (1943), poi per i Dictées arrivando infine a Mémoires intimes (1981).
Particolare da sottolineare, il titolo fu scelto dall'editore, Sven Nielsen e Simenon non digerì mai del tutto la cosa. Ma d'altronde si trattava come abbiamo detto di un'opera fuori-serie, cioè basara su canoni diversi dalla sua letteratura: siamo in bilico tra una vera confessione e una ricostruzione romanzata del suo passato familiare. Je me souviens vive una genesi travagliata, la lunga gestazione, l'oblio per quattro anni, passaggi sopressi e poi ripristinati e infine una nuova edizione del '61. Altro che romanzi scritti d'istinto sotto l'impulso dell'ispirazione! E anche l'attenzione alla lingua e allo stile è ben altra cosa. E lo dice proprio Simenon, in  una nota scritta in occasione della seconda edizione.
"...Non si tratta in effetti di un'opera letteraria, ma di una specie di documento. Lo stile è piuttosto quello parlato, familiare, di un padre che si rivolge al figlio e non lo stile scritto di un romanziere. Sopprimere le ripetizioni, evitare i luoghi comuni, gli errori? Bisognerebbe riscrivere tutto e ho paura che un tale trattamento toglierebbe a queste pagine la loro spontaneità...".

venerdì 8 luglio 2011

SIMENON. MAIGRET E IL CASO DELL'OMICIDA DIVENUTO UOMO SOLITARIO

Non cercatelo. "Maigret e l'omicida" non è uscito
ll caso è questo. Fino a qualche giorno fa (ne avevamo dato conto in un post del 4 luglio, con tanto di foto) l'Adelphi annunciava come anteprima l'uscita di una nuova inchiesta del commissario: Maigret e l'omicida. Poi cala l'ombra del mistero e come nei migliori noir (o in questo caso sarebbe meglio scrivere polar), ritrovata la luce, ci si accorge che non sempre tutto è come sembrava. Infatti l'anteprima si trasformava in novità, cioè nell'uscita in libreria, ma il titolo cambiava. Addio all'omicida, arrivava un altro individuo. Nelle librerie infatti potrete trovare Maigret e l'uomo solitario, che è tutta un'altra inchiesta rispetto a quella annunciata. Quest'ultima scritta nel febbraio del 1971, in assoluto uno degli ultimi Maigret e l'altro invece finito circa un anno prima.
Qui (con l'uomo solitario e non con l'omicida) siamo a Parigi, Les Halles, in un bollente agosto degli anni '60 e un clochard, a suo modo distinto, viene trovato ucciso da tre colpi di pallottola. Chi poteva aver interesse a uccidere un barbone? E poi come poteva aver tratti così signorili e addosso stracci così malridotti?
"....Aveva una certa età e lunghi capelli argentati, con riflessi azzurrini. Anche gli occhi erano azzurri ma la loro fissità metteva Maigret a disagio e il commissario glieli chiuse. Aveva baffi bianchi leggermente arricciati e un pizzo bianco alla Richelieu. Era rasato di fresco e Maigret ebbe una nuova sorpresa scoprendo che le mani del morto erano curatissime...".
Cherchez la femme. In effetti tutto ruota attorno a motivazioni banali come l'amore, la rivalità, la gelosia, ma la souzione del caso non sarà affatto facile per Maigret. E per noi sarà facile o no risolvere il caso dell'anteprima che cambia titolo quando diventa novità?

SIMENON: MATITE O MACCHINA PER SCRIVERE?

La domanda posta nel titolo potrebbe sembrare superflua. Invece ha un significato non solo simbolico, ma anche metodologico. Anche se dichiarazioni, interviste e scritti autobiografici al riguardo sembrano un po' contraddittori. Si legge spesso che agli inizi Simenon scriveva con le matitie e poi una dattilografa era incaricata di ribatterla a macchina. Poi avrebbe iniziato anche lui ad utilizzare direttamente la macchina per scrivere. Ma per un periodo, nei primi anni '60 tornò per alcuni romanzi a fare le due cose insieme. Prima la versione scritta a mano e poi quella battuta a macchina. Perchè?
Ce lo spiega un'intervista a Simenon fatta da Francis Lacassin (in Conversation avec Simenon - 1990). "...la prima redatta a mano e la seconda dattilografata. Per rasicurarsi, per rendere la dattilografia dell'indomani meno stancante, aveva preso l'abitudine verso la fine del pomeriggio di scrivere con la matita il capitolo che avrebbe dovuto dattilografare il mattino seguente. Ma si poneva una questione: quando batteva a macchina consultava il manoscritto del giorno prima?..."
Era solo una sorta di rete di protezione come per gli equilibristi? Oppure un vero e proprio ancoraggio che gli dava sicurezza? La risposta di Siemenon é categorica.
"No, non serviva concretamente a nulla, se non a farmi perdere tempo... e poi due sedute di lavoro ogni giorno... era un fatica...".
Già, la fatica e torna il ricordo del suo stato mentre scriveva.
"...scrivevo in un tale stato! d'altronde non dimenticate che io terminavo un capitolo di venti pagine in circa due ore e che alla fine avevo perso ottocento grammi. Abbiamo fatto l'esperimento con Teresa: lei pesava i vestiti puliti prima di darmeli. Infatti avevo degli indumenti che servivano solo a scrivere, quasi una superstizione: due camicie una rossa e una marrone a scacchi. Le avevo comperate a New York. Ebbene dopo ogni seduta di scrittura pesavano ottocento grammi di più..."
"Cinque chili e mezzo per ogni romanzo?"
"Esatto, ma li recuperavo in meno di un mese, però li perdevo in sette giorni... Allora, quando uno scrive in queste condizioni, vi garantisco che non pensa a mettere delle idee. Si pensa ad incarnare il proprio personaggio, e a rimanere, dico io, in état de roman..."
E questo, l'abbiamo detto più volte, è il motivo per cui Simenon era così rapido nello scrivere. Doveva aver finito prima che svanisse quello stato di grazia.
"...all'inizio durava fino ad undici giorni, poi dieci, poi nove ed ore sette. Siccome ormai dopo sette giorni sparisce, stato è per questo motivo che i miei romanzi sono passati da undici, a nove, fino a sette capitoli...".
Insomma la matita che sembrava funzionale a scrivere un brogliaccio per poi tagliarlo, modificarlo e correggerlo nella scrittura a macchina, via via perse importanza, anche perchè il ritmo veloce della scrittura a macchina si confaceva alla sua scrittura istintiva che lasciava poco spazio ai ripensamenti, alle considerazioni e ai cambiamenti.
Anzi la risposta che stavolta Simenon dà a Lacassin sembre rivoltare un po' le cose.
"...Notate che io ho sempre scritto i miei romanzi direttamente a macchina. Come sapete ho iniziato la carriera come giornalista: allora trovavo che scrivere a mano fosse troppo lento. Ho smesso di scrivere a mano quando avevo quindici, sedici anni. Quando ho iniziato a scivere i romanzi ho usato la macchina, era così naturale... Da allora ho sempre scritto a macchina e sono stato sempre più veloce di tutte le mie segretarie. Battevo senza problemi una media di novanta parole al minuto. Dei giornalisti amiricani una volta sono venuti anche a controllarlo...".
E allora tutte quelle matite ben appuntite sulla scrivania che ci facevano? Un accenno, non proprio una risposta, la troviamo in un Dictée del'78 "...Credo di conservare una certa nostalgia dei miei lavori benedettini perché sono anni che non mi servono più, ma le mie matite sono sempre sul mio tavolo nel loro cilindro di cuoio...".

giovedì 7 luglio 2011

SIMENON E I SUOI LETTORI

Quello cui Simenon teneva di più era la possibilità che i propri lettori  si indentificassero con i personaggi dei suoi romanzi, con i loro pregi, i loro difetti, le loro vicende. Insomma voleva raccontare le cose di tutti i giorni che possono capitare alla gente comune.
E lo spiega benissmo durante la famosa intervista con il giornale medico svizzero Médicine et Hygiène.
"...quando il lettore vede un personaggio che gli somiglia, che ha i suoi stessi sintomi, che si vergogna per le stesse cose, che ha i medesime turbamenti interiori, si dice: non sono quindi il solo, non sono un mostro...E io voglio dimostrare che i piccoli drammi che li angosciano, di cui non vogliono parlare a nessuno, non sono soltanto loro e che molti altri esseri umani vivono gli stessi tormenti...".
Insomma una sorta di intento terapeutico, come se si prefigesse di aiutare quanti leggono i suoi romanzi.
D'altronde non va dimenticato che anche nei Maigret troviamo un po' la stessa filosofia. Quando il commissario è guidato dal principio di capire e non giudicare, è un po' utilizzare lo stesso concetto visto da un'angolazione diversa. Non c'è nessun giudizio da dare, anche per quelli che hanno commesso dei reati gravi, perché quelle stesse pulsioni, quegli stessi meccanismi inconsci li ritroviamo in tutti noi, anche nelle stimate persone della buona società.
E infatti quanti personaggi dei romanzi di Simenon sono rispettabili e inappuntabili, finchè non succede qualcosa che li rende diversi?
Ma torniamo ai lettori, a quelli che scrivevano al romanziere e ai quali considerava un dovere rispondere. Nonostate ricevesse migliaia di lettere dai suoi ammiratori, non sempre riguaravano i giudizi sui suoi romanzi.
"...sembrano le lettere che un individuo scrive al suo medico o al suo psicanalista: Voi siete uno che mi capisce. Mi sono riconosciuto spesso nei vostri romanzi - tanto per confermare quello che abbiamo riportato più sopra - E poi ci sono delle pagine di confidenze; e non si tratta di idioti, certo ci sono anche quelli, ma molti al contrario, sono delle persone che... insomma anche di personaggi importanti. Ne sono davvero sorpreso...".
Erano lettere che Simenon affermava arrivare soprattutto da giovani e da persone anziane. E mentre i primi gli chiedevano consigli sulla professione di scrittore, o sullo stile della scrittura,  la corrispondenza dei suoi lettori più anziani erano testimonianze della loro vita, o ancora delle confidenze e più spesso la spiegazione di un loro problema.
Insomma, come accade ad uno scrittore di successo come Simenon, fra i suoi lettori c'era un po' di tutto e, come spiega in uno dei suoi Dictées: "...tra chi si riconosce nei personaggi dei miei romanzi, ci sono quelli preoccuapati che si domandano se il loro avvenire sarà così drammatico come nei miei romanzi e se sono destinati a finire così tragicamente. Queste sono quasi tutte delle persone umili, che non hanno accanto qualcuno che possa confortarli e mi emoziona che si rivolgano ad un estraneo i cui scritti danno loro confidenza...".

mercoledì 6 luglio 2011

SIMENON. UNA MOSTRA SUI SUOI MANOSCRITTI A BRUXELLES


Gérard Lhéritier, Presidente del Museo delle lettere e dei manoscritti di Parigi che fu iniziato nel 2004 e inaugurato nel 2010 sul boulevard Saint-Germain, ha annunciato la creazione di un secondo Museo delle lettere e dei manoscritti, questa volta però a Bruxelles.
Come era facile prevedere, il museo, appena finito, ha in calendario, in occasione del debutto della struttura, una manifestazione sul romanziere Georges Simenon. Saranno ovviamente esposti dei manoscritti, alcuni inediti, altri famosi come le buste gialle di Manila sulle quali il romanziere appuntava i nomi dei suoi personaggi, qualche caratteristica come l’età, il lavoro, i gradi di parentela, un minimo di cronologia. “Era del tutto naturale – ha dichiarato Gérard Lhéritier in una conferenza stampa - per questo Museo scegliere il famosissimo romanziere belga per l’esposizione inaugurale, che si terrà il 23 settembre 2011".

martedì 5 luglio 2011

SIMENON: LE DECLIC

Per il dizionario francese-italiano di traduce in "scatto". Per Simenon rappresenta quell'accadimento, quell'imprevisto, quel fatto di grande o poco conte che fa appunto scattare il meccanismo del romanzo. E' uno strumento letterario cui di solito ricorre nella primissima parte del romanzo e che serve a produrre un mutamento, quando non un vero e proprio rovesciamento di una condizione tranquilla, che sembrava consolidata e non modificabile.
"...Quello che chiamo déclic - come conferma l'autore ad Andè Parinaud, in un'intervista del 1955 - costituisce il primo capitolo. Può essere la morte del padre. Può trattarsi di un incidente, oppure di un quiproquo come in vaudeville o nella vita stessa. Può essere un qualsiasi cosa capiti al mio personaggio, una lettera inattesa che cambia la routine della vita cui si era ormai rassegnato...".
Già, perchè poi sempre della vita del protagonista si tratta. Che sia il Popinga de L'uomo che guardava passare i treni, che sia il Kupèrus de L'assassino o il Norbert de La fuga del signor Monde, questo déclic serve proprio come leva per far deviare la storia di un personaggio abitudinario, di solito stabilizzato nel proprio lavoro, nella situazione familiare, con determinati principi, guidato da abitudini che nel tempo si sono trasformate in dei binari su cui ormai corre un'esistenza che quasi sembra predefinita.
E' il divertimento, se così possiamo definirlo, di Simenon che si concede nel far deragliare le vite di questi tetragoni e noiosi individui con un semplice déclic. Ma se scaviamo un po' più a fondo, ci accorgiamo che è una sorta di rivincita contro quel perbenismo e quel conformismo di larga parte della società, quella che spesso si cristallizza nelle convenzioni, nell'indossare buoni vestiti, nell'abitare in belle case, nel guidare auto lussuose, nel procedere in una vita regolare scandita da quei riti sociali che rafforzano la rispettabilità, l'onorabilità, e talvolta la scalata sociale.
Tutti elementi che Simenon non condivideva, lui che nei suoi romanzi cercava "l'uomo nudo" cioè l'uomo naturale, senza incrostazione culturali. Mentre invece alcuni dei suoi protagonisti sembra si siano costruiti una corazza intorno a loro affinchè  nulla possa nemmeno scalfirli.
"...Credo che basti un nulla - scrive Simenon in Un homme comme un autre (Dictées - 1973), spiegando come concepisce il declic, nell'état de roman in cui scriveva le sue opere - una certa luce, un tipo di pioggia, un odore lillà o di fumo. Questo produce in me un immagine, che non ho scelto e che talvolta, non ha alcun rapporto con la sensazione iniziale: l'immagine di una banchina a Liegi, ad Anversa, nel Gabon, un formicolìo di facce... Questo, è strano a dirsi, ma è tutto automatico...Rimpiazziamo il termine automatico, con inconscio o subconscio e credo che ci avviciniamo alla realtà...".

lunedì 4 luglio 2011

SIMENON. IN ARRIVO UN ASSASSINO E UN OMICIDA... ESTIVI

Estivi non vuole avere certo essere una connotazione di giudizio. Si sa l'estate, sotto l'ombrellone o sotto un pino, con più tempo libero a disposizione, la gente legge di più, etc. etc. etc. Ed é un fatto che ogni anno, con l'approssimarsi delle vacanze, l'Adelphi sforna per il pubblico degli appassionati un romanzo e un Maigret di Simenon.
Insomma due dei quattro/cinque titoli simenoniani che l'Aldephi pubblica durate l'anno ormai da anni, con cadenza invariata, arrivano verso luglio.
E infatti da qualche giorno è uscito l'Assassino (L'Assassin - Gallimard 1937) un romanzo scritto nel dicembre di due anni prima, durante un soggiorno in Savoia.
L'altro è invece un'inchesta del commissario, che però deve ancora apparire sugli scaffali delle librerie, Maigret e l'omicida (Maigret et le Tueur - Presses de La Cité 1969).
L'accoppiata tra l'assassino del romanzo e l'omicida di Maigret non tragga in inganno. Sono due personaggi differenti e due storie su piani e toni differenti.
L'Assassino è Kupèrus, un medico stimato, ma marito ingelosito perché scopre, a causa di una lettera anonima, che la moglie Alice lo tradisce con un'altrettanto rispettabile esponente della sua stessa cittadina, l'avvocato Shutter (peraltro Presidente dell'Accademia del Biliardo che lui stesso frequenta). Un giorno decide di vendicarsi, uccidendoli entrambe. Da quel momento l'esistenza del dottore protagonista compie un salto e assistiamo  alle conseguenze di quel passaggio della linea, concetto che ricorre spesso negli scritti simenoniani. Kupérus cercherà di far prendere alla sua bonne, Neel, il posto della moglie, arrivando a farle indossare i suoi vestiti. Ma mentre tre i due si instaura una dinamica di attrazione-repulsione, nella cittadina girano sempre più insistenti le voci indicano il medico come responsabile della morte dei due amanti. Kupérus è pian piano lasciato sempre più solo, la gente mormora sempre più, sa ma non parla, eppure viene inesorabilmente emarginato e c'è chi vorrebbe che lasciasse la cittadina
Non potrà essere più lo stimato e riconosciuto medico della società, senza rumori e senza clamori la "sua" gente gli sta disconoscendo quello dignità e quel riconoscimento sociale che lo riducono in un estraneo.
Nell'inchesta di Maigret invece c'è un assassino che ha ucciso una persona che aveva l'abitudine di registrare i discorsi egli altri conun registratore nascosto. Nei bar, nei locali pubblici e nei luoghi poco raccomandabili. Chi lo ha ucciso con sette coletellate,sapeva che aveva registrtao qualcosa che doveva restare segreto?  La prima pista plausibile sembre quella di banda criminale, ma poi saltà fuori un personaggio che telefona spesso al commissario e scrive ai giornali per rivendicare come sia lui il responsabile dell'assassinio. che cerca quasi la comprensione del commissario il quale riesce a farlo uscire allo scoperto in un'inchiesta, se possibile, ancor meno poliziesca delle altre, che ha il suo epilogo in un colloquio tra il commissario e l'omicida seduto in un poltrona del salotto di casa Maigret, una scena e un tono che fanno pensare più ad una seduta di psicoanalisi che ad un interrogatorio vero e proprio.

domenica 3 luglio 2011

SIMENON. TERESA L'ULTIMA COMPAGNA

1961. Simenon è a Milano per parlare con Arnoldo Mondadori, il suo editore italiano. La conversazione oltrepassa il confine degli affari e arriva fino alle considerazioni di un Simenon, ormai separato da Denyse, che si lamenta un po' di vivere in una casa dove non ci sia una presenza femminile o perlomeno  di quanto sia difficile trovare un'affidabile femme de chambre che faccia funzionare tutte le faccende domestiche. Questo fa venire in mente a Mondadori che invece la sua segretaria conosce una pesona che potrebbe far il caso di Simenon.
Teresa Sburelin, 35 anni, friulana, entra così in casa Simenon, alla fine di quell'anno.
La sua presenza, oltre che utile, fu addirittura provvidenziale almeno in un paio di volte per lo scrittore. A Crans-sur Sierre, durante le vacanze invernali, Simenon per un attimo è vittima di un istinto suicida.
" Che nostalgia mi prese quella sera? Immaginavo Denyse sola, tra gli estranei, a Prangins (la clinica dov'era ricoverata), alla nostra passione tumultosa dei primi mesi, il mio accanimento in tanti anni di formare con lei una vera coppia. Ho provato di tutto, ho subito tutto, invano. Lei per me è persa ed senza dubbio è persa anche per sé stessa. Quella sera preso da un'improvvisa disperazione, decido di finirla. Stavamo camminando lungo una roccia a picco. Mi fermo, vacillo, balbetto qualcosa come: Non ne posso più... Non è una vaga sensazione, in quel momento sono deciso davvero a finirla... Ma Teresa mi trattiene appena in tempo con le sue braccia per fortuna vigorose...".
La seconda volta capita nella villa di Epalinges. Simenon fa un brutta caduta nella toilette. Nella casa deserta solo Teresa gli corre in soccorso. Insomma dalla seconda metà degli anni '60, Teresa diventa la compagna di Simenon. Un Simenon molto diverso da quello conosciuto da Tigy, da Denyse. Un Simenon alla vigilia della sua rétraite, della sua rinuncia a scrivere. Ormai è quasi solo nella sua villa-monstre di Epalinges. La moglie ormai fuori dalla sua vita, su e giù per cliniche e case di cura. I figli, ognuno per la sua strada. Marc a 33 anni lavora per il cinema e la tv. Johnny, dieci anni di meno, studia in America. Marie-Jo, la sua prediletta, non trova il suo equilibrio e vive a Parigi. Rimane in casa solo Pierre, tredicenne, il più piccolo che va ancor a scuola.
Durante il suo ultimo sforzo, quello di scrivere il suo poneroso commmiato Memoires intimes, non solo Terese e M.me Aitken (la responsabile de Le secrétariat Simenon) lo aiuteranno nella ricostruzione della successione degli avvenimenti, ma addirittura  Simenon affida loro, semmai gli succedesse qualcosa, il compito di portarlo a termine.
Teresa è la compagna di questo periodo in cui Simenon si ritira dalla letteratura, dalla vita sociale, dalle abitazioni principesche. Lei lo accudisce, lo assiste in questa sua vita ridota ormai all'essenziale. Lo assisterà durante le sue malattie e le varie operazione per il tumore, per la rottura del femore e per l'intervento alla prostata. Ma non sarà la sua infermiera. Il loro rapporto durerà oltre vent'anni, pressapoco quanto quello con Tigy e quello Denyse. Teresa saprà dargli quella tranquillità e quel conforto anche nei momenti più terribili, come quando nel '78 Marie-Jo si suiciderà.
In un intervista dell'81, Siemenon affermava: "... da quando conosco Teresa nessuna delle donne che incontro riesce ad eccitarmi. Se la più bella donna del mondo venisse ad offrirsi a me, io sarei nell'impossibiltà di fare l'amore con lei. La nostra unione è completa e totale, perchè tra noi c'é la tenerezza, la passione, il sesso. Siamo una vera coppia: un maschio e una femmina. E, quando la definisco femmina, da parte mia é un complimento...".
Fu lei a tenere la mano di Georges nel momento del trapasso, quando lui pronunciava le sue ultime parole "Finalmente vado a dormire". E fu sempre lei, che, secondo le volontà di Simenon, fece cremare il corpo, sparse le ceneri nella casetta di avenue de Figuieres, dove erano state sparse anche quelle di Marie-Jo.
Teresa visse ancora un paio d'anni in quella piccola casa rosa, poi forse, tornò in Italia. I figli di Georges la cercarono, ma non la trovarono, le sue tracce si erano perse. Se n'era andata discretamente, quasi timidamente, così come vent'anni prima era entrata nella vita di Simenon.

sabato 2 luglio 2011

SITI LIBERI = LIBERTA' IN BUONA SALUTE = LIBERI STATI DEMOCRATICI

la notte della rete.jpg
Copioincollo dal blog Metilparaben:
Il 6 luglio l'AgCom voterà una delibera con cui si arrogherà il potere di oscurare siti internet stranieri e di rimuovere contenuti da quelli italiani, in modo arbitrario e senza il vaglio del giudice.
Siccome, con ogni evidenza, si tratta di una misura degna dei peggiori regimi, sarebbe il caso di rimboccarsi le maniche per evitare che venga approvata.
Cosa puoi fare:

    * se sei un blogger scrivi un post, usando il logo che vedi qua sopra e riportando tutti i link, e diffondilo più che puoi tra quelli che conosci;
    * vai alla pagina di Agorà Digitale in cui sono raccolti tutti i link, le iniziative e le proposte dei cittadini;
    * firma e diffondi la petizione sul sito di Avaaz;
    * partecipa e invita tutti i tuoi amici a "La notte della rete": 4 ore no-stop in cui si alterneranno cittadini e associazioni in difesa del web, politici, giornalisti, cantanti, esperti.
La notte della rete si svolge il 5 luglio alla Domus Talenti (a Roma in via delle Quattro Fontane 113) e in Rete su tantissimi blog e siti.

PARTECIPIAMO TUTTI, UTENTI, BLOGGER, WEBMASTER E UOMINI LIBERI

SIMENON. LA PICCOLA MARIE E' LA PIU' FORTE

"...Dimostrava a malapena quindici anni nel suo talleurino nero che si era fatta fare due anni prima per la morte della madre... Marie, serviva, soffiandosi di tanto in tanto il naso, ma....in tutta la mattina nessuno l'aveva vista piangere...con la sua aria di non guardare nessuno, sempre con lo sguardo perso nel vuoto e le palpebbre che si abbassavano non appena qualcuno la osservava".
Così Simenon ci presenta la protagonista nelle prime pagine di uno dei suoi migliori romanzi (ma quante volte abbiamo potuto non usare questa espressione?). Sono tutti al funerale del padre, pescatore pure lui, i cinque fratelli orfani abitano in Normandia, in un paesino di gente di mare, Port-en-Bessin, facce dure segnate dal sole e dalla salsedine, abituati agli schiaffi delle onde dell'oceano, alle reti che spesso tornano su vuote, a stringere la cinta e ad un bicchiere, quando sbarcano, buttato giù al caffè del porto.
Al funerale sono venute le famiglie degli zii, consapevoli che dovranno discutere per dividersi gli orfani. Non tutti però. La più grande, Odile, che Simenon ci presenta come una sorta di contraltare della piccola Marie, che in realtà ha più di diciassette anni, é invece già sistemata con un amante, proprietario di un caffè, di un cinema a Cherbourg e che si sposta con una bella macchina.
"...Odile che si era messa in lutto stretto per venire a Cherbourg, ma che sotto il velo era truccata come un'attrice". E questo già inquadra il personaggio. Se poi qualcuno ricorda come Simenon non amasse le donne con trucchi e belletti, si capirà a fondo il tonon e il significato di quel "truccata come un'attrice".
Ma torniamo a Marie che nella spartizione è giudicata troppo grande per essere mantenuta da qualcuno e che gli zii pensano possa sistemarsi a servizio in una famiglia della città.
Ma già qui viene fuori il carattere di Marie, lei un posto già ce l'ha. Lavora al Cafè De la Marine di Port-en-Bassin e lì vuole restare. Cento franchi al mese per  le pulizie e per qualsiasi altra cosa di cui ci fosse bisogno. E' diversa dalla sorella Odile non solo fisicamente "...quasi piatta di seno, e con i fianchi lunghi e il ventre bombato, i capelli dritti e quasi sempre spettinati, non si curava degli altri e meno ancora  di compiacerli. Li guardava di sottecchi. Sicuramente pensava qualcosa ma se lo teneva per sè...".
Tutt'altra musica per Odile
"...era una bombolotta, con le carni tenere e rosate, la pelle fina, gli occhioni infantili e l'aria docile e sottomessa. Arrossiva o piangeva per un'inezia e si arrabbattava per accontentare tutti...".
Marie la vince su tutti, anche su Chatelard, che l'avrebbe voluta a lavorare al suo locale, il Café Chatelard a Cherbourg, ma anche a vivere casa con lui e Odile. La ragazza, nonostante fosse ancora giovanissima e non avesse certo charme, aveva risvegliato in lui dei desideri e non gli sarebbe dispiaciuto fosse diventata la sua amante. Intanto Marie la spunta anche sulle insistenze della sorella, resterà a Port-en-Bassin.
Ma ormai Chatelard le ha messo gli occhi addosso. Se non può averla a casa, sarà lui ad andare a Port-en-Bassin, avendo appena acquistato un barca lì, dovrà ogni settimana andarla a controllare.
E per Chatelard ogni occasione per fare il filo a Marie è buona. Ma lei ha un fidanzato, non un vecchio (in realtà Chatelard aveva trentacinque anni), ma un suo coetaneo, un certo Marcel Viau, che altri non era che il figlio della proprietario della barca che proprio Chatelard aveva acquistato, dal proprietario che, sommerso dai debiti, l'aveva dovuta mettere all'asta dopo una vita lavoro e sacrifici.
Marie e Marcel sono coetanei, e lui si accorge di quel grassone che non solo ha portato via la barca a suo padre, ma non fà che gironzolare intorno a Marie. Lui si fa insistente e geloso e lei inizia a respingerlo. Marcel alla fine decide di uccidere il rivale. Ci prova, gli spara, ma manca il colpo, segue una colluttazione in cui Cahtelard ha la meglio, ma spezza un braccio al ragazzo.
La situazione è complicata, certo Marcel ha cercato di ucciderlo, ma ha forse ecceduto nella leggitima difesa e poi Chaterlard è quello che ha portato via la barca al padre. A nessuno dei due conviene che la polizia ci metta il naso. Così se lo porta a casa lo fa curare e lo affida per la convalescenza alle mani di Odile.
Marie un giorno scopre a letto sua sorella con Marcel ed è l'inzio della fine per Odile che allontanta da Chatelard va a vivere con la sorella a Port-en-Bassin non sospettando che sarà proprio Marie, che pian piano prenderà il suo posto e che coronerà il suo sogno di aver un marito, un pescatore, (Chatelard è stufo del cinema e del bar), che le costruirà una di quelle case rosse, come lei aveva sempre sognato. E Odile finirà a Parigi. La vera perdente del romanzo è lei.
Marie invece tiene testa a tutti, ha un suo obiettivo sin dall'inizio o anche lei è guidata dal destino? Anche lei passa la linea, ma questa volta il salto è benefico, la sua vita cambierà in meglio da una trasparente e insignificante cameriera ad un donna che vedrà soddisfatti i propri songni. E Chatelard che all'inizio sembra attirare il disprezzo del lettore, alla fine cambia o lo fa cambiare Marie?

venerdì 1 luglio 2011

SIMENON. DENYSE IL DECLINO E LA SEPARAZIONE

1950. Ora Denyse non è solo ufficialmente madame Simenon, ma anche madre di suo secondo figlio e con un ruolo maggiore nel lavoro del marito, molto aldilà delle semplici mansioni di segretaria.
Accompagna il marito in uno dei suoi viaggi in Francia, nel marzo del 1952. Qui Simenon viene accolto trionfalmente dai media e dal mondo degli intellettuali, giornalisi e fotografi lo inseguono, si tengono ricevimenti in suo onore conpersonaggi, tra gli altri, del calibro dell'editore Fayard figlio, l'attore Fernandel, il suo grande amico Pierre Lazareff direttore di France-Soir, scrittori come Marcel Pagnol, il suo vecchio editore Gston Gallimard, il regista Hery Decoin e il suo grande amico e grande attore Jean Gabin.
Denyse soffre di questo brillare di Simenon, di essere sempre in secondo piano e in privato le capita anche di piangere anche se in pubblico conserva, come scrisse il giornalista americano Brendan Gill: "...perfettamente il suo ruolo di giovane moglie, defilata, fissando il suo signore e maestro con uno sguardo d'ammirazione e un'aria sottomessa...".
Ma le cose dopo qualche anno cambiano. Sul piano lavorativo Denyse é sempre più invadente, e non sempre per il meglio.
Ad esempio riportiamo l'impressione di Kurt Wolff, l'editore americano di Simenon che ha trattato con lei questioni finanziarie per conto del marito. Condizioni stravaganti, tendenza a monoplizzare le trattative per ore senza trovare una soluzione, fare diventare degli aspetti secondari delle questioni di principio.
Quando i Simenon rinetrano in Europa la situazione peggiora. Il ruolo di Denyse in Svizzera non é così importante come in America. Ora il lavoro é aumentato e la supervisione sui contratti, i rapporti con gli editori, la cessione dei diritti passa ad un vero e proprio ufficio gestito da Joyce Aitken. Questocoincide con un rivolgere verso sè stessa tutta l'attenzione che fino allora Denyse aveva rivolto al marito. Il suo eq uilibrio mentale comincia ad accusare degli alti e bassi, è talvolta vittima di amnesie e la sua propensione all'alcol sta diventando una vera e propria dipendenza. Iniziano anche i primi sintomi di una vera ossessione nei confronti della pulizia, tanto da pulire e disinfettare la stanza in cui erano scesi con il marito, il George V di Parigi! Parallelamente aumenta anche la sua voglia di comandare, di dirigere di essere lei a decidere, ma questa smania di essere indispensabile, infallibile, insostituibile è un traguardo illusorio, e non poterlo raggiungere è fonte di continue frustrazioni. La situazione peggiora e dal '62 Denyse inizierà a frequentare cliniche e case di cura. La prima é Les Rives de Prangines a un trentina di chilometri da Losanna, dove cura le sue nevrosi e il suo etilismo. Quando torna a casa, si trova nella villa d'Epaliges che Simenon ha fatto costruire secondo i propri gusti e a misura delle proprie esigenze. Denyse vi si sente spaesata ed estranea, i suoi comportamenti convincono sempre più  Georges che lei sia scossa da turbe mentali, manie di grandezza, schizofrenia, un'ossesione compulsiva per la pulizia e l'igiene. E purtroppo le sue supposizioni vengono confortate da vari specialisti via via consultati... Ormai Denyse non ha più nessuna attrattiva su di lui e dopo il '64 la situazione precipita. Di lì a poco lei rientrerà in clinica  e dal '66 rimarrà permanentemente nella villa Sans Souci.
Ormai Simenon è definitivamente rassegnato. E d'altronde le parole del dottor Durand che ha seguito il calvario dall'inizio non lasciano dubbi: "...Siamo tutti convinti che nulla potrà risolvere lo stato di vostra moglie... Le abbiamo già annunciato che non c'è più motivo di curarla qui in clinica, ad un condizione però: non potrà vivevere nè con voi, né con i suoi figli, che avrà diritto di vedere bevemente di quando in quando, finchè essi non siano diventati adulti...e...sì, lei ha accettato... Per quanto vi riguarda potreste anche decidere di riprenderla in casa, se aveste voglia di suicidarvi...".
E' la fine. Una pena e una liberazione per Simenon che comunque aveva vissuto con lei momenti esaltanti e di vera passione. Ma ormai c'è l'indiffernza, il rancore e addirittura l'odio. Il desiderio di vendetta  Denyse lo mette in atto pubblicando un libro, scritto con un gosth-writer, Un oiseau pour le chat (1978) che mette in piazza la loro vita, i vizi privati e la presunta crudele condotta di Georges. Il libro non vale granché, ma lo scandalo mediatico parte e si alimenta di mezze verità e falsità. Sua figlia, quella fragile e instabile Marie-Jo che di lì a poco si suiciderà, legge il libro e prega il padre di non rispondere a quelle provocazioni. Lui non lo fa, ma il settimanale Elle pubblica una sua vecchia intervista che, con qualche ritocco, sembra una risposta al libro della moglie. La figlia prediletta da Simenon ne soffre e il suo già compromesso equilibrio, non regge. Dopo una telefonata al padre in cui pretende e ottiene che lui le dica esplicitamente "Ti amo", si suiciderà. Dietro questo tragico suicidio c'è anche un'oscura vicenda tra un periodo e l'altro di degenza della madre. Una situazione incestuosa tra Denyse e Marie-Jo durante una vacanza da cui la figlia uscirà traumatizzata. Ecco come la descrive la ragazza in una registrazione: "Tu mi hai sempre detto, quando avevo unidici anni, che non sarei stata più capace, non sarei stata mai capace nella mia vita di essere una vera femmina davanti ad un uomo, perché conserverò sempre la tua immagine,l'imagine del tuo sesso aperto davanti a me, davanti ai miei occhi, l'immagine delle tue dita che che cercano il piacere. ..".
La morte della figlia alimenta ancora le accuse reciproche e l'acredine tra i due coniugi... Già, perchè Denyse rimarrà fino alla morte madame Simenon. Lui si rifiuta di divorziare, la legge svizzera lo obbligherebbe a sborsare cifre colossali.

SIMENON. DENYSE PASSIONE E MATRIMONIO

Cercava una segretaria, trovò un'amante e una moglie da cui ebbe tre figli. E in più dall'incontro trasse un romanzo, uno dei suoi capolavori. Detta così potrebbe sembrare riduttiva, magari espressa in modo un po' troppo scarno, ma il succo della faccenda é questo, anche se si tratta di uno dei momenti nodali della vita di Simenon. 
1945. Simenon con la moglie Tigy e il figlio Marc è in fuga dalla Francia (accusato non proprio di collaborazionismo ma di una certa familiarità con il governo Petain) e dopo un soggiorno in Inghilterra, s'imbarca per l'America. Arrivato a New York si rende conto che per il suo lavoro, e non solo, avrà bisogno di una segretaria personale bilingue francese-inglese. Così mette annunci sui giornali, ma senza risultati soddifacenti, mentre un suo amico giornalista gli dice che ne conosce una che farebbe proprio al caso suo.
Il 4 luglio Simenon riceve una telefonta. E' lei. Decidono di incontrarsi al Brussel's, un ristorante non lontano da Central Park.
Lei sembra effettivamente la persona giusta. Denise Ouimet, giovane, magra, non ancora 25 anni, buona famiglia, ricca borghesia cattolica di Ottawa, avvocati, alti funzionari, giornalisti... E' perfettamente bilingue, non a caso lavora presso il servizio d'informazione britannico a Philadelphia. Il carattere non le manca.
Appena Simenon arriva, lei mette subito in chiaro:
"E' mezz'ora che vi aspetto. Se nella borsetta non avessi avuto solo uno cheque, me ne sarei già andata da un bel po'. Ma mi hanno servito un cocktail, poi un altro e io non avevo contanti per pagare... - fece senza nemmeno sapere chi era Siemenon e quanto fosse famoso -  Non so se voglio fare la vostra segretaria e alle tre e mezza ho un appuntamento all'hotel Astoria con il direttore per il Canada di Air Liquide... Cercano una segretaria.."
Partiti con il piede sbagliato, non ci misero molto a recuperare. Dopo qualche ora erano di nuovo insieme per un drink al Drake e alle 19, poco più tardi, cinque ore da quando si erano conosciuti, stavano già facendo l'amore. Per Simenon era stato davvero uno shock: "...conobbi per la prima volta quello che si chiama passione, una vera e propria febbre che qualcuno, compresi psicologi e medici, assimilano ad una malattia... e io che non credevo ai colpi di fulmine...".
In realtà si stava ripetendo quello che era successo con Josephine Baker, ma allora lui era un ragazzo di poco più di vent'anni, lei una grande star... Adesso era lui un affermato scrittore quarantenne e lei la giovane.
Giovane ma già molto sicura di sè. Infatti quel discorso al Brussel's era una tattica, lo racconta lei stessa: "...fin da quando sentii la sua voce per telefono rimasi incantata. Volevo dimostragli che non ero la solita giovane canadese pronta a correre dietro agli europei. Dopo mezz'ora mi ero già innamorata...".
Prese posto in casa Simenon (allora a Sainte -Marguerite-du-Lac-Masson, Canada) come segretaria personale, cercando di far sembrare tutto come una prassi normale. Ma Georges era completamente frastornato da quel rapporto. Si sentiva scombussolato, per uno preciso, abitudinario e un po' maniacale come lui quella donna cambiava tutto.
L'impellenza di scrivere, l'état de roman, il desiderio di confrontarsi con un tema nuovo come quello della passione lo spinse a scrivere Trois chcambres a Manhattan, che è in gran parte la trasposizione romanzata di quel loro primo incontro: "Scrissi il romanzo a caldo. E' uno dei rari romanzi che ho scritto a caldo e questo mi fece un po' paura..." Già, l'ingresso di Denise nella sua vita aveva cambiato addirittura il suo rituale di scrittura?
Altro cambiamento Trois chambres a Manhattan fu il primo romanzo non pubblicato da Galliamard, ma da quella che sarà la sua casa editrice fino al suo ultimo libro, Presses de La Cité.
Ma torniamo a Denise che Simenon ribatezzò Denyse con la "y", come volle che lei lo chiamasse Jo, dopo che aveva saputo che aveva avuto un fidanzato che si chiamva Georges come lui. Una questione di nomi, di un qualche gelosia, ma forse anche un modo per iniziare la loro storia come fossero una coppia nuova.
La loro relazione si fa sempre meno clandestina, Tigy stessa si rende conto che uno dei motivi del declino della loro unione é proprio Denyse. La situazione si ufficializzò in due momenti. Il primo fu settembre del '49 quando Denyse dette alla luce Johnny, che così fu il secondo figlio di Georges e il secondo a giugno del 1950 quando Georges divorziò da Tigy e il giorno dopo sposò Denyse.
La loro fu una relazione in cui il sesso, al contrario di quanto era successo con Tigy, contava molto. Denyse sapeva delle pulsioni sessuali di Georges, le assecondava, capitava anzi che lo accompagnasse ai bordelli e che addirittura prendesse parte talvolta alle performance sessuali del marito con l'amante di turno (segue).

giovedì 30 giugno 2011

SIMENON. BETTY, FUORI DAGLI SCHEMI, MA NON DAL DESTINO

Caduta libera. E’ la situazione in cui Simenon ci presenta la protagonista di uno dei suoi più bei romanzi, Betty. E’ una giovane donna, graziosa, minuta, bei vestiti, ma stropicciati, le calze smagliate e
quella trasandatezza tipica di chi non si cambia da qualche giorno.
Quella che invece è cambiata é la sua vita. Come succede nei romanzi simenoniani c’è stato quel declic che le ha  fatto passare la famosa “linea” e da rispettabile, dignitosa signora è diventata una poco di buono, spinta ai margini della società, scivolando sempre più giù, proprio in caduta libera. Non più valori cui appigliarsi, nessuna convenzione sociale da rispettare, nemmeno forse più la necessità di render conto a sé stessa. E, una volta rotti gli argini, tutto succede o può succedere. 
La protagonista di questo romanzo ci viene presentata che vaga ubriaca, da un bar all’altro, non rifiutando le profferte degli uomini che capiscono che possono approfittarsi di quello stato, ma anche a causa dell’impulso di Betty ad annientarsi, ad immergersi in quel mare di perdizione in cui si finisce per annegare.
E, a parte l’origine recente e scatenante di questo suo stato, i suoi problemi vengono da lontano, da quando ancora era bambina. Questa è una visione psicanalitica che Simenon che sposa spesso nei suoi romanzi, ispirandosi alle teorie freudiane e junghiane. Dunque i traumi infantili come spiegazione dei comportamenti autodistruttivi e autolesionisti.
Betty è una donna fragile?
Lo è sicuramente da quando qualche giorno prima è stata sorpresa nuda, sul divano, avvinghiata al suo amante, dal marito e dalla suocera.
Lo scandalo, la vergogna, il divorzio, la perdita della potestà sulle figlie e il trovarsi fuori di casa, fuori dalla famiglia, fuori in senso letterale, senza sapere dove andare, cosa fare.  
Fino a quel momento era una del clan degli Etamble, sposata con il più giovane e il più bello dei figli, Guy, impegnato in un lavoro prestigioso e di grande responsabilità. Era una vera signora, servitù, bella casa, agi e i tutti i vantaggi di far parte di una famiglia in vista e ricca.
E ora il nulla.
I suoi pensieri vanno all’adolescenza, quando aveva scoperto lo zio mentre faceva l’amore con Thérèse , una cameriera del proprio albergo. Era rimasta lì a guardare. Lui se n’era accorto e l’aveva minacciata: “Zitta o lo faccio anche a te”. Alla paura, si aggiungeva l’impressione che Thérèse non traesse affatto piacere da quell’amplesso, anche se poi l’aveva scoperta un’altro paio di volte a congiungersi con altri uomini. Da allora si era fatta l’idea che diventare donna voleva dire passare per quell’esperienza probabilmente nient’affatto piacevole. Era una tappa obbligata, un passaggio necessario…?
Ma ora la reazione di Betty è fortemente autocritica.
Sono una stupida, no? Dimmelo che sono una stupida! Ho rovinato tutto, ho fallito in tutto, ho sporcato tutto. Ho passato il tempo a sporcarmi e adesso ti racconto tutte  queste storie per farmi compatire. Per tutta la vita, fin da quando avevo quindici anni, sì, quindici anni, per imitare Thérèse, sono stata una puttana. Una puttana capisci?...” E’ lo sfogo che Betty fa a Laure, la donna che l’ha raccolta ubriaca e malmessa dal bar e che con le sue cure poco a poco la sta rimettendo in sesto.
E poi continua.
“… Elisabeth Etamble, nata Fayet, riconosce di essere una puttana, di aver sempre avuto amanti prima e dopo il matrimonio, raccattandoli nei bar come una professionista e introducendoli nel domicilio coniugale, dove è stata sorpresa  mentre faceva l’amore a due passi dalla camera delle figlie… - era il  verdetto di condanna del clan Etamble – Guarda qui, non mento quando dico che le ho vendute  (le figlie n.d.r.)… Un milione, d’acconto s’intende…” . Le ultime parole del marito erano state “…Farò in modo che non ti manchi niente, qualunque cosa accada…”.
Poi l’epilogo. Betty, dopo aver rifiutato una sorta di rientro nel clan Etamble, offertole dal marito, ma a certe condizioni, sembrerà ritrovare la vita e la voglia di rimettersi in gioco con un altro uomo, ma portandolo via ad un’altra donna. A quella stessa Laure che l’aveva raccolta ridotta ad uno straccio e l’aveva restituita al mondo. Così, come se nella vita non ci fosse posto per tutti. La rinascita di Betty richiedeva l’annullamento di qualcun altro.

Del romanzo Betty (1961) e dell’omonimo film di Chabrol (1992) abbiamo già parlato su Simenon Simenon. Se foste interessati, potrete trovare due post a questi indirizzi:
• http://www.simenon-simenon.com/2011/03/simenon-e-betty-cinquantanni-fa.html
• http://www.simenon-simenon.com/2011/03/simenon-betty-ancora-whisky-per-favore.html

mercoledì 29 giugno 2011

SIMENON: UNA FEMME DE CHAMBRE CHAMATA BOULE

1926, Normandia. I coniugi Simenon sono in vacanza. Conoscono Henriette Liberge che presta servizio come tuttofare presso una famiglia di amici. E' una giovane di vent'anni (d'altronde quasi loro coetanea Georges 23 e Tigy 28), originaria di Bénouville un piccolo borgo sulla costa, viene da un famiglia di pescatori, con un solo sogno: andar via.
La ragazza piace a tutti e due, ma soprattutto a lui, perchè è "bionda, ben dotata e semplice". L'accordo è di seguirli a Parigi dove rimarrà un anno come loro femme de chambre. Boule, si può invece dire, seguì per sempre i Simenon. Nei loro spostamenti in Francia, nel loro periodo americano, in Svizzera, lasciando Simenon nei primi anni '60, ma continuando il servizio nella famiglia di suo figlio Marc. Dunque quasi cinquant'anni con la famiglia.
Lei chiamava Simenon "mon petit monsieur joli" denotando non solo un certo rispetto, ma anche una sorta di ammirazione, di fascinazione. Il rapporto tra i due  fu molto particolare. In lei lui trovò subito una partner adatta alle sue esigenze sessuali con degli incontri quotidiani che iniziarono ben presto e che divennero un appuntamento fisso per entrambe. E anche l'intesa su questo piano era perfetta, rapporti intensi e focosi, ma che non lasciavano il segno. E Boule segnò per Simenon un punto di riferimento per tutta la vita. Le era affezionato come fosse una di famiglia. Lei dal canto suo prende in mano le redini della casa dalla cucina a tutte le altre faccende e si trovò in un ambiente affettuoso e gradevole. La realizzazione del suo sogno. Li seguirà nelle loro scorribande nei canali francesi nel '28  su una barca, la Ginette, di quattro metri, con un motore Johnson 3 CV, una tenda che la copriva e una canoa a rimorchio. Loro tre e il cane Olaf, di giorno tutti in barca e di notte i coniugi dormivano a bordo, mentre la Boule e il cane in una tenda montata sulla riva. Quando nel '32 i Simenon si stabiliscono a La Richadière, una residenza nobiliare di campagna nei pressi di La Rochelle, Boule diventa la reponsabile di tutta l'organizzazione dell'abitazione e poi, quando Georges e Tigy partono per il loro lungo tour in Africa, diventa la guardiana della villa. Boule ha cambiato davvero vita, e grazie a Simenon e ha occasione di conoscere persone com Gaston Gallimard il quale apprezzò la sua cucina in un suo breve soggiorno nel '39 a casa Simenon a Nieul-sur-mer.
Insomma quando in America Tigy li scoprì (o probabilmente volle scoprirli a letto. Sosteneva la Boule:"Come poteva ignorare vent'anni di quegli incontri quotidiani tra il marito e me sotto il suo stesso tetto?") e mise il coniuge di fronte all'alternativa classica "o me o lei in questa casa", fu l'inizio della fine. Georges la mise davanti alle sue impellenze sessuali, soddisfatte qotidinamente da la Boule e da altre diverse donne, prostitute comprese. Alla fine decisero, per il bene del figlio Marc, che sarebbeero rimasti insieme, ma ognuno con la propria libertà sentimentale e sessuale.
Il rapporto affettuoso che legava Simenon e la Boule lo ritroviamo anche nel tono delle lettere che i due si scrissero nel periodo americano quando, per questioni di passaporto e di visti, lei non poté seguire subito la famiglia e dovette attendere a lungo a Parigi. Chi le ha lette, perchè Boule le custodiva gelosamente addirittura nella cassaforte di un banca e dispose che alla sua morte fossero bruciate, non poté negare lo stretto e tenero legame che emergeva dalla corrispondenza dei due.
Nonostante questo legame, quando la storia con Denyse divenne ufficiale e soprattutto dopo il divorzio e il nuovo matrimonio, la Boule andò a stare con Tigy e Marc che, per i patti stabiliti, dovevano seguire Simenon ed alloggiare a non più di sei miglia da lui.
Quando tornarono in Europa, la Boule seguì Simenon in Svizzera dove, dopo l'allontanamento di Denyse, dovette sentirsi molto solo. In fondo tra le tantissime persone che aveva conosciuto, tra i tanti amici veri o presunti di tutta una vita, c'era una sola persona che l'aveva seguito conosciuto e amato dagli inizi di Place des Vosges alla sontuosa villa svizzera di Epalinges. Era la Boule, che lo lasciò solo quando la convivenza con Teresa Sburelin, la nuova femme de chambre che gli aveva personalmente cosigliato Arnoldo Mondadori, divenne insostenibile. E andò a stare in casa delle famiglia di Marc Simenon.
Ma cosa pensava lei di questa vita passata con il suo "petit monsieur jolie" ?
" ... Quando ero rgazza, credevo che gli scrittori fosse persone che passeggiavano in un grande parco con una cappa sulle spalle. Dopo ho imparato. Senza Simenon avrei sposato un idiota come me a Bénouville. Avrei avuto come tutti diversi figli e poi? Noi siamo simili, lui ed io: degli animali. Noi non ci pensavamo... Ci siamo molto amati... Le sue qualità? E' sé stesso, è umano. Quelllo che caratterizzava i nostri rapporti era l'umanità. Non basta? Simenon? Un uomo normale, con i difetti e le qualità di un uomo normale..."

martedì 28 giugno 2011

SIMENON. TIGY L'AMERICA E IL DIVORZIO

L'America invece non fu un periodo felice per Tigy. Nel '45 quasi appena sbarcati, cercando una segetaria, Simenon incontra Denise, che lui ribattezzò Denyse. Quello sì che fu un colpo di fulmine. Amore, attrazione, sesso un 'intesa quasi perfetta. Lui, per averla sempre vicina, l'assunse come segrataria particolare e lei iniziò a vivere con la famiglia Simenon. Poco prima Tigy aveva sorpreso Georges (o lo aveva vouto sorprendere?) a letto con la Boule. E si sentì spiegare dal marito, senza il minimo senso di colpa, che quella era una sua esigenza biologica che lui espletava non solo con la Boule, ma anche con molte altre donne, ma questo non c'entrava con la sua famiglia, con lei come moglie (anche se i loro rapporti sessuali si erano raffreddati quasi del tutto). Il vero pericolo per il loro rapporto era Denyse, ma forse allora Tigy davvero non se ne era ancora accorta.
Nel frattempo Simenon aveva iniziato il suo peregrinare tra varie località dell'America. Lui con Denyse e il figlio Marc su una Chevrolet. Tigy li seguiva con un Oldosmobile con l'istitutrice del figlio.
La compagnia si ristabilisce al completo anche con la Boule (che li raggiunse  qualche tempo dopo per questioni di visto e passaporto). In quel momento la storia tra Simenon e Denyse era diventata più palese e in quache modo l'arrivo di Boule fece sperare a Tigy di fare con lei fronte comune contro la rivale. Ma i giochi erano ormai fatti, nel '49 viene al mondo Johnny e la madre è Denyse. La situazione con Tigy è praticamente chiusa e si va verso il divorzio. Ma Simenon non vuole rinunciare al figlio Marc. E quindi, con un complessa trattativa, da una parte concede a Tigy tutto quello che vuole, a condizione che lei lo segua ovunque lui vada e che abitino, lei e Marc, vicino a lui. Così Simenon tiene insieme tutta la tribù, la prima e la seconda moglie, i due figli, la Boule e la loro istitutrice. Tigy si trova  incastrata in questa situazione (anche perchè gli accordi prevedevano che se non avesse rispettato i patti, avrebbe perso la tutela del figlio). Nel 1950 a Reno (Nevada) il divorzio (il giorno dopo, stesso posto, Georges si sposerà con Denyse).
Al ritorno in Europa, dopo un altro periodo viaggi e di spostamenti tra Parigi e la Costa Azzurra, Simenon si stabilisce a Enchadens in Svizzera( nel frattempo sono nati anche gli altri due figli Marie-Jo e Nicolas), mentre Tigy riceve in regalo da Georges quella che era stata la loro casa di Nieul in Charentes. Nel frattempo il matrimonio con Denyse peggiora, di pari passo con l'aggravarsi del suo equilbrio psichico e i suoi ripetuti soggiorni in case di cura. La sua seconda moglie dovrà lasciaredefinitivamente la famiglia nel '64. In quel periodo, nonostante Simenon abbia un'altra compagna Teresa Sburelin, entrata a servizio in casa Simenon nel '61, poi diventata una sorta di bastone della sua vecchiaia, inizia uno scambio epistolare con Tigy, che intanto fa la "nonna" sia ai figli più giovani che ai nipoti di Simenon. Il tono delle lettere è quello che usano due vecchi amici che si ritrovano dopo tanto tempo.Un filo che, nonostante tutto, non si è spezzato.
Tigy si spegnererà nell'isola di Porquerolles, che con Georges tanto avevano amato, all'età di 85 anni.

SIMENON. TIGY...LA PRIMA MOGLIE

L'aveva conosciuta a diciott'anni a Liegi, durante una festa di capodanno, nel '21 cui era capitato quasi per caso.
" Il giorno dopo mi aspettava in una via vicina, un bouquet di violette in mano". Così Régine Renchon, allora studentessa dell'Accademia reale di Belle Arti, ricorda il loro vero primo incontro da soli. Lei aveva tra anni più di lui e il giovane Georges rimane affascinato più dal suo charme intellettuale che da quello fisico. Insomma non un colpo di fulmine, ma una solida attrazione che li portò a fidanzarsi dopo un mese e a sposarsi due anni dopo, quando lui si era già andato via da Liegi.
Aspirante pittrice lei, scrittore lui: la coppia perfetta per la Parigi anni '20. L'immancabile penuria di soldi, la fame, le piccole stanze sottotetto e in quegli anni Tigy, così l'aveva sprannominata Simenon, arrivava a trascurare la pittura pur di permettere a Georges di dedicarsi completamente alla scrittura.
E' quello che ci voleva per Simenon che, nonostante la necessità di fare sesso anche più volte al giorno con donne diverse, aveva ancor più bisogno, per sua stessa ammissione, di star vicino ad una persona che lo tenesse sui binari, che gli impedisse di fare sciocchezze, che potesse essere davvero sua, che gli consentisse di sentirsi parte di una coppia.
Régine fu la donna che gli si dedicò per i primi anni difficili, rinunciando alla pittura (che pure ogni tanto fruttava più dei racconti di Georges. La loro prima vacanza all'isola di Porquerolles fu pagata proprio con 800 franchi ricavati dalla vendita di un suo quadro), rinuncia per aiutare il marito.
Il loro sodalizio andò avanti anche quando arrivò la Boule, la loro giovane femme de chambre, che si prese in carico tutte le incombenze casalinghe, ma con la quale Simenon per decine d'anni ebbe dei regolari rapporti sessuali, quasi sempre durante la siesta dopo il pranzo.
Regine Rènchon detta Tigy prima moglie di Simenon
Tigy, si comportava come se non lo sapesse. Ma era impossibile che una pratica del genere, consumata quotidianamente per anni sotto lo stesso tetto, non le fosse nota. Come pure la storia tra Georges e Josephine Baker, e quella volta non era solo una questione di letto, il giovane scrittore era davvero innamorato. Insomma la moglie frequentava le stesse persone, spesso erano in giro per locali tutti e tre insieme, lui faceva anche progetti di lavoro con la star... insomma, possibile che una donna sensibile come Tigy non si accorgesse di nulla. E forse era questo uno dei legami che tenevano insieme i due. Simenon non poteva immaginare che lei ignorasse tutto e lei sapeva, ma era conscia che, non dicendo nulla, teneva Georges più legato che mai. Infatti tutte le donne passarono, la Baker, la Boule, anche la seconda moglie, ma alla fine il loro rimase un rapporto di fiducia, di stima e forse anche di un certo affetto familiare. Non bisogna scordare che tutti i viaggi che segnarono Simenon li fece proprio con Tigy, dalla scoperta dell'Africa più nera, al giro intorno al mondo, al tour europeo... E proprio lei lo condusse per mano nei suoi passaggi fondamentali, dalla letteratura popolare, ai Maigret, fino all'ingresso nella prestigiosa Gallimard. (segue)

lunedì 27 giugno 2011

SIMENON, MAIGRET E CECILE

Cécile. Cécile Pardon ventotto anni, non certo bella, pallida, leggermente strabica, malvestita. Viveva una vita grama con la vecchia zia a Bourg-la-Reine, sulla nazionale. Non è proprio la protagonista di questa inchiesta, come si intuisce subito dal titolo, Cécile est morte (1942). Ma questa ragazza insignificante che sulle prime il commissario Maigret nemmeno nota, poi però lo preoccupa un po' e infine la sua presenza finisce per aleggiare durante tutta la vicenda.
La povera Cécile si presentava invariabilmente alle otto nell'acquario, come al 36 Quai des Orfévres chiamavano quella specie di sala d'aspetto tutta vetrata.
Lui a volte la guardava, altre volte tirava dritto e ogni volta che gli ricordavano "Commissario... la signorina Pardon..." lui rispondeva "Sì, sì.. l'ho vista, ma adesso ho da fare... dopo...". Sei mesi prima l'aveva ricevuta e lei aveva raccontato con l'aria seria, senza agitazione, cercando di darle la massima affidabilità, una storia che puzzava di fasullo. Insomma, ci sarebbero state delle intrusioni notturne nella loro casa, qualcuno frugava dappertutto, apriva cassetti e sembrava che svolgesse una qualche attività, addiritura fumava. Lei che faceva le pulizie se n'era accorata da un po' e aveva messo dei piccoli segni, capelli, piccoli pezzi di carta un po' dappetutto. La mattina dopo li aveva ritrovati tutti fuori posto.
Maigret aveva mandato Lucas. L'ispettore era tornato dopo aver interrogato i vicini, risultato: il quadro di una casa da cui la vecchia zia non usciva mai e la nipote le faceva da badante e da donna delle pulizie. Per un mese la casa fu sorvegliata dalla polizia di zona. Non successe nulla e il caso finì lì. Per Maigret, ma non per Cécile che era tornata a frequentare quotidinamente Quai des Orfévres, con il risultato che alla fine Lucas di appostò per otto notti nella scala del palazzo. Nessun risultato.
Eppure Cécile, non rinunciò, era convinta di quanto diceva e ormai era divenuta una sorta di habituée del commissarato e spesso aveva aspettato invano anche un'intera giornata nella speranza di essere ricevuta. E la volta che Maigret si decise a parlarle ancora una volta, l'usciere gli comunicò che se n'era andata.
Aveva lasciato un suo biglietto che il commissario trovò in mezzo ad un mucchio di pratiche "Deve ricevermi  assolutamente. Questa notte è accaduto un dramma terribile - Cécile Pardon". Quando si decise di andare a casa della ragazza, trovò la zia morta strangolata ma nessuna traccia di Cécile. La fece cercare, non era nemmeno al commissariato. La trovarono soltanto nel pomeriggio... Incredibile... in uno sgabuzzino del Palazzo di Giustizia. L'aveva scoperta uno dei portieri. Adesso erano tutti a battersi il petto dal Direttore generale, a Maigret, ai suoi ispettori e a tutti gli altri commissari che avevano fatto gli spiritosi su quella insignificante ragazza, arrivando a dire che andava lì perchè si era innamorata di Maigret...
E il commissario si ritrovava adesso con due cadeveri, un caso da risolvere, la sensazione di non aver fatto il proprio dovere, ma soprattutto aveva davanti a se quegli occhi un po' strabici che tentavano di convincerlo...
Più avanti nell'inchiesta quando Maigret interroga un'altra nipote della vecchia zia (che ne frattempo si era scoperto come non fosse povera e per di più implicata in strani affari) a proposito di un chiarimento su una certa chiave, questa Berthe risponde dicendo determinate cose. Viene da pensare che forse non erano così lontane da quelle che Simenon pensava della polizia?
"...Ci tiene proprio a saperlo perché? Glielo dirò. Peggio per lei! Me l'ha consegnata (la chiave n.d.r.) perché la polizia non fa il suo mestiere! Perchè quando i poveracci si rivolgono a lei non li ascolta nemmeno! Cécile é venuta parecchie volte da lei, spero non oserà negarlo. Le ha confessato che aveva paura, che succedevano nell'appartamento cose che lei non riusciva a capire. Che cosa ha fatto? Si è burlato di lei. Ha mandato due volte un piccolo brigadiere ridicolo che si è limitato a passeggiare davanti alla casa... Quando Cécile é tornata nel suo ufficio con la certezza che qualcuno penetrava di notte nel salotto, ha sentito che alla Polizia Giuidziaria tutti ridevano di lei... A tal punto che gli agenti passavano uno dopo l'altro nella sala d'aspetto per vederla più da vicino...
Maigret aveva chinato la testa..."
E la povera Cécile lo aspettava pure nei suoi sogni e quando il commissario entrava a Quai des Orfévres guardava l'acquario e aveva l'impressione di vederla, lì, composta, paziente, dignitosa a dispetto di tutti gli shignazzi che si facevano intorno e dietro alla sua persona.
Ma come in tutti nelle migliori inchieste poliziesche Cécile non si rivelerà alla fine così succube e fragile come sarebbe sembrato. Le persone non sono mai semplici nella vita, figuariamoci nei romanzi gialli.

SIMENON. HENRIETTE LA MADRE INFLESSIBILE

Henriette Brüll. La vera "direttrice" di casa Simenon a Liegi. Dominante sul marito Desirée troppo debole, secondo lei, per condurre i pur miseri affari di famiglia. Madre di due bambini con una spiccata predilezione per il più piccolo, Christian, mentre l'ainé Georges è spesso obiettivo delle sue lamentele e delle sue ossessioni.
Henriette è un donna dura, con ascendenze olandesi e prussiane, rigida, sempre angosciata per qualcosa, a ragione o a torto, religiosissima, ipersensibile, nevrotica e ossessionata dalla paura della povertà.
In realtà i Simenon sono sempre in bilico tra una vita normale e la miseria. Il padre lavora, ma non è abbastanza ambizioso (in effetti era impiegato in una compagnia d'assicurazioni e scelse scientemente di non passare all'allora nascente "ramo vita" che pur con dei rischi gli avrebbe garantito uno stipendio superiore). Poi il padre si ammala di cuore, smette di lavorare e la madre diventa la locomotiva di famiglia. E' lei che fà di tutto per traslocare in una casa più grande e poter affittare delle camere agli studenti stranieri che andavano all'università di Liegi. Lei teneva i conti per andare avanti, lei comandava, lei diceva dove e cosa poteva fare la famiglia per non dare disturbo agli affittuari.
Il rapporto tra Georges e la madre arriva a punti di crisi e incomprensione notevoli.
" Non ci siamo mai amati, tu lo sai bene. Tutti e due abbiamo sempre fatto finta -  spiega Simenon nell'autobiografico Lettre a ma mère (1974) - 'Perché sei venuto, Georges?' Queste poche parole forse sono la spiegazione di tutta una vita...C'era in te qualcosa di eccessivo che tu non sapevi controllare, ma manifestavi nello stesso tempo una estrema lucidità...Tra noi due non c'é stato che un filo. Questo filo era la tua volontà feroce di sembrare buona, per gli altri, ma forse, soprattutto per te stessa...".
Questo rapporto critico con la genitrice e soprattutto la disapprovazione del piccolo Georges per come la madre trattava il marito (senza per altro che questo reagisse) aveva costruito nella mente del bambino un idolo, il padre, ed un'antagonista, la madre. Questo lo portava ad escudersi dalla vita familiare e, quando era a casa leggeva, leggeva, leggeva. Forse da qui nacque la confidenza con la letteratura? Ha origine in questa situazione l'esigenza di scrivere, con quel cadere in état di roman, che altro non é che una fuga dalla realtà e la voglia di "mettersi nella pelle di qualcun'altro"? Certo l'attegiamento della madre non cambiò nel tempo, nemmeno quando nel '45, a Georges ormai ricco e famoso, quasi ordinò di trovare una via di scampo per il fratello Christian che si era arruolato nell squadre naziste belga che andavano di casa in casa a trucidare ebrei, comunisti e anti-nazisti. Il Comitato di Liberazione del Belgio lo cercava per processarlo e giustiziarlo. Georges riuscì a trovargli la scappatoia della Legione Straniera francese e gli salvò così la vita. Ma quando nel 1950, durante una missione nel golfo del Tonkino, Christian morì in un scontro a fuoco, la rabbia di Henriette si riversò su Georges, affermando "Se Chistian è morto, è colpa tua".
Inoltre la madre guardò sempre con sospetto (o con invidia) la fama e la richezza del figlio, senza mai riconoscergli capacità e meriti.
" Tutti mi ammirano - le disse una volta Simenon -  tutti, meno te".

domenica 26 giugno 2011

SIMENON E LE DONNE, DA DOMANI UNO SPECIALE FINO A DOMENICA


Da domani fino a domenica 3 luglio, Simenon Simenon presenta un speciale dedicato alle donne del romanziere. Le donne della sua vita. Le diecimila donne di cui raccontava a Fellini e le innumerevoli donne dei suoi romanzi, delle inchieste del commissario Maigret. I rapporti, le relazioni e i suoi sentimenti verso l'altro sesso da quando giovane reporter a La Gazette de Liége scorrazzava in moto per la città alla ricerca di notizie e di belle donne, a quando settant'enne si era ormai ritirato conla sua Teresa in una piccola casa rosa. L'arco di una vita che lo porta dalle passionali e focose storie della sua gioventù, come quella con Josephine Baker, alla pace dei sensi dopo una vità di intensa attività sessuale, ma con pochi e specifici rapporti affettivi. Le donne così importanti, nel bene e nel male nella sua vita, ad iniziare dalla madre Henriette, a quelle che erano delle indimenticabili protagoniste dei suoi libri. Un percorso che durerà un'intera settimana e che alla fine c farà conoscre un po'meglio e scrittore e magari apprezzare o almeno capire di più i suoi romanzi.

SIMENON. AIUTATO DAI NEGRI?

Forse non tutti sanno che nel mondo letterario "negro" non è, come potrebbe sembrare un appellativo spregiativo. Sta indicare invece quelli che per conto di un autore famoso, in completo anonimato, scrivono parti conisderevoli o in alcuni casi un'intera opera che poi sarà firmata dallo scrittore.
Nella lingua inglese c'è un 'altro termine che è altrettanto efficace "gosth-writer", cioè fantasma che scrive.
Cosa c'entra Simenon con i negri o i gosth-writer?
La sua enorme produzione tra il 1926 e il 1929 suscitò in più d'uno il dubbio che non fosse tutto farina del suo sacco e si servisse quindi di aiuti occulti. Questa produzione è in effetti impressionante e il sospetto era in qualche modo giustificato.
Vale la pena quindi ricordare alcuni numeri che qua e là abbiamo avuto modo di segnalare, ma che messi tutti insieme fanno un certo effetto.
Nel 1925 Simenon pubblicò 17 titoli, nel '26 furono 18 e nel '27 ne fece uscire "solo" 12.
Nel '28, come al solito sotto vari pseudonimi, Simenon uscì con 44 titoli (22 romanzi sentimentali, 14 romanzi d'avventura e 8 raccolte di racconti galanti).
E nel 1929 i titoli furono 35 (19 romanzi sentimentali, 14 romanzi d'avventure, 2 raccolte di racconti galanti).
Intanto l'impegno a costruire e a lanciare Maigret si fà sentire, e il 1930 lepubblicazioni sono soltanto 25 (16 romanzi popolari e 9 d'avventure).
Insomma stimao parlando di circa 130 titoli tra il '25 e il '30, quasi un ritmo di oltre 20 titoli l'anno. Certo non si trattava di romanzi ponderosi, erano opere che al massimo raggiungevano 80 pagine, ma ugualmente la qualità era molto poco curata.
L'accusa era che "questa produzione industriale non sarebbe stata possibile senza l'aiuto di negri".
Ma su questo Simenon era intransigente e rispondeva letteralmente a questa accusa: "...Mai nessuno ha scritto una sola riga al posto mio e non ho mai firmato un testo che non fosse scritto da me. Credo che se ci fosse qualcuno capace di essere un mio negro, sarebbe capace di essere un altro Simenon...".
Ma qualche rivelazione in proposito  Simenon la fece, ma per svelare che lui aveva fatto da negro a qualcuno.
 "... Nella mia giovinezza ho scritto due romanzi per uno scrittore francese che non citerò, nonostante sia morto da diverso tempo...". Alcuni affermano che si trattava di Henry-Gauthier-Villar romanziere francese morto nel '31, marito di Colette.

sabato 25 giugno 2011

SIMENON. VIAGGI E VACANZE DI MAIGRET. PIACERE O LAVORO?

Proprio vacanze no. Non capita quasi mai che Simenon ci racconti di un Maigret in villeggiatura e, visto che si trova lì, da una mano a risolvere un caso. Maigret non è la signora Fletcher. Quasi mai. Perché talvolta invece succede come nel caso di una delle più emblematiche a questo proposito inchieste del commissario Les vacances de Maigret (1948). Si tratta di un'inchiesta svolta durante le vacanze a Sables d'Olonne, per la verità neanche tanto fortunate, perché rimane bloccato lì per un'operazione di appendicite della moglie e nello stesso ospedale muore una giovane donna ricoverata dopo un incidente stradale, la cui casualità viene subito messo in dubbio. Maigret è fuori giurisdizione e non potrebbe indagare, ma a modo suo, dopo essere inciampato in un altro cadavere, riuscirà a venire a capo del caso.


Poi ci sono i viaggi oltreoceano, Maigret a New York (1947), ma certo non per divertimento. Anzi lui se ne stava tranquillo, ormai in pensione, nella sua casetta a Meung-sur-Loire quando viene raggiunto dal rampollo di una ricchissima famiglia americana. Il giovane teme per la vita del padre, ma una volta arrivati a New York, scompare, lasciando Maigret a risolvere il caso con un suo vecchio conoscente dell'Fbi, indagando nel Bronx.
Maigret voyage (1957) è una vicenda con due assassinati, e i viaggi del commissario tra Parigi, Nizza, Montecarlo e Losanna, nulla hanno di vacanziero. Si muove tra lussuosi alberghi e individui del jet-set internazionale, ma è il tipo di ambiente che Maigret non sopporta. Pure qui niente atmosfera vacanziera.
Anche in Maigret a Vichy (1967) è, come di dice "a passare le acque" e mettersi a dieta insieme alla moglie, e anche qui, lontano dal 36, Quai des Orfèvres, il commissario risolve un caso con il suo spirito d'osservazione, il suo acume psicologico e la sua capacità di mettersi nei panni dei protagonisti. Insomma o sono le indagini a portarlo in luoghi di villeggiatura o nelle rare volte che lo vediamo davvero in vacanza, trova sempre il modo di rimanere invischiato in un caso... che va assolutamente risolto.

venerdì 24 giugno 2011

SIMENON DALLE FESTE COMANDATE ALLE VACANZE A PORQUEROLLES


"...quando ero giovane questo (il giorno di domenica) significava: grandi messe cantate (dove io pure cantavo), poi rosbif con patate fritte e piselli in scatola, escursioni nei dintorni di Liegi o, dopo pranzo, pomeriggio da una delle mie zie...". Questa è il dì di festa del bambino Simenon al seguito degli immutabili riti della famiglia, soprattuto di quella della madre Henriette. Vacanze in senso vero del termine non si facevano, soprattutto dopo che per una malattia il padre dovette smettere di lavorare.
Facciamo un salto di poco più di una dozzina d'anni e ci ritroviamo davanti ad un Simenon che può decidere nel mese di aprile di lasciare Parigi e andare verso sud.
Destinazione Porquerolles, l'isola al largo di Tolone. Mezz'ora di traghetto e lui e Tigy, arrivano all'isola che avevano sempre sognato... "Sbarcammo sulla punta di Gien all'alba... L'acqua e il cielo facevano l'effetto di fuochi d'artificio le cui scintille mi enravano in testa attraverso gli occhi...".
Ma quell'sola assolata, e ancora in buona parte incontaminata, non significava solo vacanza, ma scrivere per lui e dipingere per lei.
Porquerolles segnerà un momento importante per la vita di Simenon, qui si integrerà perfettamente con la gente del posto per i cinque mesi che vi soggiornò, giocando a bocce con loro, invitandoli a mangiare la zuppa di pesce a casa sua, andando a pescare insieme ai marinai del posto...
Ma come racconta Tigy: "...passavamo i nostri pomeriggi alla spiagga d'argento, dove l'acqua era meravigiosamente limpida..." E poi il clima, il tipo di vita di quegli isolani del sud... tutto conquistava i coniugi Simenon e soprattutto lo scrittore che di quel soggiorno fece tesoro per i suoi sccessivi romanzi.
Ma i due tornarono a Porquerolles nel '36, questa volta soggiornando in una piccola casa di pescatori che vicino vedeva sorgere un minareto moresco, avevano sistemato amache nel giardino tutto intorno, grandi pescate anche questa volta e grandi mangiate di bouillabasse... insomma una vita che piaceva molto a tutti e due e tanto che li vide fare base lì fino al '38, quando si stabilirono definitaivamente a Nieul-sur-Mer.

giovedì 23 giugno 2011

SIMENON E LE DONNE: UNO SPECIALE PER LA PROSSIMA SETTIMANA

Da lunedì 27 giugno a domenica 3 luglio, Simenon Simenon presenta un Speciale dedicato alle donne del romanziere. Le donne della sua vita. Le diecimila donne di cui raccontava a Fellini e le innumerevoli donne dei suoi romanzi, delle inchieste del commissario Maigret. I rapporti, le relazioni e i suoi sentimenti verso l'altro sesso da quando giovane reporter a La Gazette de Liége scorrazzava in moto per la città alla ricerca di notizie e di belle donne, a quando settant'enne si era ormai ritirato conla sua Teresa in una piccola casa rosa. L'arco di una vita che lo porta dalle passionali e focose storie della sua gioventù, come quella con Josephine Baker, alla pace dei sensi dopo una vità di intensa attività sessuale, ma con pochi e specifici rapporti affettivi. Le donne così importanti, nel bene e nel male nella sua vita, ad iniziare dalla madre Henriette, a quelle che erano delle indimenticabili protagoniste dei suoi libri. Un percorso che durerà un'intera settimana e che alla fine c farà conoscre un po'meglio e scrittore e magari apprezzare o almeno capire di più i suoi romanzi.