E' arrivato. Da qualche giorno é in tutte le librerie il romanzo che di solito l'Adelphi piazza tradizionalmente sul mercato nella bella stagione, alla vigilia delle vacanze. Il titolo scelto per questa estate 2012 è particolarmente interessante. Infatti si tratta di un inedito (cosa rara tra i romanzi di Simenon), mai preso in considerazione da Mondadori, nemmeno per la raccolta Tutti i romanzi di Simenon. Stiamo parlando de I Complici (Les Complices- Presses de La Cité - 1956), scritto nel 1955, anno in cui il romanziere si era sistemato di ritorno dagli Usa nella villa de Le Gatounière, a Mougins, nella regione della Provenza-Alpi-Costa Azzurra.
L'altro motivo per cui questo romanzo è degno di nota, è la sua rilevanza nell'opera simenoniana, benchè sia stato sempre trattato come un titolo di relativa importanza.
Ne I Complici tutto è da manuale. La storia, i protagonisti, l'atmosfera, il senso dell'ineluttabile, lo stile. Chi ha avuto la fortuna di leggere il romanzo in lingua originale, non può riconoscere tra l'altro l'ottimo lavoro fatto da Laura Frausin Guarino (per altro traduttrice di Simenon sin dai tempi di Mondadori). Il linguaggio è infatti fondamentale per questo romanzo in cui Simenon sembra aver dato il meglio di sè. Ad esempio, l'incipit è da manuale, non solo per la sua concisione e la brutalità (insieme al distacco) con cui descrive quel tragico attimo, ma anche perchè quella decina di righe hanno in sé tutte gli elementi che si svilupperanno nel romanzo e che ritroveremo addirittura nella conclusione.
Per questo motivo, veniamo meno ad una nostra consolidata abitudine: non pubblicare mai brani e soprattutto l'incipit di un libro. Ma questa volta faremo un'eccezione perché vogliamo analizzare questo pezzo di bravura di Simenon.
"Avvenne tutto in maniera brutale, istantantanea. Eppure lui non se ne stupì. Ne si ribellò, quasi se lo aspettasse da sempre. Nel giro di pochi secondi, nel momento stesso in cui il clacson si mise ad urlargli dietro, lui seppe che la sciagura era inevitabile e che la colpa era sua. Ad inseguirlo, con il suo suono rabbioso e spaventato, non era quello di clacson normale, ma un muggito lugubre e lacerante che sale di notte dai porti di nebbia. Vedere, nello specchietto retrovisore, la massa bianca e rossa di un enorme pullman che avanzava a tutta velocità e il volto contratto di un uomo brizzolato e rendersi conto che stava occupando il centro della carreggiata, fu tutt'uno. Non pensò neanche a liberare la mano che Edmonde continuava a tenere imprigionata tra le sue cosce. Non ne avrebbe avuto il tempo..."
Qui già si delinea tutta la storia. Si capisce che i due sono amanti che nella notte vengono da chissà dove. Si capisce che tra i due c'è un'intesa sessuale forte. La mano di lui (Lambert) tra le cosce di lei. E lei, Edmonde, non molla la presa, deve essere possessiva e dominante nel rapporto (anche se in realtà si saprà che si tratta della sua segretaria).
Lui invece è evidentemente un recessivo, un pavido "...non si ribellò..." e un fatalista "...quasi se lo aspettasse da sempre...". Ma forse qui Simenon vuole anche indicarci il suo atteggiamento di rassegnazione nei confronti del destino... Ma non andiamo troppo avanti.
Lambert sa subito, e intimamente, che la colpa di quel dramma è solo sua. Qualsiasi cosa succeda poi nella storia, non conta. Questo è un punto fermo che Lambert non potrà mai eludere, anche se tenterà di sopprimere, cancellare, eliminare quel ricordo terribile e il relativo senso di colpa. Ad iniziare dal suo primo comportamento: la fuga. E in seguito cercherà addirittura di convincersi di quanto sia stato ingiusto che quella disgrazia sia capitata proprio a lui.
Ma quell'autobus era pieno di bambini che sono morti tutti bruciati (tranne una) e rimarranno tutti sulla coscienza di Lambert.
Ma chi saprà mai nulla? Chi potrebbe parlare? Edmonde, presa dai rimorsi? Ma no, lei è una complice. Testimoni non ce ne sono (anche se poi ne spunterà fuori uno che non si saprà mai bene se sia in grado davvero di riconoscerlo).
Lambert, non si ferma non chiede soccorso, continua la sua strada, osservando per qualche attimo la scena di quella carneficina dallo specchietto retrovisore dell'auto. Fà finta che quella storia non lo riguardi, mentre cambierà la sua vità fino alle più estreme conseguenze. Edmonde tace, anche lei si comporta come non fosse successo nulla.
I Complici, fa parte di quelle opere chiamate i romanzi del destino, come Les Gens d'en
face, Malempin, La Vérité sur Bébé Donge, Les Autres, La Chambre bleue. Qui c'è un rispettabile borghese, Joseph Lambert, almeno nelle apparenze, titolare di una importante società che gestisce con il fratello, ha una moglie con cui i rapporti sono solo di facciata, la routine del suo lavoro e un'altra amante, più occasionale, Lea. Comunque Lambert non riesce e non può liberarsi con nessuno di quel peso. In più c'è la compagnia d'assicurazione che sta facendo delle indagine serrate per rintracciare il colpevole dell'incidente dove sono morti i quaranta bambini bruciati, nel rogo sviluppatosi dopo lo schianto.
La tensione, e non è un modo di dire, è davvero palpabile, e Simenon è al solito bravo a farci entrare nei tormenti di questo piccolo borghese al quale quell'attimo di distrazione riuscirà a cambiare la vita. E lo scrittore osserva, descrive i fatti, ci racconta una storia, ma non giudica. Certo, quaranta bambini morti sono un macigno che pesa quanto tutta la Terra e che alla fine non potrà che schiacciare monsieur Lambert.
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