venerdì 18 marzo 2011

SIMENON. L'AMICO D'INFANZIA DI MAIGRET

Da qualche giorno è arivato nelle librerie un nuovo titolo delle inchieste del commissario simenoniano, L'amico d'infanzia di Maigret (L'ami d'enface de Maigret). Fu scritto da Simenon nel 1968, ad Epalinges, in Svizzera, e pubblicato nello stesso anno da Presses de La Citè. Era l'anno in cui Simenon si sottopose alla famosa intervista psicanalitica da parte degli psichiatri del periodico Mèdicine et Hygiene, in cui si pose su una "graticola analitica" che poi sarebbe divenuta pubblica. Anche in questa inchiesta il commissario Maigret, scava nel suo passato. Quello suo e di un certo Léon, vecchio compagno di liceo, che si vede piombare al 36 Quai des Orfèvres. C'è di mezzo l'omicidio della sua amante, Josée. Ma nella vita della donna ci sono altri uomini. Tre erano ricchi e rispettabili uomini d'affari che godevano delle sue grazie pagando, ma esisteva anche un misterioso quarto uomo che invece aveva con Josée un rapporto sentimentale e che non doveva certo pagarla. Léon assicura di esser all'oscuro di tutto, ma... Ma Maigret non si fida di lui, l'aveva perso di vista da molto tempo, ma ricorda benissimo come al liceo fosse il burlone della compagnia e di quanto fosse poco affidabile... e i ricordi gli danno ragione. Lèon ne combina di tutti i colori e dà il via ad una intricata vicenda di ricatti e colpi di scena.
Una notazione va fatta in merito al titolo, anche quello originale, che fà pensare ad compagno di giochi del piccolo Jules, quando viveva a Moulins. E invece Léon era un adolescente troppo estroverso e furbetto per aver qualcosa da spartire con il timido e riservato giovane Maigret. Insomma non era affatto amici. E il commissario, ora furbo e smaliziato, non si farà ingannare e vedrà lungo, aldilà delle apparenze, riuscendo a capire la vera indole attuale di Léon e di come si è arrivati all'omicidio.
Dal romanzo sono stati tratti due sceneggiati televisivi francesi, uno con Jean Richard (1984) e uno con Bruno Crèmer (2002), e un telefilm inglese con il Maigret britannico interpretato da Michael Gambon (Maigret's Boyhood Firend - 1993).

sabato 12 marzo 2011

SIMENON, GLI INGLESI E GLI AMERICANI

Da alcuni articoli di Simenon che riguardavano gli anglosassoni risultava che la propria opinone su di loro non era delle migliori. Ma in un 'intervista fiume nel '65 a Francis Lacassin smentì e corresse questa impressione.
" ...ho cambiato opinione su questo argomento. perchè sono andato spesso in Inghilterra, quasi ogni anno prima della guerra,  e in seguito ho abitato per undici anni negli Stati Uniti dove ho incontrato anche molti anglosassoni che mi sono piaciuti molto. Ce ne sono di due tipi. quelli che appartengono all'etablishment, sapete di cosa si tratta... D'altronde li si riconsce subito dall'accento appena aprono bocca. Hanno un modo di apire al bocca diverso dagli altri. Questo non mi piace, come non mi piace l'alta borghesia  e nemmeno la media; sono delle classi che mi sembrano divenute superflue nel mondo in cui viviamo, delle classi parassitarie - allo stesso mondo dei grandi capitalisti d'altronde - sono loro i proprietarie delle grandi società... Invece il semplice americano ha, al contrario, un vantaggio, è quello di essere naturale: assolutamente diretto. Voi he siete stato in America, penso, sì insomma che vi siate potuto rendere conto di quanto siano diretti..."
E poi Simenon continua a raccontare le sue esperienze di vita con gli americani. "... In America c'è un grande senso dell'ospitalità. Qualsiasi casa, anche la più modesta ha una camera per gli ospiti.... Ma mi piace molto anche un'altra cosa, nonostante siano individualisti - ma io lo sono più di loro - è che per essere a posto dovete appartenere a qualcosa. Non importa a cosa, che sia il Rotary o il comitato d'assistenza della vostra cittadina, o il club delle madri e degli alunni della scuola  dei vostri figli, ma dovete appartenere ad un gruppo. Non si riesce in America ad immaginare ad un uomo che non appartenga a niente. D'altronde quando entrate negli Stati Uniti c'è una domanda nel questionario: quale religione?  Ebbene non bisogna mai rispondere: nessuna. Io avrei voluto farlo, ma fortunatamente un amico che era con me, che era stato nei servizi segreti, e aveva vissuto  lungo a Parigi, mi dissse: Inventate una parola qualsiasi, ma non rispondete "alcuna". Si ammette qualsisi religione, ma "senza religione" è male acettato, meglio dire che avete una vostra religione, che credete alle stelle, ma non "alcuna"...".
Simenon in fondo si era trovato bene con gli americani, soprattutto perchè le sconfinate distese di terra gli consentivano una privacy che in Francia non era nemmeno pensabile. Immaginate che  visse per ben tre anni e mezzo in Arizona, vicino a Tucson, praticamente nel deserto. Poi però, soprattutto con la seconda moglie Denyse,  faceva dei viaggi a New York dove si rituffava nellasocietà mondano-culturale din cui era sempre ben accolto e dove poteva riprendere le sue avventure con l'altro sesso.

venerdì 11 marzo 2011

SIMENON, QUANDO PREPARAVA I MAIGRET E I SUOI... CLIENTI

Non c'é dubbio che Simenon man mano che scriveva le indagini di Maigret, abbia voluto ambientare le vicende nei luoghi più disparati e negli ambienti più differenti. In questo modo, nelle oltre cento inchieste, lo ha messo a confronto con un'infinità di tipologie umane, dai ministri e i nobili, ai barboni e i derelitti. In questa schiera appaiono i delinquenti incalliti (che diverranno poi sue vecchie conoscenze) e poveri diavoli travolti da tragiche circostanze che li hanno portati a rubare o a uccidere. E tra tutti questi ci sono i tipi che piacciono al commissario (anche un certo tipo di delinquenti abituali), quelli che gli fanno pena (le sprovvedute vittime del destino) e quelli che non sopporta (quelli per cui la facciata e le apparenze sono tutto, dietro succeda quel che succeda, basta non si sappia).
Qui si potrebbe addirittura fare, anche se un po' tirata per i capelli, un po' di sociologia spicciola e considerare che nelle classi dominanti, tra nobili, politici e finanzieri, Maigret incontra in genere una certa propensione alla doppia morale: pubblicamente irreprensibili e rispettati, corrotti e depravanti nel privato. E anche nell'alta borghesia  trova una certa tendenza a far di tutto, anche l'illecito, per salvare la propria rispettabilità. Nella classe media, quella che vive del proprio lavoro quotidiano, quella che fatica che non ha grilli per la testa, il commissario incontra coloro che qualche volta non ce la fanno e "passano la linea" (ricorrente concetto simenoniano), lasciandosi alle spalle una vita onesta, dignitosa e andando incontro ad una spirale involutiva che li porterà inevitabilmente alla degradazione sociale, alla solitudine e quindi alla delinquenza. E poi ci sono i recidivi che vivono al confine tra legalità e crimine, sempre in bilico tra la galera e la libertà, piccoli furfanti che sono ospiti di 36, Quai des Orfévres come fossero affezionati clienti di un albergo. Infine i professionisti del crimine, quelli che conoscono quali sono le regole nel gioco guardia-e-ladri, sanno fino dove possono spingersi e accettano le conseguenze quando vengono presi con le mani nella marmellata.
Questa d'altronde è una fotografia, per quanto tratteggiata sommariamente, della Parigi e della Francia degli anni '30/'40 (ma non solo), le simpatie e le antipatie di Maigret sono ovviamente quelle di Simenon, in una società in gran fermento e in veloce cambiamento.
E anche in questa visione, le inchieste del commissario non differiscono granché dai romanzi. E' vero che una volta, in un'intervista del '56, dichiarò "Maigret non può entrare nella pelle di un personaggio. Egli arriverà, spiegherà, e capirà, ma non attribuirà al quel personaggio il peso che avrebbe in un altro dei miei romanzi...". Ma poi lo scrittore cade in contraddizione. "...verso la fine (della serie delle inchieste) ho confuso un po' i Maigret con gli altri romanzi - spiegava a Bernard Pivot nell'81 - con i suoi personaggi andavo sempre più a fondo... E poi è faticoso.... In due ore e mezza completare un capitolo di venti pagine dattiloscritte di un "roman dur" è stancante come per un Maigret ". E infine basterebbe leggere il seguente aneddoto per capire davvero l'impegno che Simenon metteva anche nei Maigret, pure se aveva più volte affermato che scrivere i Maigret, soprattutto i primi, era soprattutto stato un divertimento.
"Volete sapere cosa mi è successo esattamente un mese e mezzo fa'? - racconta nel 1970 il romanziere a Gilbert Sigaux e a Bernard de Fallois - Avevo iniziato a pensare durante le vacanze a La Baule al prossimo romanzo, doveva essere un roman dur, come io generalmente scrivo in autunno. Avevo già un'idea della vicenda, una idea un po' vaga, ma già una linea musicale e anche un colore. Ma ogni volta che volevo approfondire i personaggi o che volevo saggiarli, questi sparivano. Mi dicevo: non é possibile, perchè non riesco a tenere insieme i questi personaggi e a integrarli in un'azione? Niente da fare. Poi una mattina, dopo più di tre settimane, alzandomi dal letto, e prima di toccare il pavimento con i piedi, mi sono detto: ma è così semplice, non devo far altro che scrivere un Maigret! Ed è quello che ho fatto. E' stato un Maigret pensato e in qualche modo preparato e  sentito non come un Maigret, ma come un altro romanzo e, per l'ultima volta nella mia vita, partendo da un roman dur sono arrivato ad un Maigret".
Siamo tentati di credere che Simenon si riferisse a La folle de Maigret, finito di scrivere ad Epalinges il 7 maggio del 1970 (d'altronde l'unico Maigret scritto in quell'anno)
Ma sarà stata davvero la prima e l'ultima volta?

giovedì 10 marzo 2011

SIMENON E L'ANTISEMITISMO

Ben diciassette articoli tra giugno e ottobre, più di uno a settimana. Una sorta di rubrica apparsa sulla Gazette de Liège dal titolo Le péril Juif! Sono firmati Georges Sim che, in questa serie di scritti, dà fondo alle più consumate e trite teorie e tesi sulla presunta pericolosità ebraica. Siamo lontani, almeno cronologicamente, dall'antisemitismo di stampo hitleriano, siamo nel 1921, quindi quasi una ventina d'anni prima. Ma questo testimonia come allora in Belgio, ma non solo in Belgio, questi preconcetti fossero un bagaglio di una destra molto conservatrice, ma anche del più radicale cattolicesimo, o meglio dei cattolici più radicali. Insomma, non per sminuire le responsabilità di Simenon, ma l'antisemitismo allora permeava la società nel forme più diverse. Quello che può suonare a parziale discolpa dello scrittore, allora redattore del quotidiano belga, è che in quell'anno compiva appena diciotto anni. Ecco qualche estratto da uno di quegli articoli.
"...Non è meno urgente conoscere le mosse israelite, anche in modo incompleto, proprio ora che gli Ebrei sembra approfittino del caos economico e politico  per aumentare il loro controllo sugli affari del mondo....".
E poi ancora sulla questione della famosa bufala dei Protocolli dei Savii di Sion, prodotta ad arte dai servizi segreti zaristi, per far credere ad una cospirazione ebrea a livello mondiale, ma poi definitivamente sconfessata in una serie di articoli del Times nel 1903.
E quasi vent'anni dopo Georges Sim scrive ancora:
"...Ho scordato di segnalare la polemica prodotta in merito ai Protocolli dei Savii di Sion. Non si dovrebbe essere lontani dal dimostrare che questi documenti siano apocrifi. Si tratta di un argomento di tale scarsa importanza tanto che non ho scritto né di Ebrei né di pro-Ebrei, non essendo una gran tema..... Però costituiscono un documento prezioso... perchè ci forniscono la migliore visuale della dottrina e dei continui sforzi degli Ebrei...".
Ma il tempo passa, Simenon evidentemente cambia, durante la seconda guerra mondiale ricopre anche l'incarico di Alto Commissario per gli sfollati belgi in Francia, in fuga dai nazisti, e vive l'occupazione delle truppe di Hitler. Nel 1985, ormai vecchio e lontano dai clamori del mondo, in una lettera a Jean Christophe Camus, scrive"...vi segnalo poi una cosa che può avere una certa importanza. Si tratta di due o tre saggi che scrissi sui Savii di Sion. Questi articoli, in effetti, non riflettono il mio pensiero d'allora né di oggi. Era un'ordine e io ero tenuto ad eseguirlo. Nello stesso periodo, tra gli affittuari polacchi e russi di mia madre, più della metà erano ebrei con cui io andavo perfettamente d'accordo. In tutta la mia vita ho avuto degli amici ebrei, compreso il più intimo di tutti, Pierre Lazareff. Quindi non sono affatto anti-semita come quegli articoli commissionati potrebbero far pensare...". 
Non crediamo ci sia bisogno di alcun commento.

SIMENON. FESTE E FESTINI CHEZ SIM

Un gran lavoratore. Su questo non ci sono dubbi. Soprattutto il giovane Simenon si sottoponeva a dei tour de force notevoli per produrre articoli, racconti, romanzi brevi e a puntate, che in quell'epoca erano fonte di un più che discerto guadagno. Se pensiamo che in un giorno era capace di iniziare e terminare un romanzo breve e che quotidianamente doveva, come diceva lui stesso, fare le consegne ai suoi clienti (gli editori Ferenczy, Merle, Tallandier, Fayard che si dividevano il mercato dei libri e dei giornali popolari).
Nel 1924 Georges e Tigy si trasferirono nella signorile Place des Vosges, al 21, affittando però un locale di una camera e mezza a pianterreno. Ma era solo l'inizio, un paio d' anni dopo si liberò un appartamento ben più spazioso al secondo piano che Simenon non si fece sfuggire. Secondo piano e pianterreno. Ormai i coniugi Simenon erano sistemati alla grande e arredarono il loro appartamento, con vista sulla bella place des Vosges, con mobili dal design molto moderno. Nel salone troneggiava un grande mobile bar, con degli sgabelli d'un giallo sgargiante, dotato di un ampio bancone di vetro smerigliato illuminato da sotto. E poi quadri in stile cubista alle pareti e una sorta di riflettore a luci colorate. Sulla porta campeggiava una grande scritta "Sim", lo pseudonio con cui era più conosciuto. Lì Georges si divertiva a fare il barman durante le feste. Già infatti in quel periodo era frequente che a casa Simenon si facessero delle serate, faremmo meglio a dire nottate, dal momento che si andava avanti fino all'alba. Feste rumorose, proteste dei vicini, qualche spogliarello estemporaneo, ma qualcuno parla anche di orge. E' un fatto che la signora delle pulizie che arrivava la mattina presto, trova persone in salone che ancora dormivano per terra, altre mezze nude abandonate sulle scale, gente che smaltiva sbornie e stravizi notturni non ancora lucidi e non del tutto svegli. E Simenon?
Lui sembrava indifferente a tutto questo. Alle sei era già alla sua macchina da scrivere che pestava su tasti consapevole che anche quel giorno avrebbe dovuto produrre un'ottantina di pagine, cosa che che lo interessa molto di più di quella varia umanità stordita e intontita con cui pure la notte prima si era divertito.

mercoledì 9 marzo 2011

DEI SIMENON SENZA FIRMA?

Sappiamo bene che all'inizio della sua avventura come scrittore Simenon firmava i suoi romanzetti popolari con degli pseudonimi, una ventina circa. Ma non solo, a seconda che si trattasse di avventure, di racconti galanti o licenziosi, di storie poliziesche, l'autore sceglieva degli pseudonimi ad hoc. Per quelli galanti usava Miquette, oppure Sandor, talvolta George Sim o anche Misti, talvolta Gémis o le varianti Luc Dorsan, Luc d'Orsan e Luc Donan. Per quelli d'avventura Christian Brulls (l'insieme del nome del fratello e del cognome della madre da signorina), Gomme Gut, Jean du Perry, J.-K. Charles e ancora Georges Sim. Ma scorrendo le copertine di questo periodo se ne trovano alcune che, per quanto ormai provato che si riferissero a romanzi brevi o racconti scritti da Simenon in quegli anni, non mostravano sulla facciata nessun nome dell'autore. Noi abbiamo basato questa ipotesi potendo soltanto guardare le copertine e non sapendo se magari all'interno apparisse invece uno dei tanti pseudonimi. Ecco qualche titolo a dimostrazione di quanto abbiamo detto. Iniziamo con Liquettes au vent de la Collection Gauloise (67, rue Servan, Paris XI), che sopra il titolo riporta solo la scritta Le roman complet e il prezzo, 1 fr. (probabilmente in altra parte firmato con Gom Gut). Lo stesso dicasi per Les Romans Drole paraissent les Samedis o per Les Romans Folatres paraissent les Jeudis, ancora più economici, 75 centesimi, ma in copertina completamente anonimi. Ma anche la collana di Ferenczi, Le petit Livre, aveva delle copertine senza il nome dell'autore. Possiamo citare titoli come Le roman d'une dactylo, Defense d'Aimer (anche se sembra che in qualche modo fossero attribuibili il primo a Jean du Perry e il secondo addirittura allo pseudonimo Georges Sim). Anche il poliziesco Nox L'insaisissable, sempre Ferenczi editore, ancora più economico, 50 centesimi, non riporta in copertina nessun autore (ma forse da qualche parte potrebbe esserci il nome di Jean du Perry). Ora, al di là se il libro fosse attribuito a questo o a quello pseudonimo del giovane Simenon, è significativo che l'editore non ritenesse utile, o lo considerasse addirittura superfluo, indicare in copertina chi l'aveva scritto. Infatti quello che importava al lettore di quelle collane, era il genere, le regole ferree che lo perpetuavano, le copertine ammiccanti, che da sole parlavano raccontando non solo che tipo di storia era, ma addirittura con che tono veniva trattata la vicenda. Siamo nel pieno della letteratura popolare, quella che permetteva a Simenon di produrne a pacchi, seguendo degli stereotipi con personaggi preconfezionati e delle trame ben vincolate. Ma comunque era una letteratura che, per quanto elementare, faceva leggere milioni di persone e formava lettori di letteratura più alta, ma anche fior di scrittori, forse non tutti come Simenon, ma certo con una solida base di esperienza narrativa.

martedì 8 marzo 2011

LE DONNE DI SIMENON

Oggi sappiamo tutti quale ricorrenza e a chi l'avesse dimenticato, tv, giornali, radio, persino l'homepage di Gogogle l'ha sicuramente ricordato. Parliamo di donne, donne di Simenon, ovviamente. Ma non le compagne o le amanti della sua vita, ma di quelle che popolano i titoli dei suoi romanzi. Una sorta di collage che dimostra la grande attenzione che lo scrittore aveva per l'universo femminile. Certo questa scelta di titoli lascerà fuori qualche protagonista degna di rilievo ad esempio come la Kay di Trois chambre a Manhattan o l'Antoniette de Le fenêtre du Rouet, che non compare nel titolo, ma il nostro è un gioco, una sorta di puzzle dove i tasselli che s'incastrano sono donne di tutte le estrazioni, di diversa età e di differenti personalità.Iniziamo con una ballerina, quella di un locale che compare nel titolo della decima inchiesta del commissario (La Danseuse du Gai Moulin - 1932), poi, sempre con due racconti maigrettiani del '38, un'anziana e un'amante: La Vieille Dame de Bayeux e Mademoiselle Berthe e son Amant. Ma già iniziano le donne nei romans durs, prima a gruppi come Les Fiancelles de M.Hire (1933), Le Demoiselles de Concarneau (1934) e Les soeurs Lacroix (1937). Poi la famosa Marie du port (1937) e la Veuve Couderec (1940). Tornando ai Maigret troviamo una povera assassinata, Cécile est morte (1942), ma anche Felicie est là (1944) e c'é posto anche per un'amica della signora Maigret (L'amie de M.me Maigret 1949). E poi gli opposti  Maigret et la vieille dame (1950) e Maigret et la Jeune Morte (1954).  Nei romans durs c'è un titolo anche per qualche familiare, una zia, (La tante Jeanne 1950) e per un'altra Maria (Marie qui louche 1951). Non va dimenticata La mort de Belle (1951) e la Julie che divide il titolo con il suo Antonio (Antoine e Julie 1953). Torna poi ancora un'anziana signora, La vieille (1959) e nasce la strafamosa Betty (1960). La serie del commissario finisce con una pazza (La folle de Maigret 1970), mentre quella dei romazi si conclude con La Dispartion d'Odile (1970)

lunedì 7 marzo 2011

L' "ETAT DE ROMAN" DI SIMENON E IL "METODO MAIGRET". SCRIVERE UN ROMANZO COME CONDURRE UN'INCHIESTA?

Abbiamo già detto in precedenti post come l'esperienza biografica di Simenon sia una ricchissima fonte d'ispirazione dei suoi romanzi, quando non ne diventano addirittura il tema stesso del romanzo. E fin qui niente di nuovo rispetto a quello che era già successo ad altri romanzieri e che continuerà ad essere una caratteristica della letteratura.
Qui però vogliamo soffermarci su un particolare aspetto che riguarda i Maigret, ma non solo. Cioè come Simenon abbia trasposto nel metodo d'indagine del suo commissario la propria procedura di elaborare, concepire e realizzare un romanzo.
Partiamo da una intervista fatta allo scrittore da Roger Stephane nel 1963. Le domande vertono su numerosi argomenti e ad un certo punto si parla della maniera in cui Simenon scriveva i Maigret in contrapposizione con i romans durs.
"- Quando scrivete un Maigret conosciete già la trama della vicenda?
- No, no e no.
- Quindi la costruite passo dopo passo?
- Ma certamente! Altrimenti credo che non mi interesserebbe più. E questo sarebbe un male. Bisogna che attraversi le stesse angosce di Maigret, e, come lui, di solito al quinto o sesto capitolo, io passo un momento difficile; mi trovo davanti a tre, quattro, cinque soluzioni diverse e mi domando quale sarà quella giusta. Perché ce n'é soltanto una giusta. E generalmente si tratta del giorno più difficile, quello in cui la decisione inidrizzerà tutto il resto del romanzo...".
Ecco un'altro punto a favore della tesi che abbiamo già altre volte sostenuto. Non c'è differenza tra i Maigret e i non Maigret. Infatti anche quando Simenon scrive i romans durs non sa bene dove andrà a finire. Sappiamo che cade nel cosidetto état de roman, provocato da qualche particolare, un odore, una forma, un colore, che poi si agganciano magari ad un ricordo che poi fa da aggregatore di altre cose, personaggi, luoghi, vicende che danno il la. Quindi si fa guidare da quello che man mano é il concatenarsi di questi elementi, che prendono corpo e maggior definizione, e che fanno procedere la trama in un verso o in un altro.
Ma anche il commissario procede in questo stesso modo, nelle sue inchieste. All'inizio si trova spaesato in un ambiente che non conosce, a contatto con persone mai viste, alla ricerca della soluzione di un mistero.  E a quel punto gli succede (o meglio è Simenon che lo fa succedere) di passare un periodo apparentemente di inattività. Ma in realtà é la corrispondente esperienza dell'état di roman dello scrittore. Il commissario si fa impregnare da quell'ambiente, dagli umori, dalla mentalità del posto, dalla psicologia dei personaggi, dalle loro dinamiche interpersonali, dall'atmosfera che si respira, finché.... Finché non entra nella pelle di quelle persone, finché non ragiona come loro, finché non riesce a comprendere i loro animi, perché è diventato come loro. E qui è il momento più difficile dell'indagine, quando Maigret coglie un barlume, uno spiraglio che gli fa intravedere la soluzione e qui deve decidere quale direzione dare all'inchiesta per poi passare all'azione.  
Insomma Simenon deve entrare nella pelle di Maigret (come degli altri suoi personaggi) e fa entrare il commissario nella pelle dei suoi sospettati... come dire che il "metodo Maigret", non è altro che un "état de roman".

SIMENON E LA CLASSIFICA MEDIATA

In una delle varie cassifiche che popolano il mondo della carta stampata, quello del web o l'universo rdiofonico va considerata quella di NotiziarioLibri/Prima comunicazione che é una classifica delle classifiche. Cioé la classifica che risulta dalla media tra le ultime rilevazioni della Gfk per Il Corriere della Sera, della Nielsen Bookscan per Tuttolibri de La Stampa e dell’Eurisko per R2Cult. Citiamo anche questa per rilevare ancora una volta come Simenon, con La fuga del signor Monde, occupi ancora la terza posizione nella sezione di letteratura straniera e consolidi la caratteristica di long-seller dei suoi titoli.

domenica 6 marzo 2011

SIMENON DI DOMENICA

Uno come Simenon che in sette giorni partoriva un romanzo e che ogni sei mesi cambiava casa, si direbbe sicuramente un tipo iperattivo. Certo, visto il suo ritmo di produzione, le pause tra un romanzo e l'altro, anche se non molto lunghe, erano frequenti, ma poi bisogna pensare alla sua attività giornalistica, ai suoi viaggi, alla sua famiglia allargata, prima, seconda moglie e ai quattro figli. Viene da pensare ad indaffarato perenne. E la domenica? Sentite cosa diceva in un Dictée (De traces de pas - 1973).
"Domenica di nuovo. Relax....Quando ero giovane, domenica significava la grande messa cantata (io cantavo), rosbif con le patate fritte, piselli in scatola, gite nei dintorni di Liegi o pomeriggi da una delle tante zie... Chissà perché ho conservato della domenica una sensazione di leggerezza diversa dagli altri giorni?.... E invece sarebbe venuto il tempo in cui a domenica sarebbe stato un giorno della settimana come un altro... Quando sto scrivendo un romanzo, l'orario della domenica è uguale agli altri giorni, il romanzo deve continuare... Ma nonostante tutto, quando mi sveglio, vado alla finestra per osservare le strade vuote, il lago dove ci sono quasi sempre delle regate con le loro vele bianche e colorate e ascolto le campane come se ancora significassero qualcosa... Sono rimasto influenzato dalla mia giovinezza... Quand'ero piccolo, la domenica quando mia madre mi svegliava, le dicevo - E' domenica. Faccio festa. Ebbene a settant'anni faccio ancora festa...".
La domenica di un scrittore che, quando scriveva, era in état de roman, quella trance creativa che durava al massimo una decina di giorni e che quindi gli imponeva di affrettarsi a finire il romanzo in corso che altrimenti sarebbe rimasto incompiuto. Ma quando Simenon detta queste parole, non scrive più, vive all'ottavo piano di un condominio a Losanna, non fa più vita mondana e si è ritirato con la sua compagna Teresa in una vita fatta delle piccole cose di tutti i giorni e di ricordi, tanti ricordi.

SIMENON SALE SULL'ESPRESSO

Sulla rinnovata versione de L'Espresso si sta concludendo la promozione "II Caffé Letterario", un dvd abbinato al giornale in cui sono stati presi  in considerazioni 25 grandi della letteratura. Ogni dvd è presentato da un'esponente della letteratura contemporanea.  Il dvd è corredato da un inserto in cui si tratteggiano la biografia, i romanzi e lo stile dei protagonisti. Dal 4 marzo il dvd n° 21 in edicola è dedicato a Georges Simenon introdotto da Camilleri.

sabato 5 marzo 2011

SIMENON LE TRADUZIONI E I SUOI EDITORI NEL MONDO

Abbiamo parlato spesso della diffusione in moltissimi paesi del mondo dei romanzi di Simenon e delle inchieste del commissario Maigret. Simenon, da un certo momento in poi, riserva una certa attenzione ai diritti ceduti all'estero. Già in una lettera del 1939 precisava la sua intenzione di non trattare più con i piccoli editori e di cedere i diritti solo a chi comprava un blocco consistente delle sue opere (ad esempio tutti i Maigret). E nel '46 dichiarava "...i miei contratti per le traduzioni sono ormai strutturati in modo che io non debba occuparmi più di nulla e, una volta scritto, il romanzo venga pubblicato automaticamente nei diversi paesi... almeno per quelli che posso raggiungere attualmente...".  E infatti Pedigree (1948) uscirà ovunque nello stesso periodo e con le stesse modalità. E a proposito dell'Italia puntualizzava "...io sono uno degli autori più difficili da tradurre, perché non esiste che un italiano letterario in letteratura - spiegava in un'intervista del '82 a Piron e Sacré - D'altronde in ogni regione ci sono dei dialetti e allora immaginate di tradurre con semplicità nella regione di O' sole mio (riferendosi ovviamente alla Campania). E' il paese dove questo è più difficile...".
In effetti Simenon aveva colto un aspetto peculiare della letteratura italiana che, tranne qualche raro caso, è sempre stata di elite e che aveva una tradizione, come in Francia, una diffusione di letteratura popolare che aveva avuto tra l'altro anche una sua funzione nell'unificare ed omogeneizzare la lingua delle varie regioni. E infatti, ad esempio, le traduzioni in inglese risultavano molto più facili. E poi lo scrittore non smetteva di meravigliarsi delle sue traduzioni in paesi lontani dalla cultura francese, europea ed occidentale.
"...Pensate che sono tradotto in paesi dove la gente vive ancora in tende di pelle e girano tutt'oggi sui cammelli, è davvero tutto molto strano. Cosa capiranno dei miei libri? Non ho idea. ...Forse perché l'uomo è uguale dappertutto?... Forse perchè io non appartengo a nessun posto, non sono l'uomo di un non-luogo...".
Infine, per curiosità, andiamo a compilare un sommario riepilogo su quali siano stati e quali sono oggi i principali editori che hanno tradotto Simenon sia in Francia che nelle nazioni più importanti.
Francia: Ferenczy • Fayard • Presses de La Cité • Omnibus/Les Livres de Poche
Italia: Mondadori • Adelphi
Gran Bretagna: Hamish Hamilton • Chorion UK
Germania: Veralg Diogenes
Usa: Hamish Hamilton • Chorion House Publishing U.S. • Melville House Publishing • Penguin Book Usa (Collane: Penguin Mysteries e Maigret Mysteries) •
New York Review Books Classics 
Sud Africa: Penguin Books South Africa

venerdì 4 marzo 2011

SIMENON E MAIGRET PER... GIOCARE

Qualsiasi momento è buono per giocare, anche con Simenon. A patto che conosciate il francese, il sito della Omnibus/Livre de Poche, http://croiser-maigret.com/jeu_concours.html presenta la seguente iniziativa. Il sito propone una serie di 25 immagini, selezionate tra quelle inviate dagli utenti, foto di atmosfera parigina. Votando quella che vi piace di più, potrete partecipare al'estrazione a sorte di 50 premi, ognuno costituito da un libro di Maigret della Omnibus + due libri di Maigret a scelta nella collana Livre de Poche. Il voto va espresso entro il 15 marzo e sul sito troverete tutte le indicazioni del caso.
Per quelli che hanno inviato le foto selezionate, il vincitore riceverà la collezione Tout Maigret  della Omnibus (10 volumi), mentre dal 2° al 5° piazzato riceveranno Les Frères Rico illustrati da Loustal (edizione Luxe Omnibus) + il libro Les Premières Enquêtes de Maigret e il libro Grandes enquêtes de Maigret (edizione speciale) della collana Livre de Poche.

giovedì 3 marzo 2011

MA CHI E' QUESTO SIMENON?

Quando fu lanciata la serie del commmissario Maigret, quasi nessuno conosceva Georges Simenon scrittore. Durante i nove anni a Parigi, nella sua produzione letteraria, oltre duecentocinquanta tra romanzi popolari, racconti, romanzi brevi, ma sempre utilizzando uno pseudonimo, anzi più pseudonimi, una ventina circa. E' normale quindi che, quando nel mondo editoriale e giornalistico, iniziano a circolare le voci sul lancio di una prossima serie poliziesca, per di più promozionata in grande stile, tutti si chiedano chi è questo Georges Simenon. Qualche idea in merito c'è, ma solo perchè uno degli pseudonimi più utilizzati dal nostro scrittore era quello di Georges Sim. Anzi qualcuno crede addiritura che quello sia il suo vero nome mentre Simenon sia un ulteriore pseudonimo. Ma il grande pubblico non conosce quel nome.
Qualche esempio dai giornali dell'epoca.
Fedredric Lefevre, riporta una presentazione dello stesso Siemenon su La République del 16/02/1931
"...Fino ad oggi mi sono chiamato Sim, Georges Sim, ma adesso ne ho abbastanza di chiamarmi Sim, a questo punto riprenderò il mio vero nome e intendo firmare i miei libri come Georges Simenon.
- Ah! Voi scrivete dei libri? - fa sarcastico Lefevre
- Ne ho scritti pochi - risponde ironico Simenon - ho già ventinove anni e ne ho pubblicati soltano 277. Non è il mio mestiere..."
L'Oeil de Paris  del 14/02/1931:
"...Il romanziere, dopo dopo una crociera di tre anni dal Mediterraneo all'oceano Glacial Arctique , sta rientrando a Parigi e cinque dei suoi romanzi stanno per uscire con la firma di Georges Simenon... L'egnimatico Simenon non è altro che un romanziere  - del settore feuillettons - che si è fatto conoscere  in questo genere  sotto il nome di Georges Simenon..."
Paris-Midi del 21/02/1931 presenta, a firma Pierre Lazareff, quello che considera un personaggio poco conosciuto.
"...Si tratta di lanciare una collezione di romanzi polizieschi, l'autore Georges Simenon, scrivendo dediche in un angolo, senza che la folla che gozzovgliava intorno a lui, sembrava interessargli...".
Dopo diciannove inchieste del commissario Maigret tutti sapranno chi è Georges Simenon.

SIMENON, ALTO COMMISSARIO DEI RIFUGIATI?

No, non è una metafora. E non c'entra nulla con la tragedia dei rifugiati e dell'attuale tragedia degli sfollati dell'Africa mediterranea. Siamo nel 1940 e le truppe tedesche naziste hanno appena invaso il Belgio, la popolazione scappa da tutte le parti, ma dal Ministero degli esteri vengono delle indicazioni precise. La Charente è stata dichiarata zona d'accoglienza per i rifugiati belgi. E, grazie ad una comunicazione dell'ambasciata belga in Francia, Simenon viene a sapere che é stato nominato Alto Commissario per i rifugiati belgi.
L'ambasciata dà allo scrittore carta bianca per organizzare l'accoglienza, gli concede il diritto di requisizione, l'incarico di ripartire nel modo più adeguato la  distribuzione dei rifugiati nelle varie zone della regione.
"Partite stasera e  domani mettetevi a rapporto dal prefetto, il sindaco e le altre autorità.... - così concluse l'addetto dell'ambasciata - E' un ordine, soldato Simenon!"
E Simenon non si tira indietro.  Il primo compito era quello di sistemare oltre cinquantamila rifugiati in arrivo a La Rochelle, che si sarebbero ammassati sulle banchine della stazione. Ci sono diverse testimonianze dell'impegno e della gravità con cui lo scrittore prese l'impegno. " ...Era buono e generoso, ricordo la sua commozione e la sua efficienza quando arrivò in stazione il treno con i poveri rifugiati belgi - testimonia un osservatore francese - Si occupò di suoi compatrioti sempre con molta comprensione e con uno slancio d'entusiasmo...". Anche la Boule testimonia in tal senso. "...Quando non sapeva dove sistemarli, li portava da noi a Nieul e questo gli portava via gran parte del tempo. Talvolta li metteva in salone  e un po' dappertutto. Ma poi i tedeschi requisirono la casa e allora dovettero andarsene tutti.
Da questa esperienza durata oltre quattro mesi, Simenon trasse ispirazione per due dei suoi romanzi Le clan des Ostendais (1947 - Gallimard) e Le train (1961- Presses de La Cité)

mercoledì 2 marzo 2011

SIMENON E LE ULTIME PAROLE FAMOSE

"Ho scritto, per Fayard, nei tempi previsti dal mio contratto, diciotto o venti romanzi polizieschi. Questi sono stati tradotti poco a poco in tutte le lingue, compresi lo yiddish, l'esperanto e il giapponese. Diciotto mesi esatti dopo la firma del contratto, annunciavo allo stesso Fayard, che non comprese mai il perché della mia decisione:
- Abbandono il romanzo poliziesco.Ne ho abbastanza del personaggio di Maigret.
Credo che mi ritenne folle o almeno paranoico. Da bravo commerciante non poteva comprendere come si potesse abbandonare così una gallina dalle uova d'oro....Penso che mi capirete. Io mi sentivo, io mi credevo abbastanza forte da trascurare un'altra convenzione, un supporto di cui non avevo più bisogno. Io mi rapportavo ormai all'uomo, all'uomo nudo, all'uomo faccia a faccia con il suo destino, che costituisce, a mio avviso, la risorsa migliore del romanzo" .
A parlare così, anzi a scrivere,  e lo si sarà capito, era proprio Simenon, che ne L'age du roman (1943)  raccontava quello che succedeva una decina d'anni prima (nel 1934 per la precisione) quando la serie delle inchieste del commissario Maigret gli aveva dato un posto di tutto rispetto tra gli scrittori, popolarità internazionale e molti, molti soldi. Ma in quel momento Simenon pensava a diventare un romanziere e non solo uno scrittore. Era il traguardo che si era prefisso da quando aveva preso la decisione di lasciare il Belgio, il suo posto di redattore a la Gazette de Liége, la sua fidanzata Tigy e la sua famiglia.
Ma dovevano restare le "ultime parole famose", perchè sia pure dopo una pausa di otto anni, riprese a scrivere le inchieste del suo commissario quando scriveva per la Gallimard. Ne pubblicò poi un'altra ottantina, tra racconti e romanzi, fino al 1972.
Ma non per questo tralasciò il suo programma. Scrisse circa 150 tra romans-durs e romanzi a carattere autobiografico e tutto il mondo ne riconobbe il valore come romanziere, oltre al merito di aver creato Maigret.

SIMENON E BETTY, CINQUANT'ANNI FA'

Era il marzo del 1961 quando Simenon terminava la stesura di Betty uno dei suoi romanzi più intensi e famosi. Dopo mezzo secolo questo libro rivela ancora tutta la sua freschezza e l'attualità delle problematiche che pone. Ed è un romanzo che tocca particolarmente le donne. Commentava in rete una sua lettrice "Ma quanto mi piace quest'uomo? Ma quanto scrive meravigliosamente? Ma come fà ad avere in testa tutte quelle storie?... Betty è il tipo di donna che a Simenon piace molto, perché gli permette di tirare fuori la parte "meno bella e decorosa" (eppure spesso vera) di ognuno di noi..."
In effetti questo romanzo, almeno nelle intenzioni doveva chiamarsi Le Cauchemar (L'incubo) e questo già la dice lunga sul tipo di storia e di personaggio che Simenon ci racconta.
Betty è una donna insoddisfatta, non è gratificata dalla vita che conduce,  gli incubi passati che ancora incombono e la mancanza di speranza nel futuro. Lo scrittore ce la presenta nei bar parigini degli Champs-Elysées, in atteggiamenti molto disinvolti con gli uomini che la circondano, mentre beve cocktail oltre il dovuto... Ma non è una donnetta, il suo portamento e i suoi vestiti fanno pensare a ben altro. Chi si nasconde dietro quella figura, quale storia, quali aspirazioni, quali avvenimenti? E qui parte una sottile ed efficace esplorazione della psicologia femminile che Simenon conduce in modo magistrale, con un istinto e un'immediatezza particolari, analizzando l'animo di una donna allontanata dalla famiglia e privata dell'amore dei suoi figli. Ma non si tratta di un romanzo che abbia richiesto lunghe riflessioni e molto tempo a causa della sua complessità. Come ci informa lo scrittore stesso, anche in questo caso sono bastati i famosi sette giorni. La prima impressione però non è positiva se, messa la parola fine, si chiedeva "Ma perché tra qualche mese delle persone dovrebbero pagare per leggere questo libro?". Finita la revisione però si dice invece "abbastanza soddisfatto" e anzi azzarda che, in fin dei conti, potrebbe definirsi anche "molto soddisfatto". E ancora una volta Simenon conferma il fiuto del romanziere di razza e soprattutto dà prova della conoscenza degli uomini e anche dei suoi lettori. Betty in effetti si rivelò un successo long-seller, non fece molto clamore all'uscita, ma divenne uno dei romanzi di riferimento dell'opera simenoniana. Il successo è tangibile ancor oggi, dimostrato dalle dodici edizioni stampate dall'Adelphi (più di una l'anno) da quando pubblico nel 1992 il romanzo in concomitanza con la trasposizione cinematografica, diretta da Claude Chabrol, nello stesso anno, in cui il personaggio di Betty è interpretato da Marie Trintignant.

martedì 1 marzo 2011

ADIEU ANNIE GIRARDOT, PROTAGONISTA DE "IL COMMISSARIO MAIGRET"

Vogliamo qui ricordare  la grande attrice francese scomparsa ieri all'età di 79 anni. La Girardot, tra gli innumerevoli film in cui aveva interpretato ruoli di rilievo, partecipò anche alla pellicola diretta da Jean Delanoy, Il commissario Maigret, (1958) . Nel film la Girdardot interpreta il ruolo di  Ivonne Maurin, moglie di un sospetto serial-killer, messa dalla suocera in condizione di dover competere con lei sul piano affettivo nei confronti del marito. L'epilogo è drammatico e la matassa criminale e psicologica viene dipanata da Jean Gabin nei panni di un indimenticabile commissario Maigret. Adieu Annie.

SIMENON. UN'ALTRO FILM DA "LA NEVE ERA SPORCA"

Non accenna a diminuire l'interesse del mondo del cinema per i romanzi di Simenon.  Questa volta si tratta di un remake di un film francese del 1953, La neige était sale, allora diretto dal Luis Saslavsky e tratto dall'omonimo romanzo di Georges Simenon pubblicato proprio nel marzo 1948, prima sul settimanale La presse e poi come volume, per i tipi de Presses de La Cité.A portare avanti il progetto è la produzione Sigma Fim con la Amusement Park Films, e il film sarà diretto dal regista scozzese, David Mackenzie, 44 anni, che riproporrà nel suo Stain on the snow, scrivendone anche la sceneggiatura, la vicenda narrata nel romanzo di Georges Simenon, ambientata nel dopoguerra in un paese senza nome, raccontando le vicende di Frank Friedmaier, che non ha mai conosciuto il padre e la cui madre è tenutaria di un bordello. E' la storia di un uomo che è passato al di là della linea, come racconta spesso Simenon e che è scivolato negli abissi della delinquenza e del crimine. La sua mente è fredda e insondabile e il romanziere ci rivela l'ossessione di un'auto-tortura che si annida nell'animo di Frank, ed esplora la psicologia complessa di questo giovane criminale, mostrando anche come abbia una sua grandiosità, sia pur agghiacciante, e di come affronta gli interrogatori guardando dritto e spietato attraverso il suo destino.
Sulla data di uscita del film non si fanno ancora previsioni

SIMENON TIENE LA POSIZIONE

La classifica pubblicata dall'inserto TuttoLibri de La Stampa, di sabato 26 febbraio, riporta nella sezione "narrativa straniera", l'ultimo romanzo uscito in Italia di Simenon La Fuga del signor Monde (Adelphi) al terzo posto, e così tiene saldamente la posizione acquisita la settimana scorsa quando aveva esordito in questa graduatoria. Guadagna tuttavia qualche punto rispetto a Il profumo delle foglie di limone (Sanchez) e La mappa del destino (Cooper) che lo precedono.

mercoledì 23 febbraio 2011

AVVISO IMPORTANTE

PER MOTIVI IMPROROGABILI, QUESTA PAGINA NON SARA' PIU' AGGIORNATA FINO A LUNEDI' 28 GENNAIO. GLI AGGIORNAMENTI QUOTIDIANI DEI POST RIPRENDERANNO MARTEDI' 1 MARZO 2011

martedì 22 febbraio 2011

SIMENON E IL MAIGRET SPARITO

Il lancio dei Maigret vide l'uscita contemporanea di due titoli M.Gallet décédé e Le Pendue de Saint-Pholien (fine febbraio 1931) cui seguirono a ruota Le charretier de al Providence (marzo 11931) e Pietr-Le-Letton (primi di maggio 1931). Quattro titoli in poco più di due mesi, un ritmo da quindicinale. Poi, in tutto fino al marzo del 1934, un totale 19 titoli praticamente in tre anni. A quel momento Simenon aveva trentuno anni, pubblicava con Fayard ed era ormai entrato nel finale del periodo che lui chiamava letteratura semi-alimentare, la fase preparatoria per passare a quella dei romans durs si era conclusa, tanto che proprio nel '34 la produzione dei Maigret subì un'interruzione. Per poter leggere un'altra inchiesta del commissario i francesi dovettero attendere il 1942, (a parte la raccolta  del 1938/39 nei periodici Police Film e Police Roman).Insomma quasi otto anni di distacco dal  personaggio che lo aveva reso tanto popolare? Perchè?
Intanto Simenon credeva, in realtà, che la sua serie poliziesca fosse terminata lì. Tanto che con Fayard aveva iniziato a pubblicare dei romanzi, Le Relais d'Alsace (1931)  e Le passager du Polarlys (1932). E poi andiamo a vedere quello che successe nella sua vita in quegli anni. Nel 1934 lascia Fayard per la prestigiosa Gallimard, Poi iniziano i viaggi: il tour del Mediterraneo ('34), New York, Panama e Galapagos  e poi Tahiti, Nuova Zelanda, Australia, India e Mar Rosso ('35). Nel '38 entra in contatto con André Gide, diventando un suo protetto e cui dovrà parte della buona critica di cui godranno i suoi romanzi. Nel '39 nasce il suo primogenito Marc . Nel '40 scoppia la seconda guerra mondiale che vede Simenon e famiglia nei paesini della Francia centrale. E nel frattempo ha pubblicato oltre trenta romans durs.
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, fu la stessa Gallimard a far riprendere a Simenon la serie di Maigret.
Da una parte Simenon, come tanti creatori di personaggi celebri, temeva di rimanere intrapolato letterariamente come papà di Maigret, come era successo tra gli altri a Conan Doyle con Sherlock Holmes, a Rex Stout con Nero Wolfe. La situazione di Simenon però era molto diversa. Da una parte perchè rispetto ad altri gialli seriali, quelli di Simenon sono meno stereotipati, più letterari, proprio perchè sono dei gialli, già all'epoca, atipici, come atipico é il protagonista, che non è l'investigatore-super-eroe, dongiovanni, tutto azione e infallibile, stereotipo che dominava gran parte della letteratura poliziesca dell'epoca. La seconda riguarda il fatto che tra tutti i grandi giallisti, Simenon è l'unico che, oltre ad aver creato un presonaggio poliziesco di letteratura seriale di successo mondiale, ha prodotto anche molti romanzi mainstream, che é considerato da André Gide "il Balzac del '900", candidato più volte al premio Nobel. Poi però, una volta acquisito lo status di romanziere riconsosciuto dalla critica e con un grande successo tra il pubblico, Simenon probabilmente sicuro di non essere esclusivamente legato a Maigret, abbia continuato con maggior tranquillità, fino al 1972, a pubblicarne le inchieste.
Ma tutto questo basta a spiegare quegli otto anni di interruzione?

domenica 20 febbraio 2011

IL SESSO EXTRA-CONIUGALE DEI CONIUGI SIMENON/2

...(continua). Con la Denyse, la seconda moglie, le cose erano completamente diverse. Infatti la lora intesa sessuale era completa e di ciò Simenon le era molto riconoscente. Questo però non significa che avesse smesso di avere relazioni extra-coniugali o di frequentare prostitute. Ma anche qui l'atteggiamento di Denyse era molto diverso da quello di Tigy. Era un po' complice dell'effervescenza sessuale dello scrittore che sembrava non aver mai fine e d'altra parte lo assecondava apertamente e scientemente, sapendo che ostacolandolo avrebbe solo creato un muro tra loro e, prima o poi l'avrebbe perso. D'altronde lei stessa racconta vari espisodi a dimostrazione di questa situazione. Ad esempio, nella crociera che effettuarono verso l'Europa ci racconta che Georges era attratto da una giovane signora, chiamata la baronessina e di come questa una sera si introdusse nella loro cabina, si spogliasse e conivolgesse i Simenon in un mènage a trois. E sembra, sempre secondo Denyse, che non si trattasse della prima esperienza del genere. Una volta a Parigi, in occasione di una festa rievocativa del lancio dei Maigret alla Boule Blanche, Georges viene preso da un vero e proprio raptus e per sua stessa ammissione ha, in un solo giorno, rappporti con tre-quattro donne. Anche in America, ovviamente, le cose non cambiano. Una sera, in una festa data dal suo editore americano Hamish Hamilton, Simenon si lancia in una audace kermesse sessuale con una ragazza piuttosto su di giri, sulle scale della villa. Episodi come questi portebbero essere raccontti a decine, come le sue performance in Costa Azzura nel '56, quando aveva preso a frequentare i locali di strip-tease e ad avere rapporti con le ragazze che si esibivano. E Denyse scandalizzava le benpensanti mogli e donne che frequentava quando raccontava la libertà che concedeva al coniuge e delle loro esperienze in materia di sesso. a se lo poteva permettere. Non a caso Simenon scriveva in Quand j'étais vieux  che Denyse " ... è la sola donna nella quale sesso e amore si siano fusi. Con le altre non mi è mai successo..."

IL SESSO EXTRA-CONIUGALE DEI CONIUGI SIMENON/1

L'esuberanza sessuale di Simenon non è un mistero e le sue famose diecimila donne, quelle con cui lo scrittore aveva confidato di aver avuto rapporti nell'intervista per l'Express fattagli da Federico Fellini, sono ormai diventate un tormentone che scrittori, giornalisti, critici, presentatori radiotelevisivi usano e abusano, spesso per fare una citazione che faccia colpo, ma spesso in mancanza di argomentazioni più approfondite.Ma esploriamo ancora e addentriamoci nel mondo delle abitudini sessuali di Simenon e delle sue mogli.
La prima, Tigy, sappiamo che non assecondava la passione e la frequenza del marito nei loro rapporti sessuali. Ma in qualche modo era suo complice. Anche se ufficialmente non tollerava che il marito avesse continue e regolari scappatelle con altre donne, in realtà sembra facesse solo finta di non sapere. Ad esempio, è possibile che non conoscesse la travolgente storia tra Georges e Josephine Baker? In una Parigi pettegola e ciarliera, come poteva passare inosservato dal gossip modano l'amante di una star famosissima e idolatrata come la Baker? Simenon allora non era certo famoso, ma lei era sulla bocca di tutti. E' assai difficile che questa storia potesse essere così segreta da non essere conosciuta da nessuno. Ma è altrettanto strano anche che non influisse affatto sul comportamento di Georges e che lei, che lo conosceva da sette anni, prima come fidanzata a Liegi, poi come moglie a Parigi, non intuisse nulla. D'altronde anche i rapporti che tra Georges e la Boule, la loro femme de chambre, venivano consumati quotdianamente durante la regolare siesta del dopo-pranzo, andarono avanti per anni. E solo una volta trasferitisi in America, Tigy sembra che li scoprisse, dopo circa un ventina d'anni. Anche questa sembra difficile da credere, anche perché c'é la testimonianza della stessa Boule, secondo la quale Tigy sapeva benissimo tutto, ma faceva solo finta di essere all'oscuro di tutto... (continua).

SIMENON. UN ALTRO ESORDIO Al TERZO POSTO

Poco più di un paio di settimane. Questo il tempo che è stato necessario all'ultimo romanzo di Simenon, La fuga del signor Monde (Adelphi), per conquistare, almeno a quanto riporta la classifica apparsa ieri sul supplemento TuttoLibri de La Stampa. Infatti l'ultima uscita di Simenon la ritroviamo in terza posizione nella sezione narrativa straniera. E' ormai una routine cui siamo abituati e che si ripete puntualmente sia alle uscite dei Maigret che a quelle dei romanzi.

sabato 19 febbraio 2011

PER CHI VOTA SIMENON?

Conservatore o scettico egocentrista? Simenon non amava certo la politica, lo abbiamo già visto. Le sue performace giornalistiche a La Gazette de Liège  (questa sì conservatrice, anzi di destra) erano in linea con il giornale e venivano fuori da quel bouillon de culture, dal sapore conservatore, cattolico, con un pizzico di razzismo, condito con una buona manciata di moralismo e abbondantemente spruzzato di perbenismo.Ma quel Simenon aveva 17/18 anni. Una volta a Parigi, iniziato il suo percorso letterario e maturato dalle eserienze della vita, lo scrittore prende le distanze dalla politica, almeno a parole, e per esempio fà dire al suo Maigret (talvolta suo ...portavoce) "... sono felice di non aver mai dovuto districarmi nella politica...   oppure "io odio la politica" (Quand j'étais vieux 1970).
Anche un semplice atto come l'adesione ad una petizione, lo trovava dubbioso ed esitante. Come quella volta che era tentato di firmare per accordare il diritto di diserzione ai soldati francesi spediti in Algeria. Ma al dunque si tirò indietro, sospettoso e diffidente. "...Beh, prima di tutto non sono un francese - diceva a sé stesso Simenon - e poi provo un disagio davanti a certe strumentalizzazioni anche delle idee più nobili...".  E stigmatizzava "l'uso della politica per affari loschi e le mani sporche che bisognava stringere durante certi cocktail".
Ma la politica finì per interessarsi a lui. E fu quando, nel dopo-guerra, il Fronte di Liberazione Francese aprì un dossier-Simenon per i rapporti (e gli affari, vendita dei diritti per lo sfruttamento dei suoi romanzi per diversi film) che lo scrittore aveva concluso durante la guerra con la casa di produzione cinematografica Continental che, prestanomi francesi a parte, dipendeva addirittura da Joseph Goebbels. L'ombra del collaborazionismo aleggiava sopra di lui anche perché questo rapporto con la Continental, non gli aveva fruttato soltanto denaro, ma anche un lasciapassare in un periodo in cui nella Francia occcupata, anche spostarsi era un problema serio. Insomma la sua scelta professionale era stata in definitiva anche politica e le possibili conseguenze da una parte preoccupavano talmente Simenon che si ammalò gravemente (patologia psicosomatica?) e dall'altra lo spinsero ad iniziare i preparativi per la sua "fuga" dalla Francia, nei lontani Stati Uniti dove avrebbe poturo riprendere una vita nuova e senza più angosce... senza più dover pensare alla politica.
E quando tornò dagli Usa, andò a stabilirsi nel Paese più apolitico che esistesse in Europa: la Svizzera

venerdì 18 febbraio 2011

SIMENON: BELGA O FRANCESE?

Posta in questi termini la questione è chiara. Da un punto di vista della cittadinanza Simenon é nato a Liegi, da genitori belgi e anche dopo diversi anni che era in Francia rifiutò la nazionalità francese. Quando poi nacque Marc, il suo primo figlio, andò a Bruxelles perché la moglie lo partorisse in Belgio. E per altro quando Simenon decise a 19 anni di lasciare Liegi, il suo lavoro da giornalista a La Gazette de Liége, la madre, il fratello e una promessa sposa, non lo fece  perché gli piacesse Parigi, ma perché la città era allora la capitale internazionale della cultura e chiunque, musicista, pittore, poeta, scrittore che fosse ne era attratto inesorabilmente e lì aveva molto più chances di raggiungere i proprio traguardi.Ma, come ci fanno notare diversi studi critici, la società che Simenon ci racconta nei suoi romanzi, come in Maigret, è essenzialmente una società francese, parigina o provinciale ma sempre francese. Anche quando visse dieci anni in America, molti dei suoi romanzi facevano riferimento alla Francia, alla sua cultura, alla sua atmosfera. Insomma come scrittore è senz'altro francese e questo non vale solo per i romanzi, ma anche la sua attività giornalistica che si espresse in parte maggioritaria su quotidiani e periodici frnacesi.
Certo non ruppe mai il suo cordone ombelicale con il Belgio, ma la sua scelta di residenza dopo la Francia, furono gli Stati Uniti e infine, al rientro in Europa, la Svizzera. Certo ci sono romanzi, e anche famosi, ambientati a New York (Trois chambres à Manhattan 1947) o a Tahiti (Touriste de bananes 1937), come pure Maigret che indaga anche lui a New York oppure in Olanda. Ma nel complesso il suo iter formativo letterario si era compiuto in Francia, era cresciuto con editori francesi e, anche se come Simenon stesso diceva nei suoi scritti era alla ricerca dell' homme nu, cioè dell'uomo libero dalle sovrastrutture e dai condizionamenti cuturali, razziali, nazionali, non poteva comunque sottrarsi alla sua formazione prettamente francese. Per esempio anche quando viaggiava si presentava sempre come francese e in Quand j'étais vieux (1970 scriveva "...la Francia, il paese che mi è più vicino" oppure " ...Io non sono francese. Non abito nemmeno in Francia. Quando ne parlo però dico, quasi senza accorgermene, chez nous...

giovedì 17 febbraio 2011

SIMENON. FACILE SCRIVERE?... BASTA UN RITUALE E UN PROCEDURA?

Abitudine. Ripetitivita delle azioni. Oggetti indispensabili per il rituale. Ogni volta che si verificava l'evento. Cadeva in état de romans e poi piano piano scattava il rituale. Così lo descrive Simenon nel suo libro autobiografico Quand j'étais vieux (1970)."Ieri, verso le 15.45 mi sono sistemato in questo stesso studio, il "Do not Disturb" alle due porte, il caffè accanto a me, quattro dozzine di matite nuove accuratamente appuntite, un blocco altrettanto nuovo di carta grigiastra e la busta gialla con i nomi, l'età, gli indirizzi dei miei personaggi - una pila di orari del treno... Tende chiuse, macchina per scrivere e pipe ben pulite... In definitiva, una routine che ha finto per divenire una sorta di superstizione...". Detta così sembra facile, vero?

SIMENON, MATRIMONIO E LA LIBERAZIONE DELLA DONNA

In un'intervista del 1971 al settimale scandalistico Noir e blanc  il quale titola in copertina A bas le mariage, vive la liberté, Simenon si lancia in una serie di affermazioni che riguardano la donna, il matrimonio, la parità uomo-donna e la sua emancipazione. Spira ancora forte il vento del '68 e del femminismo. E lo scrittore, considerato un maschilista, per il suo "disinvolto" rapporto con mogli, amanti, prostitute (di cui per altro aveva un alta considerazione) sembra esserne stato raggiunto. Abbiamo qui voluto sintetizzarne le  frasi più significative e ve le sottoponiamo, ad ennesima dimostrazione di come la personalità, anche dei grandi artisti sia non solo complessa, ma anche mutevole e influenzata dal contesto sociale. Previsioni in qualche modo ottimistiche. Dopo quarant'anni le cose non vanno proprio tutte come allora pensava Simenon."Sì al matrimonio ... ma per non più di tre o sei anni. Il matrimonio, come lo intendiamo noi, diventerà obsoleto entro i prossimi 25 anni le coppie si uniranno per tre, sei o nove anni...
Oggi sono rari sono i giovani che aspettano un sindaco panciuto o un funzionario pubblico che dia loro il permesso ufficiale di dormire insieme. Se vogliono andare a letto o vivere insieme, semplicemente lo fanno. E' un comportamento molto più sano...
La liberazione della donna è un fattore importante, forse il più importante di questa evoluzione. Grazie alla pillola, la donna ha finalmente raggiunto la parità con l'uomo. Nel futuro sarà di sicuro lei la prima a cambiare partner. E la donna sa gestirsi molto bene. E' in grado di guadagnarsi da vivere ed è finanziariamente indipendente, interessata alla propria carriera, sarà lei quella in grado di dettare le proprie condizioni.
 In ogni caso, il milionario cinquanta anni, non abbandonerà più la sua compagna di mezza età per una stellina di 18 anni, perché non saranno solo gli uomini ad essere milionari. Già le star guadagnano quasi quanto un uomo d'affari e non sono più interessate al grigio dei capelli maschili...".

SIMENON. L'UOMO CHE GUARDAVA PASSARE GLI ANNI IN SVIZZERA

La copertina raffigurata, qui a fianco, è solo un gioco, non esiste nessun libro del genere scritto da Simenon e da nessun altro, tantomeno editato da una fantomatica casa editrice Noland.

Nei suoi ultimi trentadue anni Simenon visse in Svizzera. Ci arrivò maturo, a cinquantaquattro anni, al culmine della sua fama e con una produzione letteraria di gran livello. Anche se in crisi, ma ancora sposato con Denyse. Ci arrivò con i suoi tre figli, il quarto Pierre Nicolas arriverà nel 1959. Ma come mai la Svizzera?  Intanto va ricordato che in quegli anni la Svizzera era considerato uno stato ricco, con istituzioni e strutture efficienti. Certo non era un paese per poveri. Ma era anche la nazione dove coesisteva il rispetto delle tradizioni più antiche con l'attività finanziaria di livello mondiale in città come Zurigo. Era il paese dove la fiscalità, pur di attirare capitali, era molto benevola con le rendite finanziarie e le banche assolutamente discrete su depositi, conti correnti e relativi intestatari. Era la nazione dove tradizionalmente sopravvivevano insieme da secoli quattro culture, quattro lingue e quattro anime diverse, ma era anche il Paese che allora diffidava degli immigrati, relegati alle incombenze più umili e che non potevano nemmen sognare gli standard di vita degli svizzeri che li vedevano, in generale di mal'occhio, ma che poi li sfruttavano sul lavoro. Ma quello che affiorava e trapelava negli altri Stati era la nomea di un Paese tranquillo, pacifico (addirittura neutrale), dove un ricco poteva vivere molto bene, senza fastidi e essere ben accolto. Pulizia, ordine, precisione e sicurezza... E nel 1957, di ritorno dagli Usa, per le orecchie di Simenon tutto questo doveva essere una musica ammaliatrice.
C'é chi ci dice che quella fu una scelta  di tipo squisitamente fiscale (a quel tempo Simenon era ormai veramente molto ricco) altri sostengono che, dopo una vita ininterrotta di traslochi e di viaggi, il romanziere avesse bisogno di un porto tranquillo dove buttare le ancore e stabilizzarsi. Probabilmente sono vere tutte e due le introretazioni.
In realtà non si sarebbe sentito a casa sua in Belgio, (nonostante lì avesse ancora la madre) troppo provinciale, non la Francia che forse, dopo dieci anni di Stati Uniti, vedeva un po' calata, soprattutto Parigi che aveva ormai perso il ruolo di polo culturale internazionale che aveva ricoperto nelle prime decine degli anni del '900. Probabilmente Simenon non si sarebbe sentito a suo agio più in nessun posto e l'asettica Svizzera, soprattutto l'appartato canton di Vaud e le sue piccole e quiete cittadine, era l'ideale per un uomo di nessun posto, come ormai si sentiva Simenon.
A questo proposito, sedici anni dopo dichiarava ad un quotidiano di Losanna "Ho scoperto nella Svizzera un paese in cui c'è il rispetto per l'essere umano...Nessuno mi ha mai chiesto quali fossereo le mie idee politiche, religiose o filosofiche. Ho l'impressione di una grande libertà e di una grande discrezione..."
Discrezione, già, quello di cui Simenon aveva bisogno, per sè che invecchiava, per i rapporti familiari che si complicavano, per il suo lavoro che aveva più che mai  bisogno di concentrazione. Quando c'era da stare in prima fila l'aveva sempre fatto, ma adesso non aveva più bisogno di apparire. Questo era il tempo in cui tutti lo cercavano e semmai il suo problema era quello di rimanere tranquillo, in disparte,  "A l'abri de notre arbre", ("Al riparo del nostro albero" , rifugio simbolicamente rappresentato dal gran cedro del Libano che dominava il giardino della sua ultima piccola casa a Losanna), titolo di uno dei Dictée di taglio autobiografico pubblicato nel 1976.

martedì 15 febbraio 2011

SIMENON. IL GUSTO DI BERE E L'ALCOLISMO

A Simenon piaceva bere, non è un mistero. Il suo personaggio più famoso, il commissario Maigret, beve anche lui abbastanza, il calvados nei bistrot, la birra nella brasserie Dauphine, la prunella (quella fatta in casa dalla cognata alsaziana). Bevono anche diversi personaggi dei suoi romanzi, chi più chi meno, chi occasionalmente chi cronicamente. Insomma l'alcol sembra essere un elemento importante nella narrativa simenoniana, non tanto in sè ma per quello che evoca e cui rimanda.Simenon dichiarava tranquillamete in un intervista a Roger Stephane: "Non vedo alcuna vergogna ad essere ubriaco, non più che essere malati di cuore o avere un callo ad un piede...". Ma, al contrario, alcuni personaggi dei suoi romanzi come in Antoine e Julie (1953) spinti a bere da una serie di problemi, entrano in un vortice che li risucchia fino ad annegarli nell'alcolismo.
Ancora più esplicito in Le Fond de la bouteille (1949) Simenon scrive "Egli si sente appena un po' confuso, cammina ondeggiando leggermente, ma è certo che tutto ciò non si veda. Va verso i lavandini per guardarsi nello specchio e capire così se ha ancora diritto ad un altro bourbon...". E quando Simenon deve descrivere un ubriaco lo fa in modo asciutto, ma ordinario. Sale le scale a quattro zampe, non riesce ad infilare la chiave nella toppa, ed è uno al di la della linea (per usare un concetto simenoniano), che non riesce a raggiungere i suoi sogni, che ha delle aspettative troppo alte rispetto a quello che la vita reale gli può offrire e che soffre per tutto ciò. Simenon tocca questo argomento anche nel bellissimo Lettre a mon juge (1947) dove il protagonista, spiegando le cause del suo alcolismo, chiede retoricamente al suo giudice se motivi di questo tipo potranno mai essere capiti in un tribunale.
E Simenon era bravo a descrivere questo stato, tanto che un grande scrittore, e grande conoscitore della materia, per esperienza personale, Henry Miller scriveva in una lettera a Simenon "...ci sono pochi scrittori  capaci di esprimere questo universo di pensieri, sensazioni che è allo stesso modo universale, intimo e quotidiano..."
Infine una sorta di curiosità. Infatti anche se, come abbiamo detto più sopra, Simenon non considerava riprovevole essere ubriachi, nella famosa seduta del 1968 con gli psicoanalisti di Medicine et Hygiène, elabora una singolare teoria che suona un po' a giustificazione. "Ho scoperto un motivo fisiologico per cui bevo alcol: soffro un po' di aerofagia che si manifesta insieme a qualche vertigine; uno o due bicchieri d'alcol fermano o diminuiscono questo fastidio. Ma il giorno seguente l'aerofagia si ripresenta più forte e io aumento la dose d'alcol ed è l'inizio di un circolo vizioso.... La mia aerofagia credo sia decisamente di origine psicologica, mi prende qindici giorni o tre settimane prima di iniziare un romanzo - spiega Simenon ai medici che lo interrogano - In altre parole si verifica quando non mi sento su un terreno solido, quando penso di non riuscire a iniziare un libro e che non esista un motivo per cui questo miracolo, che si è verificato 180 volte, si verifichi ancora una volta. Ma dal momento che inizio il mio romanzo e mi metto alla macchina per scrivere, l'aerofagia scompare".

• APPELLO • LIBERTA' PER LE BLOGGER E I BLOGGER DI TUTTO IL MONDO

Tal al-Mallouhi blogger siriana di 19 anni è stata condannata oggi a 5 anni di carcere da un Tribunale per la sicurezza dello stato. Tutta la mia solidarietà a Tal al-Mallouhi e ai blogger che vivono in paesi dove democrazia e libertà di espressione non sono solo parole vuote, ma diritti che vengono negati e dove chi si ribella viene punito con la prigione, la tortura e qualche volta anche con la morte.
Lancio un appello affinchè i blogger di tutto il mondo, la stampa, l'informazione on-line, quella radio-televisiva, si mobiliti per Tal al-Mallouhi e per tutti gli altri blogger che si trovano nella sua stessa condizione.
I blogger in alcuni paesi sono l'unico strumento di informazione e l'ultimo scampolo di libertà, non permettiamo che venga soffocato anche questo, né oggi, né mai. 

lunedì 14 febbraio 2011

SIMENON, LE SUE COMPAGNE E... L'AMOUR

Da sinistra, Tigy, Denyse e Teresa.
L'amore con Tigy, quello dei diciassette anni, quello del matrimonio, quello che sogna il futuro. L'amore dei primi anni parigini, da giovanissimi sposi nella povertà che lottavano per sopravvivere, per vivere e per emergere. Esperienze che cementano un rapporto che reggerà anche quando l'amore non ci sarà più e in Simenon si accenderà la fiamma della passione per Denyse. Un rapporto che durerà anche dopo il  fallimento del secondo matrionio, come due vecchi amicizi affezionati e ancora attenti uno all'altro.
Georges e Denyse, la passione, il sesso, la trasgressione che Tigy non gli aveva mai dato. Il colpo di fulmine a New York. L'inizio di una nuova vita. Una relazione elettrica, tra il negativo delle pretese e delle crisi dell'ormai M.me Simenon e il positivo della completa indipendenza sessuale, che soprattutto lei concedeva a lui, ma anche del grande amore che Georges provava per lei. Poi la china. Una discesa lenta verso l'inferno di una Denyse alcolizzata, maniacale e sempre più tormentata dall'alternarsi di depressione e di esaltazione e iI marito sempre meno disposto a subire quella continua tensione e quelle furibonde liti. Un matrionio concluso infine con la stessa forza (allora passionale ora distruttiva) con cui era iniziato. Infine la separazione traumatica con Denyse che esce dalla famiglia, dovendo lasciare figli e marito per una casa di cura.
L'amore per Teresa, che era entrata nella casa dei coniugi Simenon come femme de chambre, e che invece fu accanto a Georges anche quando, ormai senza più moglie, con i figli ormai grandi, era rimasto solo e iniziava ad invecchiare. Di questo rapporto il romanziere ce ne dà sempre una descrizione idilliaca, di pace e di quiete. Il dolce carattere di Teresa e la sua totale dedizione sono elementi di inestimabile valore per quel periodo in cui Simenon si sente solo, scrive sempre meno, ha smesso di viaggiare, e si ritrova a fare una vita ritirata e quasi modesta. Teresa é la compagna della tranquillità cui si appoggia negli ultimi anni della sua vita, tanto da spingere Simenon ad affermare che con Teresa " ... ho conosciuto il vero, quello che io chiamo il vero amore, vale a dire l'integrazione tra due esseri...". (intervista con Bernard Pivot - 1981)

domenica 13 febbraio 2011

MINISTRI E POLIZIA...

"Quando si chiama un poliziotto per mandarlo da un ministro, c'è una storia più o meno sporca da coprire. E non si sa mai su quale terrenno si sta camminando". (Georges Simenon 1963 - da un 'intervista di Roger Stephane)

SIMENON... GRAFICO E PRECURSORE

Chi ha seguito un po' questo blog, avrà sicuramente capito che Simenon, non era uno che scritto il romanzo e inviatolo all'editore se ne disinteressasse. Almeno non negli anni trenta in cui, soprattutto nel periodo "Fayard", curava le sue pubblicazioni mettendo becco anche su quello che oggi chiameremmo strategia di comuncazione e sull'impostazione grafica delle copertine.A questo proposito SImenon, grazie anche alla sua eseprienza con i romanzi popolari, conosceva molto bene l'importanza dell'impatto del titolo, ma anche e soprattutto della copertina, che da sempre costituiscono il primo messaggio che colpisce il probabile lettore. Ad esempio le prime serie di Maigret edite da Fayard (1931-1932), sono molto ricercate dagli appassionati perchè si tratta di libri  con copertine fotografiche. Questo per l'epoca era un'innovazione di grande rilievo. Allora infatti predominavano o le copertine cosiddette tipografiche, oppure quelle con illustrazioni disegnate.
E questa era stata proprio un'idea di Simenon che, tra gli altri, frequentava anche un giro di fotografi, ormai divenuti amici e su questo aveva sviluppato una certa sensibilità (senza scordare poi che sua moglie, Tigy era una pittrice).
Questa scelta estremamente innovativa, si dimostrò efficace a tal punto che fu copiata da altri editori come Ventillard e addirittura Gallimerd per una delle sue collane (Chef d'Oeuvre), dove venivano pubblicati autori come Dashiell Hammett e Edgard Wallace.

SIMENON: ROMANZI POPOLARI, CONSEGNE, CONTI E RICAVI

Tra il 1923 e il 1930 la premiata ditta Simenon sfornava racconti, romanzi brevi, storie western, novelle sentimentali, avventure poliziesche e anche vicende più o meno licenziose. Centonovanta in tutto, scritti con diciannove pseudonimi,  nascevano nello studio di Siemenon, spesso con due o tre dattilografe, e lui che dettava contemporaneamente un racconto sentimentale, un romano d'avventura e una storiella piccante.  Insomma ormai era lanciato come un locomotiva e lui stesso raconta come funzionavano le cose in quegli anni. Ma spesso era lui che si sobbarcava da solo quell'onere non indifferente."Ero un fabbricante, un artigiano. Come un artigiano passavo ogni settimana a prendere gli ordini dagli industriali, cioè gli editori di romanzi popolari. E, come un artigiano, arrivavo a calcolare la mia quota di guadagno, in base al rendimento orario - Simenon lo scrive su Le Roman de l'homme (1960) - dicevo a me stesso: Vediamo un po', alla macchina per scrivere posso produrre 80 pagine al giorno, lavorando otto ore. Questo significa tre giorni per un romazo d'avventure di diecimila linee per 1500 franchi. Oppure sei giorni per un romanzo d'amore da ventimila linee per 3000 franchi. E così stabilivo il mio budget. Tante righe all'anno, tradotte in altrettante ore di lavoro, e avevo diritto ad acquistare una vettura. Con altre righe potevo permettermi un autista-fattorino che avrebbe potuto consegnare le copie del mio lavoro. E con ancora più linee potevo acquistare un'imbarcazione, di cui avevo una voglia incredibile... la crociera, le strade del mondo che mi si sarebbero aperte".
Simenon aveva paura di ri-passare quella linea che aveva appena varcato. Ora iniziava a essere richiesto, guadagnava bene e aveva oliato con scrupolo questa macchina di produzione. E aveva sempre il timore che (come avrebbe poi scritto in tanti dei suoi romanzi) qualcosa, anche di infima importanza, inceppasse il meccanismo e lo facesse di nuovo passare dalla parte dei poveri. E Simenon, comprensibilmente, non voleva tornare povero.
"... La povertà, come vedete, soprattutto la povertà subìta, immeritata, non genera solamente dei bei gesti. La povertà è laida. Perché l'uomo umiliato é uno scorticato vivo, dalle reazioni spesso inconsulte..." (articoli su France-Soir, rubrica Au chevet du monde malade -1945)

giovedì 10 febbraio 2011

QUANDO I GIORNALI CHIEDONO AIUTO A MAIGRET

E' successo diverse volte e ormai siamo abituati. Allegare libri ad un quotidiano o ad un settimanale con un piccolo sovrapprezzo dev'essere un'operazione promozionale che funziona (anche se l'Italia non è un paese per lettori) se dagli anni sessanta, dopo timidi tentativi, gli editori vi hanno fatto ricorso sempre più spesso.E Simenon, con la sua fama e la sua popolarità non poteva certo scappare, soprattutto con i Maigret, che sono sufficientemente popolari, ma già abbastanza letterari (semi-letteratura li chiamava lo stesso autore).
Per quanto riguarda Maigret l'ultima grande operazione è stata compiuta da il Corriere della Sera che nel 2010 pubblicò ben 60 titoli delle inchieste del commissario simenoniano. Poi come numeri di titoli va anche ricordata L'Unità che nell '93 ne allegò al giornale undici titoli (nella collana, "I gialli del lunedì" che comprendeva però altri autori).
Poi, andando indietro, per la verità troviamo titoli sparsi. Ad esempio Il cane giallo nel 2004 ne Le strade del giallo de La Repubblica. Andando ancora più indietro segnaliamo nel 1992 due uscite per il settimanale Il Sabato: Maigret e la casa dei fiamminghi e Maigret e il ladro pigro.
I capostipiti in tal senso furono il settimanale femminile Amica che nel 1964 uscì due volte con Simenon, allegando Maigret e la vecchia signora e Maigret a New York. Dopo una dozzina di anni scoviamo su Epoca, nella collana Giallo Estate 1976, Tre racconti di Maigret. Va ricordato che questi due ultimi erano settimali della Mondadori, la stessa casa editrice che allora deteneva tutti i diritti, e in esclusiva, sia per i romanzi di Simenon che per i Maigret.
Ma non solo libri si allegano, anche l'homevideo (ieri le cassette VHS, oggi i DVD). Ad esempio l'ElleU Multimedia, che raccolse le attività editoriali e in VHS de L'Unità, nel 2000 portò in edicola ben sedici episodi degli sceneggiati Rai, per la regia di Mario Landi, la sceneggiatura di Diego Fabbri e l'interpretazione di Gino Cervi.

mercoledì 9 febbraio 2011

SIMENON DOPO IL FIGLIO LETTERARIO... QUELLO VERO!

Siamo nel 1939. Il primo figlio letterario di Simenon, Maigret è nato già da otto anni e sono usciti già una quarantina di titoli tra romanzi e racconti. In quell'anno Tigy, la prima moglie, è incinta e un ancora giovane Simenon (33 anni) decide di farla partorire in Belgio. D'altronde per uno come lui, che da ormai diciassette anni vive in Francia, ma ha sempre rifiutato la cittadinanza francese, è decisamente comprensibile che voglia far nascere il primogento nel suo paese. Così lui e Tigy a novembre si trasferiscono al castello di Tervueren, nei pressi di Bruxelles. Marc, questo è il nome del neonato, nascerà il 19 aprile ad Uccle, località a circa un quarto d'ora dalla capitale.Vogliamo riportare qui i momenti della nascita del primo figlio, così come lo stesso Simenon li racconta nelle sue Mémoires intimes (1980) in cui si rivolge allo stesso Marc.
"A quell'epoca non si permetteva ai mariti di assistere ai parti delle mogli, perché si riteneva che avessero più bisogno di assistenza loro che la puerpera. Ero ancora una recluta, come si dice sotto le armi, ma ho potuto, molto più tardi, salire di grado e assistere, cuffia bianca in testa e camice da chirurgo, alla nascita di uno dei tuoi fratelli e quello di tua sorella. Senza dare fastidio a nessuno. In fondo era molto più angoscioso restare dietro le quinte, anche se lo scenario era un bel prato verde cosparso di margheritine e tulipani.
Finalmente, quando non osavo più guardare l'orologio, Yvonne apparve in cima alla scalinata esterna del padiglione e mi gridò, gioiosa:
"Vieni, presto!"
Non c'era alcun bisogno di affrettarsi, ma mi precipitai verso la camera, urtando le infermiere, e aprii la porta nel momento in cui Yvonne aggiungeva:
"E' un maschio...".(tratto da Memorie intime - pagina 93 - Adelphi 2003 - traduzione di Laura Frausin Guarino)

SIMENON FA' IL COW-BOY?

Nelle sue pergerinazioni da uno stato all'altro degli Usa, Simenon trovò una relativa traquillità quando si stabilì a Shadow Rock Farm, nei pressi di Lakeville nel Connecticut. Era il luglio del 1950 e vi rimase (viaggi a parte) per ben cinque anni. Lì nacque la sua unica figlia  Maire-Jo e la vita, come si dice con una frase fatta, gli sorrideva, Nonostante le tensioni, il rapporto con la sua seconda moglie Denyse era ancora molto buono e lui ne era allora davvero innamorato. Anche Tigy, la prima moglie, era sistemata a qualche chilometro di distanza, con il figlio primogenito Marc e l'immancabile Boule. Dal punto di vista professionale ormai era un arrivato. La critica lo stimava, il pubblico ne rinnovava il successo all'uscita di ogni nuovo romanzo o di un Maigret che fosse, i guadagni erano in costante aumento.Shadow Rock Farm, letteralmente fattoria all'ombra della roccia, era in realtà una vecchia costruzione industriale (forse una fonderia). Ma quando Simenon decide di comprarla, lo fa da un giornalista che l'ha completamente ristrutturata, pagandola poco meno di quarantamila dollari. ll fabbricato è ad un solo piano, ma con ben diciotto stanze ed è baciato dal sole. E il suo nome si giustifica perchè è tutto costrutita sulla roccia. Intorno, un piccolo paradiso: più di venti ettari dove sorge un bosco, si trovano acquitrini, prati a distesa, una palude e addirittura vi scorrono due ruscelli. E come se non bastasse, dalle sue finestre c'è una meravigliosa vista sulla bella vallata sottostante.
Simenon gioca un po' a fare il cow-boy. Beve birra nel bar di Lakeville, cura la sua terra, fa' amicizia con il barbiere, va a cavallo, indossa camice a scacchi e cappellone a tese larghe. Fa una vita tranquilla, certo non alleva bovini, né si spezza le reni sui campi, ma l'immagine è quella di un uomo che si trova a suo agio nei panni del padrone del ranch.
Quindi perchè Simenon scelse questo remoto angolo del Connecticut?
"Somiglia ai Vosgi e alla foresta di Fontainbleau!" esclamò appena vide il posto. E poi quella solida casa sulla roccia gli dava un insolito senso di sicurezza. E poi quei meravigliosi venti ettari che la circondavano. Insomma si ha l'impressione che il romanziere avesse trovato il posto giusto per placare un po' la sua anima pellegrina. Sottolineiamo inoltre come questo non sia stato certo un periodo di sospensione della scrittura. In questo periodo infatti scrisse venticinque romanzi, tra cui ricordiamo Les Mémoires de Maigret (1950), La mort de Belle (1951), Maigret, Lognon et les Gangsters (1951), L'Horologer d'Everton (1954), Maigret chez le ministre (1954), ovviamente tutti siglati "made in Shadow Rock Farm".

lunedì 7 febbraio 2011

ANNI '30. QUI LONDRA... ECCO SIMENON

L'inizio non fu dei più esaltanti. I lettori, sudditi britannici di sua maestà Giorgio V, quando nei primi anni trenta uscirono le traduzioni inglesi dei Maigret, riservarono loro una tiepida accoglienza. Come d'altronde era successo in Francia, la critica d'oltre Manica giudicò la serie dedicata al commissario di Quai des Orfévers niente più che letteratura poliziesca di discreto livello.Ma quello che viene fatto più risaltare sono i cosiddetti "record", piuttosto che le qualità letterarie. E' la maledizione contro cui deve lottare soprattutto il Simenon della prima ora. L'abbondanza della sua produzione e le velocità di scrittura, spostano l'attenzione dei più su queste performance, che sul contenuto. Non a caso il Sunday Dispatch sottolienea addirittura che "...scrive i suoi romanzi al ritmo di uno ogni undici giorni". Ad esempio l'Evening Chronicle di Manchester critica chi fa paralleli tra Simenon ed Edgard Wallace, scrivendo "che l'unico tratto che i due scrittori hanno in comune è la prolificità". E ancora siamo alla prevalenza della quantità sulla qualità. Migliore invece il giudizio che esprime il prestigioso Times Literary Supplement che fa notare "come le storie siano ingegnosamente costruite e ben raccontate". Anche se successivamente il successo di pubblico farà cambiare un po' la musica dei critici britannici, sostanzialmente negli anni '30 Simenon non riuscirà a scrollarsi di dosso questa nomea del narratore poliziesco e di una sorta di recordman della letteratura soprattutto popolare