lunedì 3 marzo 2014

SIMENON SIMENON. I DICTÉES: "TRANCHES DE VIE" O "RIEN DU TOUT"?


"...il pittoresco non mi ha mai interessato, nemmeno quello di tutti i paesi del mondo che ho attraversato. Ovunque ho cercato di osservare, con la stessa acuratezza, sia la natura che gli uomini nella loro realtà..."
Queste parole Simenon le scrive nell'aprile del 1976, durante la stesura di uno dei suoi Dictées, A l'abri de notre arbre (Presses de La Cité - 1977).
"... non avrei mai potuto essere un narratore di aneddoti. Tutti gli aneddoti sono falsati alla base, come i depliant delle agenzie di viaggio, perchè prima di tutto debbono essere pittoreschi e divertenti - prosegue lo scrittore nello stesso brano -  Io ne ho a migliaia nei piccoli cassetti di cui mi servo nel mio cervello. Ma mi rifiuto caparbiamente di utilizzarli...".
E' un Simenon settantacinquenne, che ormai da qualche ha smesso di scrivere e trova in queste "dettature" il modo di raccontarsi, lontano però da quella narrativa che lo ha impegnato per tutta la vita. Sven Nielsen, il suo editore, ha trovato il modo di pubblicare ancora dei libri firmati Georges Simenon, sbobinando queste registrazioni che per lo scrittore son dei passatempi, dei divertimenti.
Ma se per la casa editrice è un modo di trarre profitto da un nome celebre e famoso, di un scrittore che ormai ha smesso di scrivere, l'operazione si rivela utile in quanto Simenon parla in libertà, ormai lontano dalle esigenze di esibire una certa immagine di sé, non più preoccupato della vendita dei suoi titoli e lontano dal suo mondo e dalla sua vita passata quel tanto che gli permette di guardarlo con distacco e forse con maggiore sincerità.
E proprio su tema della sincerità Simenon insiste:
"... con i miei Dictées non voglio altro che analizzarmi ed esprimere dei pensieri, delle sensazioni passeggere, i sogni, le gioie, le pene di un uomo come un altro, immmagino di potermi lasciar andare ad una sincerità totale...".
Certo i Dictées non sono solo questo. Ma, a volerli cogliere, vi si trovano degli spunti di grande franchezza e taluni sono di una certa importanza per conoscere meglio Simenon. Ma non tutti sono dello steso avviso. Ad esempio la sua editrice americana, Helen Wolff decise di non pubblicare i Dictées negli Stati Uniti. "...non volevo recare un danno alla sua reputazione..." avrebbe dichiarato negli anni successivi a Pierre Assouline.
Certo quello che dice Simenon, registrato su nastro e riportato su carta, nulla ha a che vedere con la letteratura cui il romanziere aveva abituato il suo pubblico. Ed è indubbio che il loro valore letterario è ben poca cosa.
Ma come abbiamo detto ci sono qua e là delle informazioni interessanti, come ad esempio l'ammissione di aver conosciuto non diecimila donne (come veniva fuori dall'intervista a Fellini), ma più ragionevolmente un "gran numero di donne".
Ma, come ha osservato qualcuno, il fatto di ricordare, così anziano, fatti e persone di quaranta o cinquant'anni prima può creare dei ricordi sfalsati, confusioni e quegli abbellimenti di cui i ricordi antichi spesso si ammantano.
Ma anche Simenon aveva coscienza di quello che valevano in effetti questi suoi dettati. E, quando arrivato al dodicesimo volume, si trattava di trovare un titolo a questa serie, aveva intenzione di chiamarla Mon magneétophone et moi, poi riflette "... quello che io detto quotidianamente non sono delle 'memorie', perché no hanno nessuna continuità...Si potrebbe dire che siamo dei 'Mélanges' ... Una cronaca?... Insomma si potrebbe dire che non corrispondono a nulla. Ma questo richiederebbe un grado d'umiltà che io non ho, per intitolare questa serie 'Rien du tout'...". 

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