mercoledì 22 marzo 2017

SIMENON SIMENON. EPIFANIE MAIGRETTIANE

Nuovi romanzi e ancora di più sul "metodo" di Maigret

SIMENON SIMENON. EPIPHANIES MAIGRETIENNES
Nouveaux romans et encore davantage sur la "méthode" de Maigret
SIMENON SIMENON. MAIGRETIAN EPIPHANIES
New novels and a few more on Maigret's "method"



Recentemente ho avuto modo di occuparmi del "metodo di Maigret" quale pare emergere da un paio di romanzi, specificamente "I sotterranei del Majestic" e "Cécile è morta". Ad essi si potrebbero però aggiungere, per la presenza di pagine che sempre rimandano a quella medesima catena di libere associazioni, a quel "metodo del torpore", come mi sono azzardato a definirlo, "Firmato Picpus", "Félicie" e "L'ispettore Cadavre". Sono tutti romanzi appartenenti ad un periodo ben preciso della vita di Simenon, dal 1939 al 1941, quando, per ragioni contingenti e non solo, si trova in qualche modo "costretto" a riportare in servizio quel Commissario precocemente mandato in pensione per occuparsi unicamente dei romanzi-romanzi, per dare una svolta "alta" alla propria scrittura. Anche se, a dire il vero, Simenon non ha mai abbandonato del tutto Maigret, cui ha continuato a dedicare, su un piano comunque obiettivamente "minore", fatta salva qualche pregevole eccezione, diversi racconti destinati alla pubblicazione in rivista.
E' come se, ma l'ipotesi andrebbe posta a verifica tramite il confronto con la restante produzione, Simenon avesse colto l'occasione per definire meglio, o addirittura ridefinire, il carattere di quel personaggio che ha costituito l'origine della sua fama.
A riprova di ciò si possono riportare altri passi che danno da pensare. L'incipit di "Félicie" innanzitutto: "Fu un attimo assolutamente straordinario, e con ogni probabilità tutto durò davvero solo un attimo, come pare accada in quei sogni che ci sembrano invece lunghissimi".
Ancora un rimando estremamente preciso al mondo onirico, alla teoria freudiana dei sogni, ma non è solo questo che può far scattare un campanello nella mente del lettore, ed infatti poche righe dopo la spiegazione della straordinarietà dell'istante ci indirizza altrove. E' stata la suoneria di un negozio a mettere in moto il processo, una particolare suoneria che ha riportato Maigret all'infanzia: "Il tempo parve fermarsi, l'attimo presente rimase sospeso. E Maigret si sentì davvero fuori della scena che si stava svolgendo, la osservò come se non fosse più il massiccio commissario che arrancava dietro a Félicie. Era di nuovo il bambino di allora che, nascosto da qualche parte, se ne stava a guardare senza essere visto, con una gran voglia di scoppiare a ridere".
Come non pensare alla memoria involontaria proustiana, anche se in chiave scherzosa? Tanto più che nella stessa direzione ci porta un passaggio, decisamente più drammatico, de "L'ispettore Cadavre": "Mentre stava uscendo dalla casa, gli era balenata un'idea. Forse non si trattava nemmeno di un'idea, ma di qualcosa di più vago, di una semplice impressione che adesso stava tentando di precisare. A volte bastano un fatto insignificante, un odore quasi impercettibile a farci rivivere, per una frazione di secondo, un istante della nostra vita".
Sono solo io ad avvertire il profumo della madeleine in queste righe? Il seguito non mi pare lasciare dubbi: "E' una sensazione così forte che ne siamo coinvolti totalmente e vorremmo aggrapparci a quel ricordo tanto vivo, ma un attimo dopo non ci resta più niente, non siamo neppure in grado di dire a che cosa stessimo pensando. Dopo aver tentato invano di trovare una risposta ai nostri interrogativi finiamo col chiederci se non fosse la reminiscenza di un sogno o, chissà, di una qualche vita anteriore".
Sicuramente Maigret, e Simenon con lui, non utilizza questo spunto per andare "alla ricerca del tempo perduto". L'epifania deve condurlo alla scoperta di una verità molto più contingente, quella della vicenda di cui si sta occupando: "Per un decimo di secondo, forse, era stato come illuminato da una verità lampante, che però si era dissolta immediatamente lasciandogli soltanto una vaga impressione".
E difatti lavorando su questa "vaga impressione" Maigret giungerà alla soluzione del caso, ad una verità particolarmente amara. Anche ciò ha quindi a che vedere con il "metodo" di Maigret, è anche da simili epifanie che può avere origine quella catena di impressioni e associazioni che ne costituisce la peculiare forma.
La letteratura "alta", cui Simenon si è rivolto abbandonando temporaneamente Maigret, ha quindi probabilmente lasciato traccia anche nella sua scrittura meno impegnativa e impegnata, anche il romanzo "popolare" ne esce in qualche modo trasformato, non stravolto però. E' troppo saggio Simenon, troppo consapevole delle aspettative dei propri lettori, perché ciò accada. E' sempre il Maigret che abbiamo imparato a conoscere quello che ritroviamo in questi libri, con i suoi "vizi" (la quantità incredibile di alcolici che lo accompagna nelle sue inchieste, ad esempio, fin dal primo mattino) ed i suoi "vezzi" (pipa, buona tavola, stufe e caminetti), con quelle umanissime caratteristiche che tanto lo hanno fatto amare, tutt'ora lo fanno amare, da milioni di lettori in tutto il mondo.


Luca Bavassano

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