A proposito di una polemica nata sul web in merito ad una recensione di De Cataldo
SIMENON SIMENON. CHEZ KRULL: UN EXEMPLE DE HAINE POPULISTE ?
A propos d'une polémique née sur le web, à la suite d'une recension de De Cataldo
SIMENON SIMENON. CHEZ KRULL: AN EXAMPLE OF POPULIST HATE?
About a polemic born on the Web following a critique by De Cataldo
"La Casa dei Krull é una storia esemplare di di odio populista". Questa frase è dello scrittore-magistrato Giancarlo de Cataldo che qualche giorno fa' ha pubblicato un commento sul quotidiano La Repubblica sull'ultima uscita italiana di Simenon. La frase ha suscitato una serie di polemiche sul web.
"...Simenon alla vigilia della guerra scrisse un romanzo esemplare sulla deriva ineluttabile che ci attende quando indichiamo nello straniero il responsabile di ogni male - argomenta poi De Cataldo - Oggi nell'era dei bandi e dei muri, i lettori italiani premiano il suo monito contro la marea montante dell'odio..." .
Sul web abbiamo avuto reazioni piuttosto vivaci che accusano lo scrittore-magistrato di rivolgersi ai lettori fingendo di far cultura, in realtà facendo solo della demagogia sulla parola populismo. Viene additato perché, dicono, mischia i concetti di populismo e di letteratura solo per arruolare un nome come Simenon sotto le bandiere di chi si batte per l'inclusione, l'accoglienza, l'accettazione, il senso di appartenenza. Quello stesso Simenon, insistono, che fino agli anni cinquanta, la sinistra e quelli che sventolavano la bandiera di cui sopra, bollavano come "destrorso", per la storia durante la seconda guerra mondiale dei suoi titoli venduti come soggetti di film alla Continental (casa di produzione cinematografica franco-tedesca, ma in realtà di Goering) e la conseguente messa sotto accusa per collaborazionismo (poi però caduta). E appigliandosi anche al fatto che, ancora nel 1949, la commissione per l'epurazione francese voleva proibire per due anni la pubblicazione dei suoi libri...
Bene. le polemiche sono sempre benvenute, sempre che servano a qualcosa.
Certo quando si dice "ancora nel '49..." varrebbe la pena riflettere che non ci si riferisce a ieri, ma alla prima metà del secolo scorso (sono passati quasi settant'anni...!)
Crediamo piuttosto che i guasti del populismo siano ben illustrati da Simenon non solo in Chez Krull, ma in diversi romanzi. L'esclusione che lo interessa però è quella del singolo, la fenomenologia e la dinamica sociale nei romanzi simenoniani rimane sullo sfondo o va individuata tra le righe.
Simenon non è mai uno scrittore schierato politicamente, anche se quando tornò dal suo tour in Africa nel '32 aveva preso coscienza di quanto il colonialismo fosse una forma di prevaricazione e sfruttamento. Una convinzione che infatti troverà riscontro in articoli, di cui alcuni fecero addirittura scalpore. Non solo, ma se ne troverà traccia anche in certi suoi romanzi come Coup de lune (1933), 45° à l'ombre (1936) e Le Blancs à lunettes (1937). Tra le altre denunce, deplorò la costruzione della ferrovia in Congo che, commentò, costava la vita di un negro per ogni traversina e di un bianco per ogni chilometro realizzato... E, tra gli altri sul colonialismo, ricordiamo un suo articolo intitolato "L'Africa vi risponde: merde". E poi il Simenon commissario dei rifugiati belgi che scappavano proprio dall'invasione nazista. E il suo Maigret che crede indefessamente che bisogna "comprendere e non giudicare". Insomma il mancato impegno di Simenon nella politica, non significa che non avesse delle personali opinioni ben precise e che non capisse la pericolosità del populismo, concetto che peraltro i politici dei nostri tempi stiracchiano qua e la a seconda della convenienza.
Tra le varie critiche De Cataldo, per questo suo commento, si prende anche l'epiteto di opinionista da "Porta a Porta".
Non tocca a noi prendere le difese del grintoso scrittore-magistrato autore di Romanzo Criminale, e non volgiamo nemmeno fare una difesa a prescindere di Simenon. Ma siamo d'accordo con De Cataldo che la raffigurazione di un populismo gretto e razzista non resta certo fuori dalle storie di Simenon, soprattutto negli anni prima e dopo la seconda guerra mondiale. Faceva parte della realtà. Era connaturato ai destini dei protagonisti dei suoi romanzi ed ancora oggi è inevitabile percepirlo, anche se il romanziere lo faceva venir fuori dagli uomini, dalle loro storie, dal loro destino. E non è da tutti. (m.t.)
Come scrivi giustamente “Le polemiche sono sempre benvenute, sempre che servano a qualcosa”. Ora direi proprio che l’articoletto del De Cataldo su Repubblica un minimo di polemica se la merita proprio.
RispondiEliminaNon per il gusto della polemica fine a se stessa e neppure per desiderio di arruolare il caro Simenon su fronti opposti a quelli cui il giallista italiano sembra volerlo iscrivere ad honorem.
Qualsiasi insegnante di scuola superiore, di appena decente onestà intellettuale, mette sull’avviso i propri allievi dai guasti che provoca il voler attribuire ad autori di ieri posizioni ideali o ideologiche su tematiche contemporanee.
Dico questo perché è sicuramente vero che dal 1949 ad oggi sono passati quasi settant’anni, ma dal 1938 ne sono passati alcuni in più.
Così, comunque la si pensi, risulta grave l’ignorare che nel ‘38 il termine populismo aveva significati profondamente diversi da quelli che gli verranno poi attribuiti negli anni 1950/1970, durante e dopo la stagione del governo peronista in Argentina, e diversi ancora di più da quelli che gli sono attribuiti al giorno d’oggi.
Non è corretto, non è onesto ed è fuorviante in ogni caso.
Non sarebbe altrettanto discutibile se io pretendessi di ritrovare un retropensiero di Simenon in quella sua denuncia delll’odio insensato dei francesi per la famiglia tedesca, in un anno in cui molti in Europa ricominciava a temerli i tedeschi?
Sono pratiche scorrette e discutibili. Nella migliore delle ipotesi è superficialità, nella peggiore opportunismo.
Nel merito poi della discussione sul pensiero simenoniano che tu, Maurizio, introduci con molto più garbo e intelligenza, converrai con me che una valutazione in assoluto è difficile, ma non mi sembra che la tua analisi sia lontana dal vero.
Simenon, in più di un opera, si dimostra nemico, più che dell’intolleranza, del pregiudizio, che dell’intolleranza è uno dei padri. Ancora e sempre perché, come il suo commissario, non è l’aspetto politico ad attrarlo quanto piuttosto quello umano. Anche il giudizio politico sulle cose è spesso figlio, se non del pregiudizio, certamente del preconcetto e la mamma è assai di frequente l’arroganza.
Ringraziamo Fulvio Nolli, che come i nostri lettori ricorderanno é una firma di Simenon-Simenon, per questo commento (quasi un post) molto approfondito e circostanziato. E lo ringraziamo perché espone il suo punto di vista che è del tutto diverso da quello che io avevo espresso nel post. Questo spero che susciti un dibattito e anzi invito tutti quelli che non sono d'accordo con i contenuti espressi nei post a scrivercelo... Ad una condizione. Che siano critiche civili, documentate e non pretestuose... insomma come questo bel commento di Fulvio Nolli da cui prendere davvero esempio.
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