
Come farsi scappare la dichiarazione di aver posseduto diecimila donne, tra cui circa ottomila prostitute, rilasciata nella famosa intervista a Federico Fellini su L'Express nel febbraio del 1977? Poi lo scritto continua con una serie di sempre meno comprensibili accuse e asserzioni. E' un puot-pourri di affermazioni "Forse sarebbe meglio darle (le lauree Honoris causa) a chi conosce il diritto e la letteratura e non trasforma istinti e desideri in crimini ", accuse "...Saviano, grande dilettante di giurisprudenza e grande ignorante di letteratura, che pratica con ineguagliabile vittimismo". "...Ilda Boccassini e a quei magistrati di Milano hanno aperto la più straordinaria inchiesta contro la libertà sessuale..." ed altre confuse e poco decifrabili asserzioni del genere.
Ma quello che in questa sede ci interessa è il coinvolgimento di Simenon. E non perché ci interessi farne una difesa, o men che meno una giustificazione. Simenon non ne ha avuto bisogno e non ne ha certo oggi.
Quello che qui ci preme sottolineare è l'infelice scelta di tirarlo in ballo. Infatti imbastire un parallelo tra le vicende di B. e la condotta sessuale di Simenon é come confrontare il comportamento di un vigile del fuoco che accende una torcia per appiccare un incendio e uno che accende un fiammifero per accendersi una pipa.
Nel caso di B. si tratta di un uomo che accentra in sè una grande ricchezza personale (la maggiore in Italia?), un imprenditore che opera in molti settori (in diversi dei quali in regime di quasi monopolio), la carica di capo del più grande partito politico italiano, quella del presidente del consiglio, insomma uno che dovrebbe assumersi responsabilità altissime a livello politico, ma anche a livello sociale e che non può usare il privato quando gli aggrada e rivendicarlo come inviolabile privacy, quando magari viene accusato dalla magistrtaura.
Simenon era certamente molto ricco, e molto famoso (anche se all'epoca il concetto di fama era molto diverso da quello di oggi), ma era un privato cittadino, che non ha mai ricoperto cariche sociali o politiche (come d'altronde gli altri letterati citati nello "scritto"). Il suo privato diventava pubblico solo se lui voleva. Ma lui, come ad esempio Rimbaud, non aveva il compito di servire lo Stato (cioè tutti i cittadini), non aveva l'obbligo di una morale e di un comportamento etico al disopra di ogni sospetto, perchè di esempio a tutta la comunità . Non vogliamo qui difendere nemmeno Saviano o i giudici di Milano in merito all'accusa di "sostegno alla battaglia contro la libertà sessuale" lanciata nello scritto. Lo faranno benissimo da soli nelle sedi più appropriate. Vorremmo solo riconoscere che privati cittadini, letterati o no, sono liberi nei loro comportamenti sessuali dei quali rispondono solo davanti alla propria coscienza, a meno che non si configurino come reati.
Lo Sgarbi in definitiva incespica e inciampa tra le parole del suo scritto, cadendo rovinosamente sulle proprie tesi, infrangendosi in ragionamenti contradittori e incongrui.
Simenon nella sua intervista a Fellini commentava, a proposito della ricerca delle tante esperienze sessuali: "...Ma per il fatto che uno cerca dei contatti umani, non è detto che poi li trovi. Si trova soprattutto il vuoto, non è così?..."
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