mercoledì 24 ottobre 2018

SIMENON SIMENON. L'INCOSCIENZA AL POTERE

L'importanza che, nella sua letteratura, il romanziere riservava all'inconscio... quasi una dipendenza.

SIMENON SIMENON. L'INCONSCIENCE AU POUVOIR
L'importance que le romancier, dans sa littérature, réserve à l'inconscient… presque une dépendance
SIMENON SIMENON. THE UNCONSCIOUS IN POWER
The importance the novelist reserves in his literature for the unconscious… almost a dependency
























Non rendersi conto. Essere lì al posto di un altro, a vivere la sua vita e a non sapere cosa succederà, come andrà a finire, esattamente com'é nella vita reale. Questa la condizione di Simenon quando scriveva in état de roman e si metteva nella pelle del suo protagonista e scriveva, scriveva , scriveva....  fino ad essere sfinito dalla tensione di questa identificazione e sfiancato dall'entrata e uscita  in quello stato di incoscienza creativa. Ebbene non sono chiacchiere. Simenon alla fine delle sue quattro/cinque ore di scrittura aveva perso quasi un chilogrammo. Lo diceva la bilancia dove pesava prima e dopo i vestiti indossati durante la scrittura. Quasi un chilogrammo di sudore  tutti i giorni per gli otto/dieci giorni che durava questa storia. 
"... Devo sentire i soffi d'incoscienza e, se la lascio passare "il" momento, c'è il rischio che questa incoscienza evapori...".
Simenon, a riguardo. aveva le idee molto chiare. L'incoscienza (l'ètat de roman) era uno strumento, ci si passi l'espressione, che permetteva al romanziere di scrivere storie come se le vivesse in prima persona grazie a questo stato. E la sua scrittura veloce gli permetteva di terminare il libro prima che quello stato l'abbandonasse. 
"... Passo la mia vita a battermi tra l'incoscienza e la ragione perché non posso credere al mio mestiere senza l'incoscienza - spiega lo scrittore nella famosa intervista alla rivista medica Médecine et hygiène nel 1968 - Se mi conoscessi troppo bene, non potrei più scrivere..." .
Insomma siamo  nel regno del più totale dominio dell'inconscio, non a caso Simenon era un attento osservatore delle scienze psicoanalitiche e estremamente interessato al ruolo che Freud e i suoi seguaci attribuivano alla parte irrazionale e al sesso. 
Una domanda che ci siamo sentiti fare a proposito di questo è stata " Ma allora il fascino della sua letteratura non é quindi merito di Georges Simenon, ma di quell'état de roman? Questo per i romans durs, invece per i Maigret? Per questa serie non c'é l'état de roman, ma il "manico" di Simenon. Certo la serie del commissario viene generalmente definita più popolare e ha avuto un gran successo commerciale. La capacità letteraria di Simenon non può essere messa in dubbio, anche perché ricordiamo che la serie di Maigret e i romanzi, nel  corso del tempo, hanno subito un avvicinamento per i temi trattati, per l'analisi psicologia, per lo stile, per la tipologia delle vicende trattate. 
Allora come la mettiamo? 
"...Quando si scrive un romanzo non c'è bisogno che intervenga l'intelligenza..." puntualizzava Simenon. 
Era credibile?  Siamo in un "cul de sac". Come se ne esce?
A nostro  avviso, dobbiamo osservare il tutto da un'altro punto di vista. 
Vediamo un po', Simenon ha dimostrato di essere capace di scrivere su ordinazione (nel periodo della letteratura cosiddetta alimentare), ha avuto successo con la serie di Maigret (scritti in piena coscienza), ed è andato vicino al Nobel con i suoi romanzi (quelli creati nella sua famosa trance creativa). In definitiva lo scrittore è riuscito, in qualsiasi condizione, a dare il meglio di sé e questo, secondo noi, dipende dal fatto che, al di là dell'essere cosciente o inconsciente, l'attitudine alla scrittura, la capacità di raccontare storie, il talento di possedere uno stile inconfondibile sono elementi che contribuiscono a fare di Simenon un grande romanziere.
Forse tutto sommato il dilemma coscienza o incoscienza è un falso problema. E le pagine dello scrittore sono lì, da quasi cento anni a confermarlo, sopratutto d quelle delle odierne ristampe delle sue opere che sembrano davvero non conoscere fine. (m.t.)  

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