mercoledì 4 maggio 2016

SIMENON SIMENON. COME IL ROMANZIERE VIVEVA E DESCRIVEVA I BORGHESI

Il rapporto dello scrittore con lo stato sociale della borghesia
SIMENON SIMENON. HOW THE NOVELIST LIVED AND DESCRIBED THE BOURGEOIS
The writer's relationship with the social status of the bourgeoisie 
 SIMENON SIMENON. COMMENT LE ROMANCIER VÉCUT ET DECRIVIT LES BOURGEOIS
La relation de l'écrivain avec la position sociale de la bourgeoisie
Simenon e la borghesia. Un rapporto controverso. Il suo modo di vedere questa classe sociale non era affatto benevolo.  Da un parte arrivava a far suo il grido di Léon Blum che nel 1936 aveva urlato in parlamento "Borghesi, vi odio!". Dall'altra la sua frequentazione e la sua acuta osservazione gli fà affermare negli anni '60 "...credo proprio di odiarli. O meglio li odierei... dato che li posso vedere da vicino, se non sapessi che sono dei poveri uomini...".
Poveri uomini. Scatta ancora la famosa filosofia del "comprendere e non giudicare" che Simenon ha affidato al personaggio del commissario Maigret?
Quello del "borghese" è di fatto un status cui aspira chi è un gradino sotto. Già nella propria biografia il romanziere fa notare che la propia era una famiglia di povera gente che aspirava a diventare borghese. Già i cosidetti "colletti bianchi" erano più su, ad un passo dall'essere dei veri borghesi. I Simenon, e Georges in particolare, no, nonostante avessere mandato il loro primogenito a studiare prima da Les Petits Frères del Ecoles chrétiennes e poi da padri Gesuiti come scrive Simenon ne La main dans la main, un Dictè del 1976,  "... in queste due situazioni, appartenevo alla minoranza dei poveri...".
Insomma nonostante gli sforzi della famiglia, e soprattutto della madre Henriette, quel gap sociale non veniva superato nemmeno frequentando le scuole dei borghesi.
Ma di questo il piccolo Georges non se ne faceva un cruccio. Anzi. La propria esperienza in quell'ambiente gli dette più di un motivo per non sopportarli. A iniziare da quello che predicavano gli insegnanti a finire dal comportamento dei propri compagni. 
"... fin dall'adolescenza ho odiato la borghesia - spiega Simenon - che non è altro che la continuazione delle maniere, dei modi di vedere e di pensare di tempi che io consideravo ormai passati...". 
E tutto questo non poteva non finire nella sua letteratura. Dove ci presenta diversi esempi di borghesi stretti, e spesso costretti, nelle loro tradizioni, nelle regole d'appartenenza a quello status, comportarsi come guidati da due binari oltre i quali non potevano andare e che non si azzardavano ad oltrepassare, osservati e quasi spiati dagli altri borghesi. Ma lo sguardo dello scrittore è sempre analitico e cerca sempre di spiegare il perché di certi comportamenti e di questa adesione a regole che lui considerava vecchie e passate.
Anche perchè pure Simenon, che nel '22 arrivò a Parigi poverissimo e tale rimase nei primi anni, iniziò la sua scalata sociale. E ci fu un periodo in cui lui stesso si sarebbe potuto definire un borghese. Forse nel momento di maggior successo nella letteratura popolare, quando lo status economico era sicuramente da borghese, ma... Ma certo non i suoi comportamenti, considerando, ad esempio, che  frequentava una compagnia di artisti, grazie alla moglie Tigy allora pittrice, che tutto potevano essere definiti, ma non certo borghesi.
Poi arrivò il successo di Maigret. Simenon divenne se non proprio ricco, molto benestante, iniziò a girare per il mondo, la sua fama crebbe e a quel punto era ormai molto lontano dall'essere catalogato come borghese. 
D'altronde in un'intervista a Paris Match nel '67, Simenon rimarcava, nonostante i suoi soldi e la sua fama, la sua apprtenenza alla povera gente, all'ambiente in cui era nato e cresciuto "...il primo principio che mi è stato inculcato é: chi non lavora non ha diritto al proprio pane quotidiano. Ho conservato lo spirito della povera gente, che io lo voglia o no. Quando sto senza lavorare, sento a mia insaputa, una sorta di colpevolezza che mi destabilizza..."  (m.t.)  

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