venerdì 23 settembre 2011

SIMENON MEMO. ESPOSIZIONE A BRUXELLES

Oggi giornata d'inaugurazione a Bruxelles per l'esposizione Georges Simenon, parcours d'un écrivain belge, che sarà aperta fino al 24 febbraio 2012, al Museo delle lettere e de Manoscritti. 
Chi potrà visitarla, troverà numerosi reperti del suo rituale di scrittura, insieme a manoscritti e dattiloscritti originali. Poi sono esposti la corrispondenza, i calendari su cui segnava i giorni che gli servivano per terminare un romanzo, le famose buste gialle dove appuntava nomi, date, spunti... Insomma si entra nell'universo simenoniano della scrittura attraverso i suoi "ferri del mestiere", visto che lui stesso si definiva un artigiano della scrittura. Per chi fosse interessato, il quotidiano belga Le Vif- L'Express ha pubblicato l'altro ieri un lunga intervista di Alain Gailliard con Jean-Christophe Hubert, il patron di questa esposizione, intitolata L'énigme Simenon en toute lettres . Qui trovate le informazioni sull'esposizione.


SIMENON E IL CASO TERESA SBURELIN

Partiamo dal testamento di Simenon. Forse lo stesso avrebbe fatto Maigret. O meglio lo scrittore l'avrebbe fatto fare a Maigret. Gli eredi ufficiali erano quattro: Denyse, con cui, per quanto avessero rotto i rapporti già dal '64 cioé da ben 25 anni, erano comunque rimasti ufficialmente sposati, e poi i tre figli, Marc, John e Pierre-Nicolas. I termini del testamento furono blindati. C'erano i diritti delle opere letterarie, degli sfruttamenti cinematografici, televisivi e di qualsiasi altro tipo. E poi case, dipinti, patrimoni in titoli e quant'altro, ma delle divisioni non si seppe praticamente nulla, se non che a Denyse toccò un appartamento a Nyon (Canton de Vaud) e un vitalizio. Tigy, la sua prima moglie aveva avuto quella che era stata la loro casa di Nieul, nella Charentes. E la terza donna di Simenon? Teresa Sburelin già sapeva che a lei sarebbe andata la loro casa di rue des Figuiers.
Ma fermiamoci un attimo e facciamo alcune considerazioni.
Simenon conobbe Regine Renchon, la sua futura prima moglie a Liegi nel 1920, si sposarono nel '23 e si separano ufficialmente nel '50 (anche se da qualche anno la loro unione era solo formale e in seguito si era invece ufficializzato il rapporto con Denyse Ouimet). Quindi rimasero sposati quasi venticinque anni ed ebbero un figlio, Marc. Con Denyse la storia iniziò nel '45, sia pur nella clandestinità, si sposarono nel '50 e andarono avanti fino al 1964. Quindi quasi vent'anni e tre figli John, Marie-Jo e Pierre-Nicolas. Teresa Sburelin era entrata a servizio dei Simenon come femme de chambre nel '61, all'età di 35 anni. La sua relazione con lo scrittore iniziò poco dopo la dipartita di Denyse, quindi '64/'65, e andò avanti fino alla sua morte nel 1989. In tutto 24 anni e nessun figlio.
Sicuramente queste tre donne importanti nella sua vita, dedicarono al loro uomo i migliori anni della propra vita. E dedicarsi ad un personaggio come Simenon non doveva essere certo facile. E, tornando a Teresa, potremmo dire che è stata forse quella che ha dato di più a Simenon. O meglio, quella che, in quel momento non particolarmente felice della sua vita, ha saputo offrirgli quello di cui più aveva bisogno.
Ha scritto Pierre Assouline in Simenon biographie  (1992)  "... dopo aver conosciuto l'amicizia con Tigy, poi la passione con Denyse, scoprirà la tenerezza con Teresa...".
In effetti Teresa si dedicò a Simenon in modo totale, ma discreto e molto  riservato. Ad esempio anche quando erano una coppia ormai ufficiale, lei era spesso dietro le quinte. Nelle occasioni ufficiali si rendeva spesso invisibile, compariva qui e là, per far vedere al suo Georges che lei c'era e che all'occorrenza si sarebbe presa cura di lui, ma gli lasciava la scena, lei non amava apparire. E' raro trovare una sua fotografia o una di loro due insieme.
E poi va considerato che Teresa lo accudì nella fase più critica della sua vita. Lo soccorse quando ad Epalinges cadde mentre era in bagno ed é sempre lei che lo vegliò in ospedale. Nel '74 si prese cura di lui quando si ruppe un femore, e poi tre anni dopo per una più banale intervento alla prostata, ma soprattutto quando, a fine '84, Simenon venne operato di tumore al cervello. Allora erano già cessati i rituali dei Dicteès, ormai da tre anni aveva pubblicato l'ultima sua fatica Mémoires intimes. Ma dopo quell'operazione, finirono anche le ultime letture, più di argomento medico che non letterario. E fu ancora Teresa a riempire le sue giornate vuote, a portarlo sulla carrozzella, sul lungolago di Losanna a predere luce ed aria. Fino agli ultimi giorni. Fino al trapasso, avvenuto mano nella mano.
E va ricordato che, per rispettare la volontà di Simenon, fu lei a tacere della sua  morte, a far cremare il corpo, a spargere le ceneri nel giardino di rue des Figuiers, come lui aveva disperso quelle della figlia Marie-Jo. Solo allora informò  parenti, amici, media, anche se, a causa di una prezzolata soffiata di un dipendente comunale, un quotidiano di Losanna riuscì lo stesso a dare la notizia.
Rimasta sola, Teresa visse ancora qualche mese al 12 di rue des Figuiers. Poi andò via. I figli di Simenon la cercarono, ma invano. Teresa sembrava sparita. Nessuna traccia. Alcune voci raccontavano che si fosse ritirata in un paesino del suo Friuli. Ma nessuna conferma venne mai. Dopo la scomparsa di Simenon disse  ad un giornalista: "... Durante la sua vita sono stata la sua compagna. Ora non sono più nulla. Non mi ha lasciato che i miei ricordi ed essi mi appartengono...". E non volle che nessuno entrasse in casa: "No, la casa mi appartiene; è un luogo di ricordi e non voglio che nessuno ne turbi la quiete...". 


   

giovedì 22 settembre 2011

SIMENON. PARDON... I MEDICI

Per Simenon quella dei medici é sempre stata un categoria nei confronti della quale ha avuto più che ammirazione diremo attrazione. Lui stesso, se il padre non si fosse prima ammalato e non fosse poi morto, non avrebbe abbandonato la scuola e almeno nelle intenzione avrebbe voluto frequentare medicina.
Lo stesso accade per Maigret. Nella biografia del commissario, immaginata da Simenon, il padre morì anche lui abbastanza giovane e Jules dovette interompere i suo studi in medicina e, grazie ai buoni uffici di uno zio, entrò in polizia.
Poi non va dimenticato che spesso Simenon ha dichiarato il gradimento della loro compagnia. "...succede che sia con loro che mi ritrovi più a mio agio - dichiarava in un'intervista a Paris Match nel '67 - forse perché sull'uomo hanno lo stesso punto di vista di un romanziere...".
Anche nei suo libri troviamo a questo proposito personaggi i quali hanno un che di autobiografico. Per esempio il protagonista di Lettre a mon juge (1947) che racconta la sua infanzia "...nella pensione che gestiva mia madre c'erano spesso molti studenti di medicina. Non si parlava altro che di medicina. Di consegenza ero incuriosito tanto da leggere i loro libri. Ricordo bene di aver studiato l'opera di anatomia di Testut..."
E questa è una chiara trasposizione di quanto succedeva a Liegi al piccolo Simenon, proprio con quegli studenti cui la madre affittava alcune camere della loro casa e quando lui andava a leggersi i loro testi universitari, chissà capendo cosa, ma c'era dell'attrazione.
Certo ci fu anche un medico che nel '40 gli combinò un bello scherzo, a Fontenay  gli diagnosticò un cuore malato e una prospettiva di vita di due anni (leggi il post del 5 aprile  Simenon. Quando credette (o fece credere) di essere quasi morto ).
Ma ci fu anche la famosa intervista che gli fecero ben cinque medici della rivista Médicine et Hygiène, cui Simenon si sottopose di buon grado, rispondendo a tutte le loro domande e dando segno di grande fiducia nella loro classe  (vedi il post del 22 dicembre 2010 Simenon sotto esame... psichiatrico ).
E poi, tornando a Maigret, non bisogna dimenticare i coniugi Pardon. Sappiamo che i Maigret sono una coppia molto casalinga, vita mondana quasi inesistente,  qualche passeggiata la domenica pomeriggio, qualche rara volta al cinema.
Però una volta al mese c'è la cena con i loro amici Pardon. Lei casalinga come M.me Maigret e lui medico. L'unico amico, se così può essere definito, di Jules Maigret è un medico. Le coppie si scambiano gli inviti, una cena a casa dei Maigret e una a casa dei Pardon. Per le mogli diventa quasi una gara di cucina, i mariti si gustano i manicaretti, ma poi si appartano, fumano e parlano. E spesso, un po' per deformazione professionale di Pardon, un po' per l'interesse mostrato da Maigret, finiscono a parlare di medicina...pardon, de médicine.

mercoledì 21 settembre 2011

SIMENON. L'ETAT DE... BUSINESS

Eugene Merle, Frenczy, Fayard. Erano alcuni dei più importanti tra i primi editori per cui Simenon lavorò. Ovviamente con i primi, tra la necessità di lavorare e l'inesperienza nelle trattative, il giovane scrittore non riusciva a portare a casa dei contratti molto vantaggiosi. Nei primi anni compensò con la velocità e l'ingente produzione che gli permettevano di tenere un soddisfacente livello di reddito.
Ma con il passare degli anni, la sua popolarità gli conferiva anche un maggior potere contrattuale e soprattutto iniziò a comprendere il meccanismo con cui trattare e trarre il massimo da ogni contratto. Ben presto fu in grado di discutere alla pari con i propri editori e imporre le proprie condizioni.
L'ultimo da cui subì fu proprio Fayard. 1930. Quando si trattò di iniziare a pubblicare i Maigret, Simenon aveva già scritto cinque inchieste del commissario, ma c'erano ancora pendenti 30.000 franchi, residuo di un precedente contratto per una serie di romanzi popolari.
Lo scrittore cercò di convicere Fayard che avrebbe potuto scalare la cifra dai proventi dei Maigret. Ma l'editore fu irremovibile nonostante le forti pressioni di Simenon. Il motivo ufficiale del diniego consisteva nella volontà di non mischiare i conti di contratti diversi (un Maigret gli sarebbe costato di più di un romanzo popolare). La verità era che non credeva che il personaggio del commissario potesse aver successo, mentre sapeva che i romanzi popolari firmati George Sim, erano moneta sonante.
Simenon si chiuse in una baracca a Concarneau, in Bretagna, per tre mesi, scrivendo fino ad undici ore al giorno con una media di 80 pagine, dormendo poco e bevendo più del dovuto. Un tour de force che lo lasciò debilitato, molto dimagrito, ma con il debito saldato e la mente sgombra per pensare al suo Maigret. Certo fu un'esperienza che non perdonò mai a Fayard e infatti, dopo i primi diciannove titoli di Maigret previsti dal contratto, che ebbero un gran successo, l'editore si vide abbandonare inesorabilmente dalla sua gallina dalle uova d'oro.
Altra scena, altro livello. 1934. Simenon nello studio dell'editore più ambito di Francia, Gastone Gallimard. Appuntamento per definire il contratto. Gallimard propone un pranzo di lavoro, un po' per il piacere di conoscersi e un po' per i conti, ma Simenon detta le sue regole: in ufficio, telefono staccato, porta chiusa per tutti, così in circa un'ora avrebbero raggiunto un accordo (vedi il post del 20 novembre 2010 Braccio di ferro tra Georges Simenon e Gaston Gallimard). I risultati furono buoni per lo scrittore su un editore esperto, che pure era considerato sul piano degli accordi un osso molto duro. E invece Simenon chiese un contratto che prevedeva sei libri all'anno, il 10% fino a 10.000 copie, il 12% al disopra e una tiratura garantita di 50.000 copie. Tutti gli sfruttamenti non letterari dell'opera al 50%, ma se trattative e contatti venivano dallo scrittore gli andava riconosciuto il 75%. Condizioni del tutto fuori standard che Gallimard sapeva l'avrebbero messo in perdita, almeno nei primi tempi, ma che alla fine accettò e che tenne ben segrete per non incorrere nel risentimento degli altri suoi scrittori.
1946. Ritroviamo Simenon in America e da Gallimard passa a Presses de La Cité, di Sven Nielsen, un piccola casa editrice, prima distributore di libri. Qui non ci sono condizioni, lui l'ormai famoso Simenon, porta in dote addirittura quel Pedigree, che André Gide aveva sollecitato tanto, e poi romanzi come Je me souviens, Trois chambres a Manhattan, Lettre à mon juge e non utimo Maigret... Il giovane Nielsen non aveva speranza di scegliere nemmeno le date d'uscita... ma ebbe la fortuna di pubblicare un autore che molti editori avrebbero voluto nel loro catalogo. Nielsen e Simenon s'intesero sempre più costituendo un sodalizio, non solo professionale, che durerà fino alla morte del romanziere.

martedì 20 settembre 2011

SIMENON. IL "VICTOR" NON PARTE E... TUTTO SI FERMA

Siamo esattamente al 20 settembre del 1972. Simenon, nella grande villa di Epalinges, a febbraio ha terminato un'indagine del suo commissario, Maigret et M. Charles. Ormai è solo nella sua abitazione principesca. La seconda moglie Denyse da tempo ha definitivamente rotto i legami con Georges (anche se sono ancora sposati). Dei figli, Marc è ormai impegnato nel suo mestiere di regista cinematografico e televisivo e vive a Parigi. Johnny studia legge negli Stati Uniti. Marie-Jo è spesso in giro. Ad Epalinges vive con lui il piccolo Nicolas che ha tredici anni e va ancora a scuola e Teresa la sua compagna.
Lo scrittore si accinge a scrivere un nuovo romanzo. Secondo i suoi rituali, prepara tutto l'occorrente, sceglie un nome come titolo provvisorio,  Victor, che gli è familiare e che ha già dato a diversi personaggi dei suoi romanzi. E poi, come sempre, i soliti elenchi di nomi e cognomi, riferimenti cronologici e geografici sulla consueta busta gialla... qualche appunto.
Victor, avvocato... la moglie Berthe... il figlio Raymond... una famiglia di avvocati...  una moglie che uccide il marito e, scontata la pena, sparisce in Sud America...
La storia é ancora confusa e, come al solito Simenon non sa come andrà a finire.
Pian piano si rende conto che il famoso déclic non scatta, che non è in état de roman, né è entrato nella pelle di Victor.
Alla vigilia dei settant'anni il romaziere prende coscienza che non potrà scrivere né quello né altri romanzi. Cosa è successo?
Simenon come prima risposta non trova di meglio che incolpare Denyse, che ha giurato di distruggerlo come scrittore (aiutata, riuscirà a pubblicare due libri  "Un oiseau pour le chat" e "Le Phallus d'or", autobiografici entrambe, pieni di livore e accuse, alcune false, altre tutte da verificare e tutte contro Georges) tutta presa nel suo delirio di poter diventare lei la M.me Simenon scrittrice.
Ma i motivi veri sono altri, ad esempio la stanchezza e lo stress di entrare per oltre quarant'anni e per centinaia di volte nella pelle dei suoi personaggi... forse Simenon percepì un pericolo, quello di essere sull'orlo di un punto di non ritorno? Quello di perdersi definitivamente nelle sue creature?
Qualche anno prima, prendendo in esame l'ipotesi che un giorno non sarebbe stato più in grado di scrivere, affermò "...Sarà uno choc terribile per me e non vedo come il medico potrà risollevarmi...". E invece non ci fu crisi, sembrò che Simenon subisse passivamente quella situazione come ineluttabile, il segno della fine di una fase, un fatalismo consapevole che contro il destino non si può lottare, proprio come accade ai protagonisti delle sue storie. Anche lui era andato fino alle coseguenze estreme della sua sorte: non scrivere più (vedi anche il post del 23 luglio Simenon. Come finisce un romanziere).
Era un ciclo concluso, i romans-durs, i Maigret, ma anche la sua casa di Epalinges per lui così piena di significati, che lasciò dopo un paio di mesi, tutto ormai era alle sue  spalle.
Ormai era  un uomo qualunque, lui e Teresa, come un coppia qualunque, andarono infatti a vivere in un appartamento qualunque, all'ottavo piano di un grosso condominio a Losanna.
Come scrive il suo più autorevole biografo, Pierre Assouline, "...si sentiva finalmente un uomo come tutti gli altri. Ma era soltanto lui a crederci...".

lunedì 19 settembre 2011

SIMENON. PERCHE' NON SFONDO' NEGLI USA?

Quando nell'estate del 1945 Simenon abbandonò la Francia con l'idea di stabilirsi  negli Usa, aveva una priorità che occupava gran parte della sua mente. Sfuggire ad una possibile accusa magari con conseguente arresto, da parte del Fronte di Liberazione nazionale francese. Poi c'erano altri motivi più o meno collaterali, ad esempio far studiare il figlio Marc nei progrediti e moderni college americani (motivo che però la moglie Tigy sosteneva fosse un pretesto), oppure l'ambizione, nascosta ma profonda, di scrivere negli States con la voglia di confrontarsi, sul loro campo, con quei romanzieri americani che lui considerava incarnassero la più moderna forma letteraria.
Dieci anni dopo si ritrova a Lakeville, nella sua residenza di Shadow Rock Farm a fare un po' di conti su quella sua originaria aspirazione. E nella colonna dei "più" può segnare il consenso della critica, la nomina a Presidente del Mystery Writers of America, anche il riconoscimento di diversi scrittori statunitensi, tra cui Henry Miller, Thorton Wilder, William Faulkner. Inoltre in quel decennio aveva rafforzato e incrementato la sua popolarità tra i lettori americani, i settimanali a grandi tirature e le riviste letterarie si occupavano di lui (nel maggio 1953 ben tredici pagine di "ritratto Georges Simenon" sull'autorevole "The New Yoker")..
Nella colonna dei "meno" giganteggia il mancato obiettivo. Diciamola tutta, Simenon credeva di sfondare e diventare un caso letterario, come era successo in Francia. E invece ottenne solo un discreto successo. Cosa che un altro, che non fosse stato Simenon, avrebbe giudicato un ottimo risultato. Ma per lui, abituato a fissarsi degli obiettivi e poi raggiungerli, quello non fu proprio uno smacco, ma una mezza delusione certamente. Eppure le qualità c'erano, il sostegno di un certa critica pure e le vendite non erano certo un flop. Ma allora cosa mancò a Simenon per sfondare?
Diversi giornalisti, letterari come Brendan Gill, Helen Wolff o Maurice Dumoncel concordavano sul fatto che sul mercato americano i libri di Simenon erano tradotti in un inglese per gli inglesi. E questo si rivelava indiscutibilmente un handicap. Ci sarebbe voluta una versione americana per gli americani.
Un altro fattore era l'imprinting della cultura europea che Simenon, nonostante i dieci anni in America non poteva cambiare come faceva con le sue abitazioni. E anche questo per un popolo caratterizzato, soprattutto allora, da una mentalità e  da una cultura autoreferenziale, non era portato a tributare trionfi agli stranieri. Insieme ad altri motivi, anche questa piccola sconfitta contribuì a riportarlo nel vecchio continente a fare il pieno di riconoscimenti, a mietere gloria e ad assistere alle numerose manifestazioni in suo onore.

domenica 18 settembre 2011

SIMENON. ANCORA UN EVENTO IN VANDEA

La Vandea raddoppia. Dopo aver celebrato lo scrittore con il Festival Simenon (11-19  giugno) a Sable D'Olonnes, dopo circa tre mesi torna a organizzare un'altra iniziativa sia pure di tipo del tutto diverso. Si tratta di Georges Simenon, de la Vendée aux quatre coins du monde, un'esposizione che abbraccia tutti i periodi e i temi cruciali e della vita e delle opere dello scrittore e che avrà la durata di ben cinque mesi, dal 30 di settembre al 26 febbraio 2012. La manifestazione che si svolgerà a Les-Lucs-sur-Boulogne, a sud di Nantes, verrà allestita nel complesso Historial de la Vendée e proporrà ai visitatori un'approccio interdisciplinare attraverso l'esposizione di manoscritti, scritti inediti, immagini, documenti audiovisivi, film, oggetti e persino mobili, insomma oltre 200 oggetti provenienti dalla Fondazione Simenon presso l'Università di Liegi.
Ma ci sarà anche la ricostruzione di una sala cinematografica dell'epoca, dove verrà proiettato in anteprima il film di Alain Ferrari Tout ou presqe sur Maigret.
La  mostra sarà l'occasione per l'edizione di un catalogo di 280 pagine dove si troveranno le firme di studiosi e specialisti sotto la direzione di Benoît Denise. Direttore del Centro Studi George Simenon (Éditions Somogy).
Come ha detto Bruno Retailleau, presidente del Consiglio generale della Vandea
"...Simenon e la Vandea sono soprattutto le peregrinazioni di un grande viaggiatore, abituato ai reportage dai quattro angoli del mondo. In soli cinque anni Simenon setacciò il nostro dipartimento al punto di cambiare sei volte indirizzo! Ma Simenon e la Vandea é anche la storia di una svolta letteraria, con la scrittura di Pedigree ...".
In effetti quegli erano gli anni in cui André Gide, esercitava la sua inflenza affichè portasse a termine questo primo romanzo autobiografico e corale.
Le varie sezioni dell'esposizione partono dall'infanzia a Liegi, il periodo francese e quello statunitense, ma si troveranno anche spazi dedicati ai suoi viaggi, alla sua vita, al commissario Maigret, ai film tratti dai suoi libri (saranno proiettati Le Chat, Le Train, Les Fantômes du chapelier, Maigret tend un piège), insomma una panoramica a 360° sull'uomo, sul romanziere e sull personaggio, dove non mancheranno interventi qualificati tra i quali quelli del suddetto Benoît Denise, di Claude Gauter e del figlio dello scrittore stesso, John.
per tutte le informazioni visitare il sito di Historial Vendee

sabato 17 settembre 2011

SIMENON. POLICE SECOURS... DALLA CARTA ALLA REALTA'

Siamo nel 1935. Simenon é partito ormai con i Maigret (già usciti diciannove titoli), ha firmato da un anno con la prestigiosa Gallimard con cui ha iniziato a pubblicare i primi due romans-durs. Su richiesta del suo amico Pierre Lazareff, direttore di Paris Soir, si presta a fare un salto dalla finzione delle inchieste del suo commissario ai luoghi della criminalità parigina per il quotidiano fondato da Eugene Merle, editore per cui Simenon aveva lavorato ai tempi dei romanzi e dei racconti popolari. Sarà un'inchiesta a più puntate che partirà dai vari commissariati della città per seguire le indagini della polizia e conscere i casi veri che questa si trovava ad affrontare. La serie di articoli si chiamerà Police Secours (verra poi raccolta in un volume dallo stesso titolo). 
Oltre a ricostrire una mappa geografica della malavita cittadina e a illustrare i tipi di malaffare e di reati che la polizia doveva combattere, anche in questo caso vediamo Simenon impegnato a dare risalto al lato umano dei vari casi e soprattuto alla povera gente. Ci scappa il morto tra portoghesi e zingari nel XVIII arrondissement, tra operai stranieri nel XIX, ma anche tra protettori di bassa lega. Cadaveri in fondo ai canali, ma anche prostitute massacrate e fatte a pezzi... la spietata legge dei racket.
Ma quando va a fare la somma dei morti ammazzati di quell'anno a Parigi, scopre che sono solo sessantanove su oltre quattro milioni di abitanti.
E a quel punto Simenon si chiede: "...una proporzione inferiore a quella del paese un apparenza più calmo: sto parlando della la Svizzera. Perché si uccide di più  negli idilliaci cantoni elvetici che nella brulicante Parigi?...".
Siamo rimasti particolarmente colpiti come gli esempi fatti in questa inchiesta sembrino quasi delle trasposizioni dei drammi raccontati nei suoi libri, e non solo nei Maigret , ma anche nei romans-durs. Storie banali, protagonisti spesso appartenenti alle classi più povere e dove un fatto trascurabile genera delle  tragedie. "...volete che  ve ne racconti uno molto eloquente? - chiede Simenon al lettore di Paris Soir in un articolo intitolato Bettole e postriboli - In un traquilla casa di places des Vosges abita un mutilato di guerra che lavora tutto il giorno come ascensorista. La sera è nervoso, ha bisogno di molto sonno. Il suo vicino é invece un reduce intossicato dai gas asfissianti, che vende aspiratori elettrci. Ora dopo il lavoro il gassato ascolta il grammofono per ore e  sempre gli stessi dischi. Ne ha solo sei! E tutti i giorni... Il mutilato ha protestato col portinaio, poi con il proprietario. Ha scritto al commissarato di polizia. Tutto quello che si é potuto fare é stato ordinare che il grammofono fosse spento alle dieci di sera. Ma non è abbastanza! Il mutilato é ossessionato da quella musica. Un giorno i due uomini si sono picchiati sulle scale e si é dovuto dividerli.
Una sera, infine... il mutilato, fuori di sè, è andato dal vicino con un fucile che conservava come ricordo della guerra. Ha sparato. Il gassato non é morto, ma hanno dovuo mettergli uno stomaco artificiale...".

giovedì 15 settembre 2011

SIMENON. IO SONO I MIEI PERSONAGGI, MA...

Frase superflua per un romanziere che scriveva solo in una specie di trance, il famoso "état de roman", e che entrava nella pelle dei personaggi fino a sentirsene male. E non si trattava solo di partecipazione psicolgica, ormai lo sappiamo bene. Lo dimostrano non solo i settecento grammi di sudore di cui erano intrisi i suoi abiti alla fine di ogni seduta giornaliera di scrittura (con tanto di pesata della Boule, prima e dopo), ma ad esepio anche le conseguenze dell'alcolismo, quando scrisse di un uomo afflitto da questa piaga, tanto che il suo medico gli ordinò o di finire molto in fretta il romanzo o di smettere immediatamente.
Eppure... Eppure il mestiere che aveva imparato prima con i romanzi popolari, gli imponeva per ogni genere una struttura diversa, e poi aveva a che fare con le regole di un poliziesco, sia pure sui generis come i Maigret, che gli imponeva un doppio codice quello della letteratura polar e quello della narrativa seriale.
Inoltre, a parte la componente caratteriale, la grande quantità di lavoro evidentemente lo spingeva ad un ordine e ad una tecnica che gli facesse fruttare al meglio il tempo di cui disponeva (soprattutto agli inizi, quando scriveva sino ad ottanta pagine al giorno).
E probabilmente tutto il maniacale insieme di rituali, prima e durante la scrittura deriva proprio da quella esigenza. Appuntare un cinquantina di matite (e in seguito pulire ed oliare bene la macchina per scrivere). Prepararsi nomi, parentele e certe cronologie sulla famosa busta gialla. La sequela dei nomi di scorta appuntati su un foglio, ma anche gli elenchi del telefono, per dare un nome e un cognome ad un personaggio che non aveva previsto. Pipe pulite, cariche e pronte per poter essere fumate una dopo l'altra senza perdere tempo a riempirle. La bottiglia di vino a portata di mano. E ultima, ma non ultima, la targhetta "please don't disturb" sottratta ad un albergo e appesa sulla maniglia esterna della porta dello studio, accuratamente chiusa.
Quelle ore vissute in trance nella pelle di un altro avevano quindi bisogno di una tecnica e dei supporti materiali che man mano divennero dei veri e propri rituali senza i quali Simenon forse non sarebbe riuscito a scrivere, proprio come non avrebbe finito una riga senza essere in "état de roman".

mercoledì 14 settembre 2011

SIMENON. DORINGE, LA SUA IMPLACABILE... EDITOR

"... potete, sin dalla prima lettura, correggere gli errori di battuta, di ortografia, le doppie, ma a condizione di non cambiare e soprattutto non aggiungere e non togliere una virgola, perché sia nel senso grammaticale sia nell'uso corrente, sono maniaco su questo punto. Le altre correzioni fatele senza remore. Quando riceverete di ritorno le bozze, non meravigliatevi se non ho tenuto conto di tutte le vostre osservazioni. Ci tengo a che voi le facciate. Ma io non sono sempre d'accordo con voi. Capita spesso che voi abbiate ragione agli occhi della grammatica. In certi casi me disinteresso, come della ripetizioni delle parole, di certi accostamenti poco eufonici...  In questo André Gide era completamente dello stesso mio avviso. Poco importa se i puristi inorridiscono...".
E ovvio che sia Simenon a parlare, anzi a scrivere, in una lettera del 1960, a riceverla è Doringe una sua storica correttrice. Era belga anche lei, con un trascorso di professoressa d'inglese, giornalista (dalla cronaca alla critica ciematografica) e traduttrice di romanzi americani. Un passato sufficientemente vario e articolato per essere all'altezza dell'universo letterario simenoniano come editor, se nel caso di Simenon si può parlare di un editor, come dimostra il brano della lettera riportata in apertura.
Ma Doringe aveva un carattere deciso e non temeva di esprimere le proprie idee anche se doveva affrontare degli scontri con Simenon. Ma dietro una certa durezza si nascondeva non solo un'ammirazione per lo scrittore, ma forse qualcosa di più. Certo lei aveva una ventina d'anni più di lui, ma era l'unica ad indirizzargli lettere che iniziavano con "Sim de mon coeur...". E ancora la sua sincerità assoluta nelle loro discussioni lo scrittore la definiva "voluttà sadica". Persino Denyse, la seconda moglie, che, nei periodi di revisione dei romanzi la rimproverava di passare più tempo di lei con Simenon, si sentiva rispondere "Ma io non ci vado mica a letto...".
Insomma un personaggio che spesso irritava lo scrittore, ma di cui non avrebbe saputo fare a meno. Ad esempio scrivendo nel 1962 a Sven Nielsen, il suo editore, affermava: "...lei mi rimprovera di non aver ancora imparato quali parole si scrivono con due "n" o due "r", senza pensare che se lo sapessi sarei un correttore invece di ostinarmi a cercare di scrivere dei romanzi...In genere non accetto che una su dieci delle correzioni di Doringe. Altrimenti il mio stile sarebbe piatto come il suo...". E su questo lei lo prendeva in giro, chiedendosi come fosse possibile che un uomo di cinquant'anni non fosse in grado di fare la differenza, tra un accento circonflesso, uno acuto o uno grave.
Ma aldilà di tutto, da parte di Siemenon c'era una stima di fondo confermata da una propria dichiarazione in una lettera del periodo americano "... E' una donna anziana, che lavora per me da tanto tempo, che revisiona tutte le mie bozze, che mi conosce meglio di me stesso  e nella critica della quale ho la massima fiducia...".

martedì 13 settembre 2011

SIMENON. FACCIAMO ORDINE SULLE PROSSIME USCITE

A sinistra, il libro mai uscito, a destra, quello ora annunciato in anteprima 
Adelphi annuncia tra le proprie anteprime, una nuova inchiesta del commissario Maigret: Maigret e l'omicida di rue Popincourt. Che sia annunciato non significa sempre che poi esca davvero.
Vogliamo ricordarvi infatti il post scritto il 4 luglio dove annunciavamo, riportando fonti Adelphi, le consuete novità per l'estate costituite da un romanzo di Simenon, L'assassino, e un'inchiesta del commissario Maigret e l'omicida. Quando i libri apparvero sugli scaffali delle librerie, l'indagine era cambiata e l'omicida aveva fatto spazio a l'uomo solitario (chi ne avesse voglia potrebbe rileggersi quel post Simenon. Maigret e il caso dell'omicida divenuto uomo solitario ).
Ma questo ha un'importanza relativa per i lettori vergini, leggere un'inchiesta del commissario, invece di un'altra, non cambia granchè (anche perchè Adelphi nel suo criterio per le uscite non ha mai usato quello della cronologia originale), un po' meno, magari, per chi va in cerca di un titolo specifico.
Ma adesso torniano al Maigret annunciato in anteprima e cosa scopriamo? Che è lo stesso che doveva uscire ai primi di luglio, ma... Già c'è un ma, infatti se il romanzo é assolutamente lo stesso (titolo originale Maigret et le Tueur, scritto nell'aprile del 1969 ad Epalinges e pubblicato alla fine d'ottobre da Presses de La Cité) il titolo italiano si è allungato: da Maigret e l'omicida a Maigret e l'omicida di rue Popincourt. Stessa copertina e stessa foto del libro mai uscito (vedi le foto), ma titolo più... ricco, grazie alla specificazione della via dove è avvenuto l'omicidio.
La trama? La trovate nel post del 4 luglio Simenon. In arrivo un assassino e un omicida... estivi . Speriamo che questa sia la volta buona e ...buona lettura.

lunedì 12 settembre 2011

SIMENON. I PROSSIMI APPUNTAMENTI

Dalla fine di settembre a quella di ottobre sarà un mese ricco di iniziative ed aspettative per quanto riguarda Simenon sia in Belgio che in Francia. Chi si trovasse per caso da quelle parti...
• Si inizia con l'inagurazione del nuovo Museo delle lettere e dei manoscritti a Bruxelles che si aprirà il 23 settembre con una mostra dedicata ai cimeli del romanziere belga. Un'esposizione che tra scritti, lettere, autografi e carte varie proporrà ben 160 pezzi che si riferiscono ai vari periodi della vita di Simenon. L'iniziativa durerà fino al 24 febbraio 2012.
• A Parigi invece il 21-22-23 ottobre sarà la volta della seconda edizione di Paris Noir - festival europeo del romanzo e del film noir che quest'anno propone come paese ospite l'Italia e che tra le sue numerose manifestazioni vede anche Les Promenades de Maigret, in compagnia di un ex-commissario alla scoperta dell'universo del personaggio simenoniano.
• A metà di settembre circa, invece, sarà il momento in cui si deciderà sull'iniziativa di un'esposizione permanente interamente dedicata a Simenon nella sua città natale. C'è già un progetto, ma occorrerà presentare anche un business-plan e reperire i fondi necessari e proprio tra un paio di settimane se ne dovrebbe sapere qualcosa.
• Sempre in Francia lunedì prossimo nell'ambito della Médiathèque du Nord, a Proville (Nord-Pas-de- Calais) verrà organizzata una tavola rotonda alle 18.30 dal titolo L'autre Simenon e poi alle 20.30, il film Feux rouges (2003) di Cédric Khan con Jean Pierre Darroussin e Carole Bouquet, tratto dall'omonimo romanzo simenoniano del 1953.

domenica 11 settembre 2011

SIMENON. L’ALTRA FACCIA DELL’HARD BOILED

Sul  grande schermo Bogart è il Philip Marlowe di Chandler e Gabin è Maigret
Primi anni trenta. Negli Stati Uniti si fa largo nella letteratura definita “mystery”  la cosiddetta hard-boiled-school. E’ costituita da un gruppo di scrittori che pubblicano le loro storie sui pulp-magazine, giornali ecomomici, stampati su carta dozzinale e venduti a prezzi molto popolari. Uno di questi è il punto di riferimento, dove scrivono quelli che sono considerati i padri di questo nuovo genere, The Black Mask, diretto da un certo capitano Joseph Shaw. I nomi di questi romanzieri sono Dashiell Hammett e Raymond Chandler (vedi anche il post del 24 novembre dell'anno scorso Simenon: Chandler? Uno scrittore "tout court" ), ma potremmo citare anche Cornell Woolrich o Erle Stanley Gardner, padri di famosi personaggi come Sam Spade, Philip Marlowe, Perry Mason.
Cosa portava di nuovo questa scuola nel mondo del mystery? Come espose chiaramente Chandler nel suo saggio La semplice arte del delitto (1944), intendeva distaccarsi da quel romanzo poliziesco, soprattutto di matrice britannica, dove il delitto sembrava un gioco, la sua soluzione un passatempo enigmistico e i moventi degli astrusi e a volte dei capricciosi motivi.
L’hard-boiled-school riportava l’omicidio sulla strada, anche nei sobborghi più sordidi e motivato da sentimenti e bisogni veri come la passione, la brama di soldi o di potere, la vendetta per amore, la corruzione, il bisogno. E niente veleni in aromatici tè, o complicati congegni di esotica manifattura. Ad uccidere erano pistole, coltelli, fucili, bastoni. Insomma la vita reale faceva irruzione nel mystery e portava con sé personaggi ambigui, mai del tutto buoni o cattivi, mai spinti solo dalla loro volontà, ma spesso sottoposti ad un destino che la posizione sociale riservava loro. In primo piano il detective privato che, solo contro tutti, cerca di far prevalere la  giustizia dove la legge latita e sullo sfondo una profonda sfiducia nella società, corrotta, ingiusta dove anche chi deve far rispettare la legge non sfugge a questa ambiguità tra onestà e corruzione, tra male e bene.
Dall’altra parte dell’oceano, e negli stessi anni, esordiva Maigret, un altro personaggio che, sia pure in modo diverso, sovvertiva i canoni del polar e dava vita ad un funzionario di polizia, sposato, che non aveva nulla di eroico e che svolge le sue indagini tra gente comune, persone normali che diventano criminali per i fatti più banali della vita di tutti i giorni, anche qui amore, denaro, segreti  inconfessabili, gelosia.
Questa voglia di realismo, che riporta con i piedi per terra un genere poliziesco che aveva fatto sognare con i suoi inarrivabili eroi, evidentemente intercetta le aspettative di un pubblico che aveva voglia di riconoscersi anche nelle storie più oscure, che scavano nei sentimenti più torbidi (ma non per questo meno reali). E Maigret come  Marlowe, o come Sam Spade, racconta, la società del tempo, denunciando i suoi problemi sociali, ma anche scavando di più sul lato psicologico e creando quel tipo di storie chiamate poi noir, che ebbero talmente tanto successo da venire poi considerato un genere a sé.
E, in Maigret, anche Simenon ci fa scoprire tutta una serie di personaggi, dai poveri diavoli predestinati, ai ricchi corrotti, ai piccoli malviventi incalliti, alle donne tradite e quelle traditrici, tutti immersi nella loro realtà sociale, tutti veri protagonisti della vita.

sabato 10 settembre 2011

SIMENON. MONSIEUR TOUT LE MONDE

Si é parlato fin troppo dell’impulso che Simenon, sentiva ad un certo punto di lasciare un luogo dove pure aveva abitato  anni e in cui aveva lavoro, relazioni,  consuetudini. Questo comportamento è stato oggetto delle più diverse interpretazioni da quelle più psicologiche a quelle più contingenti e materiali.
Non v’è dubbio che alla base di questa sua irrequietezza ci fosse da una parte un’attitudine caratteriale, ma concorresse anche la voglia di conoscere posti nuovi, gente diversa e ambienti e mentalità altre, che poi gli servivano come “archivio”  per i suoi romanzi.
Ma come al solito va esaminato caso per caso. A 19 anni decise di lasciare Liegi, un posto da redattore con un buono stipendio, una casa, una fidanzata, per tentare l’avventura letteraria a Parigi, pur consapevole che avrebbe dovuto patire stenti e sacrifici più o meno a lungo. Perché? Beh possiamo dire che la sua determinazione a fare lo scrittore era  molto forte e a quell’epoca Parigi era una calamita per chiunque avesse una qualsivoglia aspirazione artistica. Ma non bisogna scordare che il suo rapporto con la madre non era certo migliorato dopo la morte del  padre e che la raggiunta indipendenza economica (grazie a lavoro alla Gazette de Liége) gli facesse sentire ancora più pesante la convivenza con lei.
Dopo dieci anni a Parigi, nel ’32, si andò stabilire in provincia, nella residenza de La Richardiére, vicino a La Rochelle. Dopo sei anni si spostò di poco a Nieul-sur-mer. Dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale si rifugiò prima a Vervent (1940), sperso nella foresta di Vouvant, e poi si installò nel castello di Fontenay-le-Comte (1941) e infine (1942) a Saint-Mésmine-Le- Vieux in Vandea. Dopo un rientro fugace a Parigi (1945), il deplacement più importante, quello che dopo sei mesi di attesa a Londra, gli permise di raggiungere gli Stati Uniti. In questo caso la motivazione più forte fu l’accusa di collaborazionismo da parte del Fronte di Liberazione Nazionale francese. Simenon non aveva la coscienza del tutto tranquilla e la paura di finire in una lista di proscrizione, gli mise le ali ai piedi.
Ma forse c’era un'altra spinta, anche se non determinante e non completamente esplicitata. La voglia di confrontarsi con gli scrittori statunitensi che, come aveva avuto più volte modo di affermare,
considerava i veri esponenti del romanzo moderno. Anche nel nuovo continente tra Canada e Usa, abitò in almeno sette posti diversi, tranne a Shadow Rock Farm, dove soggiornò per quasi cinque anni.
C’era da pensare che Simenon si sarebbe naturalizzato americano, ma così non poteva essere. Intanto la forte svalutazione del franco e il cambio sfavorevole avevano ridotto e non di poco il suo livello di guadagni. Ma poi c’erano diverse cose in quel paese che pure amava tanto, che gli aveva dato la seconda moglie e altri due figli, che non riusciva più a  digerire. Il puritanesimo, sovente solo di facciata, la discriminazione cui erano sottoposti i neri e la goccia che fece traboccare il vaso: la stagione della persecuzione maccartista. Ma in sottofondo  forse c’era anche un po’ di nostalgia del vecchio continente. Infatti Simenon non aveva sfondato in America come avrebbe voluto (Colpa delle traduzioni? Era percepito come troppo europeo?), mentre in Francia la sua fama cresceva ancora.
E quando tornà, non si stabilì in Francia o al limite in Belgio. No, la sua scelta cade sulla Svizzera, ufficialmente perché ordinata, pulita e tranquilla. Ma non possono essere taciute le motivazioni fiscali, visto che il trattamento riservato a personaggi facoltosi come Simenon era molto, ma molto vantaggioso.  E anche qui girò prima ad Enchandens (1957), poi a Epalinges (1963) nella gran villa costruita apposta per lui, per poi fermarsi nella vecchiaia a Losanna dal ’65 fino alla sua scomparsa.

venerdì 9 settembre 2011

SIMENON E I RAPPORTI CON 36, QUAI DES ORFEVRES

Xavier-Guichard, Direttore 
della P.J. parigina
Nel periodo della letteratura popolare, Simenon scriveva inventando del tutto o poggiandosi  su pochi punti di riferimento, che fosse un romanzo di viaggi avventurosi ed esotici, che fosse una storia d’amore vista da una donna o un romanzo poliziesco-giudiziario, l’ingrediente più abbondante era la sua fantasia.
Per quanto riguardava i polar, poteva in  parte contare sulla sua esperienza  di reporter, quando era ancora in  Belgio alla Gazzette de Liége e frequentava quotidianamente gli uffici della polizia e dove sembra addirittura che avesse conosciuto un funzionario che si chiamava Maigret.
Ma quando iniziò a scrivere i Maigret, Simenon sentì l’esigenza di documentarsi, soprattutto sulle procedure che un commissario della brigata omicidi come Maigret doveva (o avrebbe dovuto) seguire.
Aveva poi conosciuto anche qualche celebre commissario di Quai des Orfévres, Massu, Guillaume, Xavier-Guichard (vedi il post del 21 giugno Simenon. A scuola di polizia ). Ma dalla stessa polizia, pur apprezzando che finalmente in un giallo uno di loro non fosse ridicolizzato da un detective privato (come facevano lo Sherlock Holmes di Conan Doyle,  il Poirot di Agatha Christie, o il Nero Wolfe di Rex Stout, tanto per citarne alcuni), c’erano nei primi titoli della serie delle inesattezze nelle procedure.
E nel 1932, proprio Xavier-Guichard, allora direttore della Polizia Giudizaria parigina, lo invitò a Quai des Orfévres proprio per chiarirgli i metodi e le procedure che erano seguite.
Dopo un giro di prima presa di contatto, ritornato nell’ufficio del commissario, Simenon chiese di poter assistere agli interrogatori, l’aspetto umano dell’incontro cruciale  tra criminali o sospettati e polizia, dove saltavano fuori gli aspetti psicologici e comportamentali più interessanti per uno scrittore come lui.
Seguendo il commissario Guillaume, assistette ad interrogatori, al rapporto della mattina, alla riunione dei capi delle varie brigate con il loro direttore,  e addirittura agli esami psichiatrici nell’infermeria speciale del Quai.
In un’intervista con Roger Stéphane nel 1963, Simenon ricorda a proposito dei suoi Maigret: “… ho  tratto molto da quell’ambiente, anche se poi sono stato costretto a tagliare perché non si può scrivere un romanzo che si svolga come una vera indagine poliziaria, vi partecipano da 90 a100 persone… bisognerebbe parlare delle commissioni rogatorie, delle relazioni tra questo e quel servizio; sarebbe  talmente complicato che il pubblico non ci capirebbe nulla…”.
Il commissario Guillaume (seduto) con i suoi ispettori
Tutt’altro tono al suo ritorno  in quel luogo nell’aprile del ‘52. Sono passati trent’anni, Simenon é diventato famoso in tutto il mondo, come pure il commissario Maigret e lo scrittore viene ricevuto con tutti gli onori al, grazie a lui, famosissimo 36, Quai des Orfevrés, con il prefetto, i commissari, gli ispettori, e con la solenne  cerimonia  della consegna di un distintivo da commissario, numerato 0000 a nome Maigret.
Si dice che poi Simenon ne avesse fatto un portachiavi e che addirittura se ne fosse servito una volta che venne fermato dalla polizia per eccesso di velocità. Ma ne andava così fiero che, ad esempio, lasciò di stucco lo scrittore Jaques Laurent, il quale non capiva come il grande Simenon potesse tenere più a quel distintivo che alle onorificenze letterarie.

giovedì 8 settembre 2011

SIMENON. ANDRE’ GIDE E IL “DOSSIER G.S.”

In parte scopritore del “romanziere”, sicuramente  un suo ammiratore, decisamente un suo sostenitore nel mondo della letteratura. Stiamo parlando di André Gide, che a quell’epoca era una vera istituzione della cultura francese. Ed essere sotto le sue ali, come successe a Simenon, voleva dire aver raggiunto autorevolezza e stima nel mondo delle lettere e non solo in Francia. Gide leggeva attentamente i romanzi di Simenen, godendone della lettura, ma anche analizzandoli per capire quale misterioso motore muoveva quelle storie, per scoprire come si costruiva nella mente di Simenon quell’approccio  così personale e come creava quella lingua tanto semplice, ma efficace.
Gide aveva costituito un “Dossier G.S.” (molti si accapigliarono se stesse a significare Gide-Simenon oppure Georges Simenon), dove appuntava scrupolosamente le sue osservazioni, ma anche le sue critiche sull’opera simenoniana.(in proposito vedi il post del 6 febbraio Perché Simenon piaceva tanto ad André Gide )
… Simenon rimane vittima  di questa abitudine del pubblico di rimanere condizionati dalla prima impressione. Il successo di certi suoi primi libri (si riferisce ai Maigret n.d.r.) ha valso a Simenon la pericolosa reputazione di autore di romanzi polizieschi, genere sospetto e discreditato che lo confina nella periferia della letteratura. Ha un bel pubblicare in seguito uno dopo l’altro dieci, quindici , venti romanzi eccellenti e di genere completamente diverso, non c’è niente da fare: ti ho conosciuto detective e detective tu resterai…”
Gide è quindi  preoccupato che i Maigret coprano le qualità del romanziere, rivelando così che anche lui, come il mondo letterario per lungo tempo, non riconosceva al giallo (“polar”, come lo chiamano i francesi), dignità di genere letterario alla pari di altri. Ed ecco in sintesi alcuni estratti dei giudizi che Gide si appuntava su vari titoli simenoniani.
• Le Suspecte (1938). Uno dei rari romanzi dove il protagonista agisce con una volontà propria. E’ per questo che Simenon lo considera fallito?
• La Maison du Canal (1933). Atmosfera del piccolo treno. Vale tutti i Maupassant, Cechov, etc. Eccellente.
• Le Locataire (1932). Non ci sono migliori descrizioni, migliori dialoghi, resta (e doveva restare) monotono e si sviluppa, come la  musica araba, su un solo piano.
• Les Noces de Poitiérs (1946). In una stessa pagina quattro “a capo” finiscono con dei punti di sospensione (completamente ingiustificati gli ultimi tre). Senza contare quattro altri nel corso del testo.
• Cour d’assises (1941). Molto buono, ma d’interesse limitato.
• Le Gens d’en face (1932). Eccellente e molto precisa descrizione dell’atmosfera russa
• Pedigree (1948). L’interesse si risveglia (dovrei dire: si sveglia) con le camere in affitto e soprattutto con l’arrivo di Frida…Simenon raggiunge un sorta di grandezza epica.
• L’Evadè. (1936). Curioso tentativo (ma non molto riuscito questa volta) sulla sovrimpressione dei ricordi sull’attualità.
E questi giudizi dimostrano come, dopo un periodo di immersione totale nell’universo simenoniano, a Gide occorreva uscirnerne, per affermare che in Simenon non tutto é da leggere e non tutto é allo stesso livello.

mercoledì 7 settembre 2011

SIMENON. MAIGRET PRIMA DI MAIGRET… A MARSIGLIA

Ormai lo sappiamo, Maigret non è nato in quel di Delfzijl, cittadina sul canale olandese, in un café, partendo da un’ombra massiccia scorsa attraverso una finestra, come racconta Simenon. Ma si fece spazio nell’opera simenoniana iniziando ad apparire in modo ancora abbozzato in alcuni romanzi che non fanno parte della serie le inchieste di Maigret, firmati ancora con uno pseudonimo (vedi a proposito i due post del 28 marzo Nasce Maigret. La versione di Georges e del 29 marzo Nasce Maigret. Come é andata davvero).
Qui parliamo di Train de Nuit (Fayard -1929) pubblicato nella collana “I Maestri del Romanzo popolare”, proposto nella tipica veste editoriale economica, dalla carta, alla copertina, alla grafica anche allo pseudonimo con cui Simenon lo firmò, Christian Brulls. Questa rappresenta la prima uscita in assoluto di un commissario di nome Maigret, anche se confinato in una parte marginale, visto che entra in scena solo nel diciassettesimo dei venti capitoli del libro. Ma osserviamo un po’ più da vicino questo primo Maigret. Intanto è di stanza alla polizia di Marsiglia, ma l’ispettore che lo affianca si chiama già Torrence. Il personaggio del commissario, abbiamo detto, è secondario e quindi non ci sono ad esempio sue descrizioni fisiche, non solo, ma manca anche la celeberrima pipa!
Quello che si viene a sapere durante la storia è che si tratta di un tipo calmo, ma che usa un linguaggio rude e spesso ha dei comportamenti definiti brutali. Però anche questo primo Maigret in fondo è umano, comprensivo con i poveri diavoli e in definitiva si comporta in modo da giustificare già quello che poi sarà il suo appellativo di “riparatore dei destini”, quando a suo avviso la legge non corrisponde alla giustizia.
Dal punto di vista letterario questo romanzo si dimostra già all’altezza dei Maigret classici: il linguaggio, le atmosfere, l’approccio psicologico, le pennellate distribuite durante il romanzo per descrivere i personaggi. Insomma d’altronde siamo nel ’29 e lo scrittore ha già messo in cantiere un Maigret… ufficiale, Pietr le Létton. E poi la mano di Simenon inizia ad essere riconoscibile, il suo stile è sulla buona strada e si capisce che il periodo di apprendistato nella letteratura popolare ha le ore contate.

martedì 6 settembre 2011

SIMENON. “TRANCHES DE VIE” DEGLI ESORDI… VISTI DA TIGY

1925. Simenon è già entrato nel vortice della produzione di racconti e romanzi popolari.  Abita oramai  a Place des Vosges, una della più belle di Parigi, gran bei palazzi la circondano, anche se  il loro appartamento non è dotato di acqua corrente ed è in realtà poco più di una grande camera, dove Georges scrive e Tigy dipinge. Ma insomma è un salto di qualità dalla vita di sacrifici e di rinunce che avevano contraddistinto fino al qualche tempo prima il loro menage quotidiano. A questo  proposito è interessante conoscere il punto di vista di Tigy, vedere questo periodo positivo e ricco di speranze non con gli occhi di lui o di qualche biografo, ma dalle parole stesse di lei, che  scrive in uno stile asciutto ma efficace in Souvenir (Gallimard 2004). Riportiamo qui di seguito alcuni brani che si riferiscono proprio al 1925. Vediamo con i suoi occhi come si svolgeva il lavoro di Georges.
… Georges batte a macchina una sequela di racconti. Questa produzione, insieme a quella dei romanzi popolari, ci assicura delle entrate consistenti.  Tra un racconto e l’altro lui si siede davanti alla finestra, le  gambe allungate. Qualche minuto dopo sento scoppiare una risata, ha trovato qualcosa di curioso e si rimette subito a scrivere.  Arriva a scriverne fino a nove in una mezza-giornata…”
E’ il Simenon di ventidue anni, appena entrato nel mondo che lui chiama la letteratura su ordinazione. Gli editori infatti gli ordinano racconti e romanzi, soprattutto brevi, di ogni genere e tipo e lui scrive, scrive, scrive. A quei tempi di dice che arrivasse appunto a comporre sino ad ottanta pagine al giorno. Ma segue anche le esposizioni di quadri cui partecipa la moglie e magari, approfittando di una pausa e un tavolino, butta giù qualche idea o qualche brano di un romanzo popolare.
Ma vediamo cosa ricorda Tigy. “…in primavera grande Esposizione delle arti Figurative e noi ci passiamo dei pomeriggi interi...queste nuove tendenze ci appassionano molto…”.
Poi sempre in quell’anno in estate accade un fatto importante per tutte e due, anzi diremmo per tutta la  vita di Tigy e Simenon. Ecco come lo racconta lei: “…D’estate partiamo in vacanza…Affittiamo  da certi contadini, vicino alla villa di Magda de Waele. Ai piedi di una falaise, c’è la pesca ai granchi, alle triglie. I bagni.  Le serate, la zuppa paesana con le grandi ciotole di crema fresca che ci vengono donate. Siamo in piena forma… La nostra miglior fortuna è quella di riportare a Parigi una piccola ‘bonne’, Henriette Liberge. Con il suo viso pallido e tondo, Georges l’ha soprannominata ‘Boule de gui’. Ormai é  Boule e sarà Boule e tutti e per tutta la vita. Diciott’anni, puerile e innocente quanto testarda, indisciplinata, pronta a rivoltarsi contro qualsiasi  cosa consideri un sopruso. Le sue arrabbiature ci divertono moltissimo  e noi non perdiamo occasione per farla arrabbiare. Davvero delizioso il suo accento normanno…
La stessa Boule che diverrà l’amante casalinga di Simenon, con cui aveva rapporti sessuali ogni giorno, preferibilmente durante la siesta pomeridiana dello scrittore, e di cui la moglie sembra stranamente essere all’oscuro. Oppure Tigy faceva finta di non sapere, come ebbe a dire parecchi anni dopo la Boule stessa, che d’altronde amava davvero il suo padroncino e non ne faceva mistero con nessuno (vedi i nostri post del 12 luglio Simenon, Tigy e Boule... tutti in acqua!
quello del 29 giugno Simenon: una femme de chambre chiamata Boule  e il post del 21 novembre Liberge, detta Boule, la"femme de chambre" e di letto di Simenon).
Tigy e Simenon erano immersi nella vita notturna e nel giro della cultura d’avanguardia dell’epoca:
“… abbiamo lasciato Montmartre per Montparnasse. La maggior parte dei pittori rivoluzionari passano le loro serate a ‘Le Coupole’.  – ricorda Tigy - Qui la vita sprizza come le nuove idee, i ritmi incalzanti, il jazz,  il charleston. Sono gli anni folli del dopo-guerra. Al teatro de Champs Elysées ci sono i balletti negri che fanno conoscere Josephine  Baker, i balletti russi di Nikita Balieff o  La Création du Monde di Darius Milhaud… E non bisogna dimenticare il cinema d’avanguardia,…Georges sfoggia un soprabito rosso acceso e io un cappello a quadri arancioni. Bisognerà pure ‘étonner les bougeoises’?...”.

lunedì 5 settembre 2011

SIMENON. CONRAD E STEVENSON E I ROMANZI ESOTICI

Romanzi esotici. Questo era quello che scriveva  Simenon quando, nella prima fase, quella della letteratura popolare, atlante alla mano faceva un po’ quello che da noi faceva Salgari. Inventava storie avventurose in luoghi lontani, dove non era mai stato. Con qualche voce delle enciclopedie, qualche cartina geografica e forse qualche fotografia faceva scatenare la sua immaginazione e inventava romanzi brevi, racconti e storie. Quando la sua  letteratura smise di essere “alimentare” e gli concesse anche qualche “superfluo”, Simenon iniziò a viaggiare in tutto il mondo, prima per i canali della Francia e dell’Europa, poi traversando l’Africa e quindi spingendosi nei luoghi più esotici, come le isole del Centro-America,  quelle del Sud Pacifico. E al ritorno aveva immagazzinato nella propria mente una serie di ricordi di persone, luoghi, situazione, incidenti e avventure, che poi avrebbe sfruttato in diversi dei  suoi romans-durs.
E’ ovvio che con un tale predisposizione a viaggiare e a scoprire, tra i suoi scrittori preferiti ci fossero Conrad e Stevenson, scoperti tra gli otto e i dieci anni, quando a Liegi era uno dei più assidui frequentatori della biblioteca e divorava cinque /sei libri a settimana.
Il Simenon adulto però qualche appunto lo avanza, rimproverando per esempio a Conrad di non fare alcuna concessione al lettore comune (ad esempio: “…Conrad ci teneva a utilizzare i termini tecnici senza sentirsi obbligato a darne una spiegazione al grande pubblico..”)
E ci spiega perché questa osservazione , proprio da lui che aveva affermato più volte di non scrivere per tutti.
“… credo che avrebbe guadagnato a semplificare un po’ il suo stile. Perché il suo apporto è davvero universale e tutti avrebbero potuto trovare ‘nutrimento’ negli scritti di Conrad, ma molti ne sono allontanati da una certa pesantezza della forma o, più esattamente,  una certo eccessivo rigore…
E poi Simenon marca le differenze tra i suoi scritti esotici da quelli di Conrad, spiegando quelli suoi erano molto diversi, semplice frutto delle esperienze di viaggio, denunciando spesso il degrado e lo sfacelo di certi paradisi esotici e descrivendo, l’abbrutimento e il fallimento di molti europei che arrivavano in queste terre dopo disastri personali, economici, familiari, convinti di rifarsi una verginità e una vita in quella specie di “altri mondi”. “Esotismo realistico” lo potremo difinire, che affiancava una dura critica del colonialismo (soprattutto in Africa) dei paesi europei e delle condizioni in cui aveva ridotto gli indigeni.
A proposito di Stevenson, va invece registrata una sua critica, sia pur amichevole, a Simenon:  “…la sua curiosità e il suo acuto senso della satira l’avevano spinto a croquer sia gli altri che sé stesso, quando invece l’autore dei Dictées non si interessa che a sé, senza metterci la minima parte del suo genio. Certi critici, che non l’amano affatto, ne approfitteranno per giudicare  retrospettivamente l‘insieme dell’opera simenoniana alla luce di questi Dictées e, non senza cattiva fede, regolare i loro conti con un ‘mediocre Simenon’…”.
Non bisogna però scordare che proprio Simenon aveva avvertito:
“…Io mi considero sempre meno uno scrittore,  e ancor meno un romanziere, sento che mi allontano sempre più dalla letteratura…. Questi Dictées dimostrano che io sono abbastanza scherzoso di natura… Tutto questo non è che un divertimento, come tutti i miei Dictées. Alcune volta ne provo addirittura vergogna…. Io detto quindi io sono… In fondo non ho niente da dire… ma non possoo tacere… I miei Dictées non hanno nulla a che vedere con la letteratura… Dettare é diventato un bisogno, per così dire, ogni mattina io detto, non importa cosa, tutto quello che mi passerà  per la mente nel momento in cui avrò il microfono in mano…

domenica 4 settembre 2011

SIMENON. MAIGRET E MONTALBANO... SU "L'ARENA" NE PARLA CAMILLERI

Non che non ci sia proprio nulla in comune. Ma non si riscontrano, almeno a nostro avviso, analogie significative, nel linguaggio, nel modo di essere, nel metodo di indagine. Stiamo parlando di due celebri commissari. Uno da tempo molto famoso in tutto il mondo, il commissario Maigret, e uno che è sulla buona strada e che già ha una fama internazionale, il commissario Montalbano.
E invece spesso si scrive sui giornali, si sentono fare commenti alla radio o alla tv dove si sottindende che tra i due poliziotti letterari una qualche comunanza ci sia. L'unico punto di contatto concreto è la persona Camilleri produttore delegato Rai della serie di Maigret prodotta dalla Rai a metà degli anni sessanta (vedi il post del 4 agosto Simenon. Quando Camilleri lo incontrò) e da diversi anni autore della serie del commissario (anch'essa trasposta in un sceneggiato televisivo Rai).  Oggi il quotidiano veronese L'Arena intervista Andrea Camilleri a proposito del fatto che stasera gli verrà conferito il premio alla carriera dal Fondazione Campiello, una sorta di regalo di compleanno dal momento che martedì prossimo compirà 86 anni. Il giornalista Antonio di Lorenzo nella pagina della cultura di ieri gli ha fatto una seri di domande da cui ne abbiamo estrapolato tre che riguardano appunto i due commissari. Eccole qui di seguito.
Antonio di Lorenzo - Lei ha prodotto negli anni Sessanta anche il commissario Maigret televisivo. Chi le è più simpatico tra i suoi commissari?
Andrea Camilleri - Non c'è dubbio, Jules Maigret. Montalbano non mi è simpatico. Oltretutto a Maigret devo anche la mia tecnica di scrittore, che è la stessa di Simenon.
A.d.L.
- Vale a dire?
A.C. - Ero un produttore piuttosto puntiglioso e osservavo Diego Fabbri come lavorava alla sceneggiatura: smontava, destrutturava e rimontava le pagine.
Ho imparato da lì e messo da parte, mai immaginando che mi sarei messo a scrivere romanzi. Quando è successo ho tirato fuori quanto avevo imparato.
A.d.L. - C'è qualche differenza tra i due commissari?
A.C - Certo. Montalbano non si mette mai nei panni del morto, come invece fà Maigret. E poi Maigret è già sposato e sua moglie cucina benissimo. Montalbano non è sposato e Livia non è un granché in cucina...
Insomma qui c'è una conferma. E un'ammissione chiara. I due commissari sono diversi come poliziotti, hanno un approccio differente nei confronti delle indagini e d'altra parte le caratteristiche personali se non proprio antitetiche, si discostano assai, ma... C'è un ma. Camilleri ammette di essere debitore nei confronti delle inchieste di Maigret scritte da Simenon e addirittura definisce la propria tecnica di scrittore "la stessa di Simenon". Personalmente siamo lettori ed estimatori della prima ora anche di Camilleri e della sua serie con Montalbano. Ma sul fatto che la sua scrittura sia la stessa di Simenon, beh su questo non siamo d'accordo. Non si tratta di un giudizio di valore, ma di un'analisi approfondita di entrambe le serie e crediamo che la struttura narrativa, lo stile linguistico e l'approccio creativo di Camilleri sia molto diverso di quello di Simenon. Se meglio o peggio questo ce lo sapremo, o meglio, si potrà dire tra cinquanta, sessanta o settanta anni. Camilleri è letterariamente ancora giovane dal momento che, anche se ha iniziato a scrivere poco più di trent'anni fa', il grande successo e la popolarità sono venuti proprio con Montalbano, serie iniziata nel 1994, 17 anni fa' con 27 tra romanzi e raccolte di raccconti pubblicati ad oggi. Simenon, dopo diciassette anni dal lancio di Maigret ne aveva pubblicati 55 (più 65 romas-durs nello stesso periodo)... certo la quantità, non fà la qualità, ma il caso di Simenon certamente esula da questo luogo comune...