giovedì 3 marzo 2011

SIMENON, ALTO COMMISSARIO DEI RIFUGIATI?

No, non è una metafora. E non c'entra nulla con la tragedia dei rifugiati e dell'attuale tragedia degli sfollati dell'Africa mediterranea. Siamo nel 1940 e le truppe tedesche naziste hanno appena invaso il Belgio, la popolazione scappa da tutte le parti, ma dal Ministero degli esteri vengono delle indicazioni precise. La Charente è stata dichiarata zona d'accoglienza per i rifugiati belgi. E, grazie ad una comunicazione dell'ambasciata belga in Francia, Simenon viene a sapere che é stato nominato Alto Commissario per i rifugiati belgi.
L'ambasciata dà allo scrittore carta bianca per organizzare l'accoglienza, gli concede il diritto di requisizione, l'incarico di ripartire nel modo più adeguato la  distribuzione dei rifugiati nelle varie zone della regione.
"Partite stasera e  domani mettetevi a rapporto dal prefetto, il sindaco e le altre autorità.... - così concluse l'addetto dell'ambasciata - E' un ordine, soldato Simenon!"
E Simenon non si tira indietro.  Il primo compito era quello di sistemare oltre cinquantamila rifugiati in arrivo a La Rochelle, che si sarebbero ammassati sulle banchine della stazione. Ci sono diverse testimonianze dell'impegno e della gravità con cui lo scrittore prese l'impegno. " ...Era buono e generoso, ricordo la sua commozione e la sua efficienza quando arrivò in stazione il treno con i poveri rifugiati belgi - testimonia un osservatore francese - Si occupò di suoi compatrioti sempre con molta comprensione e con uno slancio d'entusiasmo...". Anche la Boule testimonia in tal senso. "...Quando non sapeva dove sistemarli, li portava da noi a Nieul e questo gli portava via gran parte del tempo. Talvolta li metteva in salone  e un po' dappertutto. Ma poi i tedeschi requisirono la casa e allora dovettero andarsene tutti.
Da questa esperienza durata oltre quattro mesi, Simenon trasse ispirazione per due dei suoi romanzi Le clan des Ostendais (1947 - Gallimard) e Le train (1961- Presses de La Cité)

mercoledì 2 marzo 2011

SIMENON E LE ULTIME PAROLE FAMOSE

"Ho scritto, per Fayard, nei tempi previsti dal mio contratto, diciotto o venti romanzi polizieschi. Questi sono stati tradotti poco a poco in tutte le lingue, compresi lo yiddish, l'esperanto e il giapponese. Diciotto mesi esatti dopo la firma del contratto, annunciavo allo stesso Fayard, che non comprese mai il perché della mia decisione:
- Abbandono il romanzo poliziesco.Ne ho abbastanza del personaggio di Maigret.
Credo che mi ritenne folle o almeno paranoico. Da bravo commerciante non poteva comprendere come si potesse abbandonare così una gallina dalle uova d'oro....Penso che mi capirete. Io mi sentivo, io mi credevo abbastanza forte da trascurare un'altra convenzione, un supporto di cui non avevo più bisogno. Io mi rapportavo ormai all'uomo, all'uomo nudo, all'uomo faccia a faccia con il suo destino, che costituisce, a mio avviso, la risorsa migliore del romanzo" .
A parlare così, anzi a scrivere,  e lo si sarà capito, era proprio Simenon, che ne L'age du roman (1943)  raccontava quello che succedeva una decina d'anni prima (nel 1934 per la precisione) quando la serie delle inchieste del commissario Maigret gli aveva dato un posto di tutto rispetto tra gli scrittori, popolarità internazionale e molti, molti soldi. Ma in quel momento Simenon pensava a diventare un romanziere e non solo uno scrittore. Era il traguardo che si era prefisso da quando aveva preso la decisione di lasciare il Belgio, il suo posto di redattore a la Gazette de Liége, la sua fidanzata Tigy e la sua famiglia.
Ma dovevano restare le "ultime parole famose", perchè sia pure dopo una pausa di otto anni, riprese a scrivere le inchieste del suo commissario quando scriveva per la Gallimard. Ne pubblicò poi un'altra ottantina, tra racconti e romanzi, fino al 1972.
Ma non per questo tralasciò il suo programma. Scrisse circa 150 tra romans-durs e romanzi a carattere autobiografico e tutto il mondo ne riconobbe il valore come romanziere, oltre al merito di aver creato Maigret.

SIMENON E BETTY, CINQUANT'ANNI FA'

Era il marzo del 1961 quando Simenon terminava la stesura di Betty uno dei suoi romanzi più intensi e famosi. Dopo mezzo secolo questo libro rivela ancora tutta la sua freschezza e l'attualità delle problematiche che pone. Ed è un romanzo che tocca particolarmente le donne. Commentava in rete una sua lettrice "Ma quanto mi piace quest'uomo? Ma quanto scrive meravigliosamente? Ma come fà ad avere in testa tutte quelle storie?... Betty è il tipo di donna che a Simenon piace molto, perché gli permette di tirare fuori la parte "meno bella e decorosa" (eppure spesso vera) di ognuno di noi..."
In effetti questo romanzo, almeno nelle intenzioni doveva chiamarsi Le Cauchemar (L'incubo) e questo già la dice lunga sul tipo di storia e di personaggio che Simenon ci racconta.
Betty è una donna insoddisfatta, non è gratificata dalla vita che conduce,  gli incubi passati che ancora incombono e la mancanza di speranza nel futuro. Lo scrittore ce la presenta nei bar parigini degli Champs-Elysées, in atteggiamenti molto disinvolti con gli uomini che la circondano, mentre beve cocktail oltre il dovuto... Ma non è una donnetta, il suo portamento e i suoi vestiti fanno pensare a ben altro. Chi si nasconde dietro quella figura, quale storia, quali aspirazioni, quali avvenimenti? E qui parte una sottile ed efficace esplorazione della psicologia femminile che Simenon conduce in modo magistrale, con un istinto e un'immediatezza particolari, analizzando l'animo di una donna allontanata dalla famiglia e privata dell'amore dei suoi figli. Ma non si tratta di un romanzo che abbia richiesto lunghe riflessioni e molto tempo a causa della sua complessità. Come ci informa lo scrittore stesso, anche in questo caso sono bastati i famosi sette giorni. La prima impressione però non è positiva se, messa la parola fine, si chiedeva "Ma perché tra qualche mese delle persone dovrebbero pagare per leggere questo libro?". Finita la revisione però si dice invece "abbastanza soddisfatto" e anzi azzarda che, in fin dei conti, potrebbe definirsi anche "molto soddisfatto". E ancora una volta Simenon conferma il fiuto del romanziere di razza e soprattutto dà prova della conoscenza degli uomini e anche dei suoi lettori. Betty in effetti si rivelò un successo long-seller, non fece molto clamore all'uscita, ma divenne uno dei romanzi di riferimento dell'opera simenoniana. Il successo è tangibile ancor oggi, dimostrato dalle dodici edizioni stampate dall'Adelphi (più di una l'anno) da quando pubblico nel 1992 il romanzo in concomitanza con la trasposizione cinematografica, diretta da Claude Chabrol, nello stesso anno, in cui il personaggio di Betty è interpretato da Marie Trintignant.

martedì 1 marzo 2011

ADIEU ANNIE GIRARDOT, PROTAGONISTA DE "IL COMMISSARIO MAIGRET"

Vogliamo qui ricordare  la grande attrice francese scomparsa ieri all'età di 79 anni. La Girardot, tra gli innumerevoli film in cui aveva interpretato ruoli di rilievo, partecipò anche alla pellicola diretta da Jean Delanoy, Il commissario Maigret, (1958) . Nel film la Girdardot interpreta il ruolo di  Ivonne Maurin, moglie di un sospetto serial-killer, messa dalla suocera in condizione di dover competere con lei sul piano affettivo nei confronti del marito. L'epilogo è drammatico e la matassa criminale e psicologica viene dipanata da Jean Gabin nei panni di un indimenticabile commissario Maigret. Adieu Annie.

SIMENON. UN'ALTRO FILM DA "LA NEVE ERA SPORCA"

Non accenna a diminuire l'interesse del mondo del cinema per i romanzi di Simenon.  Questa volta si tratta di un remake di un film francese del 1953, La neige était sale, allora diretto dal Luis Saslavsky e tratto dall'omonimo romanzo di Georges Simenon pubblicato proprio nel marzo 1948, prima sul settimanale La presse e poi come volume, per i tipi de Presses de La Cité.A portare avanti il progetto è la produzione Sigma Fim con la Amusement Park Films, e il film sarà diretto dal regista scozzese, David Mackenzie, 44 anni, che riproporrà nel suo Stain on the snow, scrivendone anche la sceneggiatura, la vicenda narrata nel romanzo di Georges Simenon, ambientata nel dopoguerra in un paese senza nome, raccontando le vicende di Frank Friedmaier, che non ha mai conosciuto il padre e la cui madre è tenutaria di un bordello. E' la storia di un uomo che è passato al di là della linea, come racconta spesso Simenon e che è scivolato negli abissi della delinquenza e del crimine. La sua mente è fredda e insondabile e il romanziere ci rivela l'ossessione di un'auto-tortura che si annida nell'animo di Frank, ed esplora la psicologia complessa di questo giovane criminale, mostrando anche come abbia una sua grandiosità, sia pur agghiacciante, e di come affronta gli interrogatori guardando dritto e spietato attraverso il suo destino.
Sulla data di uscita del film non si fanno ancora previsioni

SIMENON TIENE LA POSIZIONE

La classifica pubblicata dall'inserto TuttoLibri de La Stampa, di sabato 26 febbraio, riporta nella sezione "narrativa straniera", l'ultimo romanzo uscito in Italia di Simenon La Fuga del signor Monde (Adelphi) al terzo posto, e così tiene saldamente la posizione acquisita la settimana scorsa quando aveva esordito in questa graduatoria. Guadagna tuttavia qualche punto rispetto a Il profumo delle foglie di limone (Sanchez) e La mappa del destino (Cooper) che lo precedono.

mercoledì 23 febbraio 2011

AVVISO IMPORTANTE

PER MOTIVI IMPROROGABILI, QUESTA PAGINA NON SARA' PIU' AGGIORNATA FINO A LUNEDI' 28 GENNAIO. GLI AGGIORNAMENTI QUOTIDIANI DEI POST RIPRENDERANNO MARTEDI' 1 MARZO 2011

martedì 22 febbraio 2011

SIMENON E IL MAIGRET SPARITO

Il lancio dei Maigret vide l'uscita contemporanea di due titoli M.Gallet décédé e Le Pendue de Saint-Pholien (fine febbraio 1931) cui seguirono a ruota Le charretier de al Providence (marzo 11931) e Pietr-Le-Letton (primi di maggio 1931). Quattro titoli in poco più di due mesi, un ritmo da quindicinale. Poi, in tutto fino al marzo del 1934, un totale 19 titoli praticamente in tre anni. A quel momento Simenon aveva trentuno anni, pubblicava con Fayard ed era ormai entrato nel finale del periodo che lui chiamava letteratura semi-alimentare, la fase preparatoria per passare a quella dei romans durs si era conclusa, tanto che proprio nel '34 la produzione dei Maigret subì un'interruzione. Per poter leggere un'altra inchiesta del commissario i francesi dovettero attendere il 1942, (a parte la raccolta  del 1938/39 nei periodici Police Film e Police Roman).Insomma quasi otto anni di distacco dal  personaggio che lo aveva reso tanto popolare? Perchè?
Intanto Simenon credeva, in realtà, che la sua serie poliziesca fosse terminata lì. Tanto che con Fayard aveva iniziato a pubblicare dei romanzi, Le Relais d'Alsace (1931)  e Le passager du Polarlys (1932). E poi andiamo a vedere quello che successe nella sua vita in quegli anni. Nel 1934 lascia Fayard per la prestigiosa Gallimard, Poi iniziano i viaggi: il tour del Mediterraneo ('34), New York, Panama e Galapagos  e poi Tahiti, Nuova Zelanda, Australia, India e Mar Rosso ('35). Nel '38 entra in contatto con André Gide, diventando un suo protetto e cui dovrà parte della buona critica di cui godranno i suoi romanzi. Nel '39 nasce il suo primogenito Marc . Nel '40 scoppia la seconda guerra mondiale che vede Simenon e famiglia nei paesini della Francia centrale. E nel frattempo ha pubblicato oltre trenta romans durs.
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, fu la stessa Gallimard a far riprendere a Simenon la serie di Maigret.
Da una parte Simenon, come tanti creatori di personaggi celebri, temeva di rimanere intrapolato letterariamente come papà di Maigret, come era successo tra gli altri a Conan Doyle con Sherlock Holmes, a Rex Stout con Nero Wolfe. La situazione di Simenon però era molto diversa. Da una parte perchè rispetto ad altri gialli seriali, quelli di Simenon sono meno stereotipati, più letterari, proprio perchè sono dei gialli, già all'epoca, atipici, come atipico é il protagonista, che non è l'investigatore-super-eroe, dongiovanni, tutto azione e infallibile, stereotipo che dominava gran parte della letteratura poliziesca dell'epoca. La seconda riguarda il fatto che tra tutti i grandi giallisti, Simenon è l'unico che, oltre ad aver creato un presonaggio poliziesco di letteratura seriale di successo mondiale, ha prodotto anche molti romanzi mainstream, che é considerato da André Gide "il Balzac del '900", candidato più volte al premio Nobel. Poi però, una volta acquisito lo status di romanziere riconsosciuto dalla critica e con un grande successo tra il pubblico, Simenon probabilmente sicuro di non essere esclusivamente legato a Maigret, abbia continuato con maggior tranquillità, fino al 1972, a pubblicarne le inchieste.
Ma tutto questo basta a spiegare quegli otto anni di interruzione?

domenica 20 febbraio 2011

IL SESSO EXTRA-CONIUGALE DEI CONIUGI SIMENON/2

...(continua). Con la Denyse, la seconda moglie, le cose erano completamente diverse. Infatti la lora intesa sessuale era completa e di ciò Simenon le era molto riconoscente. Questo però non significa che avesse smesso di avere relazioni extra-coniugali o di frequentare prostitute. Ma anche qui l'atteggiamento di Denyse era molto diverso da quello di Tigy. Era un po' complice dell'effervescenza sessuale dello scrittore che sembrava non aver mai fine e d'altra parte lo assecondava apertamente e scientemente, sapendo che ostacolandolo avrebbe solo creato un muro tra loro e, prima o poi l'avrebbe perso. D'altronde lei stessa racconta vari espisodi a dimostrazione di questa situazione. Ad esempio, nella crociera che effettuarono verso l'Europa ci racconta che Georges era attratto da una giovane signora, chiamata la baronessina e di come questa una sera si introdusse nella loro cabina, si spogliasse e conivolgesse i Simenon in un mènage a trois. E sembra, sempre secondo Denyse, che non si trattasse della prima esperienza del genere. Una volta a Parigi, in occasione di una festa rievocativa del lancio dei Maigret alla Boule Blanche, Georges viene preso da un vero e proprio raptus e per sua stessa ammissione ha, in un solo giorno, rappporti con tre-quattro donne. Anche in America, ovviamente, le cose non cambiano. Una sera, in una festa data dal suo editore americano Hamish Hamilton, Simenon si lancia in una audace kermesse sessuale con una ragazza piuttosto su di giri, sulle scale della villa. Episodi come questi portebbero essere raccontti a decine, come le sue performance in Costa Azzura nel '56, quando aveva preso a frequentare i locali di strip-tease e ad avere rapporti con le ragazze che si esibivano. E Denyse scandalizzava le benpensanti mogli e donne che frequentava quando raccontava la libertà che concedeva al coniuge e delle loro esperienze in materia di sesso. a se lo poteva permettere. Non a caso Simenon scriveva in Quand j'étais vieux  che Denyse " ... è la sola donna nella quale sesso e amore si siano fusi. Con le altre non mi è mai successo..."

IL SESSO EXTRA-CONIUGALE DEI CONIUGI SIMENON/1

L'esuberanza sessuale di Simenon non è un mistero e le sue famose diecimila donne, quelle con cui lo scrittore aveva confidato di aver avuto rapporti nell'intervista per l'Express fattagli da Federico Fellini, sono ormai diventate un tormentone che scrittori, giornalisti, critici, presentatori radiotelevisivi usano e abusano, spesso per fare una citazione che faccia colpo, ma spesso in mancanza di argomentazioni più approfondite.Ma esploriamo ancora e addentriamoci nel mondo delle abitudini sessuali di Simenon e delle sue mogli.
La prima, Tigy, sappiamo che non assecondava la passione e la frequenza del marito nei loro rapporti sessuali. Ma in qualche modo era suo complice. Anche se ufficialmente non tollerava che il marito avesse continue e regolari scappatelle con altre donne, in realtà sembra facesse solo finta di non sapere. Ad esempio, è possibile che non conoscesse la travolgente storia tra Georges e Josephine Baker? In una Parigi pettegola e ciarliera, come poteva passare inosservato dal gossip modano l'amante di una star famosissima e idolatrata come la Baker? Simenon allora non era certo famoso, ma lei era sulla bocca di tutti. E' assai difficile che questa storia potesse essere così segreta da non essere conosciuta da nessuno. Ma è altrettanto strano anche che non influisse affatto sul comportamento di Georges e che lei, che lo conosceva da sette anni, prima come fidanzata a Liegi, poi come moglie a Parigi, non intuisse nulla. D'altronde anche i rapporti che tra Georges e la Boule, la loro femme de chambre, venivano consumati quotdianamente durante la regolare siesta del dopo-pranzo, andarono avanti per anni. E solo una volta trasferitisi in America, Tigy sembra che li scoprisse, dopo circa un ventina d'anni. Anche questa sembra difficile da credere, anche perché c'é la testimonianza della stessa Boule, secondo la quale Tigy sapeva benissimo tutto, ma faceva solo finta di essere all'oscuro di tutto... (continua).

SIMENON. UN ALTRO ESORDIO Al TERZO POSTO

Poco più di un paio di settimane. Questo il tempo che è stato necessario all'ultimo romanzo di Simenon, La fuga del signor Monde (Adelphi), per conquistare, almeno a quanto riporta la classifica apparsa ieri sul supplemento TuttoLibri de La Stampa. Infatti l'ultima uscita di Simenon la ritroviamo in terza posizione nella sezione narrativa straniera. E' ormai una routine cui siamo abituati e che si ripete puntualmente sia alle uscite dei Maigret che a quelle dei romanzi.

sabato 19 febbraio 2011

PER CHI VOTA SIMENON?

Conservatore o scettico egocentrista? Simenon non amava certo la politica, lo abbiamo già visto. Le sue performace giornalistiche a La Gazette de Liège  (questa sì conservatrice, anzi di destra) erano in linea con il giornale e venivano fuori da quel bouillon de culture, dal sapore conservatore, cattolico, con un pizzico di razzismo, condito con una buona manciata di moralismo e abbondantemente spruzzato di perbenismo.Ma quel Simenon aveva 17/18 anni. Una volta a Parigi, iniziato il suo percorso letterario e maturato dalle eserienze della vita, lo scrittore prende le distanze dalla politica, almeno a parole, e per esempio fà dire al suo Maigret (talvolta suo ...portavoce) "... sono felice di non aver mai dovuto districarmi nella politica...   oppure "io odio la politica" (Quand j'étais vieux 1970).
Anche un semplice atto come l'adesione ad una petizione, lo trovava dubbioso ed esitante. Come quella volta che era tentato di firmare per accordare il diritto di diserzione ai soldati francesi spediti in Algeria. Ma al dunque si tirò indietro, sospettoso e diffidente. "...Beh, prima di tutto non sono un francese - diceva a sé stesso Simenon - e poi provo un disagio davanti a certe strumentalizzazioni anche delle idee più nobili...".  E stigmatizzava "l'uso della politica per affari loschi e le mani sporche che bisognava stringere durante certi cocktail".
Ma la politica finì per interessarsi a lui. E fu quando, nel dopo-guerra, il Fronte di Liberazione Francese aprì un dossier-Simenon per i rapporti (e gli affari, vendita dei diritti per lo sfruttamento dei suoi romanzi per diversi film) che lo scrittore aveva concluso durante la guerra con la casa di produzione cinematografica Continental che, prestanomi francesi a parte, dipendeva addirittura da Joseph Goebbels. L'ombra del collaborazionismo aleggiava sopra di lui anche perché questo rapporto con la Continental, non gli aveva fruttato soltanto denaro, ma anche un lasciapassare in un periodo in cui nella Francia occcupata, anche spostarsi era un problema serio. Insomma la sua scelta professionale era stata in definitiva anche politica e le possibili conseguenze da una parte preoccupavano talmente Simenon che si ammalò gravemente (patologia psicosomatica?) e dall'altra lo spinsero ad iniziare i preparativi per la sua "fuga" dalla Francia, nei lontani Stati Uniti dove avrebbe poturo riprendere una vita nuova e senza più angosce... senza più dover pensare alla politica.
E quando tornò dagli Usa, andò a stabilirsi nel Paese più apolitico che esistesse in Europa: la Svizzera

venerdì 18 febbraio 2011

SIMENON: BELGA O FRANCESE?

Posta in questi termini la questione è chiara. Da un punto di vista della cittadinanza Simenon é nato a Liegi, da genitori belgi e anche dopo diversi anni che era in Francia rifiutò la nazionalità francese. Quando poi nacque Marc, il suo primo figlio, andò a Bruxelles perché la moglie lo partorisse in Belgio. E per altro quando Simenon decise a 19 anni di lasciare Liegi, il suo lavoro da giornalista a La Gazette de Liége, la madre, il fratello e una promessa sposa, non lo fece  perché gli piacesse Parigi, ma perché la città era allora la capitale internazionale della cultura e chiunque, musicista, pittore, poeta, scrittore che fosse ne era attratto inesorabilmente e lì aveva molto più chances di raggiungere i proprio traguardi.Ma, come ci fanno notare diversi studi critici, la società che Simenon ci racconta nei suoi romanzi, come in Maigret, è essenzialmente una società francese, parigina o provinciale ma sempre francese. Anche quando visse dieci anni in America, molti dei suoi romanzi facevano riferimento alla Francia, alla sua cultura, alla sua atmosfera. Insomma come scrittore è senz'altro francese e questo non vale solo per i romanzi, ma anche la sua attività giornalistica che si espresse in parte maggioritaria su quotidiani e periodici frnacesi.
Certo non ruppe mai il suo cordone ombelicale con il Belgio, ma la sua scelta di residenza dopo la Francia, furono gli Stati Uniti e infine, al rientro in Europa, la Svizzera. Certo ci sono romanzi, e anche famosi, ambientati a New York (Trois chambres à Manhattan 1947) o a Tahiti (Touriste de bananes 1937), come pure Maigret che indaga anche lui a New York oppure in Olanda. Ma nel complesso il suo iter formativo letterario si era compiuto in Francia, era cresciuto con editori francesi e, anche se come Simenon stesso diceva nei suoi scritti era alla ricerca dell' homme nu, cioè dell'uomo libero dalle sovrastrutture e dai condizionamenti cuturali, razziali, nazionali, non poteva comunque sottrarsi alla sua formazione prettamente francese. Per esempio anche quando viaggiava si presentava sempre come francese e in Quand j'étais vieux (1970 scriveva "...la Francia, il paese che mi è più vicino" oppure " ...Io non sono francese. Non abito nemmeno in Francia. Quando ne parlo però dico, quasi senza accorgermene, chez nous...

giovedì 17 febbraio 2011

SIMENON. FACILE SCRIVERE?... BASTA UN RITUALE E UN PROCEDURA?

Abitudine. Ripetitivita delle azioni. Oggetti indispensabili per il rituale. Ogni volta che si verificava l'evento. Cadeva in état de romans e poi piano piano scattava il rituale. Così lo descrive Simenon nel suo libro autobiografico Quand j'étais vieux (1970)."Ieri, verso le 15.45 mi sono sistemato in questo stesso studio, il "Do not Disturb" alle due porte, il caffè accanto a me, quattro dozzine di matite nuove accuratamente appuntite, un blocco altrettanto nuovo di carta grigiastra e la busta gialla con i nomi, l'età, gli indirizzi dei miei personaggi - una pila di orari del treno... Tende chiuse, macchina per scrivere e pipe ben pulite... In definitiva, una routine che ha finto per divenire una sorta di superstizione...". Detta così sembra facile, vero?

SIMENON, MATRIMONIO E LA LIBERAZIONE DELLA DONNA

In un'intervista del 1971 al settimale scandalistico Noir e blanc  il quale titola in copertina A bas le mariage, vive la liberté, Simenon si lancia in una serie di affermazioni che riguardano la donna, il matrimonio, la parità uomo-donna e la sua emancipazione. Spira ancora forte il vento del '68 e del femminismo. E lo scrittore, considerato un maschilista, per il suo "disinvolto" rapporto con mogli, amanti, prostitute (di cui per altro aveva un alta considerazione) sembra esserne stato raggiunto. Abbiamo qui voluto sintetizzarne le  frasi più significative e ve le sottoponiamo, ad ennesima dimostrazione di come la personalità, anche dei grandi artisti sia non solo complessa, ma anche mutevole e influenzata dal contesto sociale. Previsioni in qualche modo ottimistiche. Dopo quarant'anni le cose non vanno proprio tutte come allora pensava Simenon."Sì al matrimonio ... ma per non più di tre o sei anni. Il matrimonio, come lo intendiamo noi, diventerà obsoleto entro i prossimi 25 anni le coppie si uniranno per tre, sei o nove anni...
Oggi sono rari sono i giovani che aspettano un sindaco panciuto o un funzionario pubblico che dia loro il permesso ufficiale di dormire insieme. Se vogliono andare a letto o vivere insieme, semplicemente lo fanno. E' un comportamento molto più sano...
La liberazione della donna è un fattore importante, forse il più importante di questa evoluzione. Grazie alla pillola, la donna ha finalmente raggiunto la parità con l'uomo. Nel futuro sarà di sicuro lei la prima a cambiare partner. E la donna sa gestirsi molto bene. E' in grado di guadagnarsi da vivere ed è finanziariamente indipendente, interessata alla propria carriera, sarà lei quella in grado di dettare le proprie condizioni.
 In ogni caso, il milionario cinquanta anni, non abbandonerà più la sua compagna di mezza età per una stellina di 18 anni, perché non saranno solo gli uomini ad essere milionari. Già le star guadagnano quasi quanto un uomo d'affari e non sono più interessate al grigio dei capelli maschili...".

SIMENON. L'UOMO CHE GUARDAVA PASSARE GLI ANNI IN SVIZZERA

La copertina raffigurata, qui a fianco, è solo un gioco, non esiste nessun libro del genere scritto da Simenon e da nessun altro, tantomeno editato da una fantomatica casa editrice Noland.

Nei suoi ultimi trentadue anni Simenon visse in Svizzera. Ci arrivò maturo, a cinquantaquattro anni, al culmine della sua fama e con una produzione letteraria di gran livello. Anche se in crisi, ma ancora sposato con Denyse. Ci arrivò con i suoi tre figli, il quarto Pierre Nicolas arriverà nel 1959. Ma come mai la Svizzera?  Intanto va ricordato che in quegli anni la Svizzera era considerato uno stato ricco, con istituzioni e strutture efficienti. Certo non era un paese per poveri. Ma era anche la nazione dove coesisteva il rispetto delle tradizioni più antiche con l'attività finanziaria di livello mondiale in città come Zurigo. Era il paese dove la fiscalità, pur di attirare capitali, era molto benevola con le rendite finanziarie e le banche assolutamente discrete su depositi, conti correnti e relativi intestatari. Era la nazione dove tradizionalmente sopravvivevano insieme da secoli quattro culture, quattro lingue e quattro anime diverse, ma era anche il Paese che allora diffidava degli immigrati, relegati alle incombenze più umili e che non potevano nemmen sognare gli standard di vita degli svizzeri che li vedevano, in generale di mal'occhio, ma che poi li sfruttavano sul lavoro. Ma quello che affiorava e trapelava negli altri Stati era la nomea di un Paese tranquillo, pacifico (addirittura neutrale), dove un ricco poteva vivere molto bene, senza fastidi e essere ben accolto. Pulizia, ordine, precisione e sicurezza... E nel 1957, di ritorno dagli Usa, per le orecchie di Simenon tutto questo doveva essere una musica ammaliatrice.
C'é chi ci dice che quella fu una scelta  di tipo squisitamente fiscale (a quel tempo Simenon era ormai veramente molto ricco) altri sostengono che, dopo una vita ininterrotta di traslochi e di viaggi, il romanziere avesse bisogno di un porto tranquillo dove buttare le ancore e stabilizzarsi. Probabilmente sono vere tutte e due le introretazioni.
In realtà non si sarebbe sentito a casa sua in Belgio, (nonostante lì avesse ancora la madre) troppo provinciale, non la Francia che forse, dopo dieci anni di Stati Uniti, vedeva un po' calata, soprattutto Parigi che aveva ormai perso il ruolo di polo culturale internazionale che aveva ricoperto nelle prime decine degli anni del '900. Probabilmente Simenon non si sarebbe sentito a suo agio più in nessun posto e l'asettica Svizzera, soprattutto l'appartato canton di Vaud e le sue piccole e quiete cittadine, era l'ideale per un uomo di nessun posto, come ormai si sentiva Simenon.
A questo proposito, sedici anni dopo dichiarava ad un quotidiano di Losanna "Ho scoperto nella Svizzera un paese in cui c'è il rispetto per l'essere umano...Nessuno mi ha mai chiesto quali fossereo le mie idee politiche, religiose o filosofiche. Ho l'impressione di una grande libertà e di una grande discrezione..."
Discrezione, già, quello di cui Simenon aveva bisogno, per sè che invecchiava, per i rapporti familiari che si complicavano, per il suo lavoro che aveva più che mai  bisogno di concentrazione. Quando c'era da stare in prima fila l'aveva sempre fatto, ma adesso non aveva più bisogno di apparire. Questo era il tempo in cui tutti lo cercavano e semmai il suo problema era quello di rimanere tranquillo, in disparte,  "A l'abri de notre arbre", ("Al riparo del nostro albero" , rifugio simbolicamente rappresentato dal gran cedro del Libano che dominava il giardino della sua ultima piccola casa a Losanna), titolo di uno dei Dictée di taglio autobiografico pubblicato nel 1976.

martedì 15 febbraio 2011

SIMENON. IL GUSTO DI BERE E L'ALCOLISMO

A Simenon piaceva bere, non è un mistero. Il suo personaggio più famoso, il commissario Maigret, beve anche lui abbastanza, il calvados nei bistrot, la birra nella brasserie Dauphine, la prunella (quella fatta in casa dalla cognata alsaziana). Bevono anche diversi personaggi dei suoi romanzi, chi più chi meno, chi occasionalmente chi cronicamente. Insomma l'alcol sembra essere un elemento importante nella narrativa simenoniana, non tanto in sè ma per quello che evoca e cui rimanda.Simenon dichiarava tranquillamete in un intervista a Roger Stephane: "Non vedo alcuna vergogna ad essere ubriaco, non più che essere malati di cuore o avere un callo ad un piede...". Ma, al contrario, alcuni personaggi dei suoi romanzi come in Antoine e Julie (1953) spinti a bere da una serie di problemi, entrano in un vortice che li risucchia fino ad annegarli nell'alcolismo.
Ancora più esplicito in Le Fond de la bouteille (1949) Simenon scrive "Egli si sente appena un po' confuso, cammina ondeggiando leggermente, ma è certo che tutto ciò non si veda. Va verso i lavandini per guardarsi nello specchio e capire così se ha ancora diritto ad un altro bourbon...". E quando Simenon deve descrivere un ubriaco lo fa in modo asciutto, ma ordinario. Sale le scale a quattro zampe, non riesce ad infilare la chiave nella toppa, ed è uno al di la della linea (per usare un concetto simenoniano), che non riesce a raggiungere i suoi sogni, che ha delle aspettative troppo alte rispetto a quello che la vita reale gli può offrire e che soffre per tutto ciò. Simenon tocca questo argomento anche nel bellissimo Lettre a mon juge (1947) dove il protagonista, spiegando le cause del suo alcolismo, chiede retoricamente al suo giudice se motivi di questo tipo potranno mai essere capiti in un tribunale.
E Simenon era bravo a descrivere questo stato, tanto che un grande scrittore, e grande conoscitore della materia, per esperienza personale, Henry Miller scriveva in una lettera a Simenon "...ci sono pochi scrittori  capaci di esprimere questo universo di pensieri, sensazioni che è allo stesso modo universale, intimo e quotidiano..."
Infine una sorta di curiosità. Infatti anche se, come abbiamo detto più sopra, Simenon non considerava riprovevole essere ubriachi, nella famosa seduta del 1968 con gli psicoanalisti di Medicine et Hygiène, elabora una singolare teoria che suona un po' a giustificazione. "Ho scoperto un motivo fisiologico per cui bevo alcol: soffro un po' di aerofagia che si manifesta insieme a qualche vertigine; uno o due bicchieri d'alcol fermano o diminuiscono questo fastidio. Ma il giorno seguente l'aerofagia si ripresenta più forte e io aumento la dose d'alcol ed è l'inizio di un circolo vizioso.... La mia aerofagia credo sia decisamente di origine psicologica, mi prende qindici giorni o tre settimane prima di iniziare un romanzo - spiega Simenon ai medici che lo interrogano - In altre parole si verifica quando non mi sento su un terreno solido, quando penso di non riuscire a iniziare un libro e che non esista un motivo per cui questo miracolo, che si è verificato 180 volte, si verifichi ancora una volta. Ma dal momento che inizio il mio romanzo e mi metto alla macchina per scrivere, l'aerofagia scompare".

• APPELLO • LIBERTA' PER LE BLOGGER E I BLOGGER DI TUTTO IL MONDO

Tal al-Mallouhi blogger siriana di 19 anni è stata condannata oggi a 5 anni di carcere da un Tribunale per la sicurezza dello stato. Tutta la mia solidarietà a Tal al-Mallouhi e ai blogger che vivono in paesi dove democrazia e libertà di espressione non sono solo parole vuote, ma diritti che vengono negati e dove chi si ribella viene punito con la prigione, la tortura e qualche volta anche con la morte.
Lancio un appello affinchè i blogger di tutto il mondo, la stampa, l'informazione on-line, quella radio-televisiva, si mobiliti per Tal al-Mallouhi e per tutti gli altri blogger che si trovano nella sua stessa condizione.
I blogger in alcuni paesi sono l'unico strumento di informazione e l'ultimo scampolo di libertà, non permettiamo che venga soffocato anche questo, né oggi, né mai. 

lunedì 14 febbraio 2011

SIMENON, LE SUE COMPAGNE E... L'AMOUR

Da sinistra, Tigy, Denyse e Teresa.
L'amore con Tigy, quello dei diciassette anni, quello del matrimonio, quello che sogna il futuro. L'amore dei primi anni parigini, da giovanissimi sposi nella povertà che lottavano per sopravvivere, per vivere e per emergere. Esperienze che cementano un rapporto che reggerà anche quando l'amore non ci sarà più e in Simenon si accenderà la fiamma della passione per Denyse. Un rapporto che durerà anche dopo il  fallimento del secondo matrionio, come due vecchi amicizi affezionati e ancora attenti uno all'altro.
Georges e Denyse, la passione, il sesso, la trasgressione che Tigy non gli aveva mai dato. Il colpo di fulmine a New York. L'inizio di una nuova vita. Una relazione elettrica, tra il negativo delle pretese e delle crisi dell'ormai M.me Simenon e il positivo della completa indipendenza sessuale, che soprattutto lei concedeva a lui, ma anche del grande amore che Georges provava per lei. Poi la china. Una discesa lenta verso l'inferno di una Denyse alcolizzata, maniacale e sempre più tormentata dall'alternarsi di depressione e di esaltazione e iI marito sempre meno disposto a subire quella continua tensione e quelle furibonde liti. Un matrionio concluso infine con la stessa forza (allora passionale ora distruttiva) con cui era iniziato. Infine la separazione traumatica con Denyse che esce dalla famiglia, dovendo lasciare figli e marito per una casa di cura.
L'amore per Teresa, che era entrata nella casa dei coniugi Simenon come femme de chambre, e che invece fu accanto a Georges anche quando, ormai senza più moglie, con i figli ormai grandi, era rimasto solo e iniziava ad invecchiare. Di questo rapporto il romanziere ce ne dà sempre una descrizione idilliaca, di pace e di quiete. Il dolce carattere di Teresa e la sua totale dedizione sono elementi di inestimabile valore per quel periodo in cui Simenon si sente solo, scrive sempre meno, ha smesso di viaggiare, e si ritrova a fare una vita ritirata e quasi modesta. Teresa é la compagna della tranquillità cui si appoggia negli ultimi anni della sua vita, tanto da spingere Simenon ad affermare che con Teresa " ... ho conosciuto il vero, quello che io chiamo il vero amore, vale a dire l'integrazione tra due esseri...". (intervista con Bernard Pivot - 1981)

domenica 13 febbraio 2011

MINISTRI E POLIZIA...

"Quando si chiama un poliziotto per mandarlo da un ministro, c'è una storia più o meno sporca da coprire. E non si sa mai su quale terrenno si sta camminando". (Georges Simenon 1963 - da un 'intervista di Roger Stephane)

SIMENON... GRAFICO E PRECURSORE

Chi ha seguito un po' questo blog, avrà sicuramente capito che Simenon, non era uno che scritto il romanzo e inviatolo all'editore se ne disinteressasse. Almeno non negli anni trenta in cui, soprattutto nel periodo "Fayard", curava le sue pubblicazioni mettendo becco anche su quello che oggi chiameremmo strategia di comuncazione e sull'impostazione grafica delle copertine.A questo proposito SImenon, grazie anche alla sua eseprienza con i romanzi popolari, conosceva molto bene l'importanza dell'impatto del titolo, ma anche e soprattutto della copertina, che da sempre costituiscono il primo messaggio che colpisce il probabile lettore. Ad esempio le prime serie di Maigret edite da Fayard (1931-1932), sono molto ricercate dagli appassionati perchè si tratta di libri  con copertine fotografiche. Questo per l'epoca era un'innovazione di grande rilievo. Allora infatti predominavano o le copertine cosiddette tipografiche, oppure quelle con illustrazioni disegnate.
E questa era stata proprio un'idea di Simenon che, tra gli altri, frequentava anche un giro di fotografi, ormai divenuti amici e su questo aveva sviluppato una certa sensibilità (senza scordare poi che sua moglie, Tigy era una pittrice).
Questa scelta estremamente innovativa, si dimostrò efficace a tal punto che fu copiata da altri editori come Ventillard e addirittura Gallimerd per una delle sue collane (Chef d'Oeuvre), dove venivano pubblicati autori come Dashiell Hammett e Edgard Wallace.

SIMENON: ROMANZI POPOLARI, CONSEGNE, CONTI E RICAVI

Tra il 1923 e il 1930 la premiata ditta Simenon sfornava racconti, romanzi brevi, storie western, novelle sentimentali, avventure poliziesche e anche vicende più o meno licenziose. Centonovanta in tutto, scritti con diciannove pseudonimi,  nascevano nello studio di Siemenon, spesso con due o tre dattilografe, e lui che dettava contemporaneamente un racconto sentimentale, un romano d'avventura e una storiella piccante.  Insomma ormai era lanciato come un locomotiva e lui stesso raconta come funzionavano le cose in quegli anni. Ma spesso era lui che si sobbarcava da solo quell'onere non indifferente."Ero un fabbricante, un artigiano. Come un artigiano passavo ogni settimana a prendere gli ordini dagli industriali, cioè gli editori di romanzi popolari. E, come un artigiano, arrivavo a calcolare la mia quota di guadagno, in base al rendimento orario - Simenon lo scrive su Le Roman de l'homme (1960) - dicevo a me stesso: Vediamo un po', alla macchina per scrivere posso produrre 80 pagine al giorno, lavorando otto ore. Questo significa tre giorni per un romazo d'avventure di diecimila linee per 1500 franchi. Oppure sei giorni per un romanzo d'amore da ventimila linee per 3000 franchi. E così stabilivo il mio budget. Tante righe all'anno, tradotte in altrettante ore di lavoro, e avevo diritto ad acquistare una vettura. Con altre righe potevo permettermi un autista-fattorino che avrebbe potuto consegnare le copie del mio lavoro. E con ancora più linee potevo acquistare un'imbarcazione, di cui avevo una voglia incredibile... la crociera, le strade del mondo che mi si sarebbero aperte".
Simenon aveva paura di ri-passare quella linea che aveva appena varcato. Ora iniziava a essere richiesto, guadagnava bene e aveva oliato con scrupolo questa macchina di produzione. E aveva sempre il timore che (come avrebbe poi scritto in tanti dei suoi romanzi) qualcosa, anche di infima importanza, inceppasse il meccanismo e lo facesse di nuovo passare dalla parte dei poveri. E Simenon, comprensibilmente, non voleva tornare povero.
"... La povertà, come vedete, soprattutto la povertà subìta, immeritata, non genera solamente dei bei gesti. La povertà è laida. Perché l'uomo umiliato é uno scorticato vivo, dalle reazioni spesso inconsulte..." (articoli su France-Soir, rubrica Au chevet du monde malade -1945)

giovedì 10 febbraio 2011

QUANDO I GIORNALI CHIEDONO AIUTO A MAIGRET

E' successo diverse volte e ormai siamo abituati. Allegare libri ad un quotidiano o ad un settimanale con un piccolo sovrapprezzo dev'essere un'operazione promozionale che funziona (anche se l'Italia non è un paese per lettori) se dagli anni sessanta, dopo timidi tentativi, gli editori vi hanno fatto ricorso sempre più spesso.E Simenon, con la sua fama e la sua popolarità non poteva certo scappare, soprattutto con i Maigret, che sono sufficientemente popolari, ma già abbastanza letterari (semi-letteratura li chiamava lo stesso autore).
Per quanto riguarda Maigret l'ultima grande operazione è stata compiuta da il Corriere della Sera che nel 2010 pubblicò ben 60 titoli delle inchieste del commissario simenoniano. Poi come numeri di titoli va anche ricordata L'Unità che nell '93 ne allegò al giornale undici titoli (nella collana, "I gialli del lunedì" che comprendeva però altri autori).
Poi, andando indietro, per la verità troviamo titoli sparsi. Ad esempio Il cane giallo nel 2004 ne Le strade del giallo de La Repubblica. Andando ancora più indietro segnaliamo nel 1992 due uscite per il settimanale Il Sabato: Maigret e la casa dei fiamminghi e Maigret e il ladro pigro.
I capostipiti in tal senso furono il settimanale femminile Amica che nel 1964 uscì due volte con Simenon, allegando Maigret e la vecchia signora e Maigret a New York. Dopo una dozzina di anni scoviamo su Epoca, nella collana Giallo Estate 1976, Tre racconti di Maigret. Va ricordato che questi due ultimi erano settimali della Mondadori, la stessa casa editrice che allora deteneva tutti i diritti, e in esclusiva, sia per i romanzi di Simenon che per i Maigret.
Ma non solo libri si allegano, anche l'homevideo (ieri le cassette VHS, oggi i DVD). Ad esempio l'ElleU Multimedia, che raccolse le attività editoriali e in VHS de L'Unità, nel 2000 portò in edicola ben sedici episodi degli sceneggiati Rai, per la regia di Mario Landi, la sceneggiatura di Diego Fabbri e l'interpretazione di Gino Cervi.

mercoledì 9 febbraio 2011

SIMENON DOPO IL FIGLIO LETTERARIO... QUELLO VERO!

Siamo nel 1939. Il primo figlio letterario di Simenon, Maigret è nato già da otto anni e sono usciti già una quarantina di titoli tra romanzi e racconti. In quell'anno Tigy, la prima moglie, è incinta e un ancora giovane Simenon (33 anni) decide di farla partorire in Belgio. D'altronde per uno come lui, che da ormai diciassette anni vive in Francia, ma ha sempre rifiutato la cittadinanza francese, è decisamente comprensibile che voglia far nascere il primogento nel suo paese. Così lui e Tigy a novembre si trasferiscono al castello di Tervueren, nei pressi di Bruxelles. Marc, questo è il nome del neonato, nascerà il 19 aprile ad Uccle, località a circa un quarto d'ora dalla capitale.Vogliamo riportare qui i momenti della nascita del primo figlio, così come lo stesso Simenon li racconta nelle sue Mémoires intimes (1980) in cui si rivolge allo stesso Marc.
"A quell'epoca non si permetteva ai mariti di assistere ai parti delle mogli, perché si riteneva che avessero più bisogno di assistenza loro che la puerpera. Ero ancora una recluta, come si dice sotto le armi, ma ho potuto, molto più tardi, salire di grado e assistere, cuffia bianca in testa e camice da chirurgo, alla nascita di uno dei tuoi fratelli e quello di tua sorella. Senza dare fastidio a nessuno. In fondo era molto più angoscioso restare dietro le quinte, anche se lo scenario era un bel prato verde cosparso di margheritine e tulipani.
Finalmente, quando non osavo più guardare l'orologio, Yvonne apparve in cima alla scalinata esterna del padiglione e mi gridò, gioiosa:
"Vieni, presto!"
Non c'era alcun bisogno di affrettarsi, ma mi precipitai verso la camera, urtando le infermiere, e aprii la porta nel momento in cui Yvonne aggiungeva:
"E' un maschio...".(tratto da Memorie intime - pagina 93 - Adelphi 2003 - traduzione di Laura Frausin Guarino)

SIMENON FA' IL COW-BOY?

Nelle sue pergerinazioni da uno stato all'altro degli Usa, Simenon trovò una relativa traquillità quando si stabilì a Shadow Rock Farm, nei pressi di Lakeville nel Connecticut. Era il luglio del 1950 e vi rimase (viaggi a parte) per ben cinque anni. Lì nacque la sua unica figlia  Maire-Jo e la vita, come si dice con una frase fatta, gli sorrideva, Nonostante le tensioni, il rapporto con la sua seconda moglie Denyse era ancora molto buono e lui ne era allora davvero innamorato. Anche Tigy, la prima moglie, era sistemata a qualche chilometro di distanza, con il figlio primogenito Marc e l'immancabile Boule. Dal punto di vista professionale ormai era un arrivato. La critica lo stimava, il pubblico ne rinnovava il successo all'uscita di ogni nuovo romanzo o di un Maigret che fosse, i guadagni erano in costante aumento.Shadow Rock Farm, letteralmente fattoria all'ombra della roccia, era in realtà una vecchia costruzione industriale (forse una fonderia). Ma quando Simenon decide di comprarla, lo fa da un giornalista che l'ha completamente ristrutturata, pagandola poco meno di quarantamila dollari. ll fabbricato è ad un solo piano, ma con ben diciotto stanze ed è baciato dal sole. E il suo nome si giustifica perchè è tutto costrutita sulla roccia. Intorno, un piccolo paradiso: più di venti ettari dove sorge un bosco, si trovano acquitrini, prati a distesa, una palude e addirittura vi scorrono due ruscelli. E come se non bastasse, dalle sue finestre c'è una meravigliosa vista sulla bella vallata sottostante.
Simenon gioca un po' a fare il cow-boy. Beve birra nel bar di Lakeville, cura la sua terra, fa' amicizia con il barbiere, va a cavallo, indossa camice a scacchi e cappellone a tese larghe. Fa una vita tranquilla, certo non alleva bovini, né si spezza le reni sui campi, ma l'immagine è quella di un uomo che si trova a suo agio nei panni del padrone del ranch.
Quindi perchè Simenon scelse questo remoto angolo del Connecticut?
"Somiglia ai Vosgi e alla foresta di Fontainbleau!" esclamò appena vide il posto. E poi quella solida casa sulla roccia gli dava un insolito senso di sicurezza. E poi quei meravigliosi venti ettari che la circondavano. Insomma si ha l'impressione che il romanziere avesse trovato il posto giusto per placare un po' la sua anima pellegrina. Sottolineiamo inoltre come questo non sia stato certo un periodo di sospensione della scrittura. In questo periodo infatti scrisse venticinque romanzi, tra cui ricordiamo Les Mémoires de Maigret (1950), La mort de Belle (1951), Maigret, Lognon et les Gangsters (1951), L'Horologer d'Everton (1954), Maigret chez le ministre (1954), ovviamente tutti siglati "made in Shadow Rock Farm".

lunedì 7 febbraio 2011

ANNI '30. QUI LONDRA... ECCO SIMENON

L'inizio non fu dei più esaltanti. I lettori, sudditi britannici di sua maestà Giorgio V, quando nei primi anni trenta uscirono le traduzioni inglesi dei Maigret, riservarono loro una tiepida accoglienza. Come d'altronde era successo in Francia, la critica d'oltre Manica giudicò la serie dedicata al commissario di Quai des Orfévers niente più che letteratura poliziesca di discreto livello.Ma quello che viene fatto più risaltare sono i cosiddetti "record", piuttosto che le qualità letterarie. E' la maledizione contro cui deve lottare soprattutto il Simenon della prima ora. L'abbondanza della sua produzione e le velocità di scrittura, spostano l'attenzione dei più su queste performance, che sul contenuto. Non a caso il Sunday Dispatch sottolienea addirittura che "...scrive i suoi romanzi al ritmo di uno ogni undici giorni". Ad esempio l'Evening Chronicle di Manchester critica chi fa paralleli tra Simenon ed Edgard Wallace, scrivendo "che l'unico tratto che i due scrittori hanno in comune è la prolificità". E ancora siamo alla prevalenza della quantità sulla qualità. Migliore invece il giudizio che esprime il prestigioso Times Literary Supplement che fa notare "come le storie siano ingegnosamente costruite e ben raccontate". Anche se successivamente il successo di pubblico farà cambiare un po' la musica dei critici britannici, sostanzialmente negli anni '30 Simenon non riuscirà a scrollarsi di dosso questa nomea del narratore poliziesco e di una sorta di recordman della letteratura soprattutto popolare

domenica 6 febbraio 2011

PERCHE' SIMENON PIACEVA TANTO A ANDRE' GIDE

Dell'ammirazione che André Gide provava per Simenon abbiamo già accennato varie volte in queso blog. Cerchiamo questa volta di andare un po' più a fondo e partiamo dalla prima lettera che Gide scrisse a Simenon, fu una sorta di consacrazione e diceva "...si è creato un disdicevole equivoco su di voi. Siete considerato un autore popolare, mentre non vi rivolgete al grande pubblico, ma in realtà solo ai più raffinati...". E questo è un vero e proprio sdoganamento, perché, nonostante avesse iniziato a scrivere per le prestigiose edizioni Gallimard, Simenon per la critica si portava dietro l'immagine del prolifico autore di romanzi popolari e tutt'al più quella di un bravo narratore di vicende poliziesche. Ma non era quel riconoscimento come romanziere cui Simenon aspirava e per cui si era puntigliosamente preparato. E non a caso nella loro corrispondenza Simenon lo chiamava mon cher maitre. E di contro Gide " ...più mi immergo nel vostro lavoro e più vorrei continuare..".E il Nobel francese aveva un grande interesse per l'opera di quello scrittore così diverso da lui, opera senz'altro meno intellettuale e meno filosofica, ma con un autore capace di grande spontaneità, di andare dritto al cuore delle situazioni, di scrutare nell'animo e nelle passioni più profonde dell'animo umano. Quasi fosse intrigato dal capire come riusciva in quell'impresa. Il loro fu però sempre un rapporto dove l'amicizia si fermava ad un certo punto e in cui Gide comunque rimaneva il maestro. Ed era infatti una delle rarissime persone cui SImenon permetteva di leggere i suoi libri prima di consegnarli all'editore e forse l'unico da cui accettava consigli, suggerimenti e anche critiche. E d'altronde Gide non sembrava andare troppo per il sottile quando dichiarava: «Considero Simenon un grande romanziere, forse il più grande e il più autentico che la letteratura francese abbia oggi». Per un premio Nobel della Letteratura, che per almeno venticinque-trenta anni era stato considerato un punto di riferimento imprescindibile per il milieu culturale e letterario francese, non era certo poco.
Questo rapporto fece un gran bene alla considerazione di Simenon, non tanto da parte della gente, ma di quel sistema di critici letterari e scrittori che Simenon non amava frequentare. Ma la predilezione e la protezione di Gidecontirbuì non poco a fare pulizia di luoghi comuni, invidie, antipatie.
Ecco una frase per tutte, scritta nel '45 da Gide in merito a La veuve Couderec (1940) : "... c'è una straordinaria anologia con L'étranger di Camus (1942), di cui si è tanto parlato, ma va molto più lontano, pur senza averne l'aria, quasi inavvertitamente, il che, come sappiamo, rappresenta la massima dimostrazione dell'arte".

sabato 5 febbraio 2011

SIMENON NON E' PIU' UN ROMANZIERE?

5 febbraio 1973. Simenon ha settant'anni. Fa una regolare richiesta al consolato belga di Losanna di cambiare la dicitura relativa alla propria professione sul passaporto. Da romanziere a senza professione. Una decisione che non deve essere stata facile e che arriva un anno dopo la cosidetta crisi della pagina bianca che si era verificata per il romanzo che avrebbe dovuto chiamarsi Victor, per il quale non riesce nemmeno a tirar giù una scaletta. Ma non è solo questo. Ormai ha lasciato la faraonica villa di Epalinges e si è trasferito in un condominio, al'ottavo piano in un palazzone a Liegi. Ormai è rimasto solo con Teresa, mogli e figli hanno seguito ognuno il proprio destino. La ricchezza e lo sfarzo che lo hanno accompagnato durante i suoi anni migliori, ora iniziano ad essergli estranei. Non che sia povero, assolutamente! E proprio lui che sente il bisogno di una vita ritirata e modigerata, amorevolmente assistito da Teresa. Una vita fatta delle cose semplici di tutti i giorni. E il 7 febbraio concede un'intervista ad un quotidiano di Losanna, 24 heures, in cui annuncia pubblicamente di rinunciare alla letteratura. Così l'ultimo libro scritto sarebbe Maigret e Monsiuer Charles (1972). Il che non è proprio vero. infatti usciranno ancora altri libri di Simenon, ma saranno i famosi Dictées, cioè pensieri, considerazioni, commenti e ricordi registrati e poi sbobinati da una dattilografa. Saranno ventuno "dettati"  tra il 1974 e il 1980.E poi non si può ignorare l'ultimo grande sforzo. Quello che gli prenderà per la sola stesura quasi un anno, dal febbraio al novembre del 1980. Parliamo di Memoires Intimes (oltre 1000 pagine), uno dei suoi più importanti testi autobiografici, che sarà pubblicato l'anno seguente unitamente al Livre de Marie-Jo, la figlia venticinquenne che viveva a Parigi e che solo tre anni prima si era uccisa.
Insomma un Simenon in declino, un Simenon cui nemmeno più la scrittura, che per lui è stata una esigenza insopprimibile, a volte una terapia, a volte addirittura una salvezza, insomma una ragione di vita, ora non è più...vitale. Non cade più in état de roman, non si mette più nelle pelle degli altri e non cerca più  l'uomo nudo.
"...i romanzieri sono dei mostri che soffrono, si contorcono, si tendono, sudano  ore, giorni, mesi per cadere in trance - scriveva Simenon in "Problèmes du roman" (1943) - si sforzano di creare un mondo, con il rischio di scoppiare..."

venerdì 4 febbraio 2011

JULES MAIGRET: LA FICHE PERSONALE E QUELLA PROFESSIONALE

Facendo incrociare i dati raccolti dai libri di Simenon, da dichiarazioni, articoli e scritti vari, siamo riusciti a ricostruire una parziale scheda biografica (personale e professionale) del più celebre commissario di polizia del mondo letterario.
Profilo personale

Nome:        Jules, Joseph Anthelme
Cognome    Maigret
Nato nel:    1887
Nato a:       Sainte-Fiacre par Matignon (Alliers)
Padre:        Evariste, gestore di un castello con annesso  fondo agricolo
Madre:       Nome sconosciuto, casalinga
Studi:         Liceo e poi l'università, Medicina a Nantes, interrotta
Altezza:     1,80 m.
Peso:         110 kg.
Capelli:     color castano scuro
Stato civile: sposato il 12/1912 con Louise Léonard, alsaziana
Figli:          una figlia morta in tenera età
Domicilio: 132 boulevard Richard Lenoir (IV piano) - Parigi XI
Segni particolari: Fuma la pipa - Non ha la patente di guida - Amante del mangiare


Profilo professionale

1911  Ingresso nella polizia parigina - servizio di ronda in bicicletta
1913  Viene promosso  assistente-commissario dopo la soluzione di un caso
1917  Entra nella Brigata speciale e gli viene affidato un suo ufficio
1921  Dopo dei contrasti con il suo superiore viene trasferito in provincia
1924  Torna a Parigi, a Quai des Orfèvres, come commissario della Brigata Omicidi
1931  Promozione a commissario divisionario. Nuovo ufficio, con vista sulla Senna
1935  Ormi la sua fama lo porta spesso sulle prima pagine dei quotidiani parigini
1937  Inizia a pensare ad andare in pre-pensionamento
1940  Lascia Quai des Orfèvres e va in pensione
1942  Si trasferisce in una casa di campagna a Meung-sur-Loire
1946  Torna a Parigi per togliere dai guai il nipote, anche lui entrato in polizia
1950  Inizia a scrivere  "Le memorie di Maigret"
1951  Da  quest'anno non si hanno più notizie su di lui, né si sa quando è avvenuto il suo decesso

SIMENON E LE SUE DONNE IN DUE LIBRI

Oggi parliamo di Simenon et les femmes, un libro uscito da poco per le edizioni Omnibus - collana Carnet (Paris) a firma di Michel Carly che è andato a scavare in uno dei temi più ghiotti (e più ricchi) dell'universo simenoniano. E donne non vuol dire necessariamente mogli e amanti. Infatti si parla anche della madre con cui ebbe tutta la vita un rapporto conflittuale e che influenzò non poco la relazione Simenon-mondo femminile. Ma troviamo anche letterate come Colette, importante soprattutto per gli inizi della sua attivita di scrittore. Non mancano le prostitute di alta classe, quelle dei piccoli bordelli e quelle incontrare nei suoi viaggi, oppure l'anticonfomista modella parigina Kiki de Montparnasse. La storia con Josephine Baker. Carly ci racconta di questo rapporto con le donne, ce è il frutto di un lavoro minuzioso e decennale, su scritti, interviste, affermazioni, romanzi autobiografici e non, sfatando luoghi comuni, ma soprattutto scoprendo, anche con un ricerca sui romanzi dello scrittore, come le tantissme donne da lui consociute (anche biblicamente) fossero poi trasposte nelle sue storie. Storie che in definitva offrono un panorama dell'universo femminile assai articolato e niente affatto stereotipato.Quasi a far da riscontro a quello che ha scritto Michel Carly, l'Omnibus ha nel suo catologo un poderoso libro (1088 pagine) dal titolo quasi simile  Romans des femmes, che invece è una raccolta di dieci titoli simenoniani dove in ognuno si trova una donna diversa. Insomma un buon complemento da leggere dopo il libro di Carly. Ecco i titoli dei dieci romanzi:
•La Nuit du carrefour (Maigret) - 1931
• La Veuve Couderc - 1940
La Fenêtre des Rouet - 1945
• Le Temps d'Anaïs - 1951
Marie qui louche - 1952
En Cas de malheur - 1955
• Strip-tease - 1957
• La Vieille - 1959
Betty - 1960
La Prison - 1968

martedì 1 febbraio 2011

SIMENON E LE LEGGENDE METROPOLITANE DURE A MORIRE

Sul sito booksblog.it, ieri è stata messa on line una recensione di un libro, meglio una sorta di manuale formato e.book, Vendere il tuo libro con successo, scritto da Stephen Brown. E booksblog.it spiega che la letteratura "...abbonda di esempi di scrittori che si sono rimboccati le maniche per farsi conoscere (e non parliamo di autori sconosciuti, ma di grandi nomi) che spesso (ma non sempre) avevano uno spiccato senso per la vendita e per gli affari e che sapevano reinventarsi per poter essere sempre sulla cresta dell’onda. Un esempio?..."Qual è il primo esempio citato? Georges Simenon. E perché? Beh, crediamo perché, avendo venduto alcune centinaia di milioni di libri in tutto il mondo, non poteva non esser preso in considerazione da mister Brown, che per dimostrarlo scrive: "Georges Simenon, incontenibile autore di racconti polizieschi campioni di incassi, vendette se stesso grazie alla forza della sua prodigiosa produttività (e promiscuità) e a un certo punto si rese disponibile a scrivere una storia di Maigret in una gabbia di vetro, di modo che i lettori curiosi potessero guardarlo mentre creava un altro capolavoro. A ogni modo, dopo aver generato un’enorme risonanza pubblicitaria e non pochi commenti negativi in merito al suo sfacciato comportamento, Simenon cambiò idea sulla propria trovata, attirando in tal modo un interesse ancora maggiore".
Alcune precisazioni.
Intanto nella sua carriera Simenon ha scritto più romanzi che inchieste del commissario Maigret. Che la sua produttività l'abbia aiutato ad imporsi è fuor di dubbio. Ma la promiscuità? Quale? Quella sessuale, quella sociale, quella dei generi da lui frequentati nel periodo dell'apprendistato, prima dei Maigret? Questo non è dato da sapere, almeno dal brano riportato da booksblog.it. La storia della gabbia di vetro è una leggenda metropolitana. L'abbiamo già raccontato e spiegato in un precedente post. C'era un progetto in merito, ma poi non se ne fece più nulla. Ma ancora oggi, a distanza di ottantaquattro anni, dopo smentite sulla stampa, dpo biografie, interviste, dopo le dichiarazioni dell'autore e dell'editore, Eugene Merle, se ne parla ancora. In secondo luogo, dentro quella gabbia Simenon non avrebbe potuto scrivere un romanzo di Maigret. Siamo infatti nel 1927 e Simenon pubblicò la prima inchiesta del commissario solo nel 1931 (scritta con altre tre inchieste nel '30) e non per Merle, bensì per Fayard.
La tesi poi che la storia della gabbia di vetro l'abbia agevolato "attirando un interesse semre maggiore" é del tutto falsa, difatti Simenon fece di tutto per farla dimenticare al più presto, perchè non faceva che danneggiarlo come scrittore... Non ci pare certo un esempio da portare per vendere il proprio libro con successo..

lunedì 31 gennaio 2011

SIMENON TIRATO IN BALLO SULLE POLEMICHE CON SAVIANO

Siamo nella cronaca più stringente. Le accuse che quelli del centro-destra rivolgono a Saviano, reo, a loro avviso, d'aver accettato la laurea Honoris causa in Giurisprudenza dall'Università di Genova e soprattutto di averla dedicata ai magistrati della procura di Milano, quelli che lavorano alla preparazione del processo a Berlusconi, Fede e Mora. E succede ancora e stavolta, in una lenzuolata domenicale de Il Foglio. Insomma questo Buttafuoco, tale il cognome di chi ha scritto questa sorta di lettera dal "tu" confidenziale a Saviano, lo invita a "non assomigliare ai suoi lettori". ".... E ti chiedo: - scrive  letteralmente il Buttafoco - perché, tu che non somigli a nessuno, vuoi assomigliare ai tuoi lettori?". Domanda lecita, ma poco comprensibile. E per spiegare perchè Saviano voglia somigliare ai suoi lettori (ma lo vorrà davvero? n.d.r.) e se effettivamente gli somigli, tira in ballo Simenon. Perché direte voi? Preferisco non spiegarlo con parole mie, ma mi affidarvi all'eloquio raffinato dell'articolista. "..Guai se Georges Simenon, che è un genio, risultasse identico ai viaggiatori negli scompartimenti, i suoi lettori. Sarebbe solo un disturbato incapace di vedere la propria vita. Magari sarebbe in grado di uccidere. Ma non di scrivere e di scappare via da quel mondo...". Forse, non sicuro di aver fatto comprendere appieno il concetto, ricorre anche ad una citazione virgolettata delle parole di Simenon (di cui però non ci rivela né quando né in che occasione siano state dette o scritte). "Sono partito – così confessò – proprio per non commettere quei delitti di cui mi sarei volentieri macchiato se fossi rimasto in provincia” . E poi continua citando Carmelo Bene, Baudelaire, la Carrà (sì proprio Raffaella, la soubrette televisiva) andando avanti per oltre 16.000 battute (quasi nove fogli A4) di cui vi risparmiamo anche solo un succinto riassunto.Onestamente dobbiamo ammettere che non siamo riusciti a comprendere il messaggio inviato a Saviano (o forse in questa sede non ci interessava così tanto).
Però vorremmo capire a che titolo e per quale motivo il Buttafuoco abbia citato Simenon. Primo perchè consideriamo un'abitudine disdicevole, tirare per la giacchetta grandi uomini scomparsi per ridurli a testimonial delle proprie teorie (tanto loro sono morti e non possono smentire). E poi anche perchè questa ipotesi sulla provincia che fomenterebbe istinti delittuosi, ci risulta strana in bocca a Simenon. Infatti della provincia parlava solitamente bene. Ad esempio nel 1934 in un'intervista a Carlo Rim, giornalista del magazine Marianne, affermava adirittura: "Se sapessi come la provincia pulisca bene sia il cuore che lo spirito! Macinare chilometri dando la schiena a questo villaggio di granchi che chiamano la capitale, ecco il modo ancora più sicuro per riconsiderare i valori e ritrovare il proprio equilibrio".
E questo ingarbuglia ancor più il significato delle parole del Buttafuoco, che non abbiamo la fortuna di conoscere personalmente, ma che da quanto scrive ci lascia alquanto perplessi.
Anche perchè una testimonianza davvero inoppugnabile a favore della provincia è proprio la vita stessa di Simenon. Appena può si stabilisce a vivere, nemmeno in una piccola città, sceglie addirittura paesini e borghi.
Nel '32 dopo aver lanciato Maigret, Simenon lascia Parigi e va a stabilirsi a La Richardiére un residenza a Marsilly, vicino a La Rochelle. Nell'autunno del '38 si trasferisce non lontano, a Nieul-sur-mer. Nell'agosto del '40 va addirittura a vivere a Vervent, nella foresta di Vouvant. Poi dopo qualche mese va ad abitare in un castello a Fontenay-le-Comte. Nel '42 ancora cambio di domicilio, ancora una volta in un paesino, Saint-Mesmine-le-Vieux fino al '45. E quando passa dieci anni in America fa lo stesso. In Canada non sceglie né Ottawa nè Toronto, ma Sainte-Marguerite-du-Lac-Masson (Quebec) prima e poi Saint-Andrews. E negli Usa non cambia nulla, non troviamo New York, Chicago, Los Angeles, San Francisco.... niente di tutto ciò. Ma Bradenton Beach (1946) e Silver Springs (1947) entrambe in Florida. Poi l'Arizona prima a Tucson (1947) e poi fino a Tumacacori (1948) al confine con il Messico. Quindi è la volta di Carmel-by-the-sea in California e ancora a Reno in Nevada nel 1950. Quindi la pausa di qualche anno (fino al 1955) nella fattoria Shadow Rock Farm a Lakeville in Connecticut. E quando torna in Europa decide di stabilirsi in Svizzera e i luoghi sono ancora provinciali. Prima qualche tempo ancora in Francia, a Mougins (Alpi Marittime), poi nelle elvetiche Echandens (1957) ed Epalinges (1963). Solo la vecchia e le malattie lo costringeranno negli ultimi diciassette anni della sua vita a trasferirsi a Losanna, alla fine del 1972.
Adesso anche voi siete chiaramente documentati sulla preferenza di Simenon per le piccole realtà provinciali.
E, se mai ci leggerà, anche il Buttafuoco, che di nome fà Pietrangelo.

domenica 30 gennaio 2011

SIMENON E IL PASSAGGIO DELLA LINEA DI MONSIEUR LE MONDE

A metà del prossimo mese Adelphi pubblicherà La Fuga del signor Monde, uno dei romanzi che fanno parte della serie che raccontano il famoso "passaggio della linea", così caro a Simenon. Come abbiamo già detto altre volte, si tratta del salto da una condizione di normalità, benessere e rispettabilità ad una di difficoltà di emarginazione e a volte anche di discesa progressiva nella criminalità, ma anche viceversa. Ne riferiva anche l'inserto "Tuttolibri" de La Stampa, in edicola ieri, che gli dedicava una presentazione recensione. Si tratta di un romanzo particolare per quanto riguarda la sua prima edizione. Il romanzo fu infatti scritto da Simenon nel 1944 quando era ancora in Francia a Saint-Mesimine-le-Vieux, con la seconda guerra mondiale in pieno svolgimento. La pubblicazione avvenne invece nel '47, a conflitto concluso, quando Simenon per sfuggire alle indagini del Fronte di Liberazione Nazionale francese, era ormai arrivato e sistemato negli Stati Uniti. Che un suo romanzo uscisse qualche anno dopo la sua scrittura non era certo una eccezione, ma piuttosto una consuetudine. Ma qui siamo in un periodo particolare. Infatti Simenon aveva consumato la traumatica (per l'editore) rottura con Gallimard ed era già apparsa la prima edizione con Presse de la Cité (Je me souviens - gennaio 1946). Ma si era ancora in un fase di passaggio. Infatti un altro romanzo uscì ancora per Gallimard (Le cercle des Mahé - 1946), ma un paio di romanzi di quel periodo furono editi da una terza casa editrice. Si trattava di un piccolo editore, La Jeune Parque, che oltre La fuite du Monsieur Monde ('47), aveva pubblicato anche La Fenetre des Rouet ('45) scritto addirittura nel '42. Il motivo stava nel fatto che il proprietario di quella casa editrice lo aveva aiutato nella sua "dipartita" dalla Francia e questi due romanzi erano un sentito segno di riconoscenza di Simenon. Ma la cosa si chiudeva lì. Infatti il suo gran successo seguente fu quello di Trois Chambre à Manhattan (1947) e fu edito da Presse de La Cité .Tornando a La fuga del signor Monde, abbiamo detto che possiamo identificarlo con i romanzi del passaggo della linea. Qui infatti uno stimato imprenditore, Lionel Monde, con famiglia e buona reputazione, un certo giorno sparisce. Cambia la sua faccia, tagliandosi i baffi, cambia la sua persona vestendosi come un vagabondo, cambia anche il suo nome. Lascia soldi, lavoro, ma anche un rapporto insoddisfacente con la seconda moglie. La sua vita da un giorno all'altro diventa così quella di un senza meta, di un "diverso" senza programmi, libero sì, ma con un sottofondo drammatico. Il protagonista ha passato la linea ed ora si trova nel mondo in cui non è più nessuno e dove nessuno si interessa a lui. Come ha commentato Simenon in una lettera a Gide "...questo è un tratto di  fredda e lucida disperazione che io credo di aver reso particolarmente tangibile ne La fuite de M. Monde".Il romanzo tra l'altro toccò particolarmente anche Colette, come dimostra una sua lettera all'autore.
Ma Lionel Monde nella sua fuga verso il Sud, incontra una giovane donna che salva dal suicido e con cui stringe una relazione. I due si stabiliscono a Marsiglia finchè un giorno, per caso, Lionel incontra la sua prima moglie. E' un colpo per entrambe e da lì inizia la rincorsa di Lionel per passare di nuovo la linea, questa volta in senso inverso, per riprendersi il suo mondo. Ma ci riuscirà?

SIMENON, UNO SCRITTORE CITTADINO DEL MONDO?

Il carattere, l'opera e la vita di Simenon hanno fatto sempre discutere. Chi lo riteneva un furbo, non privo di talento certo, ma scaltro venditore di una letteratura, in definitiva popolare, ma soprattutto di sè. Insomma un inconsapevole esperto nel marketing  di sè stesso, in un 'epoca in cui questo era un concetto ancora di là da venire. Altri, come il Nobel Andrè Gide, lo definiva il Balzac del '900 (tanto per ripetere ancora una volta un parere che tutti già conoscono). E poi paragoni e similitudini con Dickens, Dumas, Gorki, Conrad, Maupassant...Ma insomma chi era effettivamente Simenon? Certo la sua storia personale è costellata di ombre, non tutte tra sue innumerevoli opere sono dei capolavori e aveva uno spiccato senso degli affari, ma questo direbbe ben poco, si tratta per un verso o per l'altro di qualcosa comune a quasi tutti gli scrittori, meglio, agli artisti  e, meglio ancora, a tutti gli uomini.  Altra peculiarietà più volte rilevata è costituita  dai suoi continui spostamenti che vengono sovente additati come il segno di un'instabilità di carattere, di insicurezza, del fatto di non sentirsi bene, in modo completo, in nessuna parte del mondo e con nessuno.
A nostro avviso, non bisogna nel contempo dimenticare il risvolto positivo che come scrittore questo suo carattere instabile ha comportato. Esperienza personale e letteratura, per chi conosce bene biografia e bibliografia di Simenon, non può non accorgersi dello stretto legame tra le due cose. E non come succede per chiunque scriva che, indipendentemente dal fatto che trasponga sulla pagina aspetti autobiografici o racconti storie, mette comunque qualcosa di sé stesso nei suoi scritti. No, nel caso di Simenon si tratta di una più complessa rielaborazione di stati d'animi, della conoscenza spesso profonda di ambienti, mentalità, modi di vivere, di persone che si intrecciano con una storia (perchè Simenon è un narratore vero), che viene sostenuta da un consistente impianto psicologico (perchè Simenon è un profondo conoscitore e analista dell'animo umano) storie caratterizzate da atmosfere credibili e coinvolgenti (perchè Simenon è un acuto osservatore degli ambienti che frequenta, dove riesce a inserirsi e assorbirne umori, relazioni, costumi...).
Se a tutto questo aggiungiamo la sua ricerca dell' "uomo nudo", (cioé dell'essere senza sovrastruture sociali e culturali, quindi dell'essenza umana), abbiamo il profilo di qualcuno che ha avuto esperienze e conoscenze non comuni e importantissime per la sua narrativa. Tutte cose che poi si miscelavano con il suo innato talento nello scrivere e nel narrare. Qui e così nascono i romanzi di Simenon, i romans-dur, come lui li definiva.
E il suo peregrinare nel mondo attraverso continenti, nazioni, città e domicili diversi, il suo frequentare bettole, ambienti borghesi e il bel mondo non faceva altro che, da una parte, arricchire il suo bagaglio di esperienze, e, dall'altro, allargare la sua mentalità, a tutto vantaggio della qualità e della profondità di quello che scriveva.

sabato 29 gennaio 2011

SIMENON, LE MATITE E UNA MACCHINA DA SCRIVERE

Anche la tecnica ha la sua importanza. Simenon per un lungo periodo ha scritto a mano. Poi iniziò con i Maigret ad utilizzare la macchina per scrivere. Quelli li componeva direttamente alla macchina. Questa esperienza lo portò ad utilizzarla anche per i romanzi. Ma prima, nel pomeriggio, scriveva un capitolo a mano, poi la mattina dopo lo batteva a macchina. Questo spiegava lo stesso Simenon a Bernad de Fallois e a Gilbert Sigaux:" Dopo i primi romanzi americani, redatti in America, scrivevo a mano con la matita una sorta di brogliaccio il giorno prima, nel pomeriggio. La matina dopo lo battevo a macchina e poi di nuovo, il pomerigio scrivevo a mano il capitolo del giorno dopo. Alla fine, circa quattro anni fa', mi sono detto che forse con questo sistema  finivo per avere un stile letterario - letterario nel senso negativo del termine - a forza di scrivere a mano, si è tentati di ripegarsi su di sé. Perché non scrivere, come per i miei primi Maigret, cioè  direttamente a macchina? Ed  è con Le Chat (1966) che ho iniziato con la macchina per scrivere. Ho messo da parte tutte le mie matite. E credo che questo abbia contato non poco, perché così mi sono ritrovato a scrivere in diretta".Scrivere "in diretta". Un po' tardi, ormai Simenon erano più di quarant'anni che sfornava romanzi e di li a sei anni avrebbe smesso di scrivere. Ma ci sono delle altre motivazioni. "Quando uno scrive direttamente a macchina, oppure registra, è trascinato dal ritmo dell'apparecchio, che si tratti della macchina per scrivere o del registratore. Non si ci si ferma per rileggere o revisionare gli ultimi periodi, per fare delle correzioni ... Ebbene infine mi sono accorto che prima non resistevo a tagliare certe parole inutili, avverbi, frasi che forse erano eleganti, ma non erano vive... Allora da un giorno all'altro, come per succede per tante le cose, ho ripreso la mia vecchia abitudine di improvvisare direttamente sulla mia machina". (Dictée - dicembre 1978)

venerdì 28 gennaio 2011

SIMENON NEL WEST

Segnalazione breve • Nell'Almancco del West, edizione 2011, che è da poco uscito per i tipi della Sergio Bonelli Editore, e compilato da Mauro Boselli  per i testi e da Giacomo Danubio per i disegni, vogliamo ricordare che oltre ai fumetti raccoglie una rassegna su film, libri e videogiochi dell’anno appena trascorso. Questa volta, tra gli altri, è stato inserito anche Georges Simenon con il suo romanzo, considerato  "western", Il ranch della giumenta perduta scritto nel 1947, quando viveva in Arizona, a Tucson.

giovedì 27 gennaio 2011

MAIGRET HA ISPIRATO ANCHE "MARIA & I SUOI AMICI"

Le notizie che ruotano intorno a Simenon, non finiscono mai di saltar fuori da dove uno meno se lo aspetta. Questa, ad esempio, è di ieri. Maria De Filippi ha letto Simenon. Sì, pure lei. Lo ha rivelato oggi lei stessa a Deejay chiama Italia a Linus e Savino. La Queen of the Friends della tv berlusconiana, nel 1933, prese in mano la  conduzione della trasmissione Amici, alla sua seconda edizione. Visto lo scarso successo della prima, racconta la De Filippi, corse ai ripari pensando bene di fare qualcosa: "Così ho passato tutta l'estate a leggere i gialli di Simenon e a fare dei riassunti". A suo avviso questo l'avrebbe aiutata a raccontare le storie dei ragazzi in studio.La notizia non farà saltare sulla sedia nessuno, né sposterà la storia della letteratura moderna. Ma qui si parla di Simenon anche quando la notizia (se così vogliamo chiamarla) sfiora il pettegolezzo.

L'IMPORTANZA DI "CHIAMARSI" GALLIMARD... ANCHE PER SIMENON

Gallimard. In Francia negli anni trenta era l'aspirazione di ogni scrittore. Avere un proprio titolo nel suo catalogo significava essere arrivati o perlomeno essere riconosciuti come uno scrittore di un certo futuro. A trent'anni insieme ad altri due soci, André Gide e Jean Schlumberger, aveva fondato un giornale culturale la Nouvelle Révue Francaise, divenuto ben presto con la sigla Nrf, un'icona per la cultura che accompagnerà tutta la vita anche la casa editrice che oggi compie cent'anni e di cui, dopo solo due anni dalla fondazione, rimane il proprietario unico. Gaston Gallimard, nato nel 1881, era un uomo con un gran fiuto per gli affari, ma anche con la cultura e la necessaria lungimiranza per capire quanto valeva o dove poteva arrivare uno scrittore. Gide rimarrà nella sua scuderia, si farà scappare Proust, ma tra alti e bassi la casa editrice inizierà poi a funzionare. Otterrà l'esclusiva per autori come Conrad, Kafka, Pirandello. E in seguito il suo catologo vedrà, tra gli altri, i nomi di  Milan Kundera, Antonin Artaud, Albert Camus, Jean Paul Sartre, Céline, Simone de Beauvoir, la Yourcenar, Jean Genet, André Malraux, Ionesco, Marguerite Duras, Patrick Modiano... E ovviamente anche Simenon, come abbiamo già detto.Ma andiamo a vedere cosa singificò passare da un editore come Fayard  a Gallimard. Intanto Simenon strappò un contratto talmente favorevole al punto tale che "monsieur Gaston" lo tenne segretissimo, per evitare lamentele di altri autori, anche importanti, che scrivevano già da anni per lui.
Simenon forse non lo sapeva, ma Galimard sì. Quelle condizioni non avrebbero fatto guadagnare un franco all'editore, ma gli avrebbero assicurato un autore che per qualità, ma anche per quantità, sarebbe stato un nome di punta della casa editrice. Certo, pur non ancora famosissimo, Simenon costituiva per Gallimard un autore un po' ingombrante cui fare spazio. Sia per quella sua comunicativa o, se vogliamo, per quella sua innata sensibilità alla comunicazione nei confronti del pubblico che lo metteva sovente in prima fila. Sia per la sua prolificità. Simenon voleva "stringere" il rapporto con i propri lettori pubblicando un libro al mese. Un appuntamento fisso che tenesse più legato il pubblico. E questo non andava contro la politica commerciale di Gallimard. Avrebbe imposto un ritmo a quelli del reparto produzione, cui certo non erano abituati. Ma tra i programmi e la realtà di tutti i giorni però c'è sempre una certa differenza. In effetti Simenon esordisce a fine del '34 (il contratto è firmato in ottobre) con il romanzo Le Locataire (che aveva scritto e finito due anni prima)  e poi Le suicidés.
Nel '35 tre titoli, nel '36 quattro e ancora quattro nel '37. Il 1938 centra il suo obiettivo, passando a tredici titoli, più di uno al mese. Poi nel '39 di nuovo tre, nel 40 (è ormai scoppiata la guerra) solo due, ma nel '41 passa a sei, nel '42 arriva a cinque (uno è una raccolta di inchieste di Maigret con tre romanzi brevi).
Qui interrompiamo la sequela dei numeri per far notare che il 1942 è l'anno del ritorno di Maigret. Infatti Simenon aveva scritto l'ultima indagine del commissario, per Fayard, nel 1934 (Maigret). Ben otto anni senza un Maigret. Torniamo a Gallimard: 1943 due raccolte di racconti, nel '44 due racconti/romanzi brevi non solo di inchieste di Maigret più un romanzo. Nel '45 si inizia a sfaldare il rapporto Simenon-Gallimard e lo scrittore sceglie per i futuro Sven Nielsen con la sua Presse de la Cité. Ormai quindi sono solo briciole: un solo titolo nel '45, un paio nel '46, uno nel '47, ancora uno solo nel '48 e poi più nulla. Cinquantadue titoli in quattordici annni.
Gallimard non si capacita. Lui che ha perso soldi pur di avere tra i suoi autori Simenon, lui che lo stima anche come persona, che apprezza i suoi scritti, lui che gli ha concesso quello che non ha dato ad altri scrittori...E soprattuttolo ferisce la mancata pubblicazione di Pedigree che in buona parte nasceva dagli auspici congiunti di Gallimerd e André Gide. Sarà invece Presse de la Cité a farlo e questo sancirà la rottura definitiva

ANCHE SIMENON NELLA GIORNATA DELLA MEMORIA

Oggi 27 gennaio, gionata della Memoria, per non dimenticare il terrificante sterminio di ebrei e di molti altri esseri umani ad opera del regime nazista. Un ricordo che per l'undicesima volta si perpetua affinché nessuno possa dimenticare orrori come la Shoa. In questa giornata si registrano moltissime iniziative del tipo più vario appunto per tener viva questa memoria. Sul versante televisivo vogliamo segnalare che sul canale digitale terrestre Iris è stato trasmesso nella mattinata il film del 1973 Noi due senza domani, tratto dal romanzo di Georges Simenon Le train (1961).Siamo nel maggio del 1940, e Marcel un uomo sposato, una figlia ed un'altra in arrivo, sale su un treno diretto a La Rochelle con la famiglia e, nel momemento in cui lui si trova su un vagone diverso, il treno si divide. Il protagonista si ritrova tra gli ebrei in fuga verso l'ovest. Qui si verifica il passionale e coinvolgente  incontro con Anna, una ventiduenne ebrea di orgine cecoslovacca. L'incontro tra i due é un vero colpo di fulmine che rivela anche una forte attrazione sessuale, ma tutto dura lo spazio del viaggio in treno fino a La Rochelle, anche se i due vivono un'intensa esperienza che sembra loro fuori dal tempo e aldilà di ogni luogo. Qui però si dividono perchè Marcel ha saputo che la moglie sta partorendo in un ospedale nei pressi. Anna lo accompagna fin sulla soglia e poi lo saluta definitivamente. Ma anni dopo si incontrano. Ma questa volta in una stazione della polizia tedesca. Marcel deve identificare Anna da una foto perché é accusata di far parte della resistenza. Lui nega di averla mai conosciuta, cosa che conferma anche nel confronto faccia a faccia. Alla fine se ne va con un peso sulla coscienza e un rimorso che non lo lascerà mai per tutta la vita. Questo il libro.
Nel film invece il finale è diverso. L'uomo non è così meschino e pauroso e quidi alla fine anche se tenta ancora di negare, proprio prima di andar via, dando un'amorevole carezza ad Anna, compromette irrimediabilmente la sua posizione.

lunedì 24 gennaio 2011

MA QUANTI SONO I MAIGRET?

Da un interrogativo suscitato da uno degli amici di questa pagina, siamo andati a controllare e fare un po' di conti su quanti siano i Maigret (tra le inchieste e i racconti).  Premettiamo che abbiamo fatto un confronto solo numerico e non titolo per titolo (ma che faremo con il tempo) e che  siamo partiti da quella che dovrebbe essere la bibliografia ufficiale, cioè l'elenco delle opere inserite nella documentazione del Centre d'études Georges Simenon, presso l'Università di Liegi, ma poi abbiamo consultato quella di vari studiosi e biografi simenoniani, ma anche Wikipedia. Come al solito i conti non tornano mai. Vediamo intanto i numeri:• CENTRE D'ETUDES GEORGES SIMENON 98
• ALAIN BERTRAND 102
• C. MANGUY e P. DELIGNY 96
• PIERRE ASSOULINE 102
• FRANCIS LACASSINE 102
• STANLEY G. ESKIN 103
• PATRICK MARNHAM 76
• WIKIPEDIA 102
Con il beneficio dell'errore (minimo) del mio conto (ripetuto per altro più volte) come si spiegano questi numeri differenti? Come a ventidue anni dalla morte dello scrittore non si concorda in modo preciso sulla qantità dei titoli delle Inchieste del Commissario Maigret?
Una risposta può essere cercata nelle raccolte dei racconti. Qualcuno può averle considerate come un solo  titolo e quindi contata una sola volta. A volte questi racconti non sono stati pubblicati come libri, ma a puntate nei giornali (come accadeva spesso, ma poi seguiva la versione in volume), oppure apparse in pubblicazioni singole e non appartenti alle collane dei tre editori che hanno pubblicato l'intera (o quasi) opera maigrettiana (Fayard, Gallimard, Presse de La Cité). Comunque la cifra che sembra più accreditata è quella di 102. Per quanto riguarda Adelphi, le pubblicazioni nella collana Gli Adelphi - Le inchieste di Maigret corrispondono a tutt'oggi, da quello che risulta dal catalogo, solo a 69 titoli. Quindi siamo ben lontani dalla pubblicazione dell'opera omnia sul commissario. Buon pro per chi ha ancora la fortuna di non averli letti ancora tutti!

CUFFARO IN CARCERE CON LA GIUMENTA DI SIMENON

Ancora cronaca. E per di più cronaca giudiziaria. No, non c'entra il commissario Maigret, ma la condanna a sette anni per per favoreggiamento aggravato a Cosa nostra. La pena è stata inflitta dalla Cassazione all'ex-governatore della Regione Sicilia, Totò Cuffaro (ex-Democrazia Cristiana, ex- Parito Popolare Italiano, ex-CDU, ex-UDEUR, ex-UDC, infine con il PID (Popolari Italia Domani) nella maggioranza di Berlusconi. Il tutto in neanche 20 anni, tra il 1991 e il 2010). Insomma sette anni come presidente della regione e sette anni di condanna. (chi ama la numerologia si diverta). Non parliamo dell'accaduto per la sua importanza (ormai scandali sentenze simili sono all'ordine del giorno), ma per quanto riportato su Il Corriere della Sera dal giornalista Fabrizio Roncone. Questi descrive infatti l'entrata in caracere dell'ex-politico siciliano e racconta che,  tra le altre cose, Cuffaro si sarebbe portanto "dentro" un paio di libri. Uno è La fattoria degli animali» di George Orwell e l'altro Il ranch della giumenta perduta (La Jument Perdue - Arizona 1947) di Simenon.Entrambe i romanzi hanno un valore simbolico. Quello di Orwell è fin troppo chiaro. Da sempre viene citato come previsione e monito di una società autoritara e oligarchica e delle sue degenerazioni. Ma il romanzo di Simenon non è certo un romanzo politico. Quale quindi la connessione con la vicenda Cuffaro?
Ambientato nell'Arizona, la storia vede un certo Curly John al centro di vicende alterne con un suo amico-rivale, una specie di scontro tra il bene e il male, il quale si risolverà con un evento particolare che costringerà il protagonista a rivedere faticosamente tutte le sue convinzioni e rimettersi duramente in discussione per poter iniziare una nuova esistenza, una specie di rinascita ad una vita del tutta diversa. E' lo stesso cui starà penserando Cuffaro in queste ore?  Comunque la scelta, a nostro parere, ci pare davvero "azzeccata", per rimanere nel gergo di un famoso politico.