Per quanto
solitamente frettoloso nella descrizione dei suoi personaggi, Simenon è preciso
nel presentarci carattere e aspetto di due “terribili” vecchi.
SIMENON SIMENON. MAIGRET
AUX PRISES AVEC DEUX VIEILLARDS TERRIBLES
Bien qu'habituellement un peu hâtif dans la description de ses personnages, Simenon
est précis dans la présentation du caractère et de l'aspect de deux "terribles" vieillards
SIMENON SIMENON. MAIGRET BATTLING WITH
TWO TERRIBLE OLD MEN
Although usually a little hasty in describing his characters, Simenon is precise in presenting these two “terrible” old men’s personalities and looks
Un bel racconto di
Georges Simenon è La testimonianza del chierichetto, in cui Maigret,
investigando in una cittadina della provincia francese – dove è stato chiamato
a riorganizzare la Squadra Mobile –, fa la conoscenza di due vecchi: un giudice
di pace e la sua domestica. È proprio quest’ultima, “segaligna e baffuta”,
che il commissario incontra per prima, dal momento che viene ad aprirgli la
porta di casa. Dalle sue poche parole egli intuisce, immediatamente, un
carattere alquanto scontroso, bisbetico:
«Entri pure e si
pulisca i piedi, per favore… Non siamo in una stalla.»
Quindi il commissario -
ottemperato sicuramente su uno stoino, come un ragazzo colto in fallo,
all’ordine della domestica - viene introdotto in una stanza molto ampia che
funge, al tempo stesso, da studio, salotto, biblioteca, camera da letto e “perfino
da soffitta, poiché vi” sono “ammassati gli oggetti più improbabili” e
disparati. In essa, con un plaid adagiato sulle gambe magre, avvolto in una
pesante vestaglia, con al collo una larga sciarpa di lana e seduto vicino al
caminetto, dove ardono alcuni tizzoni, c’è un anziano giudice di pace in
pensione da tempo, (più tardi, alla signora Maigret, il commissario dirà che il
viso del vecchio somiglia a quello di una civetta), che sembra
irrimediabilmente infreddolito, per quanto nella stanza si soffochi dal caldo.
Anche le prime parole del
giudice, sebbene non acide come quelle della domestica, non rivelano né
simpatia né cordialità, ma anzi una sottile, pungente ironia: «È venuto a
cercare il cadavere?» E la derisione, che denota a tratti una chiara
asprezza per «il famoso commissario Maigret» (sono sempre parole del
vecchio), continua allorché il giudice sembra rimproverarlo del fatto che la
polizia non si è per nulla “scaltrita” rispetto ai suoi tempi. Più
oltre, ciò che il vecchio esprime assume toni addirittura cattivi, perfino
offensivi, specie quando, accennando al suo poco bisogno di sonno, paragona se
stesso a illustri pensatori del passato, Erasmo, Voltaire, che pure avevano
poca necessità di dormire, e come loro tantissimi altri: «… ma dubito che
lei li conosca, commissario», lo punzecchia esplicitamente il
giudice con un sorriso malizioso. E ancora: «Potrei mostrarle il libro nella
cui lettura ero immerso ieri mattina, ma si tratta di un filosofo greco e
suppongo che non sia il suo genere.» E infine: «Sono un giudice e
conosco il mio mestiere da prima che lei entrasse in polizia.»
Dall’iniziale ironia si è
dunque passati al livore vero e proprio, attraverso pungenti frecciate a
Maigret, la cui colpa è quella di aver disturbato a casa sua - credendo alla
testimonianza di un chierichetto, che il vecchio odia cordialmente - un
riverito, stimato, forse osannato, almeno quand’era in servizio, giudice di
pace.
Il commissario va avanti
con le domande, imperterrito, lasciandosi scivolare di dosso tutte le offese,
le derisioni e altro. Non sono le manie, le fissazioni, i capricci di un povero
vecchio a preoccuparlo (un vecchio che vede trascorso, inesorabilmente, il
proprio tempo), quanto il caso di cui, al momento, si sta occupando e che,
certamente, considera più importante.
Paolo Secondini
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