venerdì 17 giugno 2016

SIMENON SIMENON. MAIGRET ALLE PRESE CON DUE VECCHI TERRIBILI


Per quanto solitamente frettoloso nella descrizione dei suoi personaggi, Simenon è preciso nel presentarci carattere e aspetto di due “terribili” vecchi.  

SIMENON SIMENON. MAIGRET AUX PRISES AVEC DEUX VIEILLARDS TERRIBLES 
Bien qu'habituellement un peu hâtif dans la description de ses personnages, Simenon est précis dans la présentation du caractère et de l'aspect de deux "terribles" vieillards 
SIMENON SIMENON. MAIGRET BATTLING WITH TWO TERRIBLE OLD MEN 
Although usually a little hasty in describing his characters, Simenon is precise in presenting these twoterribleold men’s personalities and looks 


Un bel racconto di Georges Simenon è La testimonianza del chierichetto, in cui Maigret, investigando in una cittadina della provincia francese – dove è stato chiamato a riorganizzare la Squadra Mobile –, fa la conoscenza di due vecchi: un giudice di pace e la sua domestica. È proprio quest’ultima, “segaligna e baffuta”, che il commissario incontra per prima, dal momento che viene ad aprirgli la porta di casa. Dalle sue poche parole egli intuisce, immediatamente, un carattere alquanto scontroso, bisbetico: 
«Entri pure e si pulisca i piedi, per favore… Non siamo in una stalla.»  
Quindi il commissario - ottemperato sicuramente su uno stoino, come un ragazzo colto in fallo, all’ordine della domestica - viene introdotto in una stanza molto ampia che funge, al tempo stesso, da studio, salotto, biblioteca, camera da letto e “perfino da soffitta, poiché vi” sono “ammassati gli oggetti più improbabili” e disparati. In essa, con un plaid adagiato sulle gambe magre, avvolto in una pesante vestaglia, con al collo una larga sciarpa di lana e seduto vicino al caminetto, dove ardono alcuni tizzoni, c’è un anziano giudice di pace in pensione da tempo, (più tardi, alla signora Maigret, il commissario dirà che il viso del vecchio somiglia a quello di una civetta), che sembra irrimediabilmente infreddolito, per quanto nella stanza si soffochi dal caldo.  
Anche le prime parole del giudice, sebbene non acide come quelle della domestica, non rivelano né simpatia né cordialità, ma anzi una sottile, pungente ironia: «È venuto a cercare il cadavere?» E la derisione, che denota a tratti una chiara asprezza per «il famoso commissario Maigret» (sono sempre parole del vecchio), continua allorché il giudice sembra rimproverarlo del fatto che la polizia non si è per nulla “scaltrita” rispetto ai suoi tempi. Più oltre, ciò che il vecchio esprime assume toni addirittura cattivi, perfino offensivi, specie quando, accennando al suo poco bisogno di sonno, paragona se stesso a illustri pensatori del passato, Erasmo, Voltaire, che pure avevano poca necessità di dormire, e come loro tantissimi altri: «… ma dubito che lei li conosca, commissario», lo punzecchia esplicitamente il giudice con un sorriso malizioso. E ancora: «Potrei mostrarle il libro nella cui lettura ero immerso ieri mattina, ma si tratta di un filosofo greco e suppongo che non sia il suo genere.» E infine: «Sono un giudice e conosco il mio mestiere da prima che lei entrasse in polizia.»  
Dall’iniziale ironia si è dunque passati al livore vero e proprio, attraverso pungenti frecciate a Maigret, la cui colpa è quella di aver disturbato a casa sua - credendo alla testimonianza di un chierichetto, che il vecchio odia cordialmente - un riverito, stimato, forse osannato, almeno quand’era in servizio, giudice di pace.  
Il commissario va avanti con le domande, imperterrito, lasciandosi scivolare di dosso tutte le offese, le derisioni e altro. Non sono le manie, le fissazioni, i capricci di un povero vecchio a preoccuparlo (un vecchio che vede trascorso, inesorabilmente, il proprio tempo), quanto il caso di cui, al momento, si sta occupando e che, certamente, considera più importante.

Paolo Secondini

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