L'incredibile, il comico,
la nebbia e la sacralità
SIMENON SIMENON. LE PORT DES BRUMES: LA VERITE QUI
NE SEMBLE JAMAIS VRAIE
L'incroyable, le
comique, le brouillard et la sacralité
SIMENON SIMENON. THE MISTY HARBOUR: THE TRUTH
THAT NEVER SEEMS TRUE
The
uncredible, the comic, the mist and the sacredness
‘Il porto delle nebbie’ del 1932 è uno dei romanzi più
celebri della serie del Commissario Maigret. Se questa fama è in parte dovuta
in Italia all’omonimo appellativo dato alla Procura di Roma a causa di numerosi
insabbiamenti avvenuti in passato, di per sé il romanzo rappresenta un caso
particolare nella stessa produzione simenoniana.
Il capitano Joris viene ritrovato a Parigi in stato
confusionale, con il cranio trapassato da una pallottola, e incredibilmente
vivo. Maigret comincia a indagare sulla vita del capitano e viene
improvvisamente scaraventato nel porto dove il marinaio ha servito a lungo,
nella nebbiosa e misteriosa località di Ouistreham. L’intreccio è avvincente e
porterà il commissario a rivelare le vite nascoste di numerosi paesani e
marinai, fino a svelare i tetri retroscena della vita di un rinomato notabile.
La particolarità della narrazione è dovuta a più
elementi. In primis, la trattazione dell’incredibile. Ci sono più cose
incredibili in questa storia: che il capitano sia stato sparato e ricucito, e
sia rimasto vivo; che la vita di Ouistreham si svolga completamente nella
nebbia e gli abitanti si muovano a memoria; che Maigret riesca a risolvere il
caso essenzialmente stando appollaiato su un muro a spiare da una finestra, e
tante tante altre scene dalla scarsissima o traballante credibilità. Ma
miracolosamente Simenon riesce a farci passare queste e altre trovate come
assolutamente attendibili. Se il cranio trapassato di Joris all’inizio ci
sembra una scelta azzardata, dopo pochi secondi ci risulta già reale, credibile
e accettata. Si passa di azzardo in azzardo, nel romanzo, e il lettore non ha
dubbi: ciò che dice Simenon è assolutamente vero, sebbene possa risultare
incredibile. E questo è dovuto senz’altro alla maestria dell’autore.
Secondo punto: la trattazione del comico. Appunto perché
l’autore va di azzardo in azzardo e spesso si lascia andare nel ridicolo, si ha
come l’impressione che Simenon giochi a sfruttare le scene più grottesche a
fini comici: come l’avventurarsi da solo su barche e abitazioni di pericolosi
criminali e farsi puntualmente fregare, come il restare appoiallato alla
finestra, come l’inzaccherarsi tutto cadendo come un clown qualunque
nell’acqua. Il romanzo è pieno di gag, in cui il Commissario fa la figura
dell’idiota. Ma sempre e puntualmente si riprende, riacquisendo il suo balzano
charme, e tornando a essere l’eroe che tutti conoscono dopo pochissime righe.
Terzo punto: la nebbia. Tutto si gioca sul filo
dell’invisibilità. E a Ouistreham molto spesso non si vede niente. Ciò che
viene alla luce si percepisce leggermente, si intuisce, magari si origlia da
dietro una porta, si spia da una finestra, si riesce a estrapolare da una
sfuggente conversazione. Il vero protagonista del romanzo è la nebbia,
l’invisibile, la verità nascosta sotto le coltri di ignoranza o di simulazione.
Per concludere: la trattazione della sacralità. C’è una
chiesetta sulla spiaggia, che sembra il perno di tutta la vicenda, anche se con
la vicenda di per sé ha poco a che fare. È la chiesetta abbandonata sulla
spiaggia, la chiesetta di Nostra Signora delle Sabbie. È lì che il burbero
criminale Grand-Louis si rifugia, è lì che la sorella Julie sosta in preghiera,
è lì che Maigret si nasconde momentaneamente nelle ultime pagine. Questa sorta
di tempio, di rifugio remoto e desolato dei personaggi del romanzo, funge da
umile e nascosto feticcio, da totem che sacralizza l’intera storia avvolta
nelle nebbie e la assurge ad un ruolo mistico e incantato. Come centro sacro e
al contempo decorativo di un intreccio mirabile, impreziosito dai numerosi
virtuosismi e registri, sfoggiati da un Simenon in stato di grazia.
Fabio Cardetta
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