venerdì 17 novembre 2017

SIMENON SIMENON. POCHI AGGETTIVI, QUALCHE AVVERBIO, MA MOLTA ATMOSFERA

La capacita del romanziere con una prosa asciutta ed essenziale di creare quelle atmosfere così suggestive
                                           
SIMENON SIMENON. PEU D'ADJECTIFS, QUELQUES ADVERBES, MAIS BEAUCOUP D'ATMOSPHERE
La capacité du romancier, avec une prose sèche et essentielle, de créer des atmosphères tellement suggestives
SIMENON SIMENON. FEW ADJECTIVES, SOME ADVERBS, BUT MUCH ATMOSPHERE
The novelist’s ability to create really suggestive atmospheres with dry basic prose

"Meno letteratura, meno letteratura..." Questa l'esortazione che negli anni venti veniva  rivolta da Colette ad un giovanissimo Georges Sim, che tentava di pubblicare un suo racconto nella pagina della cultura del quotidiano Le Matin, di cui la scrittrice era resposabile.
In quel caso meno letteratura significava utilizzare un minor numero di aggettivi, di avverbi, di frasi ad effetto che non erano funzionali alla narrazione. Insomma un linguaggio meno pomposo... molto meno pomposo. I tentativi di Simenon fuorono più d'uno e, taglia qui, lima là, asciuga sopra e sintetizza sotto, alla fine il racconto poté raggiungere l'asciuttezza auspicata da Colette ed essere all'altezza di comparire sul quotidiano.
Certo questo episodio (che portò poi Simenon a scrivere un'ottantina di racconti su quel giornale)  ha avuto una certa influenza nello stile dello scrittore. Ma certo non spiega la sua capacità nell'usare una lingua semplice ed essenziale e riuscire comunque a creare delle atmosfere... quelle atmosfere simenoniane ormai universalmente famose.
Questa tendenza ad una scrittura stringata viene fuori anche dalle dichiarazioni dello scrittore stesso che, ad esempio, affermava di non usare più di duemila vocaboli mentre componeva le sue opere. E poi amava spiegare la propria tendenza a prediligere le cosiddette "mot-matière", cioè i termini che indicavano cose concrete, materiali appunto, e non elementi astratti o meramente descrittivi.
Chiunque abbia letto un romanzo di Simenon, i "durs" o i "Maigret", si sarà certo accorto che Simenon, non ha abolito aggettivi o avverbi, ma ne fa un uso parsimonioso e solo lì dove servono, senza che la narrativa risulti arida o in qualche modo menomata.
Talento innato? Mestiere? E' indubbio che c'entra un po' di tutto, soprattutto per uno che scriveva così tanto, come faceva Simenon. 
Ma ci permettiamo di dire che, a nostro avviso, dopo aver letto "quasi tutto" di Simenon, in italiano e molto anche in francese, la quantità per una volta non è andata a detrimento della qualità. E inoltre il livello della narrazione e dello stile non è poi così differente tra i romans durs e i Maigret. Questo a significare che la cifra dell'espressione scritta era ben radicata in Simenon, anche perchè la sua velocità di scrittura, non poteva lasciar spazio a limature, a riscritture o a ripensamenti.
E le sensazioni di scorrevolezza e di naturalezza che si avvertono leggendo le pagine simenoniane sono la conseguenza di questo scrivere di getto. 
E non è solo questione di piazzare qua e là poche e magistrali pennellate che descrivono personaggi o atmosfere con essenzialità, ma anche il sapiente utilizzo dei dialoghi il cui ritmo non è mai spezzato da riflessioni o digressioni ingombranti. 
Dialoghi che, a nostro avviso, sono una delle specialità dello scrittore. Sono l'elemento dei suoi romanzi che li rende realistici, naturali, che fanno sentire il lettore accanto al protagonista. In Simenon i dialoghi accorciano le distanze. E la sua prosa procede spedita, piacevole, moderna.
Non vorremmo esagerare, ma ci pare di ravvisare proprio nei dialoghi, così immediati, incisivi, e realistici, uno degli elementi importanti che conservano fresche e attuali opere scritte da Simenon anche settanta/ottanta anni fa'. (m.t)       

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