"...Non scriverò dei Maigret per far soldi subito e a tutti i costi. Continuerò tranquillamente secondo la mia ispirazione un'opera che ho iniziato 25 anni fa', con fede, e pur se ci sono dei 'bassi' momentanei, saranno compensati da 'alti', per me come per il mio editore. Non chiedo di partire a razzo. Io non produco né del sapone, né del dentifricio..." (lettera a Sven Nielsen -maggio 1948).
Così si esprimeva Simenon a proposito dei suoi Maigret, quando a quarantacinque anni, ormai stabilito negli Usa, era un romanziere maturo e di successo. E polemizzava anche con il suo editore di allora che in qualche modo avrebbe voluto una sorta di "assicurazione", cioè un certo di numero di Maigret... merce sicura che si vendeva senza problema, a fronte della pubblicazione dei romans-durs che comunque all'inizio non raggiungevano i livelli di diffusione dei Maigret.
Simenon, ovviamente non ci sta, nemmeno con quel Nielsen, proprietario di Presses de La Cité, che non solo è diventato il suo editore esclusivo, (per il quale aveva lasciato Gallimard), ma che considera ormai quasi un amico, oltre che un assiduo compagno di lavoro.
"...Non comprate una merce deperibile - spiega il romanziere all'editore - merce che deve essere smaltita in qualche settimana, ma diritti da sfruttare, un capitale intellettuale che vale almeno come uno economico...".
Già perchè qui entrano in ballo due questioni.
La prima riguarda Simenon. Pur difendendo a spada tratta i Maigret, in cuor suo non è poi così contento che, commercialmente, i romanzi del commissario che lui scrive, per così dire, con la mano sinistra, vendano di più dei romans-durs. Quei romanzi che invece gli richiedono una settimana dieci giorni di état-de-romans, lo obbligano ad entrare nella pelle del protagonista e gli costano ognuno sei/sette chilogrammi di dimagrimento (un esperimento fatto con Boule, pesando ogni giorni i suoi vestiti grondanti di sudore, prima e dopo la seduta di scrittura).
La seconda riguarda i suoi editori (da Fayard, a Gallimard) che hanno sempre visto Maigret come una gallina dalle uova d'oro e hanno sempre spinto perchè Simenon gliene assicurasse un certo numero di titoli. Questa spinta a scriverli, non perchè avessero un valore in sé, ma solo perché rendevano bene, era una cosa che mandava in bestia il romanziere.
E a nostro modesto avviso anche a ragione. Infatti, dalla metà degli anni quaranta, i romanzi di Maigret crescono letterariamente, approfondiscono le tematiche, i personaggi diventano più complessi e le implicazioni psicologiche acquisiscono maggiore rilevanza. Insomma pur rimanendo letteratura sostanzialmente di genere, pur essendo un seriale, e quindi dovendo rispondere a determinati requisiti, lo spessore delle inchieste di Maigret si avvicina sempre più a quello dei romans.
E se negli anni '30 Simenon vedeva Maigret solo come un mezzo intermedio (semi-letteratura) per raggiungere lo status di romanziere (i romans-durs), con il passare de tempo questo suo atteggiamente evidentemente cambia. E arriva forse a considerare il commissario quasi un compagno di vita, più che un alter-ego letterario.
Tanto che, in età avanzata, Simenon esprime dei rimpianti "... sento dei rimorsi per aver completamente lasciato perdere Maigret, dopo 'Maigret e M. Charles'. E' un po' come lasciare un amico senza stringergli la mano - scrive il romanziere in uno dei suoi Dictée nel 1973 - Tra un autore e i suoi personaggi si creano dei legami affettivi, a maggior ragione se la loro collaborazione si protrae per quarant'anni...".
Insomma dovere o diletto?.
Simenon per buona parte della vita è stato decisamente sensibile alle agiatezze di un'esistenza senza problemi. E sapeva bene che gran parte della sua ricchezza giungeva prima e di più dai Maigret che non dai romans. E il successo commerciale del commissario, da questo punto di vista, non pteva che fargli piacere. Ma probabilmente questa non poteva essere la sua posizione pubblica... soprattutto per uno che ambiva (e non a torto) al premio Nobel... insomma le velleità letterarie avrebbe dovuto essere prioritarie.
Ma non tutto era calcolo. Come Simenon dichiarò nel '75 a Francis Lacassin, riferendsi a Maigret "... E' uno dei rari, se non l'unico personaggio che ho creato, il quale ha dei tratti in comune con me stesso. Tutti gli altri, per lo più, sono del tutto differenti da me...".
A noter cette phrase. écrite dans "Quand j'étais vieux": "il m'arrive, dans les Maigret, de toucher à des sujets parfois plus graves que dans mes autres livres. Mais sur un mode badin ou, en tout cas, avec l'équilibre de mon commissaire pour faire contrepoids."
RispondiEliminaD'autre part, remarquons que Maigret est le seul personnage qui reste en mémoire de son auteur: c'est en tout cas le seul qui est évoqué dans les Dictées... Rappelons ce rêve décrit par Simenon dans "Un homme comme un autre: "J'ai fait un rêve curieux. Plus exactement ce n'était pas tout à fait un rêve. J'étais encore dans un demi-sommeil voluptueux et je regardais avec curiosité un homme que je ne voyais que de dos. Il était plus grand, plus large d'épaules, plus corpulent que moi. J'avais beau ne le voir que de dos, je sentais en lui une placidité que je lui enviais. Il avait revêtu un pantalon de toile bleue, un tablier de jardinier et portait un chapeau de paille cabossé. [...] C'était Maigret, dans son jardin de Meung-sur-Loire [...] Il ne s'ennuyait pas. Il trouvait l'emploi de chaque heure de ses journées et il lui arrivait, bras dessus bras dessous, de faire de longues marches à pied avec sa femme. Ou bien je me suis endormi tout à fait, ou bien je me suis éveillé. Ces images se sont effacées. Je les garde dans mon esprit et cela restera, pour moi, la retraite de Maigret."