venerdì 22 dicembre 2017

SIMENON SIMENON. E SE LA SCRITTURA FOSSE STATA PER LUI UNA TERAPIA?

Questa impellenza di scrivere che dura tutta la vita non sarà un modo di curarsi dai suoi fantasmi?

SIMENON SIMENON. ET SI L'ECRITURE ETAIT POUR LUI UNE THERAPIE ?
Cette pulsion d'écrire qui a duré toute sa vie ne serait-elle pas une façon de se guérir de ses fantômes ?
SIMENON SIMENON. AND IF WRITING WAS THERAPY FOR HIM?
That impulsion to write that lasted all his life, wouldn’t it have been a way to cure himself of his ghosts?



Il suo desiderio di diventare un dottore. L'aver costruito un personaggio che, se non gli fosse morto il padre, molto probabilmente avrebbe fatto il dottore e non il poliziotto. E aver dato a questo personaggio, come suo migliore amico, un medico. E ancora. Le sue ripetute affermazione di come si trovasse molto meglio in mezzo ai dottori che non ai letterati. Poi la sua ammirazione per quei medici (psicologi, psicoanalisti, psichiatri) che hanno a che fare con le zone d'ombra più oscure del nostro essere. Ma anche il metodo quasi diagnostico che il suo commissario utilizza nelle proprie inchieste, perché quello che gli interessa è capire e non giudicare... proprio come un medico.
Eppure tutta questa vicinanza, questa empatia verso la scienza medica, e ancor di più nei confronti degli uomini che la praticano, ci dice poco o non sufficientemente abbastanza sui suoi fantasmi e sulle sue malattie (vere o presunte), e soprattutto su come le combatteva e in che modo le curava. 
Dovremmo fare prima una diagnosi. Quali erano i mali psichici e fisici di Simenon ? 
E' una questione da far tremare i polsi. Ci si avventura in un terreno così pericolosamente accidentato che si rischia di andare subito fuori strada e di dire un sacco di sciocchezze.
Ma noi una piccola, modesta idea ce la siamo fatta, in tutti questi anni durante i quali abbiamo frequentato Simenon, tramite le sue opere, quello che hanno scritto di lui, biografie, interpretazioni, dibattiti....
Sicuramente Simenon era uno che non disprezzava la vita. Gli piaceva essere in mezzo alla gente, vivere circondato dalla sua numerosa famiglia, trovare ogni giorno la compagnia occasionale di una donna per i suoi incontri sessuali. Apparentemente non aveva bisogno di una fuga nel suo mondo letterario. Sappiamo che aveva alcune zone grigie come la paura (ma anche una sorta d'attrazione) di diventare un povero chlochard.
Sappiamo come spendeva e spandeva molti soldi, ma anche come sentiva a volte il bisogno di essere "uno come gli altri", magari un semplice artigiano, e non il grande scrittore, famoso e ricco. Anche la sua impellenza di cambiare alloggio, città, nazione, continente, certo non può essere spiegato solo con la voglia di fare nuove esperienze, conoscere sempre nuovi luoghi e nuove persone (una quarantina di case in tutta la vita, eh!...). E anche il modo in cui affermava di scrivere, l'ètat de roman, era una condizione decisamente particolare, una forma di trance in cui fioriva tutta la sua creatività, ma di cui asseriva di non avere il controllo e di non sapere dove lo portasse e quanto durasse.
Tutti questi si prestano (ma non è detto che poi lo siano stati davvero) ad essere interpretati come i sintomi di un malessere che si manifestava nelle modalità che abbiamo descritto. Partiva tutto dalle sue vicissitudini infantili (un padre che adorava e che mori presto e una madre che lo detestava)? Oppure dalla paura di non realizzare il sogno della sua vita (il brutto periodo subito dopo il suo arrivo a Parigi e quando stava per "perdersi" annegando nel mare di fascino di Josephine Baker)? 
Quando era piccolo e in casa doveva sopportare una situazione molto pesante a causa della madre Henriette, il piccolo Georges si isolava grazie alla lettura dei numerosi libri che gli dava il responsabile della Biblioteque des Chiroux, il poeta belga Joseph Vrindts. Leggeva davvero tanto per un bambino della sua età, come per rifugiarsi nel mondo della letteratura.
Non vogliamo fare facili paragoni affermando che nella età più adulta si rifugiasse allo stesso modo nella scrittura per sfuggire alle sue "patologie". E' un fatto però che quel modo forsennato di scrivere indicava qualcosa. Aldilà della sua velocità di scrittura, ma la mole della sua produzione letteraria ci dice qualcosa del bisogno di Simenon di scrivere, di entrare e uscire dai personaggi diversi, di confrontarsi con mondi e con destini diversi dal suo, ma che a lungo andare più che una fuga dal mondo reale, potrebbe essere intesa come la necessità di vivere una doppia vita. Una vita in bilico che non sapeva dove l'avrebbe portato, quando scriveva i romans durs e una vita serena, rassicurata da un "amico" con i piedi ben piantati per terra come Maigret che lo faceva sentire a casa, tranquillo, sicuro.
E se fosse stata proprio questa la sua terapia ? (m.t.)     

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