L'unico riconoscimento cui lo scrittore teneva davvero, ma che non riuscì ad ottenere… per poco...
SIMENON. UN HOMME DE LETTRES PRES DU NOBEL MAIS SANS NOBEL
L'unique reconnaissance à laquelle l'écrivain tenait vraiment, mais qu'il ne réussit pas à obtenir… et de peu…
SIMENON SIMENON. A LITERARY MAN CLOSE TO A NOBEL BUT WITHOUT A NOBEL
SIMENON SIMENON. A LITERARY MAN CLOSE TO A NOBEL BUT WITHOUT A NOBEL
The unique recognition the writer really cared about, but did not succeed in obtaining… and nearly…
E' noto come Simenon non amasse i premi letterari. Come d'altronde non gradiva tutto l'entourage mondano e cerimonioso che ruotava intorno alla letteratura e quindi salotti letterari, conferenze, simposi, eventi... Si teneva a debita distanza e, quando qualcuno gli faceva domande in merito, rispondeva che preferiva stare in compagnia dei medici piuttosto che frequentare quelle congreghe di letterati o sedicenti tali.
E appunto i premi facevano parte di questo mondo da cui cercava di rimanere il più lontano e distante possibile. L'idea che delle vecchie dame della buona società, oppure dei giornalisti più o meno competenti, o chicchessia si riunisse per decidere di premiare questo o quello scrittore, un libro o un altro, lo irritava non poco.
Magari in questo va ricercata una delle cause della sua relativamente breve permanenza nelle case editrici più prestigiose della Francia, quella Gallimard che pubblicava il fior fiore della letteratura contemporanea e dove una certa vicinanza anche fisica con tanti scrittori tendeva a coinvolgerlo.
Ma veniamo al tema di oggi. Il Nobel, cioè l'unico premio nei confronti del quale il romanziere aveva un deciso interesse. Diremmo, soprattutto in quegli anni, che "il premio" era il massimo riconoscimento che si potesse ottenere.
Sappiamo tutti che Simenon non prese mai questo premio.
Però ci fu vicino. Infatti già se ne parlava nel '37, quando si faceva il suo nome come uno dei possibili candidati. Fu proprio Gallimard, in quell'anno di ritorno da Stoccolma, che rivelò a Simenon che al comitato svedese gli avevano fatto il suo nome
Lui stesso però non si sentiva ancora pronto e lo affermò argomentando che era ancora troppo giovane (allora aveva 34 anni) e che la sua maturazione come romanziere e la sua opera degna per il Nobel sarebbero arrivati al suo quarantesimo anno d'età.
Il tempo passava, la sua fama di romanziere si consolidava, non solo presso il pubblico, ma anche tra la critica. La sua qualità narrativa, la sua duttilità nel passare dai romans durs ai Maigret, la sua capacità di tenere alta la qualità della sua produzione nonostante la quantità che riusciva a sfornare....Insomma i requisiti per ambire al premio si erano concretizzati.
Ma i quarant'anni passarono senza che a Stoccolma si interessassero al suo nome.
Nel '51 circolarono nuovamente voci su una sua candidatura, anche perché il Belgio in quell'anno lo appoggiava ufficialmente. E lo scrittore, alla soglia dei cinquant'anni, sentiva che quello poteva davvero essere il momento giusto. Nella letteratura mondiale era ormai un nome di rilievo e le sue opere erano ormai tradotte in decine e decine di paesi.
Di questa convinzione ne troviamo traccia in un lettera di quell'anno al suo editore Sven Nielsen scriveva: "... confesso che sarei davvero lusingato di essere un premio Nobel. E' l'unico riconoscimento al quale ho sempre attribuito un certo valore..."
E invece anche quella possibilità passò con un nulla di fatto. Non crediamo che Simenon potesse consolarsi con il fatto che quell'anno il Nobel fosse assegnato ad un prestigioso uomo di cultura come Albert Camus.
Era come se Simenon percepisse che il treno era passato per l'ultima volta. E pian piano il suo atteggiamento nei confronti dell'ambito premio andò modificandosi. Con il passare del tempo, anche in occasioni pubbliche finì per dimostrare un'avversione al premio dell'Accademia Svedese.
"A quarantacinque anni l'avrei accettato - affermava ancora risentito nel 73 - In questi ultimi anni i tedeschi e gli americani si sono dati da fare affinché fossi candidato al Nobel. Ho tagliato corto, non l'avrei accettato per nessuna ragione...".
Ma a quell'epoca Simenon aveva deciso di smettere di scrivere. Erano passati ormai oltre vent'anni, dall'ultima vera occasione ma il rimpianto evidentemente era ancora vivo.
E arriviamo all'81 con la pubblicazione delle sue Memorie intime, e della famosa intervista televisiva ad Apostrophe condotta da Bernard Pivot. E ancora una volta la questione del Nobel mancato torna a galla.
Simenon confermò la sua avversione ai premi, ma anche al Nobel stesso "...è stato scritto un po' dappertutto che se mi avessero assegnato il Nobel, l'avrei rifiutato - spiegava Simenon, facendo un unico fascio tra il Nobel e altri premi - Non voglio medaglie. Non sono una bestia da fiera. Sono le vacche e i tori, gli animali cui si dà una medaglia...". (m.t.)
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