domenica 10 febbraio 2013

SIMENON-SIMENON. MAIGRET E LA CUOCA DEL BEAUMONT

Oggi presentiamo un racconto che ci propone una delle nostre attachèe Giovanna Ferraris. E' ancora una short-story che riguarda il commissario Maigret. Una scena forse un po' insolita per il nostro protagonista, ma Giovanna riesce a renderla interessante, proprio perché mette il commissario alla prova in una situazione per lui poco consueta.








                                               Maigret e la cuoca del Beaumont
                                             di Giovanna Ferraris

 L'ultimo si era alzato dopo aver bevuto un cognac. Aveva augurato buona notte alla cuoca e sbadigliando era salito lentamente su, nella propria camera. Erano quasi le undici e gli avventori, quelli esterni e gli ospiti della pensione, erano andati via tutti.
Maigret stava ancora sulla tavola ormai sparecchiata. La pipa in bocca esalava gli ultimi sbuffi e nel bicchiere era rimasto solo un dito di "calva".
Lo sguardo del commissario andava da una serie di appunti che aveva poggiato sul tavolo alle giravolte che Georgette, la cuoca tuttofare della pensione Beaumont, faceva tra il bancone, il retrobottega e i tavoli. Rassettava, canticchiava e ogni tanto si fermava a guardare l'uomo con la pipa che faceva fatica a concentrarsi su quei fogli.
Un po' l'orario, un po' la noia di quel caso che non gli piaceva per niente e soprattutto quella camierera sulla trentina, rotondetta, con un sorriso malizioso che canticchiava un po' ammiccante, gli rendevano difficile seguire il filo di quei rapporti. Si sarebbe dovuto alzare come gli altri e andare a dormire, invece restava guardare la cuoca che entrava e usciva dalla cucina spostando una tenda pesante. Ogni volta era come se facesse un'entrata su un palcoscenico. Sembrava che non fosse una cuoca... una cameriera tuttofare, dava piuttosto l'impressione di recitare una parte... una recita per un solo spettatore.
- Lei non va a dormire?...
Maigret fu preso alla sprovvista.
- Sì, certo ma prima - rispose cercando di darsi un contegno - devo analizzare certi documenti - indicando gli incartamenti sul tavolo.
- Ah....
I padroni della pensione erano andati a letto da un po' e Georgette come sempre rigovernava la sala, preparandola per la prima colazione dell'indomani.
Maigret non riusciva a toglierle gli occhi di dosso. Quella donna era anche sveglia, gli aveva dato delle indicazioni importanti riguardo agli ospiti della pensione. Anzi forse determinanti per individuare il colpevole... Se poi fosse arrivata la telefonata di Lucas...
Ma la telefonata non arrivava e Georgette canticchiava sussurrando, quando gli passava accanto, o almeno così gli sembrava.
La pipa spenta, il bichiere vuoto, i fogli sparsi. 
I minuti passavano e Maigret era ancora seduto. In realtà ogni volta che Georgette entrava in cucina lui aspettava il suo rientro in sala. Il suo stretto grembiule bianco, le faceva la vita sottile, mettendo in risalto i fianchi, il seno e contrastava con il rosso bordò un po' stinto della tenda. Quando rientrava la sua frangetta era scompigliata come se avesse fatto un salto.
Lei si acorgeva che lui la aspettava e quando tornava un sala gli rivolgeva sempre un risolino.
Maigret non avrebbe saputo dire se rispondeva a quel sorriso. Era come in trance. Georgette aveva iniziato a spegnere le luci e ora si muoveva più lentamente e le sue permanenze nella cucina duravano sempre di più.
L'ultima volta che era rientrata non indossava più il grembiule. Aveva una sorta di sottoveste, lucida, forse di seta, una camicia da notte, con delle spalline e una generosa scollatura.
- Allora andiamo?....
Maigret si alzò di scatto. "Andiamo?"... nel senso di andare a dormire o nel senso di seguirla in cucina o chissà dove? Per un attimo stette fermo, in piedi.
Georgette non canticchiava più, non faceva più giravolte. Anche lei era ferma, lì vicino alla tenda. Era in attesa che il commissario salisse le scale come tutti gli altri o lo stava aspettando?
Maigret non capiva, o capiva e non voleva decidersi. Lo fecero per lui le sue gambe che iniziarono muoversi portandolo verso Georgette. Quando fu arrivato a meno di un metro, si accorse che aveva messo il rossetto e che la frangetta era ben pettinata.
I due si guardarono per qualche istante.
Uno di loro stava per dire o fare qualcosa.
Il trillo della suoneria del telefono perforò il silenzio. 
Georgette fece uno sguardo stupito: il telefono alle undici passate!
Maigret ci mise un po' a realizzare che si trattava del telefono.
- Bisognerà rispondere...? - fece lei con un'aria interrogativa.
- Ehm... sì, certo, certo - fece Maigret la cui mente era corsa a Lucas.
Georgette andò verso la porta, scostò lo sportello della cabina e staccò il ricevitore. Disse un paio di sì e poi rivolta a Maigret:
- Vogliono lei... dice che è un certo Lucas da Parigi, Quai des Orfèvres... è urgente...
- Grazie - fece Maigret precipitandosi. Prese la cornetta.
- Capo, allora è proprio il Dubois che è lì al Beaumont... - Lucas parlava in fretta - Ufficialmente fà il viaggiatore di commercio, ma ho controllato. Durante ogni sua tappa negli ultimi due mesi si è verificata una rapina... Faccia attenzione gira sempre armato... Adesso avverto il commissariato locale e le faccio mandare un paio di agenti...
- Bene Lucas, appena arrivano lo arresto e poi lo porto subito al Quai... 
- Se vuole l'aspettiamo...
- No, andate a letto, appena arrivo lo faccio mettere in guardina... ci pensiamo poi domattina ad interrogarlo...
- Va bene capo, allora a domattina.
Maigret riattacò il ricevitore. Si voltò. La sala ormai era deserta, le luci tutte spente. L'unica lampadina accesa era quella fioca delle scale. Il commissario si sedette sui gradini e accese la pipa aspettando gli agenti.
Intanto Georgette nella sua stanza stava togliendosi il rossetto. Pochi minuti e sarebbe stata sotto le coperte con la faccia affondata sul cuscino.

1 commento:

  1. Racconto di grande limpidezza narrativa. Un Maigret insolito. Si direbbe quasi innamorato o, per lo meno, tentato, come non mai, dalla seducente bellezza muliebre.
    È il buon vecchio Lucas a riportare il commissario alla cruda realtà dei fatti. Ma sicuramente resta in bocca a Maigret un sapore amaro, nel suo cuore un qualche rimpianto...
    Bel racconto. Complimenti A Giovanna.

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