venerdì 28 luglio 2017

SIMENON SIMENON. RITUALI DELLA SCRITTURA DEL ROMANZIERE

I gesti, le preparazioni, le procedure che precedono l'avvio della scrittura di un romanzo 

SIMENON SIMENON. LES RITUELS DE L'ÉCRITURE DU ROMANCIER
Les gestes, les préparatifs, les procédures qui précédént le début de l'écriture d'un roman
SIMENON SIMENON. THE NOVELIST’S WRITING RITUALS
The gestures, preparations, and procedures that precede the start of writing a novel



















Pipe già pronte, buste di manila scarabocchiate, nei primi tempi, bicchiere e una bottiglia di vino, le matite ben appuntite (ma anche quando ormai batteva i tasti della macchina per scrivere?), le medesime camicie, gli elenchi del telefono per i nomi, un cartellino "do not disturb" appeso fuori della porta... Quante volte l'abbiamo letto? Tutti elementi forse utili, magari nel corso del tempo divenuti rituali... Simenon come altri scrittori aveva le sue manie, le sue abitudini, i suoi piccoli gesti scaramantici.
Nulla di speciale, dirà qualcuno. Ma forse bisogna scavare un po' più a fondo per capire se questi rituali erano solo dei segni esteriori o rappresentavano un simbolo oppure formavano una sorta di contorno che conteneva dell'altro.
Ci sono dei segnali che nel tempo Simenon impara a riconoscere come premonitori. Una sorta di malessere che magari nemmeno chi gli è vicino riesce a percepire. Una pesantezza un senso di spaesamento... una serie di sintomi che annunciano l'impellenza di uscire da sé stesso per prepararsi ad entrare nella pelle del suo personaggio.
Gradatamente questo malessere aumenta. A questo punto gli altri se ne accorgono. Tale stato non è più sopportabile e deve allontanarsi dalla realtà per entrare nell'ambiente che sarà quello della storia che scriverà, deve immedesimarsi nel personaggio che lo porterà a vivere una vicenda che lo scrittore ancora non conosce.
Tutto questo doveva creargli un'instabilità non indifferente, questo passaggio per entrare nel famoso état de roman doveva rivelarsi decisamente destabilizzante.
Ecco quindi che quei rituali potevano rappresentare dei punti fermi, degli elementi conosciuti e su cui poteva sempre contare come delle ancore che lo tenevano fermo durante quella tempesta.
E questo si verificava non solo per quello che succedeva nel chiuso del studio, ma anche fuori: le stesse passeggiate con le medesime mete, il rispettare orari precisi che scandivano le sue attività.
D'altronde Simenon si abbandonava a questa trance creativa, si allontanava dal suo mondo di tutti i giorni, s'inoltrava per strade che non sapeva dove l'avrebbero portato.  E così gli appunti sulle buste di manila non sono poi così utili, ma svolgono una funzione rassicurante, come dicevamo prima, un rituale che produceva normalità. E infatti non è raro che il contenuto di quegli scarabocchi non trovino affatto riscontro nel romanzo che verrà scritto.
Le pipe. Cosa di più rassicurante di quell'arnese per fumare che conosceva benissimo e che usava tutti i giorni, più volte al giorno?
A questo proposito Pierre Assouline arriva a dire "...nel corso degli anni questo meccanismo ha subito una metamorfosi, trasformandosi in una superstizione. Tutto un armamentario davvero necessario per la sua scrittura... come se rinunciarci potesse mettere in pericolo tutta la costruzione del romanzo...".
E d'altronde lo confermava lo stesso Simenon quando affermava "...non sapendo precisamente in che cosa consistesse quello stato di grazia, mi ingegnavo a ricostruire ogni giorno le stesse situazioni fin nei loro minimi dettagli...".
Allora eccolo a chiudere le finestre perché il brutto o il bel tempo non potesse avere nessuna influenza, eccolo a preparare lo stesso numero di pipe pronte per essere fumate, eccolo ad indossare gli stessi vestiti...
Alla luce di tutto questo i rituali assumono una valenza molto maggiore di una semplice serie di gesti ripetitivi e Simenon ne era sempre più cosciente. (m.t.) 

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