domenica 24 febbraio 2013

SIMENON. LA BUSTA DI PASCAL / 2

Ecco la seconda parte della short story del weekend, della serie "... magari come Simenon!" La prima è stata pubblicata ieri sabato 23 febbraio. Ricordate che, chi volesse pubblicare un racconto breve alla Maigret o che avesse a che fare con Simenon e la sua vita, potrà contattare Simenon-Simenon all'indirizzo mail simenon.simenon@temateam.com 
LA BUSTA DI PASCAL
di Maurizio Testa 
 
... Quando la sera prima si era alla fine deciso ad aprirla, vi aveva trovato una fotografia, dei soldi e un foglio scritto a mano.

La foto ritraeva Michelle e il direttore in una posa che non lasciava dubbi: avvinghiati su un letto, con addosso ben pochi vestiti... le rotondità e i capelli ramati di Michelle mischiati  ai baffi e alla pancetta del direttore. Erano loro due, inequivocabilmente.



Un po’ stordito da quella vista, poi Pascal aveva iniziato meccanicamente a contare i biglietti da cento, si era fermato a ventimila franchi… Poi aveva iniziato a leggere la lettera.

La calligrafia era quella del direttore, la riconobbe subito.

Mia amata Michelle, non so chi possa averti riferito tutte quelle menzogne. Per quale motivo vorrei licenziarti?  Per non averti più vicino? Lo sai che non potrei fare a meno di te. So bene che vorresti che lasciassi mia moglie, i figli... tutta la famiglia per dedicarmi solo a te. Ma, come ti ho già detto, questo non è il momento. Aspettiamo la mia promozione e la mia gratifica, poi ci trasferiremo a Parigi e lì potremo vivere insieme e finalmente felici. Sto cercando un’altra segretaria è vero, ma solo perché Jeaumont è oberato di lavoro. Dobbiamo avere la contabilità in ordine, un’ispezione che trovasse qualche problema comprometterebbe la mia promozione… e allora sì addio Parigi e al nostro futuro. Noi qui non possiamo nasconderci ancora per molto. Ti ringrazio per aver accettato di fare la corte a François, per fortuna tutto l’ufficio non parla  che di voi due e del vostro flirt…  Ma ti prego non spedire a mia moglie quelle foto. Ormai sono quasi due settimane che non mi parli e che non mi vuoi vedere. Non mi ami più? Io ti desidero come il primo giorno… Ti restituisco la fotografia. E questi soldi sono per quel collier che abbiamo visto insieme, è il mio pegno d’amore. Dimentichiamo questo momento… Facciamo che tutto torni come prima. Mia cara Michelle ti aspetto stasera, qui nel mio studio, alle otto, quando l’ufficio sarà deserto e poi cominceremo tutto da capo… Ti amo e ti aspetto…. Tuo Pierre”.

Era la risposta ad una minaccia o forse addirittura a un ricatto messo in atto da Michelle? Quei soldi erano un dono spontaneo o pagavano un silenzio?

Ma la busta evidentemente non era mai arrivata a Michelle che chissà come aveva interpretato quella mancata risposta? Indifferenza? Un modo di scaricarla?

E adesso lui cosa doveva fare? Consegnare busta e contenuto al commissario? Poi gli avrebbe chiesto come mai l’aveva lui… Già… e in quel modo sarebbe risultato che era solo lui a poter sapere che il direttore era da solo in ufficio alle otto. E se poi fosse sorto qualche dubbio sul suicidio? 
Ma come era finita quella lettera lì… Pascal proprio non  si capacitava. E adesso si pentiva di non averla lasciata lì.

Pascal era timido, ma un pavido. E non era stupido. Aveva tutto da perdere ora a consegnare quella roba.

E darla a Michelle? Non sarebbe servito a nulla. Ormai il suo amante era morto. Ma erano ancora amanti? Non è che a forza di fingere adesso lei era l'amante di François?  Consegnarla a lei non avrebbe cambiato nulla. Anche se lei avesse voluto ricattare Gobin, spedendo una lettera o delle foto alla moglie, adesso ormai non poteva più. Aveva in mano un’arma spuntata. Morto il marito, non serviva più a nessuno mettere tutto in piazza.

E i ventimila franchi?

Nel frattempo Bordin aveva convocato Michelle e François in una stanza attigua.  Si sentivano delle proteste… Pascal colse qualche parola “… Sì, va bene abbiamo una storia…. Perché che male c’è?.... No, il direttore non ne sapeva nulla… Che motivo avremmo avuto?... Commissario, lei non ha nessuna prova…  Mi dite chi prenderà il posto di monsieur Gobin?... Certo, faremo un accertamento sulla contabilità…”.

Pascal si chiese dove il direttore avesse preso quei ventimila franchi. Sperò che non li avesse sottratti all’azienda. E il contabile non se n’era accorto, o era d’accordo con lui? Comunque decise di non dire nulla. Si avviò alla sua scrivania. Ma non c’era niente da fare. Nessun foglio da battere a macchina, nessuna corrispondenza da preparare.
Non era arrivata ancora l’ora del pranzo che il commissario li spedì tutti a casa.

- Domani vi voglio tutti qui. Ricomincerete il vostro lavoro, ma avremo ancora da chiarire qualche punto… A domani.

Il giorno dopo il commissario Bordin era ancora lì, ma solo con un paio di ispettori, interrogarono a turno tutti quanti e verbalizzarono le dichiarazioni.

Dopo due giorni avevano ripreso il lavoro di routine. Niente di che, ma Pascal battè a macchina qualche lettera e preparò appena quattro buste da spedire.

Dopo una settimana arrivò un nuovo funzionario che avrebbe svolto temporaneamente le funzioni del direttore.

Anche lui parlò con tutti, ma di lavoro. Le notizie non erano buone, almeno a vedere le facce di quelli che uscivano dalla sua stanza. Per la precisione, parlò quasi con tutti, tranne che con Pascal Martin... ancora una volta era diventato trasparente. La cosa lo tenne sulle spine, almeno per i primi giorni.

Dopo due settimane arrivò il nuovo direttore. Un giovane rampante mandato da Parigi. E qui iniziarono i cambiamenti. Giunse un nuovo contabile che affiancò per un po’ Jeaumont che poi fu trasferito in una lontana filiale del sud. Dalla sera alla mattina non si ebbe più traccia di François né di Michelle. Solo dopo qualche giorno si seppe che erano stati licenziati.

Il nuovo direttore aveva un piglio militaresco, sembrava fresco fresco di un'accademia. Usciva spesso dall’ufficio in cui invece Gobin stava spesso rintanato e controllava di persona il lavoro dei dipendenti. Al posto di Michelle c’era una signora anziana, ben più grande di Michelle, decisamente più brutta e con una voce acida. Anche lei portava a Pascal pile di fogli da battere e man mano il lavoro riprese il solito ritmo. Anche lei gli dettava con durezza le scadenze, quasi come faceva Michelle... ma questa vecchia segretaria gli era molto antipatica. Comunque in quel piano Pascal era il solo sopravvissuto.

Una sera mentre usciva, Pascal incontrò il commissario.

- Salve Martin

- Salve commissario… come mai qui

- Devo incontrare il nuovo direttore… Ormai è chiaro e d’altronde Jeaumont ha confessato…

- Cioè?

- Cioè erano d’accordo. Al direttore servivano ventimila franchi, Jeaumont lo coprì, ma ne pretese diecimila…

- No!... monsieur Gobin…

- Già sembra che avesse dei debiti di gioco, scommesse clandestine, ma sa queste non sono cose facili da provare soprattutto se non si è dei giocatori incalliti…. In ogni modo perdere ventimila franchi al gioco non è poi così difficile… E comunque ormai è morto suicida...

Pascal rimase attonito pensando a quello che sapeva. Sospettava che c’entrava anche Jeaumont… ma sapeva che i soldi non servivano per i debiti di gioco.

- Ed è per questo che si è suicidato?

- Beh, sembra che stesse per arrivare un’ispezione da Parigi e che lui e Jeaumont non avrebbero fatto in tempo a rimettere in ordine la contabilità…

- Ah…

- Caro Martin, queste cose succedono di continuo nelle aziende… un caso tra tanti. Meglio un lavoro come il suo… uno non si accorge nemmeno delle cose che passano sulla sua testa. E la sera dorme tranquillo…

Si salutarono.

Pascal tornò a casa e quella notte non dormì tranquillo.

I ventimila franchi rimasero in quella vecchia scatola sopra l’armadio per diversi anni. Pascal lì tirò fuori solo dopo essere andato in pensione.

Ma la sua salute ebbe due gravi colpi, una polmomite cui riuscì bene o male a sopravvivere. Poi fu il turno di una pleurite. E a quella l’ormai vecchio Pascal non riuscì a resistere. 
Quando morì, la scatola era ancora piena di banconote, mancavano solo duemila franchi.

6 commenti:

  1. Molto bella l'idea di creare un commissario che, pur sullo stile di Maigret, abbia altro nome, altra fisionomia e personalità. Penso di creare anch'io un commissario, sempre francese (perché vivo si mantenga l'omaggio a Maigret e Simenon), che sia diverso dal celebre Jules, ma che come questi abbia il suo ufficio al Quai des Orfèvre e propri collaboratori..

    RispondiElimina
  2. lo si potrebbe quasi scambiare per un inedito di simenon!

    RispondiElimina
  3. Grazie dei complimenti, ma andiamoci piano con i confronti! E ricordiamoci che questa rubrica di racconti, non a caso, s'intitola "...magari come Simenon!"
    Piedi ben piantati a terra e senso della realtà ben desto...

    RispondiElimina
  4. Accetta tuttavia i complimenti per i post quotidiani e anche per questo ultimo racconto

    RispondiElimina
  5. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

    RispondiElimina

LASCIATE QUI I VOSTRI COMMENTI, LE VOSTRE IMPRESSIONI LE PRECISAZIONI ANCHE LE CRITICHE E I VOSTRI CONTRIBUTI.